Miss Marble (Parte II)

«Grazie, Suor Christine. Puoi andare, adesso. Sono sicura che Miss Marble sia in grado di trovare da sola la via del ritorno. O sbaglio, Ivette?»

La Madre Superiora la studiò con attenzione. Era difficile decifrare cosa le passasse per la testa ma Ivy dubitava che si trattasse di qualcosa di felice e roseo. A giudicare dall'espressione costantemente incazzata della religiosa, riteneva molto più possibile che la sua mente fosse affollata da incazzature, muffa e tanta astinenza.

«Ivette?» la richiamò, costringendola a riallacciarsi con la realtà.
«Oh, sì, certo. So dove devo andare.»
«Certo, Madre Superiora» la corresse. «È così che dovrai rivolgerti a me, capito?»
«Sì.» Incassò l'occhiataccia della donna e si affrettò ad aggiungere «Madre superiora», destando in lei un sorriso compiaciuto.
«Bene. Come presto imparerai, la disciplina e il rigore sono alla base delle regole del monastero, che si parli di religiosi o laici, capito?»

Alla domanda della donna, Ivy annuì. Rimase in silenzio, girandosi solo per un attimo quando Christine, approfittando della quiete, si congedò con un bisbiglio dalla stanza.

«La sveglia è alle cinque del mattino, estate e inverno» riprese a parlare la Madre Superiora, obbligando così Ivy a guardarla di nuovo. «La pulizia è fondamentale al mattino, quindi dovrai fare la doccia ogni giorno. Non è consentito alcun tipo di trucco e l'unico profumo che puoi utilizzare è quello alla lavanda che troverai nella tua stanza. Te ne verrà fornito uno al mese, quindi vedi di apprendere anche la parsimonia. Fin qui ci siamo?»
«Sarò parsimoniosa» borbottò Ivy.

Assurdo e paradossale. Ecco come le pareva tutto quel discorso.

Margot le aveva spiegato con ardore come il monastero fosse un'ottima alternativa a ciò che le sarebbe dovuto accadere se il giudice avesse optato per un carcere minorile, ma a lei non pareva ci fosse una grande differenza. Non al momento, almeno.

«Tutto il personale deve portare i capelli corti, o acconciati in una crocchia stretta. Non voglio vedere peli a giro per le camere degli ospiti, ci siamo capiti?» La Madre Superiora inasprì il tono e Ivette tornò ad annuire come un automa. «Cambierai mansione spesso, finché non capiremo quale ruolo ti si addica maggiormente. La prima settimana ti occuperai di preparare e servire le colazioni, così che tu prenda confidenza con la sveglia. Il pomeriggio sarai libera di fare ciò che vuoi, anche se non ti è permesso lasciare il monastero. Confido comunque nel tuo buonsenso e nel fatto che osserverai il rispetto che questo luogo merita.»

«Certo, Madre Superiora. Farò del mio meglio.» Ci credeva sul serio in questo. «Posso andare ovunque nel monastero? O devo evitare le zone dei turisti?»
«Solo la zona oltre il cancello, quella dove noi abitiamo ti è interdetta. Preferiamo osservare il silenzio e la preghiera. Puoi andare in qualsiasi altro luogo, purché non arrechi disturbo ai visitatori. Se non hai altre domande, sei libera di andare. Inizierai lunedì mattina alle cinque. Fino ad allora, considerati nostra ospite.»
«Grazie, Madre Superiora.»

La donna la guardò a lungo. Poi, di punto in bianco, cambiò espressione e, oltre il dedalo di rughe che si formò sul viso, rivolse a Ivy quello che pareva essere un sorriso sincero.

«Vai, adesso, ragazzina. Lo so che muori dalla voglia di ficcare il naso ovunque!»

Con immenso stupore di Ivy, la Madre continuò a sogghignare e la liquidò così, con un gesto della mano e un sospiro profondo con cui si abbandonò contro lo schienale della poltrona.

