Chapter 1.
I piedi di Mia cominciavano a cedere dopo due estenuanti ore di allenamento.
Nonostante tutto, peró, le lame dei suoi pattini argentei sfrecciavano sul ghiaccio con la stessa velocità con cui ha iniziato.
Ha sempre adorato pattinare fin da quando ne aveva ricordo, i suoi genitori le regalarono il primo paio di quelle calzature così scomode e rigide al suo terzo compleanno.
Era così felice, quando ancora non aveva pensieri per la mente e il ricordo di...
«Mia, esegui un Toe Loop*!» gridó ai lati della pista di pattinaggio la sua istruttrice, Marie.
Il suo urlo severo fece destare la corvina dalla vocina assordante e fastidiosa della sua mente, ed eseguì il salto ordinato.
Continuava a danzare stretta nel suo completo azzurro pastello, mentre i capelli le ondulavano leggeri sulla sua schiena e le braccia aperte le ricordavano quelle dei candidi gabbiani che in vacanza vedeva sorvolare le spiagge di Ishigaki*.
Molte volte chiudeva gli occhi, lasciandosi inondare dell'aria che le sfregiava il viso, mentre le gambe erano punzecchiate dai cristalli che le sue lame ricavavano sfregiando sulla pista sottostante.
Il pattinaggio era un buon allenamento anche per migliorare le sue doti calcistiche, ma da qualche mese a questa parte, a Mia di quello sport interessava bene poco.
Troppi avvenimenti avevano influito sulla sua visita, dalla malattia del padre, all'arresto di lui, l'uomo che aveva avvicinato lei e sua sorella Natasha al calcio.
Come poteva essersi legata, anche solo aver permesso di stare così vicina ad un uomo del genere?
«Facciamo una pausa!» e per la seconda volta in pochi minuti, Marie la destó dai suoi pensieri.
Con la stessa raffinatezza e leggerezza, Mia si avvicinó al parapetto ed afferró la borraccia di energy drink all'arancia che le offrì l'istruttrice bionda.
Ne bevve due sorsate e poi, sempre mantenendo la bevanda in mano, si appoggió al freddo metallo boccheggiando.
Non si era accorta di essere così stanca fino a che le sue ginocchia non smisero di muoversi.
«Sei parecchio distratta, oggi. Qualcosa non va?» le chiese con un tono quasi materno l'istruttrice, sistemandosi gli occhiali sul viso.
«No, va tutto bene.» ormai quella risposta Mia l'aveva imparata a memoria, talmente tante volte aveva dovuto recitare la parte della forte e determinata.
Eppure, in quel periodo non vi era bugia più grande che la ragazza dagli occhi cerulei avesse mai detto.
«Vuoi interrompere l'allenamento?» a quella domanda sentii un impeto nervoso travolgerla completamente, dalla testa ai piedi.
Era così prevedibile? Perchè Marie si era accorta del suo comportamento?
Cominció a pensare che forse la maschera immaginaria sul suo viso pallido si stesse frantumando.
«No, Marie.» disse con una voce quasi meccanica. «Continuiamo.»
-
«È inutile, non mi entra in testa!» Natasha buttò la testa indietro seduto su quella sedia di mogano della sala soggiorno.
La madre, che era intenta a preparare la cena, si mise a ridere soffocamente e guardó la figlia dolcemente.
«Se continui così Nat, è normale che non riesci a studiare! Hai aperto il libro di storia da quindici minuti e avrai ripetuto quella frase almeno cinque volte.» le disse, mentre dalla sedia, la corvina coi capelli legati in uno chignon molto, molto disordinato, alzò lo sguardo al cielo e poi appoggiò la fronte al tavolo.
«Sono finita, mi rimanderá.» esasperata la ragazza emise un sospiro e cominció a battere sommessamente un pugno sul tavolo dello stesso materiale delle sedie.
«Lo dici tutti gli anni, e mai è successo.»
Natasha non poteva fare a meno di pensare quanto il carattere sella madre fosse un misto fra quello di lei e di sua sorella Mia.
Puntigliosa e raffinata come la sua gemella, ma allo stesso tempo simpatica e infantile come lei.
Anche di aspetto, le due figlie ne erano quasi la copia.
Capelli corvini e pelle chiara era un dettaglio comune in casa Collins, ma per quanto riguarda gli occhi, le gemelle avevano preso lo stesso colore d'iride del padre.
