L'Unipol Arena. Nel vederla da fuori, Elettra non è molto colpita: la sua forma a cupola, il colore grigiastro e l'insegna azzurra non sono niente di troppo diverso dagli edifici a cui è abituata. Nemmeno lei sa bene cosa sperasse di trovare, entrando in un mondo parallelo.
Seguita dallo staff, con le telecamere in spalla, entra nell'edificio a concerto appena finito. Fa in tempo a sentire solo un paio di note e i saluti; poi, la folla scalpita verso l'uscita, ancora visibilmente agitata. Elettra aspetta in quella sala enorme, che per ogni persona che se ne andava sembrava aumentare di dimensioni. Sul palco, illuminati dai riflettori, i musicisti ancora salutavano i loro fan.
Elettra gioca un po' con i tasti sul visore che le copre gli occhi. In quel mondo fa più bizze del necessario e la vista le sfarfalla di continuo. Alla fine si arrende e si scansa una ciocca di capelli bianchi dalla fronte con un sospiro.
Un paio di uomini le si avvicinano. Dall'abbigliamento, è gente della sicurezza. La riconoscono subito, e la accompagnano sul retro del palco, dove uno dei musicisti – capelli lunghi, ricci e bianchi, di sicuro ha un'aria distinta – è ancora impegnato a salutare un paio di fan; accanto a lui c'è una donna. Lui è il primo ad accorgersi di Elettra. Le si avvicina.
Lei tende subito la mano. «Salve. Voi dovete essere Brian e Valentina, giusto?»
«Salve,» fa lui. «Sì, esattamente. Io sono Brian May mentre lei è mia moglie Valentina.»
Sentendosi prendere in causa, anche Valentina saluta.
«Io sono Elettra. Spero di non essere in ritardo, abbiamo sbagliato strada un paio di volte.» Si gira verso uno dello staff, che alza le spalle. Non sapeva nemmeno come, ma all'inizio erano finiti nel mondo sbagliato e si erano ritrovati a guidare sott'acqua, in mezzo a strane creature giganti. Per fortuna ne erano usciti in fretta. «Comunque,» continuò, scacciando quei pensieri, «è un piacere conoscervi.» Si rivolge a Brian. «Vedo che hai parecchi fan.»
«Eh, sì, con il film Bohemian Rhapsody anche le nuove generazioni si sono avvicinate al mondo dei Queen, perché ha permesso di conoscere la storia della nostra band.»
Il nome le diceva qualcosa. In un passato molto remoto, anche nel suo mondo avevano avuto una band con quel nome, si rese conto. Affascinante dettaglio, ma evitò di parlarne.
«Capisco,» disse invece. Si gira verso Valentina, che finora se n'è stata in silenzio. «Quindi siete sposati. Posso chiedervi da quanto? O come vi siete conosciuti?»
«Siamo sposati da quarantacinque anni ormai,» risponde lei. «Il Il lieto evento è avvenuto il 19 luglio 1977, il nostro compleanno. Io sono nata in Italia da un soldato che, secondo le idee di Mussolini, era di sangue puro, e da una madre ebrea. Mi ricordo bene quando dovevamo nasconderci per non farci trovare e finire in un campo di concentramento. Allora ci siamo rifugiate in America, io e mia madre, ma vivevamo di stenti. Poi, a causa della denutrizione, mia madre ha iniziato a soffrire di pazzia finché non è morta. Senza una madre e un padre ho vissuto in un orfanotrofio. Poi, prima del mio ottavo compleanno, il padre di Brian mi è venuto a prendere per adottarmi ed è così che ci siamo conosciuti.»
Una storia a dir poco raccapricciante, ma una parte di Elettra si rivede in quelle vicende. Mondo diverso, eppure stesso livello di oppressione.
Allunga una mano per sfiorarle una spalla. «Mi dispiace davvero per quello che hai passato. Purtroppo anche io ho perso i miei in circostanze non troppo diverse, ma posso solo immaginare cosa hai provato.» Vorrebbe poter aggiungere di più. Cosa, però? Non c'è molto che possa dire al riguardo senza che sembri forzato. Perciò si concentra su un dettaglio diverso. «Aspetta, quindi suo padre,» indica Brian, «ti ha adottata? Siete cresciuti insieme?»
