Nella tana del lupo

"So many people get caught up
in everything they see
But you can always trust what you believe
Sometimes I feel stuck
Sometimes I get lost in so much hope I'm drowning
Would you save me a spark?"

- Save me a spark, Sleeping with Sirens

Taehyung's pov

I miei piedi iniziarono a far male per quanto stavo camminando. Dove stavo andando? Onestamente non ne avevo la più pallida idea. In quel momento mi sarebbe tanto piaciuto essere un licantropo o qualcosa del genere così da poter seguire con l'olfatto le tracce lasciate dagli altri. Sempre se le tracce demoniache potessero essere percepibili da un naso sovrannaturale.

Da quando c'era stato l'episodio spiacevole al parco con Atlas c'era una cosa che non riuscivo a togliermi dalla mente. Un particolare. Un oggetto passato in osservato da tutti tranne che da me. Non volevo lasciare da solo Atlas, non mi andava mai di lasciarlo scoperto in realtà ma purtroppo in qualche modo dovevamo pur andare avanti con il nostro piano per riportare le cose com'erano prima.

«Tae, si può sapere dove cazzo stiamo andando? E soprattutto con questo passo da "ho qualcuno alle calcagna"? Sono più alto di te ma sono fuori allenamento da un paio di mesi sai, da quando sono morto!»

Non riuscivo a capire perché Jeongguk mi avesse seguito. Avrei preferito fosse rimasto lui a proteggere Atlas e sarei stato decisamente meno ansioso di quanto ero in quel momento. Non che mi dispiacesse infondo: avrei almeno passato più tempo con lui. Ma per quello che avrei dovuto fare avrei preferito essere da solo.

«Non sono abituato a sentirti parlare sporco,» ammisi rallentando il passo, senza però smettere di guardarmi intorno freneticamente. Forse dovevo darmi una calmata anche in quello se non volevo rischiare di avere tremendi capogiri. Jeongguk mi raggiunse in fretta e mi rivolse un'occhiataccia seguita da una smorfia. «Non lo so dove stiamo andando ma più veloci siamo e meglio è. Tu perché sei qui con me invece di stare con Atlas?»

Inarcò un sopracciglio imitando alla perfezione la mia solita espressione da "fai sul serio?" Era vero che più si passava del tempo con una persona e più si acquisivano i suoi modi di fare. «Devo ricordarti che sei molto propenso a fare danno?»

Spalancai la bocca fermandomi in mezzo alla strada -non che fosse un problema -. «Scusami?! Chi era quello che si cacciava costantemente nei guai? Non fingere di non avere l'animo ribelle di chi riesce sempre a finire nei casini.»

Jeongguk si fermò a sua volta e, voltandosi verso di me, sbuffò sonoramente alzando gli occhi al cielo. Strinsi le labbra e mi persi a guardarlo per un momento: era cambiato così tanto da quando lo avevo conosciuto la prima volta. Nonostante stessi stringendo così forte le labbra da farle quasi scomparire, mi scappò comunque un sorrisetto. Gguk assottigliò lo sguardo come per chiedermi cos'avessi ed io scossi semplicemente la testa.

«Allora? Si può sapere cosa stiamo facendo? Hai detto che dovevi fare una cosa.» Riprendemmo a camminare, Jeongguk continuava a seguirmi non esattamente in silenzio mentre io continuavo ad ispezionare l'area. Non che mi dispiacesse avere un Jeongguk più loquace del solito dal momento che cercava di ridurre le nostre interazioni al minimo.

«Se te lo dicessi mi tireresti uno schiaffo e non faresti più dietrofront,» mormorai passandomi una mano nei capelli. Mi afferrai il labbro inferiore e sospirai pesantemente dal naso. Dove potevano essere? Dove potevano andare...

«Rimarrei anche se non me lo dicessi,» borbottò lui in risposta e con la coda dell'occhio notai un lieve rossore, quasi impercettibile, colorargli le gote. «Non che tu stia provando a convincermi ad andarmene, comunque.»

