Chapter 3.
L'autobus Inazuma puzzava di scarpini puzzolenti e maglie maleodoranti, ma inoltre le gemelle Collins non potevano pretendere molto da una banda di ragazzini.
Poco prima di salire sul mezzo giallo-azzurro avevano salutato la madre, che ancora si era scusata per il suo comportamento.
Natasha l'aveva subito perdonata, ma per Mia non era lo stesso e continuó a mantenere il suo sguardo freddo e colpevole sulla donna.
Nel profondo entrambe sapevano che l'avesse fatto per il loro bene, ma allo stesso tempo erano offese per la poca fiducia che la loro madre serbasse per loro.
«Parli molto bene il francese.» ad interrompere i pensieri di Mia, fu Nelly, che senza chiedere il permesso si sedette di fianco a lei in uno dei primi posti dell'autobus.
Diede uno sguardo alla sorella, ma quest'ultima era troppo impegnata a farfugliare qualcosa con le altre due manager e il Capitano.
«Merci.» rispose con un sorriso furbo e uno sguardo astuto su quegli occhi cerulei. Nelly Raimon era forse una delle poche ragazze che a primo impatto le aveva fatto una buona impressione, seppur non le fosse passato inosservato quel suo modo così invadente e curioso di fare domande sulla vita delle due gemelle.
La corvina tornò a guardare il paesaggio innevato intorno a lei, mentre il bus venne messe in moto e partì, facendo scorrere le ruote sulla strada ghiacciata.
«Dove stiamo andando?» chiese Mia, mentre dal vetro leggermente puntellato dai fiocchi di neve vide il cartello a lato della strada che indicava la fine del confine della regione. Volse lo sguardo verso quello ramato di Nelly.
«Stiamo cercando i migliori giocatori del Giappone, per questo ora tu e e tua sorella siete qui. Siete state allenate da Dark e-»
«Dark non c'entra proprio nulla.» la interrompe la gemella, rendendo i suoi occhi due piccole fessure e fulminando la manager di fianco a lei. «Io e Natasha abbiamo chiuso con lui. Definitivamente.» sottolineó l'ultima parola con gli occhi, ma non ricevette risposta dalla ragazza seduta a fianco. Così, riprese a guardare tranquillamente fuori dal finestrino, almeno fino a che la sorella non la chiamó.
«Je pense que a quelle deux nous n'aime pas. Regarde leur garder!»* farfuglió in un ottimo francese Natasha, che nel frattempo si fece una coda alta, aiutate dalle altre due paia di mani di Celia e Silvia.
Se c'era una cosa che a Nat non riuscisse, quella era proprio acconciarsi i capelli. Era inutile, ogni qual volta cercasse di imparare a farsi una coda o peggio ancora una treccia, ció che veniva fuori era una capigliatura disordinata ed annodata.
«Pourquoi?»* confusa, Mia si voltó dove lo sguardo della sorella puntava, notando altre due ragazze sedute in uno degli ultimi posti dell'autobus. Una di loro aveva una strana capigliatura color corallo, molto scompigliata e sulla quale vi era un piccolo capellino color bluette. Di fianco alla ragazza, c'era una sua coetanea, dai capelli spostati di lato e turchesi, grosse labbra carnose e occhi fulminanti.
Parlavano fra di loro e qualche volta lanciavano a entrambe le Collins sguardi d'ira, ma che la corvina con la treccia notó in essi anche un pizzico di invidia. Gelosia.
«Ignoratele.» intervenne Nelly, mentre le gemelle la fissavano a occhi aperti. Non immaginavano che la manager sapesse la loro lingua natia, ció avrebbe reso difficile far comunicare le sorelle -potendolo fare ad alta voce- senza che gli altri lo sapessero.
«Non riesci mai a farti gli affari tuoi, Sig.ina Raimon?» sbottó Mia, seppur mantenendo compostezza sul sedile.
«È il mio lavoro indagare sui miei giocatori.» le rispose con un sorrisetto saccente la ramata, mentre la Collins incominciava a sentire i nervi a fior di pelle.
«Questo non è indagare, questo si chiama stalking.» rispose secca e senza indugiare, ma quelle parole non scalfirono minimamente Nelly. Anzi, ad entrambe quella situazione divertiva e anche parecchio, ma la loro educazione le costringeva a mantenere uno sguardo e una compostezza degni di nota.
