Una stretta di mano
ATTENZIONE: questo racconto contiene spoiler. Se non avete terminato prima di leggere Rosso Sangue fareste meglio a evitarlo. Se invece non vi interessano gli spoiler, allora potete leggerlo tranquillamente. In realtà è un capitolo tratto dal nuovo racconto che sto scrivendo, quindi prendetelo come un regalo e buona lettura.
Kiryake guardò la bambina mentre dormiva. Era serena, come dovevano esserlo tutte le bambine della sua età; aveva entrambe le manine sotto il viso e la coperta si alzava e abbassava al lento ritmo del respiro. Con la mano rugosa le accarezzò i lunghi ricci neri: erano morbidi e ogni mattina glieli sistemava aprendoli con le dita. Amava prendersi cura di quella bambina e avrebbe voluto evitarle ciò che il destino aveva in serbo per lei. L'età le aveva rammollito il carattere e a nulla erano valsi i lunghi anni di studio e addestramento al Tempio: era passata attraverso la fine della dolce Tahira, sua consorella e grande amica, e poi della gentile Nashida, la madre della bambina, e non era più stata la forte Kiryake che aveva sognato di essere quando era una giovane Vergine.
«Madre Kiryake» mormorò la bambina tra veglia e sonno «è già l'ora delle preghiere?» Le dita dell'anziana donna sfiorarono la guancia rosa e paffuta. «Piccola Signora, è quasi il momento» sussurrò baciandole i ricci. La bambina si stropicciò gli occhietti e si mise a sedere guardando la sacerdotessa e sbadigliando. «Mi fa male la pancia, Madre» esordì.
La donna sorrise, la tirò a sé stringendola in un abbraccio e disse: «Vedrai che passerà, posso darti solo una leggera bevanda. Fammi vedere dove ti fa male.» La piccola fece dei movimenti con la manina sul ventre, toccandosi in diversi punti: «Qui. E anche qui. E ho sonno.» La sacerdotessa scosse la testa sorridendo e, tenendo strette le piccole mani calde nelle sue, disse: «Non devi avere paura, piccola Signora. Sarò con te tutto il tempo e ci saranno anche l'Alto Cerimoniere e due Anziani.» La piccola affondò il viso tra le braccia di Kiryake e la strinse, la sua vocina era soffocata e attutita dall'abbraccio quando argomentò: «Sorella Amani dice che spesso i demoni sono brutti e spaventosi. Se ho paura potrebbero divorarmi l'anima. Non voglio.» L'anziana donna la spostò tenendola per le spalle e disse: «Sorella Amani è giovane e avventata, non avrebbe dovuto dirti certe cose. Il patto deve essere sigillato con sangue e volontà e tu non devi avere paura perché chiunque arriverà dall'Esterna non ti farà del male.» La bambina abbassò lo sguardo e cominciò a tormentare l'orlo della veste da notte bianca, disse con un filo di voce: «Però Sorella Amani ha detto che il demone evocato potrebbe ribellarsi e divorarmi.»
Kiryake sospirò scuotendo la testa, ne aveva abbastanza delle giovani Vergini che parlavano senza comprendere l'importanza del ruolo che ognuno, al Tempio, ricopriva. «Ascoltami, Piccola Signora» disse prendendole il viso tra le mani «L'Alto Cerimoniere in persona controllerà il rito e ci saremo io e altri due Anziani. Non correrai pericoli. È vero che non possiamo sapere in anticipo che tipo di demone arriverà, ma il rito è stato modificato per fare in modo che vada tutto per il meglio e che a rispondere sia un Kh'elema liji. Devi essere serena perché per l'Ordine sei importante. Per me sei importante.»
La bambina si lanciò in un abbraccio che fu ricambiato, poi Kiryake la aiutò a vestirsi. «Perché lo fai tu, Madre?» chiese alzando le braccia per farsi infilare la veste rossa. Quando la testa riemerse dalla stoffa continuò: «Di solito lo fanno le ancelle.»