È Brian a risponderle. «Sì, siamo cresciuti insieme per un breve arco di tempo. Poi quando sono diventato adolescente ho iniziato a capire che ero innamorato di lei. Avevo tredici anni e lei ventuno, insomma era un po' complicato così per non farmi soffrire ha deciso di lasciare la casa per andare a vivere altrove.» Aveva un'aria trasognata, mentre ricordava quei momenti lontani.
Valentina continua per lui. «Sì, è proprio così. Ero andata via di casa e trasferendomi avevo conosciuto a teatro un ragazzo. Si chiamava Jonathan Cooper. Abbiamo vissuto insieme per molto tempo fino a quando avevo dovuto lasciare la compagnia perché Charlie Chaplin voleva che lavorassi per la sua. Dopo aver girato qualche film ero ritornata a Londra e lo avevo rincontrato anche se non lo avevo riconosciuto. Aveva una matassa di capelli riccioluti. Sembrava un barboncino.» Si lascia andare a una risatina.
Lo sembra ancora, in realtà, pensa Elettra. Sorride. «Una storia complicata. E una vita piuttosto piena di eventi, direi.» Tira le maniche del maglione fino a coprirsi le mani. «Qualcuno direbbe che fosse destino che finiste insieme, dopo tutto.» Alza le sopracciglia, pensierosa. «Voi ci credete, che il destino ci abbia messo lo zampino per farvi ritrovare?»
«Io non credo nel destino ma che sia stato il mio Dio, Jahvè, a farci incontrare e riavvicinare,» afferma Valentina con un sorriso.
Elettra alza le sopracciglia. «Touché. Anche se dal mio punto di vista non c'è molta differenza.» Poi sospira, perché si ricorda che è qui per fare un'intervista, non per discutere di teologia, e già sa che se continua così lo staff si lamenterà. Perciò si dà un contegno e cambia argomento. «Come descrivereste il vostro rapporto? Insomma, avete una storia complicata alle spalle, immagino si sia evoluta in un rapporto altrettanto unico?»
È Brian a prendere la parola. «Il nostro rapporto? Beh, speciale e unico. Abbiamo avuto le nostre difficoltà anche a causa di mio padre che considerava Valentina una figlia di sangue, quindi non potevamo farci scoprire mentre facevamo l'amore.»
Elettra si morde il labbro. Può solo immaginare il putiferio che si sarebbe scatenato.
«Però poi è successo e per me è stato terribile,» continua Brian. «Mi ricordo che in studio di registrazione insieme a Freddie, Roger e John, non facevo altro che pensare a lei mentre a casa piangevo. In tour mi davo alla pazza gioia con altre donne, ma nella mia mente e cuore c'era solo lei. Sì, il nostro rapporto è diventato qualcosa di indissolubile e indistruttibile.»
«Per vostro padre immagino sia stato uno shock...» dice Elettra. Non può dire di non capire la sua reazione. Al suo posto, lei di certo avrebbe faticato a digerire la cosa, come forse chiunque. Tuttavia le dispiace per le difficoltà che hanno dovuto affrontare. «Ma il rapporto è sopravvissuto a tutto questo, direi che ormai è più resistente di un carro armato. Però, se vi chiedessi se c'è qualcosa che vi infastidisce l'uno dell'altra?»
Brian ci pensa un po' su prima di rispondere. «Direi il suo carattere fin troppo testardo alcune volte.»
«Di Bri?» dice Valentina. «La sua cocciutaggine. Una volta ci stava per rimettere la vita solo perché voleva continuare a lavorare sul suo album ma aveva un'ulcera duodenale e doveva essere operato immediatamente.»
Al ricordo, Brian ride.
Elettra lo imita. «Siete una coppia di cocciuti insomma.»
«Già, ma grazie alla mia testardaggine sono riuscita a salvargli molte volte la vita. Quindi può essere considerato anche un lato positivo,» afferma Valentina.
