Rinunciare?
Una fresca brezza soffiava su Casale Monferrato.
Come sempre le stradine erano affollate di persone che, giorno dopo giorno, portavano avanti la loro vita cercando di esercitare al meglio la loro professione.
Così faceva anche Giovanni che, nonostante l'imminente festa di fidanzamento di sua sorella, si comportava come al solito.
Dopo che Teodoro II aveva dichiarato guerra ad Amedeo VIII la Fratellanza aveva molto da fare: le missioni abbondavano così come le ricompense.
Il giovane aveva dovuto partecipare anche alle feste del conte di Saluzzo insieme a tutta la famiglia e fingere di stare bene e di apprezzare Gian Giacomo, il futuro sposo di Angelica.
Il figlio cadetto di Federico II aveva due anni in più rispetto a lui. Era alto e slanciato, aveva folti riccioli corvini e due occhi verdi che parevano smeraldi. Forse avrebbero potuto essere amici se lui non avesse sposato sua sorella.
«Fortebraccio!» lo chiamò una voce conosciuta.
«Guareschi».
I due ragazzi si guardarono per un po' rimanendo in silenzio, poi Luca disse atono: «Ho saputo del fidanzamento di Angelica».
«È domani».
«Certo, domani... Non ho più alcuna speranza, vero?».
«No».
«Non ti da fastidio che Angelica si sposi?».
«Il secondogenito del conte è un buon partito, per cui...».
«Oh andiamo!» lo interruppe Guareschi. «Ti conosco abbastanza da sapere che non la pensi così».
«Anche se fosse, non posso farci niente».
«Si trova sempre una soluzione».
«Non in questo caso».
«Non ci credo! Non hai alcuna intenzione di opporti?».
«Anche se lo facessi non cambierebbe niente».
«Ti potrei aiutare io».
«Certo, così poi puoi fidanzarti tu con mia sorella!» quasi urlò.
Luca sospirò.
«Mi chiedo se il tuo modo di comportarti sia per puro affetto fraterno oppure per qualcos'altro».
A quelle parole Giovanni trasalì. Guareschi aveva forse intuito qualcosa? No, era impossibile.
«Guarda, non ti rispondo nemmeno» asserì scocciato. «Se vuoi scusarmi ora ho da fare».
Si allontanò in fretta senza mai voltarsi indietro.
Procedette spedito verso un giardino poco distante per poter stare da solo ed evitare che qualcuno lo disturbasse.
Si sedette all'ombra di un grande albero e chiuse gli occhi.
Udì il cinguettio degli uccellini e il frusciare delle foglie mosse dal vento.
Tutto intorno a lui comunicava calma e serenità e poteva sembrare, da un punto di vista esterno, che anche lui fosse animato da quella stessa quiete. Ma in realtà non era così: il suo cuore era profondamente tormentato. Non sapeva nemmeno lui se provava rabbia, tristezza, frustrazione o quant'altro. Probabilmente provava tutti quei sentimenti insieme.
Con un gesto improvviso strappò dell'erba e la lanciò in aria.
Tra i fili d'erba che cadevano a terra vide Guenda e Fiammetta a braccetto che lo osservavano.
Controvoglia si alzò in piedi e si diresse verso di loro per salutarle.
«I preparativi per il fidanzamento sono stati ultimati» sorrise incerta Fiammetta.
Giovanni contrasse il volto in una smorfia.
«Bene» mormorò.
«I-io, mi spiace... Ho detto qualcosa di sbagliato?» chinò la testa mortificata.
«No. No...».
«Credo che Giovanni voglia rimanere da solo. Andiamo Fiammetta» disse Guenda.
La fanciulla dai capelli color del grano assentì con la testa e si avviò verso l'uscita del giardino.
«Non vieni Guenda?» le chiese.
«Si, certo. Devo solo dire una cosa a Giovanni e poi ti raggiungo».
Il giovane Fortebraccio la guardò interrogativo.
«Non ti arrenderai vero?» domandò questa.
«Non capisco cosa intendi».
«Gli altri potranno anche non averlo capito, ma io non sono stupida. Tu ami Angelica e lei ama te».