Il Picco Nero era immenso. Le sorelle del mare, le pareva fosse quello il nome con cui si facevano chiamare quel gruppo di invasate, avevano una proprietà immensa da gestire. Non c'era da stupirsi che, con il passare del tempo, fossero state costrette a rifugiarsi in un angolino per affittare il resto della proprietà ai turisti. I soli costi di mantenimento di quella struttura dovevano essere esagerati, senza considerare le spese ulteriori derivate dal fatto di doversi fare arrivare materiali appositi dalla terra ferma. E, a conti fatti, Ivy dubitava che la Chiesa Cattolica, per quanto ricca potesse essere, avesse interesse nell'investire quantità ingenti di denaro per un monastero arroccato su un'isoletta di merda.

Però il silenzio le piaceva. Anche la decadenza dell'area riservata ai lavoratori la rassicurava, in un certo senso, proprio come le occhiate furtive che le lanciavano le poche persone in divisa che aveva incrociato durante il tragitto. Nessuno si era presentato, o aveva provato a farlo. Nessuno le aveva sorriso, o teso la mano.

E Ivy non avrebbe potuto che essere più felice di così.

Si era mescolata assieme ai turisti poco dopo che avevano lasciato le loro camere, ubicate da tutt'altra parte rispetto alla zona riservata ai lavoratori, così da approfittare della visita guidata attraverso la Cattedrale e parte del Monastero.

«... Come vi avevo accennato sul pullman, la Cattedrale venne costruita nel nono secolo e, successivamente, vennero aggiunte le cinte murarie a difesa delle sorelle che si occupavano della salvaguardia religiosa dell'isola.» La guida, una signora sorridente ed elegante, invitò la piccola folla ad avvicinarsi. «Vedete? La presenza di pennoni indica che, seppure per breve periodo, il monastero venne progettato per potere essere utilizzato anche a scopi bellici difensivi, sebbene l'Isola di Oslay non ne abbia mai avuto un reale bisogno.»

A ogni pausa della guida, seguiva lo scatto dell'obiettivo delle macchine fotografiche, o la sua riproduzione sonora dei cellulari. Tutti se ne stavano col naso all'insù a fissare un qualcosa che ben presto si sarebbero lasciati alle spalle ma che, nel mentre, speravano potesse divenire fonte di invidia per chi si trovava a casa.

«Le gargolle hanno uno scopo differente, invece. Sebbene fossero diffusissime durante il decimo e l'undicesimo secolo, vennero installate con oltre quattro secoli di ritardo al Picco Nero.»
«Per quale motivo?» Una voce si levò dal silenzio monotono del gruppo e ne attirò gli sguardi incuriositi. «Come mai installarli così tanti secoli dopo ma comunque in un'epoca in cui il turismo dell'isola non era contemplabile?»

La guida si esibì in un sorriso di cortesia. Chissà quanto odio provava in quel momento per il ragazzo che la stava osservando nascosto dietro un paio di lenti da sole scure e che rischiava di allungare il giro oltre l'orario programmato. Era decisamente più alto della maggior parte dei turisti e anche decisamente più giovane. Abbassava l'età media di almeno vent'anni con la sua presenza e, a giudicare le occhiate languide che riceveva dalle cinquantenni vacanziere, gli era già stata perdonata l'intromissione.

«L'utilizzo dei doccioni, o gargolle, è quello di decorare i canali di scolo. Quindi, oltre al fattore estetico c'è quello folkloristico isolano. Di fatti, come si può notare alla vostra destra...»

Il biondo non parve però intenzionato a demordere. Si limitò a tendere le labbra in un mezzo sorriso che contrastò con la carnagione abbronzata del viso e tornò a farsi avanti. «Non era più semplice installare dei normalissimi canali di scolo? Non credo che le monache tenessero una scorta di gargolle in cantina per "le occasioni".»

Alcune delle donne risero in maniera civettuola, , invece, non mollò la presa sulla guida.

«No, lo dubito» rispose stizzita, del tutto incapace di sorridergli. «Ma comunque riflette l'estetica del Picco Nero e non vedo perché non...»
«Potrebbe avere a che fare con quello che viene chiamata la Notte del Diavolo?»
«Chiedo scusa?» La guida sussultò imbarazzata. Era evidente che non avesse la più pallida idea di che cosa il tipo stesse parlando. «Temo di non seguirla.»

