La foresta -dove si incrociano le storie

Quando due specchi magici si incontrano, solo uno dei due uscirà vittorioso.
Specchio Vagante.

I

Era una calda giornata di primo autunno nella foresta.
Le foglie stavano lentamente perdendo il loro colore verde intenso, andando verso il bruno e l'arancione.
I raggi dorati del sole però le facevano brillare un'ultima volta come l'oro, e la foresta non aveva del tutto perso il suo colore.

Un grosso gatto si trovava in quella foresta. Allegro, tranquillo, sembrava che nulla potesse turbarlo mentre compiva la sua passeggiata.

Calzava un paio di stivali marroni, un'elegante cintura con appeso un sacco, e fischiettava sicuro di sé. La sua andatura era molto particolare per un gatto, poiché procedeva sulle zampe posteriori, camminando con lo stesso equilibrio di un essere umano.

Il suo pelo lustro si illuminava al sole, mentre i suoi artigli erano ben curati così come la sua pancia.

Di colpo, capì di non essere solo. Quattro brutti tipi erano acquattati nei cespugli che costeggiano il sentiero, un po' più avanti. Il gatto non fece nessuna fatica ad individuarli.

Quattro uomini. Erano alti quanto dei bambini, ma quando saltarono fuori dal cespuglio il gatto capì che non potevano essere dei bambini.

Nonostante la loro scarsa statura, superavano di una testa il gatto, e avevano muscoli ben sviluppati, da uomo adulto. Impugnavano delle armi e le loro lunghissime barbe erano state fissate alla cintura per non provocare fastidio. Minacciosi, in poche parole.

《Vieni con noi》intimarono. Le loro voci cavernose e prive di emozione non lo impressionarono minimamente. O perlomeno non lo diede a vedere. Continuò a guardarsi attorno con aria tranquilla.

《Abbiamo detto, adesso tu vieni con noi.》ripetè quello che doveva essere il capo.

Il gatto fece spallucce.《Oh beh, solo questo? Va bene, comunque non avevo intenzione di affaticarmi a correre.》

Docilmente si lasciò circondare e condurre fuori dal sentiero e nel folto del bosco.

Durante il percorso, ebbe modo di osservare meglio i briganti.

Quei briganti non sembravano tanto in forma: le loro braccia potevano anche essere muscolose ma sotto i vestiti, si poteva vedere le ossa e un buco al posto dello stomaco. Da quanto non mangiavano?

Si accorse anche che quelle che aveva creduto armi, non erano vere armi. Sembravano più attrezzi adatti al lavoro da minatori.

Un rumore di foglie secche fece rizzare le sue orecchie. Da dietro un albero, apparve una figura alta, allungata e il gatto rimase sconcertato nel riconoscere il suo padrone, quello che aveva lasciato al castello.

Non era lui. Aveva lo stesso fisico, stessi abiti da principe ma non era il suo padrone. Il suo padrone aveva i capelli più corti e un viso che sprizzava salute e benessere: questo aveva l'aria pallida e le guance scavate.

Però al gatto si rizzò comunque il pelo a pensare che quello avrebbe potuto essere il suo padrone, con quell'aria sofferente e chiusa, e quell'incedere dondolante che ricordava un cadavere che oscilla sulla forca.

L'uomo fece alcuni passi verso di loro. I briganti non reagirono in nessun modo alla sua comparsa, e lui si unì al gruppo, seguendo la loro stessa direzione.

Il gatto capì. Era uno di loro.

II

《Quanto manca ancora?》fece il gatto, sbadigliando. Il sole era ancora alto, ma non tanto quanto prima. La luce da oro stava passando al rosso rame.

《Poco.》rispose secco il capo dei briganti. 《Molto poco.》

Il gatto si chiese a cosa lui si stesse riferendo.

Finalmente, il gatto vide un bagliore tra gli alberi. I briganti si mossero come se la loro meta fosse la fonte di quella strana luce, trascinandolo con loro.

Gli alberi si diradano e lasciarono spazio a una radura.

