Magherzio

Specchio Vagante, sei ritornato malconcio.
A quale bestia sei sfuggito?
È difficile leggere la storia con questi enormi segni che sfregiano la tua superficie...

Corrulava nei boschi impetri e oscuri
Il galopposo Bacufo Gianosciuto.
Mirtellavano le stelle tra i rami diffuri
E tronfò il Bacufo come un esbuto
Che nottesco rimiscia tra i muri,
E sfogliarono le foglie dell'albero rannuto.

Il Cavorro selenò fin sopra un ramoscello
Dove appoltronato il Bacufo ottendeva.
"Malve!" "Malve a te, mio Sratello!"
"Ti plorto notizie dalla lontana seleva."
"Endorecchiami tutto, che sia brutto o bello."
"Ui ui" disse il Cavorro. e la testa scuoteva.

"Sappi che dragonescamente, una creatura
È caparsa; è tramèro terribilesco
Fa terrore, un cerzo di Epatura
Arriga alberi, nèlla il fiume Tribesco,
Asserra ogni cosa, dispira paura!
Son scappato, 'chè folarlo non riesco."

"Davvero tremoso." Il Bacufo lifrette.
"Dinni di più su tale Cifurriano
Davvero verrore il suo fispetto promette?"
"Ha scaglie ferrugose, zanti di tìáno,
È riso come la Pacilette
E motriduce a tutto spiano"

"Magherzio è così chiamato
La belva che serpando il lungocollo
Scruta con orcchie del capo grottato
Le sue vittime triduce in brollo
Con lo stritolo di quel mascello rinforrato.
Roba da gremare fino al fridollo!"

"E poi..." il Cavorro mutolò di botto
Il Bacufo Gianosciuto sfovò le penne
Mentre dall'errobosco saliva uno sbrotto.
Triste raudìo! Caparve il Magherzio Terenne
E canvirrò bosco, Bacufo e e Cavorro in un flotto
E infine la luna suo pasto mivenne.

Sazio, sfamelico e legro, il Magherzio fece un grutto,
E si ritirò microbulando nel nero.
Da coduna parte, il Magherzio cornutto
Rimiscia furato e seclo sul sentiero
Se gli prende volontade, spicca un brutto
E motriduce tutto, furgo e revèro.

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