«Io la considero un po' come un'arma a doppio taglio,» annuisce Elettra. Conosce persone altrettanto cocciute e il livello di idiozie compiute era alto quante le volte in cui la loro testardaggine aveva salvato la situazione.
Un tizio dello staff le batte un dito sulla spalla. Elettra si gira e lui le fa un cenno che lei non riesce a decifrare. Forse vuole che cambi argomento. O forse le sta chiedendo un panino; considerati i soggetti con cui lavora, tutto è possibile.
Lei solleva le sopracciglia e torna a girarsi verso Brian e Valentina. Meglio ignorare lo staff, pensò. «Bene. Ma cambiando argomento, vi faccio qualche domanda ipotetica. Se poteste scegliere un potere sovrannaturale, quale non scegliereste assolutamente mai? Io per esempio non vorrei mai la telepatia, credo che impazzirei.»
«Quello di rivedere i propri cari magari passati a miglior vita,» dice Brian. «Già per me è devastante vedere Freddie sullo schermo solo come immagine e voce, rivederlo una seconda volta non riuscirei a tollerarlo.» Il suo sguardo si fa triste e una piccola lacrima gli solca la guancia.
«Io direi lo stesso,» aggiunge Valentina. «Freddie è stata una perdita devastante per entrambi.»
Elettra struscia il palmo contro la spalla. Abbassa il capo. «Posso immaginare. Deve essere difficile per voi, come situazione, è come avere sempre il suo fantasma intorno.»
È possibile superare un lutto in quelle condizioni? Scopre di non volerla sapere, la risposta.
«Già, per noi è stato come un fratello. Se l'AIDS a quel tempo fosse stato curabile sarebbe sopravvissuto. Io ero a casa sua quando ha chiuso gli occhi per sempre,» racconta Valentina.
«Mi dispiace davvero. Almeno aveva qualcuno che teneva a lui al suo fianco, fino all'ultimo.» Forse è una cosa scontata da dire, ma ci crede. Ci crede davvero. Perché lei darebbe qualsiasi cosa per tornare indietro ed essere almeno presente nel momento in cui i suoi cari se ne sono andati...
Il tizio dello staff le dà un altro colpetto sulla spalla, poi sposta il dito sull'orologio al polso. Elettra torna con i piedi per terra e annuisce. «Purtroppo il tempo è quasi finito, perciò posso farvi un'ultima domanda. Qual è la vostra canzone preferita?»
«The Miracle, quando Freddie lo ha scritto ho pensato che avesse una magia unica e strana, soprattutto perché lo ha realizzato in un periodo nel quale era difficile essere ottimista,» risponde Brian.
«My beautiful rose, la canzone che mi ha dedicato Brian quando l'ho rincontrato,» dice Valentina. Un sorriso le si dipinge sul viso al ricordo di quel momento. Elettra copia quel sorriso, felice di vederla così, sognante e nostalgica di eventi lieti.
Poi sospira. «Delle bellissime scelte.» In realtà non ne è del tutto sicura. Potrebbero essere diverse da un mondo all'altro, però preferisce non farlo notare. Alla fine, allunga una mano a entrambi. «Vi ringrazio per aver partecipato al programma. Purtroppo abbiamo finito qui, ma confesso che non mi dispiacerebbe farmi un giro da queste parti.» Ride.
«Grazie mille a te,» dice Brian. «Prima di andare vorresti una foto?»
Non ci aveva minimamente pensato. Può essere un bel ricordo. Fa cenno di sì con il capo. «Grazie mille, perché no?»
Brian prende il cellulare e si mettono tutti e tre in posa davanti alla telecamera. Scatta la foto, per poi inviarla a Elettra. Lei si ferma a ringraziarli ancora, mentre il programma fa partire la sigla.
Eccoci qui, con la prima intervista della seconda stagione! Elettra si è fatta un viaggetto a incontrare Brian May, che dire? Fortunata e nemmeno lo sa xD Scherzi a parte, se vi sono piaciuti la versione di Brian e la Valentina di _RebyMay_ allora filate a leggere "The brightest star in the firmament".
Io ovviamente ho aggiustato l'intervista ascoltando le canzoni dei Queen, perché era l'unica cosa giusta da fare xD
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