⚡Zelda e Xavier, da Enigma

Le due poltroncine per gli ospiti sono vuote e le telecamere accese. Mentre dalla direzione qualcuno urla qualcosa a proposito dell'intervistatrice che è sempre in ritardo, la porta si apre e Altair entra giocherellando con una pistola a doppia canna. Qualcuno, dalla direzione, le dice di darsi una mossa e presentare i nuovi ospiti.

«Lo so, non rompete le palle,» dice. Si avvia verso la scrivania e poggia l'arma. Se proprio deve, allora tanto vale accontentarli. «Benvenuti nel programma per gli stronzi in cui si intervistano stronzi. Fate entrare gli stronzi di oggi.» Rivolge un sorriso, accompagnato dal dito medio sollevato, alla direzione.

I due intervistati entrano in scena, uno dopo l'altro. Sono seri, simili e indossano lo stesso sguardo verde e sospettoso. Le loro chiome rosse – ora ci sono ben tre teste rosse in una sola stanza - diventano quasi iridescenti sotto i riflettori.

Xavier porge la mano all'intervistatrice, sorridendo nervoso.

Zelda si ferma davanti alla sua poltroncina, rimane in piedi e squadra Altair, poi la pistola. «Immagino tu non abbia la licenza di porto d'armi.»

Altair guarda la mano di Xavier, ma non gliela stringe. Si rivolge a Zelda e alza le spalle. «Ma chi se ne frega della licenza! Ti assicuro che quando uso quella,» indica l'arma in questione, «ci sto andando piano.»

Lui ritira la mano con eleganza. Tende le labbra in un sorriso ironico. «Xavier Lynch, piacere.» Poi sussurra a Zelda: «Dici che è germofobica?»

Lei però non stacca lo sguardo da Altair, ma soffia in una risata sommessa. «Zelda Lynch,» si presenta, annoiata. «Sei sprecata per fare l'intervistatrice, allora. Hai mai pensato di diventare una criminale?» Si siede su una delle sue poltroncine e riordina con un tocco la chioma acconciata all'indietro.

«Saresti interessante da interrogare. Quelli come te di solito crollano subito» Xaveri ride, sistemandosi la giacca e sedendosi.

Per tutta risposta, Altair fa spallucce, poi si poggia contro la scrivania. «Se mi dici che ho l'aria da criminale, lo prendo come un complimento. Voi invece avete l'aria di due damerini che non scopano da parecchio.» Si rivolge a Xavier. «Ti assicuro che crolleresti prima tu. A terra e con il culo rotto.» Fa schioccare le nocche.

Zelda scoppia a ridere, seguita a ruota dal fratello, poi si accende una sigaretta. «Sulla scala di insulti da zero a,» pensa, mostrando una scala immaginaria con le mani pallide, «colleghi della Omicidi, sì. Tu sei qui... a quattro, direi. Mediocre, puoi migliorare.»

«Quello dei damerini è scontato, ormai. E di solito la gente che lo usa è sempre quella più ossessionata da noi.» Xavier si volta verso la sorella. «Sospetto, direi» sussurra sarcastico. «E forse crollerei prima io, ma solo se si usa la violenza,» aggiunge, e scuota la testa. «Non la apprezzo. E non apprezzo chi la usa come unica risorsa esistente. Senza offesa, ovviamente.»

«Non credevo che mi avreste pure dato il voto, altrimenti ci avrei messo più inventiva.» Un fulmine guizza sul braccio di Altair. Lei si passa una mano fra i capelli. «Ossessionata da voi? No, non ho il feticcio per i gemelli.» Agita una mano in aria. «Figurati, io non apprezzo i cagasotto, direi che siamo pari. Comunque, cos'è che fate voi due? Dal livello di rottura di coglioni, direi che siete due poliziotti o qualcosa di simile.»

Zelda guarda il fulmine con sospetto, ma decide di ignorarlo. «Sei simpatica per essere una giornalista, intervistatrice, quello che cazzo è, comunque.» La indica con la sigaretta. «Siamo detective.»

«Alla Omicidi di Detroit,» continua Xavier.

Appena viene nominato il lavoro, entrambi si incupiscono in maniera quasi percettibile.