A Giovanni per poco non venne un infarto. Guenda sapeva, sapeva ciò che provava per sua sorella.
«T-ti sbagli...» mentì.
«Non dirmi bugie. Non c'è nulla di male nel vostro amore. Molti nobili sposano i propri fratelli per mantenere puro il loro legame di sangue e la loro discendenza, per cui non vedo problemi per quanto riguarda te e Angelica considerando che il sentimento che vi lega è un sentimento vero».
«Guenda...».
«Per cui non stare qui a tormentarti, ma agisci!».
La giovane moglie del duca Guarnieri lo guardò attentamente e poi stupita sussurrò: «Non farai niente. Non ci credo».
«È così».
Guenda si girò in silenzio e si incamminò nella direzione presa da Fiammetta.
«È questo quello che vuoi?» chiese prima di scomparire tra la folla di Casale non attendendo la sua risposta.
Giovanni si portò una mano al volto e scoppiò a ridere.
Non sapeva nemmeno lui il motivo di questa sua reazione: forse rideva per non piangere.
Lasciò anche lui il giardino e si diresse alla sua solita taverna, Il Settimo Corvo.
L'oste capì che qualcosa lo turbava, per cui gli portò da bere senza fargli pagare niente.
Forse fu un male perché il giovane Fortebraccio ne approfittò per bere più del dovuto finendo così per ubriacarsi.
Era già notte fonda e di conseguenza il coprifuoco era già passato da un pezzo quando tornò a casa.
Barcollò su per le scale, ma fortunatamente non cadde.
Si incamminò a passi lenti lungo il corridoio e sbatté con violenza una porta: era quella della camera di Angelica.
«Giovanni!» esclamò sorpresa quest'ultima. «Non dovresti essere qui! Se ci vede qualcuno...».
«Non mi interessa! Vadano a farsi fottere tutti quanti!».
«Giovanni, vai a letto. Sei ubriaco».
Lui sorrise in modo poco rassicurante.
Piano piano si avvicinò al letto di sua sorella, poi si chinò e spinse Angelica in modo tale da potersi mettere sopra di lei.
I loro corpi erano a stretto contatto e lui poteva sentire il respiro della sua amata.
Strofinò il suo naso contro quello di lei e le sussurrò: «Non sei poi così santa come credevo».
Lei arrossì vistosamente.
«Avresti potuto scansarti e invece sei rimasta immobile. Tu volevi questo. Tu mi vuoi».
«Si, è così. Lo so che è sbagliato. Lo so che è disdicevole comportarsi in questo modo, però non posso farci niente. Non voglio aprire gli occhi. Perché una volta aperti, dovrò affrontare la realtà. Vorrei fuggire via con gli occhi chiusi, ovunque purché lontano da qui. Io... non voglio vedere».
Il giovane rimase, per un attimo, interdetto. Non si aspettava che sua sorella lo ammettesse.
«Chiudi gli occhi allora» le sussurrò dolcemente.
Poi sorrise e cominciò a baciarle il collo, soffermandosi vicino alla gola.
Lentamente le alzò la sottoveste e portò la mano sulla sua coscia, accarezzandogliela.
Lei sussultò.
Con la mano salì più su, sempre più su fino a quando lei lo fermò.
«No, non così» disse Angelica.
«Perché? Perchè...».
«Sei ubriaco. Non voglio che la nostra prima volta sia così. Tu te la dimenticheresti e io non voglio che tu lo faccia».
Giovanni la guardò e poi sorrise sornione: «Allora ci vuoi venire a letto con me, hic!».
Sua sorella arrossì e poi lo spinse via con tutta la forza che aveva.
«Vai nella tua stanza!» gli urlò.
Lui rise e senza pensarci due volte la trasse a sé e la baciò.
«Non chiuderò gli occhi. Guarderò in faccia questo mondo fino all'ultimo momento. Non chiuderò gli occhi. Non li chiuderò fino alla fine. Non puoi combattere senza consapevolezza e non puoi vincere senza sicurezza di te. Tu sei mia Angelica e il mondo lo capirà presto» affermò serio.
Le diede un altro bacio e poi si allontanò nell'oscurità del lungo corridoio del palazzo dei Fortebraccio.
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