Una radura baciata dal sole, caratterizzata da una collinetta che si alzava timidamente verso il cielo.

Posto sulla cima di essa, uno strano oggetto a forma di cassa rifletteva la luce del sole sulla sua superficie fatta a specchio. Il gatto dovette riparare gli occhi dal suo bagliore accecante.

Altri tre briganti di bassa statura erano là il cima, a custodire la cassa luminosa.

I briganti si inerpicarono sulla collina, e punzecchiarono il grosso gatto con le armi finché lui non fece lo stesso; non gli erano mai piaciute le scalate, non da quando aveva scoperto la vita comoda e confortevole come gatto del re.

Gettò un'occhiata qua e là per la radura: l'erba cresceva slanciata verso il cielo, non ostacolata dall'ombra degli alberi, così alta che un uomo, disteso, si sarebbe potuto celare alla vista.

Era la luce del sole che gli giocava strani scherzi, oppure l'erba, in alcuni punti, presentava chiazze color ruggine?

In cima il bagliore diventata più sopportabile: il bagliore prendeva un'inclinazione diversa che non entrava più nei suoi occhi come una lama.

Notò che anche i briganti soffrivano quella luce: il sole li rendeva pallidi e fragili.

Notò uno dei briganti -sempre lo stesso, che sembrava il capo- fargli gesto di avvicinarsi.

Titubante ma incuriosito, il gatto fece come gli era stato intimato. Si avvicinò.

Quell'altro lo convinse a gesti silenziosi a guardare da vicino la superficie specchiante della cassa.

Si avvicinò. Facendo ombra con le zampe, sbirciò dentro.

Vide un viso dai lineamenti dolci incorniciato da fiori e ciocche di capelli scuri, posato su un cuscino.
Le palpebre chiuse erano rilassate, così come le labbra rosse curve in un sorriso.

Sotto la sua bellezza però, si profilava qualcos'altro di più potente, di pericoloso e ammaliante.
C'era un potere terribile dietro la perfezione, la simmetria e tranquillità di quel volto.

Quel bellissimo viso una volta doveva essere stato il ritratto della purezza,una purezza che adesso era sbiadita dalle guance, dal sorriso, dalle ciglia, sostituita da quel qualcos'altro.

Il sorriso aveva un'impercettibile piega maligna agli angoli della bocca, e la pelle color neve contrastava con il rosso intenso delle labbra, e il ricco nero dei capelli.

Era bellissima; sembrava fresca come un fiore vittorioso sulle nevi dell'inverno, dall'aspetto così invitante e... e...

Il sorriso si mosse: non stava dormendo; in più, quel movimento, aveva esposto la punta di un canino affilato.

Il gatto sentì un groppo in gola e un brivido sulla schiena.

Era il mostro che doveva affrontare.

Era molto più vicina di quanto si sarebbe mai aspettato. Solo una sottile lastra di vetro lo separava da quella mostruosità, che aveva sottratto tante vite.

Nella sua testa risuonava la filastrocca che erano poi state le ultime parole di una certa persona:

"Labbra di sangue, pelle di neve,
Capelli d'ebano, morire lei deve."

Quelle parole che sapevano di minaccia, avevano spinto il gatto ad inoltrarsi nel bosco, dopo che molti re e regine, tra cui il suo padrone, gli avevano chiesto di fare qualcosa a proposito dei principi scomparsi nella foresta.

Qualcuna ci aveva già provato a debellare la minaccia ma... era tornata al castello in tempo per dare l'ultimo fiato, e dire, che la maledizione della foresta era ancora in vita. Aveva fallito. E pagava il prezzo con la sua vita.

"Labbra di sangue, pelle di neve,
Capelli d'ebano, morire lei deve."

Il sole adesso sfiorava l'orizzonte boscoso. Non gli rimaneva molto tempo.

Alzò lo stivale. Uno spillone argentato scivolò nell'erba e il gatto lo raccolse in fretta. Si preparò a colpire. Doveva colpire il cuore.
Mise tutta la sua forza nella zampa e colpì.

