Vivi!
Notte inoltrata. Il ragazzo rubicondo non prendeva sonno e assentiva a soavi, sfumati accordi di chitarra generati da quell'infimo, perverso aggeggio scaduto, ma che continuava ad alleviare i suoi più silenziosi dolori traghettandolo in luoghi già familiari alla sua mente. Le note rarefatte lo colsero e lo avvolsero in una specie di ipnosi. Ma il ritmo, imperterrito e solerte, unito a quel fluido basso che gli sapeva di una graduale ascesa verso lo spazio, lo portò inevitabilmente a ricongiungersi con il mondo a lui caro. La Terra del soffitto era ormai distante; l'insistente shuttle, imperturbabile da qualunque forza deviante, si mosse frenetico, sebbene mantenendo una velocità costante, come un dardo pronto a trafiggere, a pretendere in maniera sfacciata di poter conquistare il cuore della sua ardita preda, tingendola di rosso più di quanto già lo fosse. Non prestava attenzione alle parole dello speaker; era troppo preso dall'atmosfera generale che per poco non perdeva i sensi. Che poi il tizio continuava ostinatamente a ripetere: years. Anni? Ma quali anni? Il tempo non ha alcuna importanza. Il tempo è corruttibile e corrode. Ci sarà un motivo per cui Zeus abbia preso il posto di suo padre!
La suspense aumenta. Gli accordi ipnotici vanno temporaneamente in ibernazione, lasciando il posto a un sempre più accentuato tremolio di note che elettrizzarono ogni nervo del ragazzo. Eppure lui era fermo, impassibile. Ma ormai aveva perso il controllo di ogni cosa. Sarebbe mai arrivato a destinazione?
La risposta è sì. Lo shuttle si schiantò bruscamente sul pianeta rossiccio. Ma quello non era Marte. Lo avvertì in quelli stessi accordi eterei, che erano ora manifestazione del dolore che egli tentò invano di cancellare: essi tradivano una nostalgica malinconia e una gravosa sensazione di vuoto. Fu allora che si accorse delle parole: una post-apocalisse. Qualcosa di ancora più grande del suo shuttle, years and years fa, piombò superbo e rase al suolo ogni cosa. Un attacco suicida. Quell'oggetto annullò la stessa terra dalla quale era partito.
Della Terra non rimase più nulla, se non un infernale miscuglio di elementi privi di esistenza, se non fosse per la loro natura instabile. Ma all'improvviso intravide una solitaria figura che percorreva la sua desolata depressione. Essa avanzava con passi solenni, insensibile alla condizione più che ostile. Era perfino scalza. Ma ben presto constatò la natura evanescente di una tale figura, e la sua sconcertante familiarità.
Lo fissò con occhi lucidi di tristezza.
Si svegliò di colpo. Il lettore musicale passò alla canzone successiva. Lui rimase fisso a guardare la Terra azzurra che lo sovrastava. So cosa devo fare.
5/5/2018
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