19.Clinica psichiatrica
La figura nera sparì dopo che mi girai. Le mamma rientrò in macchina e partí.
Il giorno dopo mi svegliai alle 9:00 del mattino, presto per essere sabato, ma avevo troppe cose da fare. La mamma era già uscita, ero sola.
Mi sistemai di tutta fretta, volevo andare in quegli archivi, devo sapere.
Dopo aver preso un cornetto in hotel, mi avviai verso la mia meta con Google maps.
La clinica stava a dieci minuti di strada a piedi, non era lontana dal centro, dove mi trovavo. Quando davanti a me lessi 'Clinica psichiatrica', mi ricordò la scritta 'Ospedale' delle mia città.
Entrando si vedeva subito che era una delle migliori cliniche, per questo Marin era stato portato qui. L'ambiente era pulito e profumato, c'erano medici ovunque. Stavo per organizzare un piano, come sarei arrivata agli archivi?
Soprattutto, dove si trovano gli archivi in questo posto enorme?
Imboccai il primo corridoio che avevo davanti. Se questo posto aveva un archivio si trovava di sotto.
<<Posso aiutarla?>>
Un medico alle mie spalle mi raggiunse.
<<Si!>>
Dissi quasi urlando per lo spavento.
Uno signora mi guardò stupita.
Cosa mi invento ora?
<<Ecco, sono una giornalista.>>
Cercai di sembrare calma, dal l'espressione del medico sembravo riuscirci.
Dalla borsa presi il piccolo registratore, apparteneva a papà, ma da quando non c'era più lo custodivo gelosamente, ecco perché lo porto sempre con me, per fortuna.
<<Volevo farle alcune domande, non ci vorrà molto.>>
Feci un grande sorriso.
<<Certo, posso dedicarle cinque minuti.>>
Sembrava una cosa normale, evidentemente erano abituati ad avere giornalisti in giro.
Eravamo in uno studio, il dottore sedeva nella sua scrivania e io mi trovavo davanti a lui.
<<Come si chiama?>>
Chiesi, stavo improvvisando in modo ridicolo, non avevo idea di cosa facesse un giornalista.
Ma il dottore mi sorride ancora una volta.
<<Sono il dottore Adrian.>>
Era giovane e bello, i capelli neri di media lunghezza erano fissati all'indietro dalla lacca e i suoi occhi color ghiaccio mi fissavano tranquilli. Era al suo agio.
<<Allora, la vostra clinica ha la nomina di essere la migliore, perché secondo lei?>>
La domanda mi uscì senza nemmeno pensarci.
<<Ospitiamo ogni tipo di paziente, abbiamo un piano per ogni patologia, un medico per ogni caso, specialisti nei casi più critici. Se la nostra clinica ha qualcosa in più sicuramente è l'organizzazione.>>
Parlava sicuro di sè, sicuramente aveva risposto altre volte a questa domanda.
Sfruttai la situazione a mio favore.
<<Se siete così organizzati avrete sicuramente degli archivi, giusto?>>
Lui prese la penna e inizió a giocarci.
<<Certo, ci sono le cartelle e affetti personali di ogni paziente, di ogni anno.>>
Rispose.
Dovevo scoprire dove si trovava.
<<Quindi ogni paziente ha una cartella con effetti personali, i parenti non tornano a riprendere il tutto?>>
Forse era una domanda troppo azzardata. Ma il dottore rimase impassibile e con il suo sorriso rispose.
<<Non sempre purtroppo, alcune cose rimangono di sotto negli archivi, anche per anni.>>
Di sotto, perfetto.
Stavo per fare l'ennesima domanda, ma qualcuno entrò dalla porta, senza bussare.
E io rimasi senza fiato.
<<Scusate l'interruzione! Sono un suo collega.>>
Disse indicandomi.
Lo guardai scioccata, cosa ci fa qui?
<<Farò io le ultime domande.>>
Disse Richard al dottore, ma era rivolto a me.
<<Avete telecamere vicino alla stanza degli archivi?>>
Sbottò Richard.
Il dottore aggrottò la fronte turbato.
<<Risponda.>>
Lo incoraggiò Richard.
<<Beh, no, è zona privata, solo due persone entrano lì, non sono necessarie le telecamere.>>
Rispose Adrian.
Non c'era traccia del sorriso di prima.
<<Immaginavo. Cosa sa di Marin Clarke? La sua cartella sta ancora nei vostri archivi?>>
Richard faceva le domande tranquillamente, ma il dottore aveva perso la pazienza.
<<Non sono autorizzato a rispondere a domande specifiche!>>
Sbraitò il dottore, tutta la clinica aveva sicuramente sentito.
<<So già abbastanza, per fortuna!>>
Disse Richard a se stesso. Mi prese da un braccio e mi trascino fuori da quella stanza.
<<Sei pazzo? Si saranno sicuramente accorti che qualcosa non va! Perché l'hai fatto innervosire se va...>>
Richard mi aveva interrotto, il suo indice poggiava sulle mie labbra per zittirmi, c'era riuscito all'istante.
<<Michelle...>>
Si avvicinò così tanto che i nostri nasi si sfiorarono.
<<Quello era un fantasma...Lo vediamo solo noi due.>>
Rimasi senza parole.
E senza fiato per la sua vicinanza, ripresi a respirare solo quando si allontanò e continuò a camminare.
Prendemmo l'ascensore, stavamo andando al piano di sotto, sottoterra.
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