«Evito di sprecare fiato, so che sarebbe inutile con te,» abbozzai un sorriso lanciandogli un rapido sguardo. Mi fermai di colpo quando alla mia sinistra vidi un edificio abbandonato. Ma non fu quello ad attirare particolarmente la mia attenzione: dall'edificio provenivano diversi rumori.

Seppi che non ero stato l'unico ad accorgersene quando anche Jeongguk mi affiancò, guardando nella mia stessa direzione. «Quello è...abbandonato?» La sua voce si era ridotta ad un mero sussurro profondo capace di mandarmi una scarica di brividi intensa, non solo per la paura che aveva iniziato ad invadermi.

Annuii lentamente; sapevo che entrambi stavamo pensando la stessa cosa ed avevamo il terrore che fosse vero. Ne avemmo la conferma una manciata di secondi più tardi quando, davanti ad una vetrata rotta, passò velocemente un'ombra nera. Un demone.

Sobbalzammo per lo spavento e Jeongguk fece diversi passi indietro afferrandomi per un braccio. «Tae, andiamocene prima che ci vedano.»

Deglutii. «No.» Volevo sembrare deciso, irremovibile, ma la voce uscì comunque bassa e tremante. Non potevo controllare quella paura.

«Oh mio dio, ma sei impazzito per caso? Quel posto è stracolmo di demoni! È un suicidio rimanere qui. Vuoi aspettare che ci vedano?» Stava sussurrando ma la sua voce era comunque tagliente e la sua paura si era unita alla mia. Stavamo tremando entrambi.

Scossi la testa questa volta più deciso e mi voltai verso di lui. «È questo ciò per cui sono venuto qui. Devo fare una cosa. Sei ancora in tempo per andartene Gguk, per favore. Non voglio metterti in pericolo.»

Mi guardò dritto negli occhi stringendo le labbra, senza dire una parola. Forse stava aspettando che dicessi qualcosa, che lasciassi perdere ma stetti fermo lì in mezzo alla strada. Rise amaramente e mi guardò incredulo, poi fece dei passi indietro e si voltò andandosene svelto.

Chiusi per un secondo solo gli occhi e sospirai sollevato: aveva fatto la cosa giusta. Non mi sarei mai perdonato se gli fosse capitato qualcosa. Arricciai il naso alla sensazione fastidiosa al petto e mi voltai di nuovo verso l'edificio.

Mi resi conto solo in quel momento che mi serviva un piano e che non avevo pensato minimamente ad uno. Merda! Niente panico, mi dissi, ora entro e...cercherò di non farmi cancellare dall'esistenza.

Agitai le mani cercando di darmi la carica giusta per entrare e fare qualsiasi cosa mi sarebbe venuto in mente di fare una volta dentro. Potevo farcela. Avevo vissuto con loro all'Inferno per diciotto anni. Per quanto ne sapevano loro ero ancora un angelo dalle ali nere che faceva parte della loro cerchia.

Feci un passo avanti corrucciando la fronte per darmi un'aria cattiva in volto ma mi bloccai immediatamente. Mi voltai a destra avendo visto un paio di scarpe bianche e ritrovai Jeongguk al mio fianco con...trattenni una risata. Aveva in mano una tavoletta mal ridotta di un water e la gamba spezzata di una sedia. Lo guardai incredulo e divertito.

«Sei un coglione senza cervello, credevi davvero che ti avrei lasciato in pasto a quelli? Ero solo andato a cercare delle armi.»

Sorrisi involontariamente mordendomi il labbro inferiore. Mi sembrava strano che per una volta mi avesse ascoltato. «Gguk, ti ricordi che i demoni non si possono uccidere se non con i famigerati coltelli di Athos, vero?»

Scrollò le spalle diventando lievemente paonazzo in viso. Un piccolo particolare che mi ricordava che in fin dei conti Jeongguk era ancora quello di sempre. «Possono essere feriti?»

Emisi un piccolo sospiro scuotendo la testa. Erano solo masse informi, ombre. Anche se prendevano le sembianze di qualche essere umano, non potevano comunque essere feriti. Il ragazzo accanto a me sbuffò sonoramente e buttò in un angolo le due "armi".

