Chapter 4.2
La struttura si ergeva imponente tra i grattacieli di Tokyo; era color blu scuro, alcune vetrate, seppur oscurate, lasciavano intravedere qualcosa al loro interno.
Mia fissó la sede del Quinto Settore per svariato tempo, indecisa se entrare o meno.
Voleva risposte, ma poche volte nella sua vita le era capitato di sentirsi così a disagio.
Aveva parlato con Xavier della situazione di Natasha e come aveva previsto il rosso le aveva assolutamente vietato di avvicinarsi a quella associazione. Ma la Collins non lo aveva ascoltato minimamente e così ci andó lo stesso, quel pomeriggio.
Deglutii prima di salire gli scalini che portavano all'entrata, ove un uomo in divisa le aprii la porta senza neanche accennarle un saluto. Sul petto, gli spiccava il logo blu elettrico.
Varcó la soglia titubante e proseguii per un corridoio, le luci erano lievi e il luogo era assai inquietante.
Mia non aveva paura di ció che succedesse all'interno di quell'organizzazione, l'unica cosa che le provocava una forte stretta allo stomaco era il ruolo di Natasha in essa.
Aiutata da Nelly si era documentata e aveva scoperto dei dettagli sul direttore di quella associazione, che al contrario di come si creda sia Alex Zabel, o meglio, Axel Blaze, in realtà è Gyan Cinquedea.
Le due amiche rimasero spiazzate dopo varie investigazioni del Detective Smith, che aveva anch'egli vietato di avvicinarsi al Quinto Settore.
«Signorina, posso aiutarla?» Mia si bloccó.
Si voltó fino a incontrare davanti a se un uomo, con i capelli rossicci che le ricadevano fino alle spalle e un cappello dalla visiera abbastanza ampia, vestito tutto di nero.
«Bhe...starei cercando i due Imperatori. Dovrei parlare con loro.» l'individuo davanti a lei la squadró da capo a piedi, arricciando le labbra sospettoso. «In privato.» aggiunse lei.
«Mi segua.» acconsentii l'uomo, senza degnarsi di presentarsi e con fare screziato.
La condusse fino ad una scalinata, sulla cui cima spiccava una porta, i suoi occhi ceruleii girovagavano ovunque alla ricerca di qualche particolare. Grazie alla sua memoria fotografica riuscii a memorizzare i minimi dettagli di ogni parete, porta o corridoio.
Le porte si aprirono scorrevolmente.
«Prego.» disse l'uomo col cappello, con un falso sorriso stampato sul suo volto rugoso.
Mia si giró le maniche della sua blusa fra le mani, come era solita fare quando l'ansia la persuadeva.
Quella stamza era completamente deserta, ma ció che spiccava al fondo erano deu imponenti poltrone, poste sopra una piccola scalinata composta da pochi gradini; i toni, come al solito, giocavano sulle sfumature del blu e del viola scuro, mentre al centro vi era un grosso pannello digitale color antracite.
«Vedo che le tue manie non siano mai cambiate.» si giró di scatto Mia, al sentire di quella voce.
Dalla penombra, Natasha si riveló: vestiva di un pantalone color rubino, come la giacca, mentre ai piedi aveva un paio di décolleté nere. Era cambiata, anche a giudicare dai suoi capelli, ora tinti di qualche ciocca azzurra.
I suoi occhi erano puntati sulle mani della sorella, che ancora stringevano i lembi della blusa color caffè.
«Natasha.» sibiló fra i denti.
«Sai, immaginavo saresti venuta.» incominció a girare intorno alla gemella, come uno squalo che gioca con la sua preda. Le sue iridi celesti erano contornate da una linea di trucco nero e le labbra erano laccate bordeaux, e Mia si ricordava a stento le volte che aveva visto Natasha truccarsi.
«Allora è tutto vero...» disse, quasi più per convincere se stessa.
«E che cosa pensavi?» la corvina si fermó davanti a lei. «Che fosse tutto uno scherzo, Mia?»