L'anziana sacerdotessa le sistemò la tonaca, ravvivò i folti ricci e rispose: «Fino alla conclusione del rito nessuno che non sia introdotto ai misteri può toccare l'aspirante.» La piccola sgranò gli occhi e Kiryake le sorrise: «È solo un'antica credenza, ma non è mai sbagliato seguire le regole.»
Insieme, mano nella mano, si diressero verso la parte più interna del Tempio. Mancavano diverse ore al sorgere del sole, il mattutino era ancora lontano e nei freddi corridoi di pietra non si udivano suoni, solo il fruscio dei vestiti e delle morbide scarpe di stoffa della coppia che li percorreva.
L'ampia sala, dedicata alle cerimonie più importanti, era pervasa da una tenue luce soffusa che proveniva dai due bracieri posti ai lati della porta; numerose candele diffondevano un acre odore di cera e illuminavano l'altare esagonale, ma la pietra nera di cui questo era composto sembrava risucchiare quel poco di luce che lo circondava, rendendo il tutto ancora più cupo e scuro.
La bambina guardò con sospetto verso i tre pali solitari che si trovavano ai margini del cerchio di luce e salutò con un cenno del capo le due figure che accolsero lei e la sacerdotessa che l'accompagnava. «Bene, Sorella» esordì uno degli Anziani distaccandosi dalle ombre che attorniavano l'altare «l'Alto Cerimoniere sta approntando gli ultimi preparativi. E voi, Piccola Signora, siete pronta?» La bambina, sentitasi chiamare in causa, abbassò lo sguardo e annuì senza dire nulla.
Il tintinnio di una campanella fece voltare i presenti. Un uomo maturo, ma dai capelli ancora corvini, si avvicinò con un grande svolazzare di drappi rossi e porpora. Elargì un ampio sorriso alla bambina, seguito da una carezza sulla testa. «Come si sente, la nostra Piccola Signora?» chiese salutando con un cenno della mano gli altri due presenti che si inchinarono. Era seguito da un uomo anziano quanto Kiryake, anche lui vestito di una lunga tonaca rossa.
«Molto bene, Venerabile Padre, grazie» rispose la bambina con una riverenza. «Confidiamo» disse l'Alto Cerimoniere rivolto agli Anziani «che sia tutto adeguatamente predisposto per accogliere il Kh'elema liji che risponderà alla nostra richiesta.» Si voltò verso la sacerdotessa e le fece cenno di avvicinarsi all'altare, poi annuì rivolto al sacerdote che era entrato con lui. Dall'ombra alle sue spalle emerse una giovane donna vestita di bianco che, in silenzio, attraversò lo spazio che la separava dai presenti e si stese sull'altare.
La bambina aveva già assistito a un sacrificio, ma nascose comunque il viso tra le vesti di Kiryake e si coprì le orecchie; il gesto riusciva solo ad attutire i suoni prodotti dal cibe e la mente le mostrava con chiarezza cosa stava accadendo.
L'Alto Cerimoniere recitò la preghiera necessaria all'evocazione e, nello spazio tra altare e pali, apparve una piccola sfera viola che si ingrandiva via via che la litania procedeva. Kiryake, che aveva assistito diverse volte a riti come quelli, osservò e ammirò la precisione e la mancanza di esitazione nei movimenti del capo dell'Ordine e, con una mano stretta sulla piccola spalla, cercò di rassicurare la bambina che aveva accanto, mentre con le labbra ripeteva le stesse parole della preghiera.
Uno schiocco improvviso echeggiò sotto la volta e la piccola fissò gli occhi nella sfera viola che ormai era diventata abbastanza grande da permettere il passaggio, attraverso di essa, di qualsiasi cosa avesse le dimensioni di un uomo. E aveva proprio le sembianze di un uomo ciò che varcò il portale dimensionale.