«Anno del signore Millequattrocento ventisei, inverno. Le storie raccontano che il Diavolo entrò dentro le mura del monastero per corrompere l'anima di una monaca di clausura.» Non fu il giovane a rispondere alla guida, bensì un'altra voce proveniente dalle spalle della folla. Per Ivy non fu difficile riconoscerla: la Madre Superiora. «Superò le difese delle sorelle con la facilità con cui si taglia del burro con una lama calda» mormorò, seppure ancora abbastanza chiara perché tutti potessero udirla. Merito anche del silenzio improvviso che si creò, spezzato da sporadici colpetti di tosse. «Entrò nella cella della monaca e, dopo averla violata, la uccise a sangue freddo» concluse assieme al sussulto di un paio di soggetti. «Le cronache dell'epoca sono chiare in merito e, se siete interessato, abbiamo molti scritti che ne parlano. Più che di un demone, sono dell'idea che si dovesse parlare di un assassino, ma quelli erano altri tempi e non c'è da stupirsi che la superstizione si mescolò alla fede. Quindi, sì, i doccioni sono arrivati a seguito di quell'evento con l'idea di proteggere le sorelle dagli spiriti malvagi.»

Il giovane la studiò. Anche se le lenti scure impedivano di capire dove guardasse, la mascella contratta in una smorfia severa non lasciava alcun dubbio in merito. «Perché, tra tutte, proprio lei?»
«Che si sia trattato di demonio, come presumo gradisca pensare tanto lei quanto gli amanti di queste storie, o di un semplice folle, come invece presumo io che fosse, la questione non cambia: pura casualità.»
«Le cronache parlano di altro, però.»

La Madre Superiora sollevò un sopracciglio e la guida sbuffò, scocciata per l'interruzione prolungata. «Presumo stia per dirmi di cosa si tratti.»
«Non si sbaglia, Madre. Mi riferisco a Suor Maria Dolores.»
La Madre annuì. «Conosco la storia, anche se qua si trascende la leggenda. Dopo tutto, stiamo parlando di avvenimenti risalenti a sei secoli fa. L'argomento è comunque interessante, ma non vorrei trattenervi oltre dal giro guidato. Se avrà piacere di parlarne, Signor...»

«Jasen» rispose il giovane.
«In tal caso, Signor Jasen, sarà mio piacere intrattenermi con lei prima di cena, se lo gradisce, così da approfondire la questione.»
«Grazie, Madre Superiora.»
«Ottimo, direi che adesso possiamo continuare il nostro giro. Come vi dicevo, a seguito dell'installazione delle gargolle, l'architettura del luogo subì alcune modifiche importanti, volte a concentrare la zona monacale in un punto preciso del monastero. Il motivo lo si deve al progressivo calo demografico dell'isola dovuto a...»

La guida riprese a parlare e i turisti parvero svegliarsi dal torpore in cui erano caduti. Tornarono alle loro foto e ben presto dimenticarono l'interruzione poco interessante, perdonata a Jasen solo grazie ai capelli ribelli che gli ricadevano ai lati del viso, all'accenno di barba incolta e al fisico scolpito nascosto da una polo bianca e una giacca di pelle scura.

Un cliché estetico che Ivy avrebbe trovato ben poco interessante, se non fosse stato per la rabbia che gli continuava a serrare la mascella mentre guardava la Madre Superiora allontanarsi a passo lento lungo la navata esterna. Qualsiasi motivazione lo spingesse a fare quelle domande, doveva avere delle radici più profonde della curiosità. Ne era certa come solo un'anima tormentata può esserlo nel momento in cui ne riconosce un'altra.

Il gruppo iniziò ad allontanarsi e Ivy fu costretta a riprendere la marcia per non rimanere troppo indietro. Jasen si girò solo all'ultimo e, quando lo fece, i loro sguardi si incontrarono, nonostante l'incertezza data dalle lenti scure e, in quell'attimo, Ivy ebbe un fremito.


Jasen... devo dire altro? 

Perché non so voi... ma io lo A D O R O!!!!

Voi che ne pensate, invece? Fatemelo sapere nei commenti e... Attenti al Diavolo di Oslay!

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