«Diciamo che non sono l'intervistatrice che ci si aspetta di solito,» risponde Altair. Finalmente si siede alla scrivania e intreccia le mani dietro la nuca.

Quindi ha a che fare con dei detective. Fantastico, di bene in meglio.

«Detective della omicidi? Tutti e due?» Appoggia i piedi sulla scrivania. «E la zaffata di depressione che avete appena mandato riguarda qualche caso particolarmente stronzo? O il vostro lavoro vi fa schifo?»

«Tutti e due. Abbiamo fatto l'Accademia insieme.» Zelda non continua, ma guarda la sigaretta consumarsi.

«Non è il lavoro,» risponde Xavier. «O almeno, a quello ci siamo abituati. Solo un caso più difficile degli altri.»

«Un caso più difficile.» La sorella si volta di scatto, sbattendo le ciglia. «Non è difficile, è...» si blocca, prima di poter dire qualcosa di troppo. Non può e non vuole iniziare una discussione anche durante un'intervista.

Hanno l'aria più fragile di quanto si è aspettata all'inizio. Altair ribassa le gambe per assumere una posizione più consona e batte un dito contro la scrivania, a un ritmo che sente solo lei. « Sarà una di quelle volte in cui la soluzione ce l'avete sotto al naso,» borbotta. Poi continua: «Siete così inseparabili che dovete lavorare pure insieme?»

Xavier alza le mani in segno di resa. «Sì, esatto, inseparabili. Abbiamo proprio quel legame speciale che... non so come dirlo, vero, Zelda?» Il suo tono è amaro e sardonico, e guarda la sorella di sottecchi, altezzoso.

Lei espira un'ultima boccata di fumo, prima di spegnere la sigaretta nel portacenere con un unico, secco, infastidito gesto. «Certo. Un qualcosa di davvero inspiegabile. Soprattutto quando ti chiedo di lasciarmi stare e tu continui a farti i cazzi miei.»

Altair fa una risatina.

«Oh.» Xavier inarca la bocca in un sorriso ferito, alzando le sopracciglia. «Quanta cattiveria.»

La sorella gli scocca un'ultima occhiata. «Non abbiamo scelto lo stesso percorso di vita perché siamo inseparabili,» aggiunge poi, e arriccia il naso in un'espressione contrariata. «Semplicemente lavoriamo bene insieme. E comunque... intervistatrice di cui non so il nome, sei estremamente ingenua. I casi in cui la soluzione è sotto al naso esistono solo al cinema.» Ha l'aria rassegnata, e forse addirittura divertita.

Avrà visto troppi polizieschi, pensa tra sé e sé Xavier.

«Mi chiamo Altair,» dice con un sospiro e si alza in piedi. «C'è un motivo se io sono il braccio e non il cervello del mio gruppo. Mi scasso le palle a investigare, e se devo ridurmi come voi due, preferisco restare "ingenua".» Le piace il veleno che sputa lei, ma c'è troppo non detto dietro, le fa venire il mal di testa. Hanno metodi troppo sottili per i suoi gusti, quei due.

Comincia a camminare in giro per la stanza. «Sì, l'ho visto che lavorate bene insieme, mi avete fatto girare le palle in due minuti, prima. Però a quanto pare vi divertite a lanciarvi frecciatine velenose. Continuo a dire che dovreste scopare di più, almeno vi rilassate.» Batte il piede a terra e si gira a osservarli.

Entrambi la guardano alzarsi e la inseguono con lo sguardo.

«Come desideri, Altair.» Zelda sottolinea il suo nome. «E ti ringrazio per il consiglio, cercherò di applicarlo. Ma per le frecciatine credo tu non possa farci nulla, a meno che non voglia riceverne. Se fosse così siamo a tua completa disposizione.»

Xavier sbarra gli occhi. «Il tuo gruppo?» chiede. «Ci sono pazzi che hanno deciso volontariamente di frequentarti?»

Altair mostra un ghigno, poi alza il sopracciglio. «Se vi volete sfogare, prego, tanto ci sono abituata.» Guarda Xavier e sbotta a ridere. «Oh, eccome! E dovresti vederli, fanno finta di disprezzarmi ma non riescono a fare a meno di me.» Si riavvia i capelli. «Comunque, gemelli serpenti, avete detto che venite da Detroit? Che posto è? C'è qualcosa da fare di divertente o è il regno della depressione?»