Kiryake, gli Anziani e l'Alto Cerimoniere salutarono l'arrivo del demone con un inchino, ma la piccola abbassò solo la testa senza rialzarla. Il portale aperto crepitava e scricchiolava, ma lasciava che i passi del Kh'elema liji risuonassero nell'ambiente.
«Ghetaye,» esordì l'Alto Cerimoniere asciugando le mani con un pezzo di stoffa e inchinandosi ancora «benvenuto tra noi.» Gli occhi stretti e obliqui del demone osservarono luogo e presenti, poi un sorriso si allargò sul suo volto e disse: «Lieto di fare la vostra conoscenza. E di rivedere una persona nota, sebbene siano passati molti anni.» Kiryake trasalì quando il demone si rivolse a lei e disse: «Ghetaye, non immaginavo mi aveste riconosciuta.»
Anziani e Alto Cerimoniere scambiarono sguardi interdetti e poi rivolsero la loro attenzione alla sacerdotessa che stringeva con entrambe le mani quella piccola e calda della bambina. «Lui è l'Osservatore, il Kh'elema liji che era presente al rito avvenuto proprio qui trent'anni fa.» Il demone si appoggiò al lungo bastone nero che stringeva in una mano e annuì. «Proprio voi, Getaye.» disse l'Alto Cerimoniere spalancando gli occhi «Non potevamo ricevere onore più grande. Noi vorremmo dire che...» L'Osservatore agitò la mano con noncuranza e mosse i suoi passi verso Kiryake e la bambina, lasciando che il mantello nero si agitasse dietro di lui. Si accovacciò proprio davanti alla piccola e le sorrise. «Ciao, come ti chiami?» le chiese, ma la bambina si strinse all'anziana donna, senza rispondere. Il demone lanciò un'occhiata truce ai tre uomini e disse sarcastico: «Complimenti. Avete fatto proprio un ottimo lavoro.» Si rialzò e, puntando il bastone verso l'altare, illuminò tutta la sala con il riverbero rosso che scaturì dalla pietra cremisi che portava incastonata sulla cima. Un vento caldo, prima lieve e poi sempre più intenso, avvolse i presenti concentrandosi sull'altare che fu oscurato da una polvere scura frammista a piccoli lampi rossi. Il tutto durò poco tempo e quando vento, nube e luce si dissolsero, era sparita anche ogni traccia del sacrificio: l'altare era tornato sgombro e pulito. La bambina aveva smesso di stringere le vesti della sacerdotessa e aveva occhi e bocca spalancati. «Notevole, vero?» disse soddisfatto il demone con una mano nel fianco e rivolto proprio a lei «Adesso, però, io e te dobbiamo fare una cosa.» Si avvicinò e fece per prenderla, ma Kiryake la tirò più vicina a sé. «Getaye, perdonate la mia insolenza» sussurrò l'anziana donna sotto lo sguardo affilato dell'Osservatore. Lasciò del tutto la mano calda della bambina e fece un passo indietro, lasciandola sola davanti al demone che la prese in braccio e la mise a sedere sull'altare, poggiando proprio affianco alla bambina il suo bastone. «Ricominciamo» disse il demone con calma «Come ti chiami?»
La bambina guardò verso Kiryake che annuì e le sorrise. «Io sono Astarte, Getaye.» rispose. Anche il demone le sorrise e disse: «Molto bene, Astarte. Sai cosa dobbiamo fare?» Al muto cenno di assenso della testolina riccioluta, l'Osservatore, senza distogliere lo sguardo dalla piccola, tese una mano aperta verso gli Anziani che rimasero al loro posto. Allora il demone li guardò e scosse la testa. «Per stringere un patto con un demone cosa serve?» chiese. «Sangue e volontà, Getaye» rispose Astarte. Lui la guardò sorridente e disse: «Davvero molto brava. Tu, però, puoi chiamarmi per nome. Io sono Raziel. Ora» si guardò intorno prima di continuare riportando la sua attenzione sulla bambina «avrei bisogno di un cibe, ma visto che questi vecchi incapaci sembrano aver perso l'uso della ragione e della parola, ne farò a meno. Poiché sei così preparata non ti spaventerai per un taglietto sulla mano, vero?» Astarte scosse la testa, ma infilò entrambe le mani tra le pieghe della propria veste.
