10.Finalmente a casa

Sono passati due giorni da quando sono stata chiusa in questa cella.

Nonostante sia poco tempo già mi sento in una specie di routine, come se fosse una cosa che va avanti da anni.

Sono rannicchiata sul piccolo letto, immersa nei miei pensieri, non mi importa più di nessuno, voglio stare qui, in silenzio, per sempre.

Sento un agente aprire la mia cella, sollevo leggermente la testa per guardarlo.

<<Miller?>>

Torno a mettere la testa sulle ginocchia.

<<Si.>>

Rispondo.

<<Puoi uscire da qui.>>

Si avvicina e mi accompagna fuori da li.

<<Che culo che hai rossa.>>

Sento dire a Lize alle mie spalle.

Sorrido.

Non è culo, è giustizia.

Penso.

Mamma mi abbraccia.

<<Richard mi ha consigliato un ottimo avvocato, ci è voluto un pò, ma ora sei fuori.>>

<<Andiamo a casa, mamma.>>

Esco da quel posto e guardo il cielo buio, ci sono molte stelle sta notte.

In macchina c'è una persona, nel posto di guida.

<<Chi c'è in macchina?>>

Chiedo.

<<Lo zio Peter, amore.Vedi, devo partire, solo per due giorni...Il lavoro chiama, lo sai... Accompagna me in aereoporto e poi te a casa.>>

Mamma lavora in ufficio, ma come vicecapo ogni tanto deve spostarsi e andare da qualche altra parte dell'italia, ma ci sono abituata, sto sola da quando avevo tredici anni.

<<Tranquilla mamma, lo capisco.>>

Entro in casa, guardo il corridoio, lo percorro fino alla mia camera.

Amo la mia stanza.

Osservo i muri gialli, il pianoforte nero, la scrivania e in fine il grande letto.

Il letto...C'è qualcosa sopra.

Oh, no.

Mi avvicino.

Chiamo Richard al cellulare.

<<Michelle, sei pazza? è l'una di notte.>>

<<Scusa, vedi sono sola a casa e ho un problema, un grave problema.>>

Cambia subito tono di voce.

<<Cosa succede?>>

<<La tavola ouija che è scomparsa da casa di Marta,è sul mio letto, cosa devo fare?>>

Sono immobile davanti alla tavola, ho paura.

<<Michelle, non ti muovere, arrivo.>>

Mentre aspetto cerco di comportarmi come se nulla fosse.

Mangio qualcosa, mi metto il pigiama e guardo la tv. Non succede nulla, sono spaventata inutilmente.

Suonano alla porta, corro ad aprire, non voglio stare sola.

Ma fuori non c'è nessuno, forse l'ho immaginato. Devo calmarmi, suonano di nuovo, non l'ho immaginato sta volta.

<<LASCIAMI IN PACE!>>

Urlo con le lacrime aprendo la porta.

Ma davanti a me c'è Richard.

<<Scusa...Pensavo volessi aiuto.>>

Dice lui un pò deluso.

<<No no, non era per te, qualcuno ha suonato prima ma...>>

Lui entra in casa e chiude la porta alle sue spalle.

<<Stai tremando, calmati.>>

Mi tocca la fronte con la mano.

<<Michelle sei bollente, hai la febbre.>>

Va verso la mia camera, sa benissimo dove si trova.

<<Sai che dobbiamo usarla, vero?>>

Dice guardando la tavola che tiene in mano.

<<Lo so.>>

Dico.

<<E' l'unico modo per far smettere tutto. Non la useremo sta sera, sei appena tornata a casa e stai malissimo. Mettiti a letto.>>

Dice uscendo dalla camera.

<<Tu...>>

<<Se vado via? No, se non vuoi.>>

<<Grazie...>>

C'è sempre stato per me, soprattutto in queste situazioni, dove io capivo lui, e lui capiva me.

<<Stavo solo andando in cucina a prepararti qualcosa di caldo.>>

Si muove come se fosse a casa sua, ed era un pò così, mesi fa era rimasto qui una settimana mentre mamma era a Roma per lavoro.

Era stata una bellissima settimana, sembrava di convivere.

Ma il tutto è durato molto poco, purtroppo.

Quando il sonno si fa sentire mi metto a letto, Richard rimane sulla sedia della scrivania a guardare la tv.

Resterà li tutta la notte?

<<Dormirai su quella sedia?>>

Chiedo senza volerlo, le parole escono sole.

<<Si.>>

Dice senza togliere lo sguardo della televisione.

<<Il letto è grande, puoi metterti qui, non c'è nulla di male cioè...>>

Mi interrompe.

<<Michelle ti frequenti con Daniel, ci discuto già ogni giorno, non mi sembra il caso.>>

Dice guardandomi finalmente.

<<Abbiamo litigato e poi...>>

Mi interrompe di nuovo, alzando troppo la voce, per i miei gusti.

<<Certo avete litigato quindi ti butti tra le mie braccia? Tu fai sempre così, quando qualcuno non ti da ragione corri da qualcun altro e...>>

Ma sta volta è lui che viene interrotto dal pianoforte accanto a noi,

i tasti si muovono soli e le note creano una musica malinconica deprimente, Richard mi guada preoccupato.

<<Ho paura che dovremo usare subito la tavola, Michelle.>>

Dice lui cupo.

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