Zelda sorride lievemente, questa volta forse in maniera genuina, davanti alla battuta di Altair. Poi parla. «Un gruppo di matti totali. Alla fine non siete poi così diversi dal nostro.» Gioca con il filo di perle che le gira intorno al collo. «Detroit è strana. Una metropoli caotica, un casino. E poi, da quando è tornata la moda vintage» I suoi occhi si intrecciano con quelli di Xavier, e i due si dicono qualcosa senza parlare. «È davvero eccentrica.»

«Ologrammi di Louise Brooks, locali di jazz, oroscopi telefonici annunciati dalle icone del passato... e questo.» Xavier si indica la giacca di tweed nascosta dal cappotto di feltro, Zelda fa lo stesso con il trench scuro e i pantaloni alla garçonne.

«Il passato torna per ravvivare il futuro,» continua Zelda. «E si mischiano assieme. Non so quanto possa essere giusto, ma alla gente piace. E a noi interessa relativamente.»

«Il crimine rimane, moda o meno,» esclama Xavier, cinico. Abbassa lo sguardo, per poi mormorare: «gemelli serpenti. Questa mi è nuova, carina.»

«Siete anche voi in un gruppo di pazzi?» Altair torna ad appoggiarsi alla scrivania. «Una città strana, ma non so se farebbe per me, il jazz non l'ho mai capito.» Lei è sempre stata tipa da musica rock o punk. Il jazz le sembra non abbia un senso. Schiocca le dita, senza un perché. «Fate anche qualcos'altro, a parte cercare psicopatici che ammazzano gente? Qualche modo per divertirvi, qualche passatempo?»

Non ce li vede, a divertirsi, quei due. E forse per questo la domanda le è uscita spontanea.

Zelda schiocca la lingua, poi annuisce. «Per fare il nostro lavoro devi essere un po' matto, ma noi ci siamo davvero incontrati. Però siamo un bel gruppo, vero, Xavier? Liza è molto simpatica.»

Xavier assottiglia lo sguardo. «Sì.» Cambia subito discorso. «Non devi capirlo, il jazz. Devi solo farti prendere dal ritmo e dall'atmosfera.»

«Comunque non abbiamo molti passatempi,» dice Zelda. «Almeno, io non li ho. Mi piace leggere, però, quando capita. O riguardare i resoconti dei casi irrisolti nella metropoli.» Si scioglie in una risatina nervosa e infelice.

Dovrei stupirmi?, pensa Altair, ma l'altra continua a parlare prima che lei possa aprire bocca.

«Ma questo non vuol dire a Detroit non ci sia modo di divertirsi. Con tutti i locali che ci sono.»

«Il pollice verde vale come passatempo?» Xavier incrocia le braccia, mentre le guance puntinate di lentiggini gli si tingono di rosa.

Altair poggia le mani sulla scrivania e si ci si issa sopra per sedersi con le gambe penzoloni. «Chissà perché, ma non mi stupisce che non sappiate come divertirvi...» commenta. «Liza?» chiede poi. «Chi è, la tua fidanzata, agnellino?» Scocca un'occhiata a Xavier. Chissà che soggetto è, per stare con uno come lui.

Si gira in direzione di Zelda. «E tu ce l'hai qualcuno con cui prenderti a frecciatine quando lui è occupato?» Fa un sorriso ammiccante.

Xavier torna diffidente, inclina la testa. «Ti interessa, saetta?» Indica con un gesto del mento i fulmini di Altair, poi si sistema sulla poltrona.

E io sarei quella poco originale?, si chiede lei.

Zelda, invece, sorride in un misto di sarcasmo e difensiva. «Forse, Altair. Non è qualcosa che mi piace sbandierare come immagino faccia tu, però non ho mai detto che non sappia come divertirmi, se voglio.» Alza lo sguardo, osservando la sala con naturalezza. «Semplicemente adesso ho altre priorità. E le relazioni fisse sono un peso inutile.»

Altair alza le mani e lancia un fischio. «Ehi, datti una calmata, bello! No, non mi frega in realtà, ma mi pagano per farti domande.» Indica le telecamere. Tutti a lei capitano quelli che non vogliono rispondere alle domande?