Kiryake mosse un passo verso l'altare, ma Raziel la fulminò con uno sguardo, pur continuando a sorridere. «Ti vuole molto bene, ne sono sicuro, e anche tu le sei affezionata, vero?» chiese il demone alla bambina, che annuì e fissò i suoi occhi scuri in quelli nerissimi che aveva davanti. «È stata lei a insegnarti ciò che sai?» Di nuovo la piccola testa riccia assentì. «Allora, devo prima accertarmi che tu voglia davvero stringere un patto con me. Lo vuoi?» chiese l'Osservatore. Astarte liberò le manine e se le guardò mormorando qualcosa. Il demone, appoggiato con entrambe le mani all'altare, picchiettò le dita sulla lastra nera per qualche istante mentre guardava la pietra rossa incastonata sul bastone. Poi avvicinò il viso a quello tondo della bambina e, con un dito sotto il mento, la costrinse a guardarlo. «Devi dirmelo, Astarte. Devi propormi tu il patto, altrimenti io non potrò fare nulla.» La piccola annuì e, con voce chiara, recitò la formula che Kiryake le aveva insegnato: «Io, Astarte, chiedo di essere legata a te, Kh'elema liji, mediante un patto di volontà e sangue che sarà rotto solo con la morte di uno dei due. Tu avrai il potere di restare in questa dimensione fino alla mia morte, in cambio condividerai con me la parte dei tuoi poteri che riterrai opportuna per compiere la mia missione. Accetti?» Raziel la osservò soddisfatto e rispose: «Accetto.» Le prese la mano sinistra e le aprì le dita, in modo da tenere il palmo libero. Stringendole il polso le disse: «Adesso ti farò un po' male. Sarà un taglietto che andrà via appena avremo concluso, te lo prometto. Però tu non ritrarti e fai la brava bambina. Intesi?» Le passò un dito proprio al centro, aprendo una ferita che percorreva tutta la larghezza del palmo e che cominciò subito a sanguinare. «Mi fa male» urlò Astarte cercando di liberarsi, ma Raziel non glielo permise e coprì la ferita con la propria mano libera. «Te lo avevo detto» le disse lasciandole il polso per mostrarle l'indice: «Ricordalo sempre, Astarte. Io non mento mai e detesto chi lo fa con me.» La bambina annuì e strinse le labbra mentre osservava le due mani strette tra loro. Improvvisamente alzò di scatto la testa dicendo allarmata: «Ho freddo. Cos'è che sta entrando dalla ferita?» Il demone si strinse nelle spalle, ma non lasciò la presa. «È una sensazione soggettiva, non potevo prevedere cosa avresti sentito. Ma è tutto nella norma, fidati» le disse strizzandole l'occhio. «Ma quando passerà?» chiese Astarte muovendosi sul posto e senza smettere di guardare le mani. «Abbi un po' di pazienza. Abbiamo quasi terminato» rispose Raziel «Vedi, il processo non è tanto semplice quanto può sembrarlo dall'esterno. Magari un giorno te lo spiegherò. Ci sono moltissime cose di cui dobbiamo parlare e passeremo tanto tempo insieme. Ecco, guarda qua» disse liberandole la mano e accarezzandole la ferita che sparì sotto il suo tocco «che ti avevo detto?»
Astarte si guardò la mano rigirandola, poi prese quella del demone e ne guardò il palmo. «È pulita» disse toccandola. Raziel rise e disse: «Certo che lo è. Il tuo sangue è servito a suggellare il nostro patto» Il portale sfrigolò e si chiuse con uno schianto. «La parte più semplice del tuo compito si è conclusa,» disse il demone «per oggi puoi riposare. Cominceremo domani. Intanto potremmo chiacchierare un po'. Ti va?»
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top