Il vetro si infranse in mille schegge e il gatto si voltò, pronto a combattere.

Ma aveva sottovaluto i nani. Questi intervenirono prontamente e lo afferrarono, escludendo ogni possibilità di movimento.

Il gatto si dibattè ma lottare contro quelle braccia forti come la roccia gli faceva solo più male.

《Non uccidetelo.》Disse una voce ferma.
Il gatto rimase a bocca aperta nel notare la proprietaria della voce: adesso, la bellissima donna-vampiro era in piedi nel suo letto -nella sua tomba- e si ergeva con la compostezza di una regina mentre con entrambe le mani si portava i capelli dietro la testa e scuoteva il capo per liberarsi di tutte quelle schegge in vetro.

Si staccò con noncuranza lo spillone che si era incastrato nel corsetto senza farle un graffio.

Lo osservò. Poi, con gesti lenti e streganti, la donna esibì un'altro spillone, identico al primo.
Il sole scintillò sul materiale argentato, sulle pietre incastonate. Senza dubbio, quei due spilloni erano gemelli.

Quando ebbe finito di esaminarli, il vampiro ruotò la testa e si mise a fissare il gatto.

Il gatto sapeva cosa significava tutto questo.
La stretta dei briganti lo stava soffocando ma forse non sarebbe morto. Non subito.

Il vampiro lo guardò fisso per parecchio tempo. Il suo viso non esprimeva nessuna emozione e anche la voce si rivelò atona quando disse:《Se sei venuto così preparato, immagino che tu conosca la mia vera natura.》

《Non solo la vostra natura.》chiarì il gatto. 《Ho sentito la vostra storia, dall'inizio fino al presente. So che vostra madre era una potente maga, e  così ammaliò il re, e lo sposò. So che essa, pur di avere un erede strinse un patto con il demonio; stava ricamando un panno bianco montato su una cornice di ebano quando si infilò l'ago nel dito. Il sangue si versò sul panno e così il patto fu suggellato. E la regina ebbe voi, una figlia con la pelle bianca come la neve, i capelli neri come le penne di un corvo e le labbra più rosse del sangue.》

Il vampiro scosse un momento i capelli. Continuava a fissare il gatto con un'espressione neutra ma si sentiva crescere la curiosità dentro quell'essere innaturale. Poi fece una mezza risata: 《Interessante. Scommetto tutto questo te lo ha raccontato la mia adorata matrigna. È ancora viva?》

Il gatto guardò una foglia cadere prima di continuare.

《No. La vostra adorata matrigna, come voi la chiamate, è tornata tre giorni fa ferita a morte e travestita in modo quasi irriconoscibile. È riuscita a raccontare tutto a sua figlia, la vostra sorellastra, e a me prima di spirare. Ha raccontato di voi, il vampiro che anni fa non era riuscita a sopprimere. Ha detto come avete stregato il sicario incaricato di uccidervi e strapparvi il cuore, e di come siete riuscita a sfuggirgli. Ha spiegato che eravate voi la causa della scomparsa di tanti principi in questa foresta e come lei avesse compiuto un ultimo tentativo di eliminarvi, con questi spilloni incantati. È così che mi trovo qua.》

Il vampiro aveva appoggiato una mano sul bacino mentre l'altra era rimasta distesa lungo il fianco.

《Non ti ha raccontato della persecuzione.》
Disse, con una voce carica di dispetto e dolore.

Il gatto non rispose.

《Da quando venni al mondo, quella disgustosa donna cercò di eliminarmi. Voleva purificare l'intero regno, con l'ausilio di uno specchio magico. Avvelenò mia madre nel processo e mio padre perse subito interesse in lei. Sposò la mia matrigna, l'assassina che le aveva versato il veleno.》

Non sorprende pensò il gatto con la morte della regina se ne andava anche l'effetto della stregoneria. E il re era libero di amare chi volesse.