Il viaggio proseguii in silenzio, le due ragazze non si scambiarono più nemmeno uno sguardo.
Quanto poteva essere irritante Nelly Raimon, pensó Mia. Eppure, non riusciva proprio ad avercela con lei e questo la corvina dagli occhi celesti non se lo spiegava.
Forse, da quella discussione, sarebbe infine nata una buona amicizia. Altro fatto che Mia non riusciva a spiegarsi.
Opposte a loro, Natasha stava per cadere fra le braccia di Morfeo. Le altre due manager si erano addormentate, Silvia appoggiata al finestrino, mentre Celia con la testa appoggiata sulla sua spalla. Dovevano essere proprio stanche, pensó.
La Collins ignorava da quanto tempo i giocatori della Raimon stessere viaggiando per il Giappone, cominció anche a chiedersi se unirsi a loro fosse stata la scelta più giusta.
Quando proprio le sue palpebre cominciavano a chiudersi sui suoi occhi del colore del mare, il bus frenó bruscamente. Alcuni giocatori caddero in avanti e compresa Celia scivoló, ma Natasha ringrazió i suoi riflessi repentini e acciuffó la blu dal colletto, impedendole di cadere di faccia sul freddo pavimento del mezzo.
«Che è successo?» sbottó Mark, dagli ultimi posti. L'autista, il Signor Veteran, si voltó verso i ragazzi con un'espressione di scuse e un lieve sorriso nervoso.
«Mi sa che ci toccherà stare un po fermi! C'è un guasto nel motore, dovrei essere in grado di rimetterlo in sesto!» esordii con la sua voce roca.
Tempo zero, tutti i giocatori in veste giallo-azzurra scesero dal mezzo del medesimo colore.
«Bhe, se non altro possiamo giocare un po a calcio, no?» quella voce così gentile e dolce, secondo i pensieri di Natasha e Mia, proveniva da un ragazzo che fino a quel momento lo avevano sempre visto dietro Mark.
Si trattava di Shawn Froste, un giocatore dell'Alpine, una scuola molto famosa nella regione dell'Hokkaido.
Qualche volta Mia aveva sentito parlare di lui dalla madre, che insegnava proprio in quella scuola come docente di lingua francese, essendo pure madrelingua.
Presa da questi pensieri la ragazza con la treccia si voltó verso la sorella, che prima stava vicino a lei, ma non la vide.
Mentre tutti gli altri parlavano, si era letteralmente tuffata sopra il cofano aperto del mezzo e stava maneggiando col motore.
Mia alzó gli occhi al cielo.
«Natasha, che stai facendo?» a quelle parole tutti i giocatori si voltarono verso la Collins, che a sua voltà alzó il viso rivelandolo coperto di fuliggine.
«Levati da quell'affare.» la ammonii.
«Ho scoperto il danno!» esclamó tutta contenta, tirando fuori uno straccio altrettanto sporco e lurido dal mezzo in metallo. «Qualcuno lo aveva dimenticato ed è entrato nel motore, perció ci siamo fermati. Pra mi servirebbe soltanto una pinza e un paio di cacciaviti e tempo mezz'ora siamo pronti per ripartire.»
Mia si portó una mano sulla fronte e cominció a massaggiarla, mentre tutti gli altri ragazzi e ragazze la guardavano in un misto di emozioni: chi la guardava sorpreso, chi non capiva come le die gemelle potessero essere così diverse, e chi la guardava con occhi sognanti.
«Come fai a intendertene così di auto?» chiese Jude, da dietro i suoi occhialini.
«Nostro padre era appassionato di auto d'epoca-» intervenne Mia. «E ha trasmesso la passione a Natasha, che quando vede un motore non capisce più niente.» in risposta, la sorella sorrise a trentadue denti, mentre per l'ennesima volta, Mia alzó gli occhi al cielo.
«E adesso vostro padre è ancora appassionato di motori?» chiese un colosso di almeno 1.80m, con i capelli a cespuglio verdi.
Wallside Jack, sembravano di ricordare.
Una fitta al cuore percosse letteralmente le due ragazze che si ammutolirono e nel frattempo Jack riceveva una forte gomitata da Nelly, che lo intimó di stare zitto.