Si cala giù dalla scrivania e fa un passo verso di Zelda. «Quindi sai divertirti, ogni tanto? Assurdo, non l'avrei mai detto.» Le rivolge un sorriso ammiccante. «C'è qualcuno che non sopportate, nel vostro gruppo?» chiede poi.

Zelda incrocia le braccia, guardando l'altra con finta sufficienza. «Sì, incredibile, vero? Ma non sei il mio tipo, tranquilla. Di problemi mi bastano i miei.» Le sue labbra scricchiolano in un sorriso breve e imbarazzato per qualche secondo, prima che ritorni seria.

Fa per accendersi una seconda sigaretta, e qualcosa tintinna nella tasca del suo cappotto quando prende l'accendino.

Xavier le guarda, alza le sopracciglia, dissociandosi dalla faccenda. «Carter,» dice. «È lui il coglione del gruppo.»

«Lui non fa nemmeno parte del gruppo.» Zelda sbarra gli occhi, scuotendo la testa. «È solo un povero bastardo che pensa di essere importante. Non si è ancora reso conto che alla Omicidi non lo rispetta nessuno, nemmeno per sbaglio, anche se è il capo.»

«E quando si incazza... provo vergogna per lui, davvero.» Xavier sospira, falsamente dispiaciuto.

Alla risposta di Zelda, Altair rotea gli occhi e si allontana. «Certo, certo.» Ma non trattiene una risatina.

Si stiracchia le braccia mentre fa un giro per la stanza. «Che cazzo ci fa un coglione a capo della Omicidi?» borbotta, poi pensa a chi prendono le forze dell'ordine nel suo mondo e si chiede perché si stupisce.

«Ce lo chiediamo anche noi, fidati,» risponde Xavier. «Ma è stato inserito alla centrale senza troppi preamboli, presentato come capo e nell'arco di una settimana già tutti lo odiavano.»

«Tranne i suoi,» aggiunge Zelda.

«Tranne i suoi sciacalli, sì. Ma sono pochi, Zelda.»

Lei deglutisce. «No, non è vero.»

Insomma, sembra proprio il classico tipo che Altair non si farebbe problemi a prendere a calci nel culo.

Non sa bene cosa chiedere ancora a questi due, però... Ci riflette qualche secondo. «Perché avete scelto di diventare proprio detective?»

«Scegliere di lavorare alla Omicidi è stata una scelta condivisa. Volevamo...» comincia Xavier.

«Cambiare aria,» dice secca Zelda, «ed è il nostro mondo. È il nostro talento, investigare.» Parla con orgoglio, come se il lavoro fosse parte di lei, ma c'è una nota di inquietudine nel suo tono.

«Può essere impossibile da reggere, a volte.» Xavier guarda Altair dritta negli occhi per qualche secondo. «Ma alla fine ti ci abitui.»

Altair apre la bocca per rispondere, ma una donna dal fisico alto e slanciato compare da dietro le quinte e lei si zittisce per un attimo a osservarla.

Chi cazzo è questa adesso?

«Salve, fratelli Lynch,» dice la nuova arrivata. Sia la faccia che la voce le ricordano una civetta. «Io sono Monique, la vostra intervistatrice. Vi chiedo venia per i modi di questa becera, qui,» indica Altair con un dito, «ma vedete, ha la brutta abitudine di rubarmi il lavoro.»

Alle sue parole, Altair si alza in piedi, i fulmini che le scorrono ovunque. «Ohi, giraffa, vedi di toglierti dai coglioni. Sono praticamente la stella di questo programma di merda, perciò...»

Monique la zittisce con un cenno. «Va bene, allora facciamo così. Perché non chiediamo ai nostri amici detective di dimostrarti che sei solo un'impostora. Vediamo se arriveranno anche loro alla conclusione che non sei nemmeno una persona reale.» Copre una risatina con la mano.

Altair guarda quelli della direzione. L'hanno pensata loro questa geniale trovata? «Ma mi prendete tutti per il culo?» sbotta.

Zelda e Xavier si guardano, confusi, prima di scambiarsi un sorriso complice.

«Non riusciamo proprio a non portarci il lavoro a casa, eh?» sospira lui.

