Chapter 2.2
—- 6 anni dopo —
Il rumore dei suoi décolleté laccati risuonava per tutto il corridoio, buio e inquietante.
Ormai ci si era abituata, non aveva più problemi a destreggiarsi in quel luogo così tenebroso e oscuro come lo era la sede del Quinto Settore.
La ragazza camminó per tutta la lunghezza del corridoio e arrivó nel salone, dove suo marito, l'Imperatore, la stava aspettando.
«Imperatrice.» la chiamarono in segno di saluto i seguaci di quell'associazione, incaricati di adempiere ad ogni volere dei due 'Imperatori'.
Lei stessa aveva sempre pensato che quel soprannome fosse troppo, era soltanto un modo per rendere più grande la potenza del Quinto Settore, che oramai aveva raggiunto il suo apice e il calcio di tutto il Giappone era controllata da quest'associazione.
Il suo compito era regolamentarlo e decidere i risultati delle partite ancor prima che queste si svolgessero, dividendo così il calcio equamente con tutte le squadre giapponesi.
«Sei in ritardo.» l'ammonii suo marito quando lei si sedette di fianco a lui, davanti ad un grande schermo dove venivano proiettati tutti i parametri calcistici dei team.
Era inutile che stesse a fissarlo per troppo tempo, tanto l'Imperatrice non avrebbe capito nulla comunque.
«Potevi aspettarmi invece che lasciarmi venire da sola.» rispose di rimando la bruna.
«E arrivare in ritardo entrambi? No.» anche se parlava con tono duro, la ragazza potè vedere sul viso dell'Imperatore un sorrisetto.
«Ah davvero? Strano, pensavo che l'essere in ritardo fosse una tua caratteristica.» lanció una frecciatina lei, ricevendo in risposta un'occhiataccia e un pizzicotto sul braccio.
«Io e te facciamo i conti dopo, Imperatrice.» le sorrise beffardo l'uomo, poggiando la mano su quella di lei per poi ascoltare la riunione di quella mattina.
—-
La donna cadde a peso morto sul letto, alzando tutte le lenzuola e facendo cadere il cuscino.
Il suo accompagnatore rise alla vista di sua moglie letteralmente con la faccia schiacciata contro il materasso, le braccia in avanti e le gambe a metà penzoloni.
Quella giornata era stata particolarmente pesante, tra riunioni, allenamenti e pianificazioni del torneo calcistico a cui avrebbero partecipato tutte le scuole medie, il Cammino Imperiale.
Il risultato era un Imperatore sfinito, un'Imperatrice esasperata e ritrovare il caldo tepore delle coperte alle due di notte.
Lei disse qualcosa, ma la bocca a contatto con il materasso fecero arrivare le sue parole come un semplice mugolio al biondo di fronte a lei.
«Cosa hai detto?» chiese di rimando, sbottonandosi i primi bottoni della camicia bianca e lanciando la giacca color rubino sul letto, accanto alla bruna.
Lei alzó lo sguardo e ritrovó davanti a lei quel colore così acceso, così caldo, che le ricordavano in modo particolare una persone, o meglio, i capelli di una persona che non le è mai andata particolarmente a genio.
«Tesoro?»
Presa dai suoi pensieri, non sentii l'uomo che stava ricercando la sua attenzione, fino a che non la chiamó per nome.
«Natasha?»
Sussultó, un pó perchè Axel aveva alzato la voce, e un pó perchè era da molto tempo che non sentiva il suo nome reale.
«D-dimmi?» cercó di sembrare sicura di sè, ma il suo tono la tradii.
«Che cos'hai?» le chiese, incrociando le braccia al petto e squadrandola mentre si metteva a sedere sul morbido materasso.
«Assolutamente niente.» abbassó lo sguardo cercando di nascondere la sua fragilità, ma dovette reincrociarlo con quello dell'ex capocannoniere quando quest'ultimo le fece alzare il viso, premendo due dita sotto il suo mento.
«Natasha, cos'hai?» il sorriso sul viso dell'uomo era scomparso, ora vi era soltanto un'espressione corrucciata mentre fissava le sue iridi color caffè in quelle cerulee della moglie.
Lei socchiuse la bocca per dire qualcosa, ma quello sguardo così invadente dell'uomo la destarono dalla sua volontà.
«Niente, Ax...» posó una mano sulla guancia di lui. «Sono solo stanca.»
Anche se avesse voluto insistere, Axel non disse più nulla; eppure, entrambi sapevano che alla donna in realtà, l'unica cosa che non andava nella sua vita era il distacco dalla gemella Mia.
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