Un mix perfetto tra i due genitori.
«Come sta papá?» chiese di punto in bianco. Riuscii a vedere la madre irrigidirsi per qualche istante, ma ricomporsi immediatamente riprendendo a mescolare il consommé per la cena di quella sera.
«Non lo so tesoro, ieri non sono riuscita ad andarlo a trovare. Andremo domani a fargli vista tutte e insieme.» se la madre delle Collins si fosse mai voltata a guardare Natasha, probabilmente la sua corazza non avrebbe tenuto e sarebbe scoppiata in lacrime.
Doveva essere forte per le due figlie e continuare a trascorrere in pace la sua vita, seppure facendo andirivieni continuamente dall'ospedale.
Il campanello di casa fece sussultare entrambe le donne di casa, che si scambiarono uno sguardo corrucciato.
«Ma chi puó essere alle 11 di mattina?» pensó la madre ad alta voce.
Natasha rimase in salotto e poi sgattaioló in cucina, un pó per rubare il cibo che la madre stava preparando e un pó per non dover accogliere gli ospiti inaspettati.
Mentre era intenta a pucciare le dita nel brodo, sua madre ritornó nel locale e la ragazza dai capelli nero pece si ricompose. «Tesoro, forse è meglio se accompagni i nostri ospiti alla pista di pattinaggio.»
«Come? Perchè proprio io?» passó le mani sporche di cibo sotto l'acqua e poi le asciugó accuratamente.
«Vogliono parlare con te e tua sorella. Hai mai sentito parlare della Raimon?»
A Natasha mancó un battito quando sentii il nome di quella squadra. La Raimon? Sul serio la squadra più forte di tutto il Giappone era davanti alla loro porta di casa?
Con gli occhi sognanti scattó all'ingresso e fu delusa nel trovarsi davanti una signora, che non avrà avuto nemmeno 30 anni, con lunghi capelli scuri e uno sguardo tagliente.
«Tu devi essere Natasha, giusto?» chiese, senza dare tempo alla ragazza di salutare come si deve. Il suo tono di superiorità fece salire i nervi a fior di pelle a una delle gemelle Collins, ma si limitó a un flebile sorriso e un cenno di capo.
«Si, sono io. E lei è...?»
«Sono la signorina Schiller, attuale allenatrice della Raimon Jr. High. Noi vorremmo parlare con te e tua sorella.»
Certo che a quella donna mancava proprio garbo e gentilezza, pensó la ragazza.
«Noi? Scusi i modi, ma vedo soltanto lei...» senza dire una parola, indicó un bus alla fine del vialetto, con un grosso fulmine sul lato. A Natasha sembró di scorgere molte facce incuriosite schiacciate contro i finestrini, ma essendo lontana non ne era sicura.
«Dov'è sua sorella?» le chiese l'allenatrice.
«Si sta allenando. Se vuole chiamare i ragazzi vi porto da lei ma vi avverto, la strada è molto scivolosa.»
-
«Andiamo Mia, così ti fai soltanto male!» urló l'istruttrice, mentre la ragazza si rialzava dopo l'ennesima caduta. Ormai le ginocchia le scricchiolavano a tal punto che le veniva faticoso perfino alzarsi, ma doveva a tutti i costi riuscire a perfezionare il suo salto.
«Un'ultima volta.» rispose, col fiatone e quasi supplicando la donna di farla continuare.
«No, non ti permetto di finire in ospedale! Sono tre ore che andiamo avanti con l'allenamento.» l'ammonii per forse la decima volta.
La corvina sospiró e guardó la sua istruttrice, intenta a leggere accuratamente il piano di allenamento della ragazza attraverso le lenti dei suoi occhiali color prugna.
«Faccio ancora una pattinata.» non appena vide il capo di Marie muoversi in un consenso, la corvina ripresa a far scivolare le lame sul ghiaccio, ma questa volta più lentamente e senza troppi movimenti complicati.
Qualche volta faceva una piroetta o un lieve salto, ma nulla di troppo complicato per chi studiava pattinaggio da quasi 13 anni.
«Vi prego di non alzare troppo la voce.» all'improvviso sentii la voce di sua sorella dalla galleria che portava alla pista ghiacciata, susseguita dal altre voci. «Mia sorella non vuole essere disturbata mentre si allena.»