Zelda scuote la testa, rassegnata, «Questo è semplice, dai.»

Xavier si alza, camminando lungo il palco, in cerchi pensosi e sconclusionati. «Il fatto di essere entrata in scena all'improvviso, in questa maniera piuttosto stravagante, lascia solo suggerire che tu sia l'impostora.» Indica col viso la direzione. «Da quando sei apparsa c'è movimento, tra lo staff. Guardali, staranno già chiamando la direzione generale per chiedere cosa cazzo sta succedendo.»

Zelda annuisce, prima di avvicinarsi alla finta intervistatrice, mentre il fumo della sigaretta le copre i lineamenti del viso. «Vestita elegante, appariscente, forse anche fin troppo. Sicura di sé, più come un'attrice, che come un'intervistatrice. Forse questa è la tua opportunità per fare un po' di scalpore nelle seconde pagine dei giornali di domani.» Parla con tranquillità e falsa dolcezza.

Le girano attorno, come due gatti curiosi e in posizione d'attacco.

Altair li guarda sbattendo le palpebre e sghignazzando sotto i baffi.

«La pubblicità non fa mai male, per quelli come voi. A Detroit sono molto frequenti, personaggi del genere.» Xavier da un'ultima occhiata alla direzione. Il caos aumenta, e lui sorride.

«Vedi che pure loro sono dalla mia parte?» annuisce Altair. Non che ci sperasse più di tanto, ma forse questa volta non rischia di distruggere la stanza, perciò magari non le tolgono la paga.

Monique sorride e fa un sospiro teatrale. «Non avevo detto di prendervela con lei?» Si esibisce in una risatina nervosa. «Ma va bene, il vostro ragionamento funziona, ma credete davvero che io sia in cerca di un po' di fama? E di voler usare quella lì, poi?»

Altair si pianta una mano sul fianco. «Sentite, gemelli serpenti, annientatela voi o la spedisco sulle prime pagine del quotidiano come "la donna senza denti".»

Zelda pensa qualche secondo, prima di controbattere. «Questo devi dircelo tu. Ci hai chiesto di analizzare la situazione, non i tuoi pensieri. Ma so riconoscere una persona, quando vuole attirare l'attenzione.»

«E non è il fatto di usare Altair» Xavier guarda entrambe. «Stai usando quelle» Accenna alle telecamere. «Siamo in diretta e gli spettatori aumentano ogni sera di più, da ciò che ho sentito,» esclama, mellifluo.

Altair ha smesso di ascoltare le loro parole a metà discorso e si sta concentrando a togliere dei pelucchi che non ci sono dalle maniche, annuendo. «Questi due sono inquietanti,» borbotta fra sé e sé con un sorriso.

Monique sbuffa. «E va bene, avete vinto. Però non è la fama che sto cercando, voglio solo trovare un uomo che ho incontrato all'aeroporto e non so come trovarlo, perciò ho pensato di usare il programma per farmi vedere.» Punta le telecamere con l'indice, in modo tanto teatrale da sembrare un personaggio uscito da un cartone animato. «Se sei in ascolto, sappi che ti sto aspettando, io...»

«No, questo è troppo.» Altair perde la pazienza. La prende per il braccio e la trascina fuori dalla porta, che poi sbatte con forza. «C'è un limite al livello di sfigati che riesco a sopportare.»

Xavier inarca le sopracciglia, guardando la scena con un velo di superiorità. «Io non mi fiderei troppo di uno sconosciuto incontrato in aeroporto,» sospira, amareggiato.

Zelda guarda prima le telecamere, poi Altair. «Tuttavia, per la questione della persona reale, ha ragione.» Incrocia le gambe con eleganza. «È vero, sei l'intervistatrice, ma sei frutto della mente della tua autrice, esattamente come noi. Anche se devo ammettere che sembri in tutto e per tutto una matta vera.»

«Fin troppo,» sibila Xavier, osservando i fulmini di Altair.

Altair scrolla le spalle con disinteresse. Poi tasta il terreno con il piede. «Lo prendo come un complimento.» Fa il suo solito sorriso strafottente. «Se è per questo però, allora nessuna delle persone qui dentro è reale. Però sinceramente non me ne frega un cazzo della filosofia.» Va a sedersi. «Vi faccio l'ultima domanda, poi questa cagata di programma dovrebbe finire. Visto che vi piace filosofeggiare, ditemi, c'è una cosa che cambiereste di voi stessi? O della vostra vita?»

