Aria

Pov: Simone
Tw: ansia/depressione
Parole: 900








Simone è seduto sul divano. Scorre distrattamente la schermata del social che è aperto sul suo cellulare.

Ha avuto una giornata pesante, preceduta da un fine settimana altrettanto pesante, ma ringrazia mentalmente che quel pomeriggio avrà il solito appuntamento di mantenimento con la psicoterapeuta che lo segue da quando ha scoperto di Jacopo.

Sono stati anni duri quelli.

Gli attacchi di panico, l'ansia che lo accompagnava in ogni momento e poi la voragine in cui è stato inghiottito.
Quella voragine che ha trovato un nome e anche una cura adeguata tra farmaci e terapia.

Poi è arrivato quel weekend e quel giorno a fargli perdere la realtà con quello che aveva riconquistato fino a quel momento.

Il senso d'ansia che lo accompagnava lo riusciva ad avvertire perfettamente, quasi gli fosse stato cucito sotto pelle.
È una cosa che ha imparato a distinguere e a sentire dai primi attimi.
L'ha imparato durante una crisi depressiva, trasformatasi poi in un disturbo depressivo.

L'ha imparato perché c'erano giorni in cui avrebbe preferito tornare a sentire sotto pelle l'ansia piuttosto che essere chiuso in quella scatola ovattata dove non c'era più nessuna sensazione, nessuna percezione.

Quando aveva deciso di provare ad aprire quella scatola, era riuscito a chiedere aiuto.

Piegare le alette era stato difficile - quasi impossibile in alcuni momenti - perché nessuno gli aveva detto che se metti troppa pressione si rompono, ma se ne metti troppo poca non si aprono, l'aria rimane stantia e non torni a respirare.

Ed è proprio quell'aria che - in quel momento - lo sta soffocando.
Perché quell'aria - ora - si è trasformata in ansia, che lo divora da dentro, che inizia a parlare con la sua stessa voce. La voce con cui i pensieri intrusivi riescono a colpirlo nei suoi punti deboli. Gli sembra impossibile che sia successo per un social.

Gli sembra impossibile perché lui non era sull'orlo del panico da un po' di mesi e non si aspettava ci finisse per così poco.

Scorre le storie su Instagram e trova quella di Laura. È una semplice frase.

Una citazione.

Una semplice frase che gli offusca tutto ciò che c'è intorno, perché si riferisce a lui.

Se lo sente.

Sente che è così.

La sua mente inizia a vagare ininterrottamente su tutte le azioni fatte. Tutte le parole dette e quelle trattenute.

Cerca sempre di fare la cosa migliore per non ferire nessuno, ma forse ha sbagliato tutto.

Quella storia ne è la conferma.
Per quello - quando capisce ciò che sta succedendo - chiama subito Manuel, nella speranza che riesca a far passare tutto. Che riesca ad aiutarlo a gestire tutti i suoi pensieri che lo stanno facendo soffocare.

Pensieri che sono frutto dei suoi traumi, perché in fondo è ciò che siamo: una somma di traumi vestiti ad arte che camminano e si scontrano tra altri cumuli di traumi.

Forse è proprio per quello che bisognerebbe stare più attenti a dove ci si gira, a dove si cammina, a ciò che si dice, perché un altro trauma aggiunto non si sa che risultato possa dare.

Simone compone il numero e spiega al suo ragazzo cosa succede, il perché l'aria è così stretta e lui non ci mette nulla ad arrivare a dargli aiuto.

Manuel è lì, ad ogni sua paranoia, ad ogni frase sbagliata, lui è lì.

È lì nonostante di frasi sbagliate lui ne abbia dette a migliaia, però ha capito.

Ha compreso la differenza e ora non sopporta che qualcuno faccia la stessa cosa. Se Laura ce l'aveva davvero con lui, quella storia, l'aveva fatta solo per ferirlo e lui non poteva sopportarlo.

Simone non amava i social, anzi. Spesso amplificavano solo le sensazioni che si portava dietro. Ed ora era caduto in quella trappola.

Passano i primi minuti al telefono in silenzio. Simone affanna alla cornetta e Manuel ascolta cercando di tranquillizzarlo.

<<Simo, ascoltami, non ce l'ha con te. Ne son sicuro>> il tono di Manuel era stato rassicurante.

<<Le-le ho dato buca... All'ultimo. I-io non stavo bene. E lei se ne esce così>> sì, Simone gli aveva dato buca all'ultimo perché quella mattina la sua testa non ne voleva sapere di collaborare e Laura sembrava aver capito, invece ora ce l'ha con lui e al posto di scrivergli usa quelle frecciatine orribili che non fanno altro che farlo star male.

<<Simò non hai fatto niente di male, ricordate questo. Hai solo dato ascolto al tuo malessere. È lei che non doveva fa' così>>
Simone vorrebbe crederci con tutto se stesso ma non ce la fa. Le parole che vorticano nella sua testa si fanno sempre più intense e il suo cuore martella sempre di più nel petto.

<<Ma forse ho sbagliato, dovevo uscirci lo stesso ed evitare tutto questo>> inizia a sentire le lacrime premere per uscire.

Non può farcela.

<<Devi pensare a ciò che va bene pe' te. Te stai facendo male così>>

Manuel aveva ragione.

Simone lo pensa davvero. Forse doveva prendersi una pausa dai social, perché quello che doveva essere uno svago l'ha letteralmente intrappolato e lui ha bisogno di aria.

Aria vera.

Aria fresca.

Aria che non lo faccia sprofondare nuovamente nei suoi traumi.

Aria che si merita di respirare a pieni polmoni. Senza paura.

Aria che gli viene data da Manuel quando lo passa a prendere e gli stringe una mano.
Un gesto banale che porta con sé un mondo di speranza verso quell'aria che sembrava così fugace.











Note:
Questo frammento non è scritto bene, volutamente. Non ho fatto correzioni perché volevo rimanesse così: "scritto di pancia".

Ieri è stata la giornata mondiale della salute mentale e ci tengo a dire, a chiunque legga questo frammento, che non siete sol* e soprattutto che non c'è vergogna a chiedere aiuto. Vi abbraccio forte.

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