Un'altra voce si distinse, era quella di un ragazzo, ma a Mia poco importava.
Sicuramente dovevano essere persone che chiedevano l'ingaggio in una squadra di pattinaggio, come era già capitato parecchie volte, pensó la ragazza.
Quando poi vide arrivare una dozzina di ragazzi più o meno tutti della stessa età e con una divisa blu e gialla, Mia li riconobbe subito.
La Raimon.
Fece un'ultima piroetta sotto gli occhi sgranati e le bocche aperte di molti giocatori.
«Ehi, Mia!» chiamó Natasha, convinta che la sorella non si fosse ancora accorta della presenza di ospiti abbastanza indesiderato. «Puoi venire qui un momento?»
La voce della gemella più socievole eccheggió al di sotto di quella struttura al coperto.
Con eleganza e facendo scivolare accuratamente i pattini sulla pista ghiacciata, Mia si avvicinó al parapetto e aprii il chiavistello.
Alla vista del completo azzurro e svolazzante della Collins, alcuni ragazzi rimasero a fissarla arrossendo violentemente.
Poggiando le lame sul legno umido che circondava la pista, Mia saltó fuori dal ghiaccio, dove Marie, che nel frattempo aveva salutato con un sorriso la squadra giallo-azzurra, le porse il suo paio di Clark's e il suo cappotto in Cashmere.
«A cosa devo questa visita?» chiese, mentre si allacciava le scarpe e si toglieva quel paio di pattini argentei.
Tra la folla di ragazzini si fece largo la voce di una donna e quando vide chi stesse parlando, Mia incontró un pio di occhi rigidi e severi che la fissavano, mentre i capelli lunghi fino alla schiena le incorniciavano il viso.
«Sono la Sig.ina Schiller, allenatrice della Raimon Jr. High. Siamo qui per parlare con voi due, e chiedervi di unirvi a noi contro l'Alius Academy.»
«Mi dispiace, ho smesso di avere a che fare col calcio.» rispose secca la corvina e si alzó da quella panchina prendendo fra le mani le calzature dotate di lama.
«Mia...» cercó di dire qualcosa Natasha, ma quando incroció lo sguardo con la sorella si ammutolì.
«Io non so cosa abbia intenzione di fare Natasha» continuó. «Ma io ho chiuso.» fece per girarsi, dando la schiena ai ragazzi che continuavano a fissarla immobili e ancora lievemente arrossiti.
«È per via di Dark, vero?» a quel nome, i muscoli di Mia si constrassero, mentre la gemella abbassó lo sguardo. «Lui vi fece da padrino, eravate le sue figliocce.» la Signorina Schiller lo chiese quasi come una domanda, ma entrambe le ragazze sapevano che non era affatto un quesito.
«Dark?» chiese un ragazzo in veste della Raimon, che le gemelle avevano visto qualche volta in Televisione insieme al loro padre.
Dai rasta color nocciola e i strani occhialini, dedussero automaticamente fosse Jude Sharp.
«Lei è molto perspicace Signorina.» Mia si voltó lentamente, non degnando delle bocche aperte ed esterrefatte ed i continui brusii non appena i giocatori e le menager seppero di Dark. Si rivolse esclusivamente all'allenatrice. «Per ora non le daró una risposta, la prego di lasciare che ci pensi. Mia sorella Natasha è libera di fare quello che vuole.» si voltó nuovamente verso l'uscita della pista di pattinaggio. «È prevista una tormenta di neve questo pomeriggio. Se non volete rimanere bloccati, vi consiglio di fermarvi per la notte.»
«E dove dovremmo sistemarci, scusami?!» un ragazzo dai capelli color corallo sbiadito e la carnagione scuro, si stanaglió sgarbatamente tra i ragazzi. Kevin Dragonfly, pensó la corvina.
«Penso che una casa di 1500metri quadrati come questa, possa accogliervi tutti, non pensi? A meno che non vogliate dormire nel vostro comodissimo autobus.» e con il sorriso più falso e acido che le riuscisse, Mia si voltó completamente e a passo svelto e sicuro di sé uscii da quello stabile ghiacciato.
Nota autrice:
Toe Loop* —> salto acrobatico del pattinaggio su ghiaccio.
Ishigaka*—> località marina di lusso Giapponese.
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