«Cerchiamo di non farci eliminare, d'accordo? E se sopravviviamo ti giuro Kim Taehyung che a casa ti rompo un braccio,» sibilò a denti stretti stringendo i pugni lungo i fianchi. Abbozzai un piccolo sorriso e mormorai:

«Ci conto.» Poi, camminammo verso il covo della morte. Un nome che avevo inventato lì, su due piedi, niente male vero? Proprio niente male.

Entrammo silenziosamente attraverso una porta che non c'era ma non ci fu bisogno di parlare o fare rumore per avere l'attenzione su di noi. Nel momento in cui varcammo la soglia tutte quelle masse informe demoniache si voltarono verso di noi. Sentii i pensieri di Jeongguk che posso riassumere in una manciata di insulti e maledizioni. Non gli diedi torto affatto.

«Chi abbiamo qui? Due anime suicide?» ghignò uno dirigendosi verso di noi, scrutandoci come se fossimo il pasto più buono sulla tavola che non vedeva l'ora di addentare. Non mi rassicurò affatto. Mi guardò dritto negli occhi e sentii un'ondata di sofferenza colpirmi, ma resistei stringendo pugni e denti. «Oh, capisco. Venivi dall'Inferno tu,» continuò con voce sibilante, passando poi a studiare Jeongguk. Istintivamente mi spostai più vicino a lui prendendogli la mano. Ricambiò immediatamente la stretta per nascondere il tremolio. Ma il demone non gli fece nulla, lo studiò come aveva fatto con me. «E cosa ci fai con...mmmh, chi sei tu? Non riesco a capire, ragazzo. Hai entrambi i regni nella tua anima.»

«È del Purgatorio lui. Dobbiamo parlare con uno di voi, se ci è permesso. Avremmo una faccenda da riferire,» mi feci avanti elaborando immediatamente una scusa per salvarci la pelle. Ero convinto che per una volta, forse la prima, Jeongguk era stato felice di essere diverso.

«Mh, fate in fretta. Stavamo giusto per giocare a scegli il bersaglio.» Non chiesi cosa fosse quel gioco dal nome non promettente e mi affrettai a farmi spazio tra le ombre, senza mai lasciare Jeongguk. Dovevo essere veloce, senza attirare l'attenzione di tutti gli altri. Non dovevo irritarli, sarebbe andato tutto bene e saremmo sopravvissuti.

Cercai freneticamente con lo sguardo ciò che cercavo finché non lo trovai inginocchiato a terra intento a torturare una gamba di un tavolo rotto. Serrai la mascella e comunicai a Jeongguk di stare calmo e non fare alcun movimento avventato. Sapevo che dopo che avrei pronunciato le seguenti parole avrebbe dato di matto. «Rasgal.»

Il ragazzo accanto a me sussultò e mi strizzò la mano fino a farmi male. «Il tuo torturatore dell'Inferno? Taehyung, ma sei impazzito?!» Lo ignorai concentrandomi sul demone.

La creatura informe smise di fare ciò che stava facendo ed alzò gli occhi maligni su di me. Non aveva una bocca ma immaginai che stesse ghignando. «Mi stupisci, Taehyung. Come hai fatto?» Aveva una voce distorta.

Arricciai il naso e con un cenno del capo indicai il coltello che aveva tra le mani. «Non ti separi mai da Ash.» Annuì profondamente e si mise in piedi, fluttuando a qualche centimetro dal pavimento sudicio.

«Sarebbe meglio presentarmi in una forma migliore a questo punto.» E così prese le sembianze della donna che avevo conosciuto all'inferno: pelle pallida, capelli neri corti, occhi tondi e la cicatrice orribile che le attraversava il viso. Jeongguk rimase a fissarla incredulo. «Perché siete qui? Mi sorprende che vi abbiano fatti entrare senza cercare di ammazzarvi prima.»

«Ho bisogno di risposte Rasgal,» pronunciai quelle parole con decisione, lanciando uno sguardo rapido a Jeongguk pregandolo di non infuriarsi più di quanto fosse già. Rasgal con un cenno della mano mi invitò a proseguire mentre si rigirava la lama del suo coltello tra le dita. «Giorni fa un demone è stato avvistato al parco, in pieno giorno, ed ha causato seri problemi ad un giovane ragazzo.» Mi inumidii le labbra mentre Rasgal assottigliava lo sguardo sorridendo. «Ti ho riconosciuta, ho visto la lama del tuo coltello spuntare da non so dove dalla massa informe che eri. Non so cos'abbia visto il ragazzo, ma io ho visto te. Perché?»