«Sì, certo che vorrei cambiare.» Zelda risponde con sicurezza e malinconia. «Vorrei poter cambiare tante cose. Probabilmente se cambiassi qualcosa della mia vita, di conseguenza cambierei anche qualcosa di me stessa. Mi piacerebbe poter dire che sono ciò che sono e che va bene così, ma sarebbe una cazzata, quindi... vorrei poter annullare le paure stupide.» Nasconde la tensione con uno sbuffo annoiato. «Le convinzioni sbagliate che mi sono state insegnate. E... altre cose. A volte mi rendo conto di esagerare.»

La sua voce trema per qualche secondo, così si volta verso Xavier. «L'ho detto, visto?» sdrammatizza, tornando sfacciata, prima di zittirsi.

Lui ha tenuto gli occhi incollati su di lei fino ad adesso. Inspira. «Se potessi, cambierei alcune delle persone che ne hanno fatto parte. E di certo molti degli aspetti della mia personalità. Mi rendo conto di essere fastidioso, quando voglio. Forse sono troppo preciso.» Riflette qualche secondo, mentre il tacco della sua scarpa batte sul pavimento. «Magari sono anche un po' paranoico, a volte» dice, con leggerezza.

Zelda sbarra gli occhi. «A volte?»

«Almeno non uso il sarcasmo con cattiveria come fai tu.» Le scocca un'occhiata infastidita.

«Certo. Se vuoi ti insegno, così potremmo finalmente essere allo stesso livello» Lei ride, sardonica, guardandolo con aria di sfida.

Colpito e affondato, pensa Altair con una mezza risata.

«Davvero? Se n'è già andata la Zelda pentita di due minuti fa?» risponde Xavier.

«Ho detto che esagero, ma questo non è il caso,» replica lei, lapidaria.

«Vedi, è questo il problema.»

«Lavorerò al mio problema, appena tu inizierai a farlo coi tuoi.» Le labbra di lei si inarcano in un sorriso falso e provocatorio.

Xavier solleva gli occhi al soffitto, le mani alzate in segno di resa.

Altair ha ripreso la pistola e se la rigira fra le mani. Poi la punta verso Xavier, ma con fare casuale, come se fosse una penna e non un'arma. «Ha ragione lei, non sei proprio al suo livello. Però non sei malaccio, sempre meglio di quel coglione di Vega...»

Il classico jingle che annuncia la fine del programma risuona fra le pareti.

Altair si alza, posa la pistola e fa un sorriso a entrambi. «Purtroppo la litigata finisce qui. Peccato, mi stavo divertendo, per una volta non sono nemmeno io a iniziare.» Si avvicina e dà una pacca sulla spalla a entrambi. «Cercate di non scannarvi sulla via del ritorno. Se proprio dovete, almeno chiamatemi.»

Xavier si alza. «Grazie, sei gentile,» esclama, tagliente. Sembra addirittura divertito. «Ma per le litigate non ti assicuriamo nulla.»

Zelda si incammina verso le quinte, ma si volta verso Altair, muovendo qualche passo all'indietro. «Se ti capita di andare in Michigan, passa da Detroit. Ti troveresti bene in mezzo al casino dei locali come il Lullaby.»

«E cambieresti idea sul jazz.» Xavier la saluta con una mano, seguito da Zelda.

«Grazie per la dritta, gemelli serpenti!» urla loro dietro Altair.

I due ospiti si incamminano dietro le quinte.

«Ovviamente dovevi iniziare una discussione anche in mondovisione,» dice Xavier.

«Certo. Se ci devono conoscere, che ci conoscano bene, no?»

Ed ecco terminata anche un'altra intervista! I Lynch sono riusciti a tenere abbastanza buona Altair da non far iniziare una rissa. Incredibile! xD La direzione vuole quasi assumerli xD

Se vi sono piaciuti i fighi ma tristi detective, fate un salto sul profilo di Cami_Millie e leggetevi Enigma! Non ve ne pentirete, parola mia!

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top