«No, lui ora non puó permetterselo.» senza lasciar trapelare le sue emozioni, Mia alzó lo sguardo verso il verde, che si nascose impercettibilmente dietro alla massa di giocatori.
Una delle due sorelle Collins incuteva molto timore al povero difensore.
«Dai Mia vieni a darmi una mano!» la incitó Natasha, che dopo qualche tempo aveva ripreso a maneggiare quella ferraglia.
«Non ci penso neanche.» in risposta la corvina incrociò le braccia «Non metto le mani in quel motore sporco di benzina.»
«Non dovresti farlo neanche tu Natasha.» intervenne Veteran. «Potresti farti male, dammi qua ci penso io, tu dimmi che cosa fare.»
Nelly Raimon pensó a quanto potesse essere comica questa scena: una ragazzina di sedici anni che comandava un uomo, per di più meccanico, ad aggiustare un autobus.
Le scappó una risatina, che a sua volta non passó inosservata alla Collins di fianco a lei.
Quest'ultima, non appena si voltó, vide peró un dettaglio particolare.
Una chioma rossa scarlatto spuntava da in mezzo agli alberi del boschetto che costeggiava la strada, così Mia, giocando sulla distrazione degli altri, si avvió verso quella strana figura, che si allontanó non appena vide la ragazza avvicinarsi.
«Fermati!» sibiló lei, addentrandosi fra la boscaglia.
Il ragazzo era rapido, atletico e veloce, ma la Collins non era da meno.
I rami degli alberi le pungevano le ginocchia e le braccia, provocandogli qualche piccolo graffio superfluo.
Si bloccó non appena arrivó in uno spiazzo verde, ma non vi era più alcuna traccia di quello strano ragazzo.
Si guardó attorno, col fiatone, aveva corso forse per quasi un chilometro.
Prese un fazzoletto dalla tasca e cominció a tamponarsi una ferita sul braccio da cui gocciolavano qualche minuscole gocce di sangue.
«Ti sei fatta male?» una voce profonda, ma allo stesso tempo giovanile la fece sussultare.
Si voltó di scatto e per la prima volta nella sua vita, Mia si sentii avvampare improvvisamente.
Il ragazzo di fronte a lei aveva dei capelli lucidi e perfettamente ordinati color rubino, la pelle dello stesso colore della neve e gli occhi talmente profondi che per un attimo la gemella pensó di perdercisi.
«Chi sei?» chiese subito, facendo qualche passo indietro quando lui cercó di avvicinarsi.
«Non voglio farti male, ne spaventarti.» lei non rispose. Continuó a guardarlo leggermente in allerta, ma quando il ragazzo si avvicinó nuovamente lei non si mosse più.
Il rosso le prese il fazzoletto dalle mani e glielo annodó sopra il graffio. «Dovresti disinfettarlo, altrimenti si infetterá.»
«Perchè ci stavi spiando?»
«Non vi stavo spiando. Vi stavo osservando.»
«Non è la stessa cosa?»
«Dipende da come la vedi.»
Avrebbe voluto chiedere di più a quel ragazzo dal viso perfetto, ma sussultó per la seconda volta in cinque minuti quando sentii la voce di sua sorella chiamarla a grande voce.
Era ormai vicina che poteva sentire persino i suoi passi, e la corvina fece saettare lo sguardo verso il rosso di fronte a lei.
Lui la guardó e si formó un lieve sorriso sulla sua carnagione pallida.
«Penso che ti stiano cercando...» affermó, senza distogliere i suoi occhi da quelli cerulei della ragazza di fronte a se.
Lei non sapeva cosa dire, lo guardó fino a che non arrivó a nascondersi nuovamente in mezzo a quei cespugli.
Era la prima volta nella sua che le mancavano le parole, di fronte ad un ragazzo soprattutto.
«Ci rivedremo, Mia Collins.» disse, anche se la sottoscritta non sapeva se fosse una minaccia oppure un comune saluto.
Ma una cosa era certa, lei, quel ragazzo, lo voleva rivedere.
Nota autrice:
(Traduzione francese)
«Io penso che a quelle due non piacciamo. Guarda il loro sguardo!»
«Perchè?»
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