Sentii un verso gutturale graffiare la gola di Jeongguk e dovetti frappormi tra i due per impedire al più piccolo di fare qualche pazzia e saltarle addosso. «Ci hai messo un po' a trovarmi, mi aspettavo fossi più veloce,» lei-lui-quella cosa sospirò drammaticamente distorcendo la sua bocca in una smorfia maligna mentre guardava Jeongguk dietro di me. «Hai sentito bene tesorino, ero proprio io. Ora i demoni mi portano su un piatto d'argento. Io ho fatto scoprire loro che non dovevano temere la luce. Avete idea di come ci si sente ad avere un potere del genere? Grazie a me tutti loro adesso possono girare per la città ed attaccare gli umani come più preferiscono. Non è meraviglioso?»

«Perché Atlas?! È solo un ragazzo innocente!» Sibilò Jeongguk spostandosi di nuovo accanto a me con aria feroce. Pregai intensamente affinché non facesse nulla di avventato, non potevamo rischiare.

Rasgal ci guardò con uno strano luccichio negli occhi: aveva assunto un'espressione simile a quella che aveva quando doveva torturarmi. «Oh, non lo sapete...» ghignò mordicchiandosi un'unghia affilata come l'artiglio di un'aquila.

«Cosa dovremmo sapere esattamente?» inarcai un sopracciglio iniziando ad insospettirmi. Non mi piaceva l'aria che si stava dando e stavo incominciando a sentire una brutta sensazione. Non ero l'unico a pensarlo poiché Jeongguk mi comunicò che stava pensando lo stesso.

«Diciamo che quel ragazzino, Atlas come lo chiamate voi, è più complesso di quanto crediate. Mi aveva attirato la sua oscurità, oh così deliziosa...non potete immaginare il dolore che ha dentro quel ragazzo. Forse tu, Taehyung, sì. Squisito!» Rabbrividii e sentii una forte stretta allo stomaco. Sapevo che Atlas non se la passasse bene ma se addirittura un demone era stato attratto -non lo aveva scelto, ma attratto - la situazione era più critica di quanto pensassimo. «Comunque sia, era così impanicato che non ho potuto attaccarmi a lui, quindi ho scelto qualcun altro.»

Di nuovo mi irrigidii: credeva che dicendomi di non aver scelto Atlas avrei tirato un sospiro di sollievo e lasciato perdere tutto? E se avesse colpito qualcuno che era davvero in bilico tra la vita e la morte più di Atlas? «Chi?» domandammo allarmati sia io che Jeongguk.

Il viso di Rasgal venne nuovamente deformato da un ghigno, ma non rispose. Ci girò intorno e prese a sfiorare il viso di Jeongguk con i suoi artigli schifosi. «Rasgal, se lo tocchi giuro che-»

«Cosa, Taehyung? Mi riempirai di insulti come hai sempre fatto? Perché è l'unica cosa che puoi fare, non è vero? Non sei più un angelo nero, oh sì lo so. Come so che neanche il tuo prezioso ragazzo non fa parte più del Paradiso. Anche se per lui mi sono sempre chiesta se non fosse più adatto...un altro posto.» Lo scrutò con sguardo assottigliato cercando di capire chissà cosa. «Dunque, cosa dovreste essere voi due? Fantasmi? Ammassi vaganti di nulla?»

Jeongguk aveva iniziato a tremare sotto il mio tocco. Inizialmente ero convinto fosse per la paura, poi lo guardai in viso e capii che si stava solo trattenendo con molta difficoltà per non saltarle addosso. Non era spaventato, era solo incazzato dalle provocazioni di Rasgal. E lei si stava godendo la sua reazione.

«Lascia stare Atlas e chiunque tu abbia puntato. Sono persone innocenti! Prenditela piuttosto con i mostri!» sibilò Jeongguk sporgendosi in avanti. Lo afferrai per un braccio e lo tirai nuovamente indietro intimandogli di mantenere la calma. Stava facendo esattamente ciò che voleva il demone.

