La frequenza primordiale
Al calar del sole, i due giovani avventurieri e compagni d'anima si erano rifugiati in un luogo sicuro, lontani dagli agguati, insediandosi tra cespugli spinosi e meli selvatici che erano colmi di delizie. Edward, ormai pallidissimo, continuava a sanguinare; Alex lo adagiò su un robusto albero e si limitò a sciacquargli la profonda ferita e reprimerla con delle bende strappate direttamente dal proprio abito consumato, in mancanza di risorse immediate.
Edward le bloccò il braccio in un movimento repentino.
«Non voglio la mia salute...se questa va a sminuire la dignità di qualcuno» disse con voce fioca e affannata, ritraendosi in avanti.
Alex lo osservò per qualche secondo, lo sguardo serio, e ritornò a strapparsi il manico come se nulla fosse accaduto.
«Piantala» ribatté lui con un tono ora più risoluto, dopodiché percepì un dolore nel torace e, ansimante, si accasciò sul tronco come un morto.
«Sciocco, guai a te se fai ancora sforzi!» esclamò lei con il volto sconcertato. Poi, con la voce di un affetto quasi materno e di infinita stima che un servitore ha nei confronti del suo padrone, riprese a dire: «Ve ne prego, mio signore...lasciate che io vi serva offrendovi quel poco che ho: questa è per me la più nobile delle dignità.»
Edward la guardò con occhi infantili, quasi intenerito da quelle parole, ma presto il suo sguardo si mosse altrove, avvolto nell'imbarazzo, ed egli riprese fiato per pronunciare le sue in risposta a tali; ma la ragazza dai bulbi di giada rispose prontamente: «So cosa mi volevate dire...tutta questa formalità v'infastidisce, eppure io mi rivolgerò a voi così, e vi dirò che siete il mio signore anzi, il signore dell'intera Isola Albina, perché la verità io non la nego.»
Il ragazzo non poté fare altro che sorridere; lo sfrontato disprezzo nutrito da Alex nei confronti dei nobili gli era ben noto, per cui il fatto che lei fosse disposta a riconoscergli il suo titolo e ad assoggettarsi al suo volere, senza alcun indugio, lo affascinava.
Tuttavia, poteva anche percepire una certa malinconia negli occhi della ragazza, una certa vulnerabilità nei suoi movimenti e un calore materno che lo portò a ricordare lo sguardo spossato, seppur affettuoso, della sorella che probabilmente lo attendeva con angoscia al palazzo di ghiaccio. Allora congiunse la propria mano con la sua, mentre questa era intenta a fasciargli la lesione del corpo, e le fece spostare in direzione del petto, come a volerle dire: "Ecco, questo è il mio cuore, senti come pulsa: è forse leso pure questo? No, lui batte e continuerà a farlo ancora per molto e giuro che tutto questo suo affanno non è esaurimento, bensì la sincera risposta alla vicinanza dell'anima che mi è più affine."
Ma ancora una volta, le parole non furono necessarie; per come brillavano i loro sguardi, sembrava avessero già detto e inteso ogni cosa. Rimasero così svariati minuti con le mani strette nel gracile petto; nel silenzio assoluto, si poteva ascoltare la risonanza di un cuore che ormai non apparteneva più a una sola minuta figura; perché la natura stessa acconsentiva all'amore dei due giovinetti, ne prendeva parte e fungeva da testimone al loro eterno patto di unione. Qui, la superbia e avarizia dell'uomo civilizzato non erano contemplate; il luogo era talmente invaso dalla dolce fragranza che non v'era più spazio per qualunque fetore indesiderato. Qui, i frutti visti come peccaminosi trionfavano sulle spine dell'orgoglio e del disprezzo; perché considerarli tali, quando essi giovano e dilettano i servi dell'amore?
Non passò molto tempo che l'inevitabile fiacca prese il sopravvento e mosse la figura di lei, che lentamente appoggiò il suo capo, dipinto di sabbia vorticosa e informe, al pendio di un monte sbiancato e arido, come ribellandosi al sudore che avanzava gelato e imperterrito sulla loro pelle.
10/6/2018
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