Chapter 16.

Il prato dello stadio interno della famigerata e pericolosa Alius Academy era ispido e puntellato qua e la da macchie terrose, come se alcune violente pallonate avessero frantumato il terreno.

"Frantumato."

Non vi era modo migliore per descrivere i due cuori delle gemelle Collins, ora che si trovavano faccia a faccia, a pochi metri di distanza.
I capelli corvini di entrambe erano slegati e ricadevano sulle spalle, gli occhi e la bocca spalancati, le guance che a breve sarebbero state rigate da alcuni rivoli di lacrime.
Se non fosse stato per le divise di squadra palesemente diverse, Mia e Natasha sembravano stare davanti allo specchio della loro camera che, oltre a riflettere il loro aspetto, rifletteva anche loro emozioni.
Tristezza, felicità, gioia, rancore, malinconia, delusione, un mix perfetto per l'autodistruzione.
La gemella in veste giallo-azzurra non si rendeva conto di quanto stesse durando quel contatto visivo con l'altra fin quando una voce si elevó fra le altre:

«Che cosa significa tutto questo Mia?» era Nelly, che si era fatta spazio dall'ammasso di giocatori accumunati fra loro dallo sguardo scettico dipinto sul volto.
L'interpellata si voltó appena, cercando con lo sguardo la rossa; sul suo volto, ora, regnava soltanto sufficienza e superiorità.

«Non vedo che cosa ci sia da spiegare.» rispose, aggiungendo al suo sorrisetto un'alzata di spalle.
Natasha fissó a terra, a pugni chiusi e denti serrati.
Dai componenti della Genesis si elevó una risatina, che fu interrotta improvvisamente da un cenno di mano di Xene. Il rosso si affiancó alla ragazza e le mise una mano attorno al bacino, facendo scontrare i loro busti in un gesto affettivo, che ovviamente a nessuno della Raimon passó inosservato.

«Mia è una di noi.» cominciò. «È sempre stata una spanna sopra gli altri, dovete ammetterlo anche voi.» concluse quella sua frase altamente sfacciata con un ghigno.

«Non è vero!» fu Jude a parlare. «Mia, avanti, non commettere un errore del genere! Devo forse ricordarti che è successo a David e Joe?»
Axel non prestó molta attenzione alle parole dei compagni; era più occupato a guardare la ragazza che da poco era diventata la persona più importante, notando fosse vicina a una crisi.
Si fece spazio tra la coltre di amici, per raggiungerla.

«Non mi importa, la mia scelta è fatta!» disse secca la corvina con la divisa della Genesis.
Il capocannoniete giallo-azzurro stava per afferrare il polso di Natasha, ma prima che potesse anche solo sfiorare la pelle candida della ragazza, questa scattó in avanti.

«La tua scelta è fatta?!» urló, facendo riecheggiare il suo eco per tutto lo spazio interno.
Si avvicinó alla sorella, che si staccó dalla salda presa del rosso di fianco a lei.
«Fino a pochi giorni fa la tua scelta è sempre stata noi, sono sempre stata io! 'Se non c'è Mia non c'è neppure Natasha' ricordi
L'altra non rispose. Fissó nuovamente negli occhi di Natasha per qualche istante, prima di voltarsi a guardare Xene.

«Bhe, quei momenti non esistono più.» sibiló, ritornando a guardarla, prima di voltargli le spalle definitivamente e cominciare a camminare verso i suoi nuovi comoagni di squadra.
La gemella rimase immobile, scossa da un improvviso tremore, come se milioni di spilli l'avessero trapassata da una parte all'altra.
Le lacrime che minacciavano di scendere ora le rigavano le guance in un pianto silenzioso e angosciante.

«Va bene Mia!» esordii infuriata. «Allora ti distruggerò!»

La sorella, dal canto suo, provò la stessa sensazione che poco prima aveva scosso Natasha.; le mancó il fiato.
Si ricompose immediatamente, quando vide lo sguardo di tutti i componenti della Genesis e di Bellatrix in particolare puntarsi su di lei.
Volse il viso quanto bastava per vedere in faccia la gemella vestita dei colori della Raimon.

«Mettici tutta te stessa, mi raccomando, non deludermi.» acida, con un movimento teatrale della mano si tolse i capelli che le ricadevano sulla clavicola e non si giró più.
A Natasha non erano passati inosservati i suoi comportamenti: lo strano modo in cui Mia si rigirava le maniche della stretta divisa fra le mani, il tremore al labbro inferiore e le gote rossissime.
Sapeva che la gemella stesse mentendo, o che comunque era in completa balia di una lotta contro se stessa.
Ma comunque, lei l'avrebbe fermata, avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di riaverla.
Fu allora, mentre pensava a una strategia, che i suoi occhi furono richiamati all'attenzione dal numero che era stampato sulla sua schiena.

'10'

Attaccante titolare.

Sarebbe stata una mossa da pazzi, nonchè fuori luogo, vista che la sua posizione era completamente diversa rispetto alla sua; lo avrebbe comunque fatto.

«Signorina Schiller!» chiamó, camminando a grandi falcate verso i suoi compagni. «Posso chiederle la cortesia di poter cambiare il numero della maglia?»

Un coro sorpreso si elevó fra i ragazzi, mentre Nelly la squadrava da capo a piedi cercando di intuire le sue mosse.

«Per me non c'è problema.» acconsentii l'allenatrice.

«Bene.» sussurró quasi...

«Voglia la maglia numero 10.»

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