«E dove sarebbe il divertimento? Portare all'esasperazione una vita ed avere il potere di sgretolarla in men che non si dica. Potrei scegliere uno dei tuoi familiari, Jeongguk, sai? Scommetto siano ancora deboli e facili bersagli, logorati dal dolore della tua mancanza. Tua madre starà combattendo contro la depressione, potrei farle compagnia e suggerirle un modo per riunirsi a te, così non soffrirebbe più la tua perdita. E mano a mano, farò la conoscenza di tuo padre, dei tuoi fratelli o sorelle e li trascinerò tutti con me all'-»

Successe tutto all'improvviso: Jeongguk riuscì a liberarsi con uno strattone dalla mia presa e si gettò urlando su Rasgal. Il demone divenne immediatamente una nube d'ombra e Jeongguk venne scaraventato contro delle sedie accatastate contro un muro che, a causa dell'impatto, caddero rovinosamente a terra.

«Porca troia, Jeongguk!» Mi affrettai a raggiungerlo ma in men che non si dica tutti i demoni ci avevano già circondato. Non erano armati -avevano perso anche loro i coltelli di Athos evidentemente - ma loro avevano ancora i loro poteri demoniaci e potevano uccidere la nostra anima in pochi minuti, lì, in quel posto lugubre.

Aiutai Jeongguk ad alzarsi e notai che non riusciva a muovere il piede. «Aggrappati a me Gguk, dobbiamo andarcene di qui.» Ma eravamo circondati. L'uscita era dall'altra parte dell'edificio ed era completamente sbarrata dalle numerose ombre che ci fissavano come se fossimo il loro pasto prelibato del giorno.

Sotto i miei occhi due demoni presero le sembianze di Andrea, la donna che mi aveva messo al mondo, iniziando ad urlare frasi sconnesse. «Ti uccido Taehyung, giuro che ti uccido!»

«Vieni TaeTae, tesoro, la mamma non ti fa niente, vuole solo farti capire dove hai sbagliato.»

«Guarda cos'hai fatto, mammoccio! Ripulisci questo pavimento dal tuo sangue e smettila di frignare! Sei un uomo o una femmina, Taehyung?! Ricomponiti!»

«Non è colpa mia, non è colpa mia. Ero a scuola, non potevo fare la spesa.» Mi portai le mani nei capelli, tirandomeli mentre mi accasciavo a terra. Indietreggiai fino al muro ma Andrea continuava ad avanzare verso di me, in mano aveva la sua solita bottiglia di birra.

«Cos'hai in faccia Taehyung?»

«Niente, mamma. Non è niente.»

«Alza la testa Taehyung, devo insegnarti a fare anche questo o sei abbastanza intelligente da farlo da solo?»

«Volevo- volevo provare ad essere come i cantanti e...»

«Dio mio, Taehyung ma non ti vergogni?! I ragazzi non indossano il trucco, le donne lo fanno! Hai frugato nella mia roba, non è vero? Quante volte ti ho detto di tenerti le mani nelle tue cazzo di tasche?! Che schifo, dio santo, non riesco a guardarti! Vuoi le labbra rosse, Taehyung? Te le faccio diventare io rosse!»

Urlai quando scaraventò la bottiglia contro il muro e mi coprii il viso con le braccia ma una scheggia di vetro mi colpì sullo zigomo, tremendamente vicino all'occhio destro. Poteva accecarmi...era mia madre e stava per accecarmi. Si avvicinò con le braccia tese verso di me e cercai di raggomitolarmi il più possibile. Quando mi afferrò per le gambe agitai le braccia urlando e riuscii ad aggrapparmi a qualcosa di solido per impedirle di trascinarmi in camera sua.

Improvvisamente sentii il polso destro prudere e, quando aprii gli occhi, mi ritrovai davanti Jeongguk con la fronte imperlata di sudore che mi stringeva forte per le mani. Mi guardai attorno: Andrea non c'era, c'erano solo le ombre. Vidi per un attimo un altro Jeongguk dall'aspetto più...maligno davanti al ragazzo che mi stringeva ma svanì con la stessa rapidità con cui lo avevo visto. «Non è reale, non è reale Tae. Qualsiasi cosa accada tieniti stretto a me.»