«Pensavo che mia sorella non fosse così stupida» affermó convinta. «Ma a quanto pare devo ricredermi.»
A quelle parole l'interpellata scoppió in una risata, mentre si dirigeva verso una delle due poltrone seguita a ruota da Mia.
«Stupida dici, eh?» continuó Natasha imperterrita.
L'altra si fermó pochi metri prima delle scalinate, mentre la sorella si sedette, accavallando una gamba all'altra e poggiando le braccia sui braccioli.
«Ora ho tutto il potere.» enfatizzava usando un tono da brividi, mentre nel suo sguardo Mia notó una scintilla di malignità. «Il mondo del calcio è nelle nostre mani e ben presto riusciremo a imporre le nostre regole ovunque!» concluse, continuando a ridere.
Mia rabbrividii. Non riusciva a distinguere l'ingenuità e la purezza che un tempo animavano il corpo di sua sorella. Adesso era completamente cambiata, lasciando spazio a rabbia, rancore, addirittura pazzia.
Deglutii, mentre dalla sua bocca non usciva alcun suono, spiazzata dalla figura della sorella che continuava a ridere seduta su quel trono.
«SMETTILA!» urló poi, facendo zittire la gemella. Per un momento, giuró di aver visto i suoi occhi lucidi e rossi. «La Natasha che conoscevo io non avrebbe mai detto delle cose del genere! Il Potere non rende felici, non è la cosa più importante! E Axel? Cosa ne pensa lui?!»
«Sai...» rispose subito, facendo capire a Mia che le parole dette le fossero entrate da un orecchio e uscite dall'altro. «Non gliel'ho mai chiesto...sono sincera. Ma ovunque io vada Axel è con me, e ovunque Axel vada io sono con lui.»
«Una volta era così anche per noi due.»
«Le cose cambiano.»
Le sorelle Collins continuarono a fissarsi, incenerendosi semplicemente con lo sguardo; erano così uguali, eppure così diverse allo stesso tempo.
Mia avrebbe voluto aggiungere qualcosa, ma l'improvviso rumore delle porte d'entrata la fecero destare dal suo intento.
Si voltó, vedendo una chioma rossa avanzare verso di lei imperterrita e senza neanche aspettare che quell'uomo col cappello lo annunciasse.
Ora era nei guai seri.
«Xavier? Che ci fai qui?!» chiese subito la bruna.
«Potrei farti la stessa domanda.» dal tono, sii capii veramente che fosse arrabbiato. Anzi, adirato.
«Oh che gioia, se gradite possiamo fare una riunione famigliare!» esclamó l'altra, rimanendo ferma sulla sua poltrona. Nel profondo, Mia speró che in quel momento Natasha cadesse dal suo piedistallo formato da bugie e complete idiozie.
«Torniamo a casa, Mia.» Xavier la prese per un braccio, e quest'ultima non si fece problemi a farsi trascinare via da quella situazione.
«Spero di rivederti presto sorellina!» esordii l'altra, mentre osservava i fidanzati uscire dalla porta con un sorriso acido sul volto.
Ma quando i due varcarono la soglia, il suo sorriso svanii. A ció fecero spazio le lacrime e i singhiozzi, aveva fatto fatica a mantenere la parte per tutto quel tempo e il modo in cui aveva trattato sua sorella era imperdonabile.
Adesso mi odierá sicuramente, continuava a ripetersi nella mente.
Rimase sulla sua poltrona per qualche tempo, fino a quando una mano si posó sulla sua spalla. Alzó i suoi occhi azzurri e subito questi si scontrarono su quelli cioccolato del marito. Il ragazzo aveva visto tutta la scena, sapeva di non diversi intromettere per non far stare peggio la ragazza, ma vederla in quella condizione faceva star male anche lui.
E così, senza dire niente, Natasha si buttó fra le braccia di Axel e lasció che le lacrime le solcassero il viso nuovamente.
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