30: -finestra-

Entrai dalla porta d'ingresso, era come ricordavo.  Quello stupido mobile bar nell'angolo a destra con cosi tante bottiglie di liquori e vini da perderne il conto. C'è ne erano di pregiati e di piu dozzinali.  Ma ormai li da parecchi anni che saran diventati solo immondizia, li a prender polvere.
Gurdai il divano con sopra appeso un quadro di un paesaggio di mare, semplice e tranquillo.  Raggiunsi velocemente l'altra stanza, una cucina bianca.  Con tavolo in legno al centro e e una cassa panca che fa da angolo. Spostai lo sguardo alla finestra e mi ci avvicinai leggermente. Vi era seduta sul davanzale una bambina, avrà avuto quattro o cinque anni.  Era piccola ma di corporatura robusta. La pelle bianca come una perla. I capelli castani raccolti in due codini rosa con delle fragoline, e gli occhi azzurri puntati verso il basso.  Aveva uno sguardo triste, stanco. Le guance inumidite da lacrime che probabilmente aveva versato qualche minuto prima.
Mi arrampicai facilmente e mi sedetti vicino a lei. Notai che era vestita con un grembiule rosa e cucita all'altezza del cuore un etichetta con un polipo giallo. Un paio di occhiali viola erano appoggiati di fianco a lei. La finestra al quale è appoggiata si trova al primo piano a circa tre o quattro metri dal terreno.
"Hey" ruppi il silenzio pesante che si era creato.
Si voltò spaventata verso la mia direzione, gli occhi lucidi segno che aveva ancora bisogno di sfogarsi.
"Chi sei? " mi chiede con voce tremante e stentai a credere di vedere una bambina cosi piccola, ma cosi sofferente.
"Sono un amica, cosa fai qui?" le sorrisi gentilmente accarezzandole dolcemente i capelli.
"Io, io non lo so. So che sono stanca..." lasciò sospesa la frase.
"Stanca di cosa?"
"Di tutti"
"Di già?  Cosi presto?" le chiesi stupita.
"Tu non sai!  Non sai quello che dicono!" la guardai teneramente.
"E cosa dicono?"
"Che sono brutta, una polpetta cicciona,  che i miei occhiali fanno schifo, che non valgo nulla e che nessuno mi vuole!" si copre il viso con le mani singhiozzando disperatamente.
"Capisco" il sorriso si spense e la guardai quasi freddamente.
"Guarda!  Guarda cosa mi fanno" girò il viso verso di me. Ci sono dei graffi che partono da sopra la palpebra e arrivano fino alle guance.
"Chi te li ha fatti?"
"Una bambina, me li ha fatti una bambina.  E tutti si sono messi a ridere dicendo che me lo meritavo.  Mi spingono quando siamo sul pullmino, ho sbattuto contro un palo per colpa loro"
"Oh"
"Li detesto! Mi tirano i capelli, mi fanno tanto male" piange.
"Mi dispiace, hai provato a parlarne con le suore?"
"Non mi danno retta!"
"Mi dispiace.."
"Non è colpa tua.."
"E di chi?"
"Mia,  se solo fossi diversa nessuno mi farebbe questo" sorrido amaramente.
"Piccolina purtroppo la gente è ignorante e crudele non ci puoi far nulla"
"Io non voglio piu stare male,  mamma e Papà..." anche essa gli muore in gola e altre lacrime scendono.
"So tutto tranquilla"
"Mi capisci?" mi guarda incuriosita.
"Più di quanto tu possa credere"
"Vorrei saltare..."
"Credi che migliorerà qualcosa?"
"Si, quando non ci sei piu diventi un angelo. E tutti vogliono bene agli angeli" sorride leggermente.
"Allora vai, fai quello che ti sembra più  giusto" le sorrisi e gli diedi una carezza sulla testa. Guardo quello che ho davanti a me, un albero con dei fiori lilla e rosa, varii roseti di diversi colori e qualche peonia.
Giro lo sguardo e di sottecchi la osservo, esita le tremani le mani.  Ma poi lo fa si lancia con un balzo in avanti.
Si sente un urlo, e una donna che corre verso la finestra e la prende al volo per un braccio.
"Come al solito Jennifer non si fa gli affari suoi, impicciona di una babysitter" commentai rauca uscendo da quella stanza per tornare in quel lungo corridoio di ricordi.

Cit. By dang_redyandere.
Scritta 09/11/2019 656 parole.

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