Ci alzammo a fatica e ci stringemmo a vicenda. Lo guardai terrorizzato ma lui mi coprì le orecchie con le mani e riuscii a leggergli il labiale: «Chiudi gli occhi.»

Mi fidai di lui e senza protestare chiusi gli occhi aggrappandomi alla sua maglietta come se fosse la mia unica ancora. E lo era: Jeongguk era tutto ciò che mi faceva rimanere ancorato al presente, alla realtà.

Sentii grida ovattate mentre lentamente e con non poca fatica ci spostavamo. Di tanto in tanto sentivo il mio corpo congelarsi, come se mi fossi improvvisamente immerso nelle acque ghiacciate di un lago e sapevo che stavamo attraversando un demone.

«Non sei reale, non sei me!» Le urla di Jeongguk mi arrivavano lontane alle orecchie. Non avevo idea di cosa i demoni gli stessero mostrando ma sentivo un profondo dolore che apparteneva a lui invadermi. Non era dolore fisico, quello lo sentivo solo allo zigomo per la mia ferita e al piede sinistro per la botta che Gguk aveva ricevuto, era dolore emotivo. Mi stava proteggendo e stava venendo bersagliato dalle sue più grandi paure.

«Non sono un assassino, porca puttana, non è vero, non lo so. Non lo sono, non lo sono,» continuava a ripetere e sentii come se mille coltelli mi avessero trafitto lo stomaco, sensazione molto familiare. «Sono Jeon Jeongguk, ho diciotto anni, mi piace leggere, amo i film della Disney e mi piace avere le canzoni dei cartoni nella playlist...» Non avevo idea di cosa stesse farfugliando Jeongguk, ma sentivo da dentro le ossa che non ce la faceva più, che stava sopportando troppo e che la sua forza, la sua sanità stavano per sgretolarsi tra le mie mani.

Aprii gli occhi intenzionato a salvarlo, come lui aveva fatto numerose volte con me, ma nel momento in cui lo feci un sibilo mi arrivò alle orecchie ed un oggetto che non riuscii a distinguere a causa della velocità mi sfrecciò ad un soffio dalla mia testa. Mi voltai con gli occhi spalancati e feci in tempo a vedere un demone dissolversi in polvere.

OHAYOO

BUONASERA MIE PREZIOSE ANIME!!! Finalmente eccoci qui di nuovo! Vi avevo promesso che non sarebbe stata troppo lunga l'attesa hehehe. Non ho scritto chissà quanti capitoli onestamente, ma va bene così, almeno non rischio il blocco. E oltretutto ho iniziato a fare una sottospecie di scaletta di ciò che voglio far accadere ad ogni capitolo cosicché le idee fluiscono maggiormente ed il capitolo cresce da sé.

Come state? Spero davvero bene 💕 Raccontatemi qualcosa di carino, su su!

Andando al capitolo, c'è un po' di roba qui eh? 👀 Rasgal che torna e non si sa chi ha "infettato", lancia la bomba dicendo che Atlas è qualcuno di importante (abbastanza ovvio visto che è il protagonista di questo sequel ma sta a voi lanciare le ipotesi), e alla fine chi sarà mai arrivato?

Nel prossimo capitolo non succederà moltissimo, sarà abbastanza statico ma ci saranno piccole rivelazioni che potrebbero sembrare buttate lì tanto per ma ricordatevi che niente è buttato lì per caso mmmmh.

(cosa totalmente out of contest ma dopo anni mi sono convintx a guardare Gilmore Girls- una mamma per amica ed è super carino e mi dà tanto la sensazione di una comfort serie. Ogni tanto sento il bisogno viscerale di guardare qualche serie retro senza troppo impegno, con tante risate, dolcezza e non troppi intrecci. Voi l'avete vista??)

Al prossimo aggiornamento babes, passate una buona serata, divertitevi, fate ciò che amate, non stressatevi troppo!! 🍂🕒

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