15.Infermeria

Resto a fissare il corridoio, spaesata.

Quando vedo spuntare Richard sorrido, sapevo che sarebbe entrato.

La giacca di pelle nera mette in risalto gli occhi chiari e i capelli biondi. Si ferma davanti a me sorridendo.

<<Ho vinto la scommessa!>>

Ha un sorriso da bambino.

<<Ma che hai? Sei pallidissima...>>

<<Oh, niente, vedere Giacomo mi ha fatto uno strano effetto.>>

Rispondo.

<<Che hai?>>

Dice ignorando la mia risposta.

<<E' così facile capirmi?>>

<<Non lo so, io ti capisco però, leggo la preoccupazione nei tuoi occhi...>>

Osserva la mano con l'immaginetta, mi guarda e la prende.

<<Parlami Michelle.>>

Non ho altra scelta, così gli dico tutto.

Alle 7:00 finalmente sono a casa, Richard ha passato tutta la notte con me, accanto a Giacomo.

Non so come faccia ad avere tutta questa pazienza, ma riesce a starmi accanto.

Cerco di prendere sonno, ma dormo solo due ore e alle 9:00 sono già sveglia. Riguardo il video di Marin un paio di volte, magari mi è sfuggito qualcosa, qualche dettaglio che non ho notato. Ma dopo averlo riguardato altre sei volte non noto nulla. Allora decido di cercare ancora su google,

'Clinica pschiatrica di Roma'

Spuntano i risultati, il caso di Marin è tra i primi, con il titolo 'il mistero di Marin Clarke', racconta del suicidio nella sala d'attesa e del fatto che le telecamere non hanno ripreso nulla. Tutte cose che già so.

Scorro il sito, pare che le cartelle di ogni paziente siano ancora conservate negli archivi della clinica.

Potrei chiamare, ma non mi direbbero nulla, soprattutto su un paziente così...Strano. La soluzione è andare lì di persona. Rifletto su questa ipotesi, non è del tutto impossibile, mamma andrà lì per lavoro tra due settimane, potrei andare con lei... Ma devo chiedere aiuto Richard.

Il giorno dopo a scuola riferisco la mia idea al gruppo, o meglio ai due gruppi.

<<Scoprire di più su di lui potrebbe aiutarci a capire cosa vuole.>>

Dice Marta.

<<Vengo con te.>>

Mi dice Roberta.

<<Non preoccuparti, ho pensato di chiederlo a Richard, lui saprà come muoversi.>>

Spiego.

<<Ah, va bene.>>

Roberta mi fa un sorriso malizioso.

<<Dobbiamo solo sopravvivere due settimane.>>

Sospira Giada.

Siamo in infermeria, questa stanza è sempre stata il nostro posto, quando c'è un problema o per sfuggire a un interrogazione, questo è il posto ideale.Io e Rob siamo sedute nel lettino, Samuel è seduto sull'unica sedia presente nella stanza , mentre gli altri sono alzati, poggiati al muro.Abbiamo discusso qui dentro, è tranquillo, non viene mai nessuno ed è una delle poche stanze con il termosifone funzionante.

Quando la ricreazione finisce ci avviamo fuori.

<<Cazzo!>>

Urla Samuel guardando Giada.

L'armadio davanti a lei cade, e per poco non viene schiacciata.

<<Stai bene?>>

Gli chiedo toccandogli la spalla, lei mi abbraccia tremando.Ricambio l'abbraccio, è così strano, non ci parlavamo da due mesi, e ora ci abbracciamo. Quando ripenso al gruppo, sento i ricordi lontani, sfocati, come se non mi appartenessero.

I miei pensieri vengono interrotti dal cellulare di Rob.

<<Signora Rider?

Si calmi.

Cosa?

Che è successo a Giacomo?>>.

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