Ma tenne per sé quei pensieri. Voleva sentire.

《Dopo pochi anni, nacque la mia sorellastra. E allora la mia matrigna cercò di eliminarmi definitivamente. Aveva capito che io non avevo intenzione di lasciar vivere quella inutile ragazzina che era sua figlia.
Così un giorno uno dei suoi uomini mi condusse nella foresta e quando fummo soli, tirò fuori un paletto e un martello per trapassarmi il cuore.
Usai tutto il mio potere per apparire innocua e innocente ai suoi occhi: così lui lasciò cadere le armi e mi lasciò fuggire.
Arrivata in questa casetta, consumai i suoi sette abitanti e continuai a ingannare e attrarre in questa trappola i principi, i viandanti.》

Il gatto guardò in giro, osservando corrucciato tutti i presenti. Gli occhi delle vittime stregate erano freddi, crudeli e privi di vita.

Il gatto tornò a posare il suo sguardo sul mostro. Lei sorrise e si passò la lingua sulle labbra, mettendo in mostra i canini appuntiti.

Il gatto sentì i peli rizzarsi sulla sua schiena.
Non lascerò che accada. Ho promesso di proteggerti, padrone, e proteggerò anche il tuo regno. Non sono un'ingrato.

Un ghigno apparve sul muso del gatto. Il sole pomeridiano brillò nei suoi occhi d'ambra.

Il vampiro si infastidì.
《Che hai da sorridere, gatto?》

Il ghigno si allargò. 《Non conoscete la mia storia.》

Lei inclinò la testa, gli occhi penetranti non abbastanza acuti da leggergli i pensieri.

《Io ero un umile gatto di un mugnaio. Alla sua morte passai in mano a suo figlio, bravo e premuroso come il padre. Ricompensai il mio padroncino donandogli un castello e ottenendo per lui la mano di una principessa. La vostra sorellastra.》

Il vampiro serrò i pugni e strinse i denti. Era furiosa.

《È sposata?!》 Gridò, stridente come un uccello. Sembrò presa dalla pazzia. 《Un altro pretendente al trono mi ostacola? Lo ucciderò, lo consumerò, lo farò a pezzi sotto i tuoi occhi, gatto!》

La coda del gatto si mosse.

《Non mi avete lasciato finire. Sapete che nella mia storia, compare un orco? Un orco che poteva assumere qualsiasi forma, da un invincibile drago a un topolino appetitoso... in questa forma io lo divorai.》

Lei si fermò e prese a fissarlo. Adesso, nei suoi occhi, c'era il terrore. Solo adesso capiva...

《Hai...》

《Non sono un gatto normale, BiancoNeve. Anzi, volendo non sono nemmeno più un gatto...

Il sole del pomeriggio tramontò sopra una radura vuota.
C'era solo un gatto, che si leccava i baffi sporchi.

III

Il principe e la principessa aspettavano sulla torre, scrutando con ansia l'orizzonte tappezzato di foreste. Era ormai buio, perciò fu impossibile notare il gatto che ritornava.

Improvvisamente apparve una macchia scura in cielo e un uccello si posò silenziosamente alle spalle dei due.

Portava due stivali alle zampe e legata sulla schiena stava un sacco.

《Sono tornato.》Annunciò il gatto.

I due si voltarono e se ne accorsero solo allora del felino.

Si precipitarono da lui.

《O santo cielo... sei pieno di sangue!》 Mormorò la principessa. 《La creatura... è morta?》

Il gatto lasciò cadere il sacco. Lo aprì e tirò fuori una scatola che gocciolava.

《Considerate vendicata la morte di vostra madre, principessa. Mi dispiace solo non aver potuto fare niente per salvare le vittime.》

Posò a terra la scatola. E accanto ad essa, posò i due spilloni, lucidati.

《Bruciatela con tutto quello che c'è dentro. Io... vado a pulirmi. Spero mi avete lasciato qualcosa di buono in cucina perché sono affamato.》

E scese le scale senza dire un'altra parola.

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