1 - La Peccatrice (Parte I)


Isola di Oslay,

Oggi.


«Vieni qua, Pixie. Provati questo cappellino, è stupendo.»

Erano arrivati da poco meno di un'ora e nonostante i loro bagagli fossero stati presi in consegna da un laboriosissimo "Alfred" – come lei lo aveva soprannominato – con la promessa che non avrebbero dovuto preoccuparsi di nulla mentre lui recuperava l'auto, Margot continuava a comportarsi come se fossero in vacanza.

«Dai, Pixie, togliti quell'aria truce dal viso, non ti si addice.»

George era l'altro effetto collaterale che si erano portate dietro, nonché la causa dei più grandi mali che la affliggevano, incluso quell'orribile soprannome che aveva deciso di affibbiarle dieci anni prima, la prima volta in cui l'aveva venduta come una bestia a una fiera.

Giravano voci che scopasse con Margot al di fuori dell'orario di lavoro e, a giudicare dai sorrisini che si scambiavano, non c'era alcun dubbio che fosse davvero così. Non che trovasse scandalosa l'idea che i due infrangessero le regole del sistema, era più il fatto che la loro relazione si traduceva in una cazzo di spina nel fianco. Perché ogni volta in cui Margot si lamentava, George le dava spago e viceversa.

Viaggiarci addirittura insieme era crudele. Non che Ivy avesse avuto molta possibilità di controbattere.

Margot riappoggiò il cappello di paglia sulla rastrelliera, sotto lo sguardo insistente del venditore che le rivolse un sorriso di circostanza e un'occhiata eloquente, un qualcosa che tradotto sarebbe stato molto simile a un "si sa come sono questi giovani".

«Smettila di fare così, dovresti essere grata invece. Questa è...»

«Un'occasione importante per me?» concluse al suo posto prima di avvicinarsi alla rastrelliera per sfiorare le trame intrecciate della paglia. «Credo tu me l'abbia già detto.»

Margot e George si scambiarono uno di quegli sguardi eloquenti che spesso le persone senza problemi tendono a rivolgersi, quasi il benessere li autorizzasse a sentirsi superiori di fronte alle difficoltà altrui.

«Pixie, sarà solo per un anno, dopo di che...»
«Dopo di che?» mormorò prima di ritrarre la mano. Guardò l'espressione di George mutare attraverso il riflesso degli occhiali da sole esposti sulla rastrelliera, proprio a fianco dei cappelli, e ne godette. «Appunto.» Si concesse un ultimo sorriso, prima che il richiamo del clacson dell'auto di "Alfred" li obbligasse a muoversi.

L'Isola di Oslay, secondo il volantino che le aveva allungato "Alfred", era definita come "meta obbligatoria per gli amanti del gotico" e la Cattedrale delle Sorelle del Mare era il fulcro attorno al quale ruotava quasi la totalità del turismo locale.

«Ogni venerdì arrivano i traghetti e rimangono in rada fino alla domenica, quando ripartono. I mercantili invece arrivano tra il lunedì e il mercoledì con i rifornimenti e le merci. Ne viene da sé che il Picco Nero lavori con i turisti durante il weekend, salvo condizioni avverse del mare che impediscano alle navi di salpare per tempo» spiegò "Alfred".

«Il Picco Nero?» Margot si sporse in avanti, aggrappata allo schienale del sedile del passeggero su cui George si era accomodato.
«Oh, già, dimenticavo che non siete del posto.»

Ivy alzò gli occhi al cielo. Ci mancava solo un "Alfred" burlone a coronare la crudeltà di quell'attimo.

«È come noi del posto chiamiamo il Monastero delle Sorelle del Mare. Niente di sconvolgente, sia chiaro» si affrettò ad aggiungere dopo avere catturato lo sguardo stupito di Margot riflesso nello specchietto retrovisore. «Il merito va ai vecchi pescatori che, quando tornavano dalla notte trascorsa in mare, volgevano lo sguardo alla scogliera e aspettavano il sorgere del sole alle spalle del monastero che così rimaneva in ombra. Niente di particolarmente interessante, mi dispiace.»

Margot sembrò invece gradire la versione innocua del racconto di "Alfred". «È una storia interessante. Non lo credi anche tu, Pixie?»
«Già» mormorò prima di abbandonarsi contro al sedile, «roba che non riesco a trattenere i brividi di piacere.»
«Oh, smettila con questo atteggiamento, Pixie! Deve scusarla, mi dispiace davvero tanto. Di solito è una ragazzina molto affidabile e educata, glielo garantisco.»
"Alfred" la sbirciò dallo specchietto retrovisore e sorrise. «Non si preoccupi, Miss. Tutti quanti siamo stati giovani, anche se per me è passato molto più tempo.»
«Oh, ma le assicuro che Pixie non è così. Dopo tutto, a quest'età tutto quanto sembra essere...»

Era come riprodurre all'infinito la solita canzone: all'inizio la si ascolta, poi si inizia a provare fastidio quando la si sente di nuovo e, alla fine, non importa con quanta forza suoni, si smetterà di ascoltarla. Così fece Ivy. Si concentrò sul paesaggio oltre il finestrino, su ogni dettaglio della strada che stavano percorrendo.

A mano a mano che si erano allontanati dalla zona del porto, le abitazioni si erano fatte più rade. Il villaggio di Oslay si sviluppava per lo più a ridosso della costa. La parte interna, invece, complice la forte presenza di salmastro, era per lo più adibita a scarsi raccolti alternati a grossi pascoli dedicati all'allevamento ovino che produceva formaggi dal sapore deciso e salato. Gli unici abitanti dell'area collinare – e di rado boschiva – dell'entroterra erano riconducibili a proprietari terrieri che facevano vanto di grossi casolari riconvertiti in vere e proprie ville adiacenti tanto agli ovili, quanto ai laboratori caseari.

Sempre sull'opuscolo, Ivy aveva letto che sul lato occidentale si trovava un grosso vigneto in cui veniva prodotto un ottimo vino bianco e, durante l'estate, si trasformava in una delle attrazioni principali turistiche con cene a tema tra i filari d'uva vermentina. Il fatto che non riuscisse a scorgerla dal lato su cui si trovavano, assolveva buona parte delle paure che aveva covato per settimane prima della partenza riguardo le dimensioni dell'isola.

Il paesaggio mutò gradualmente. Da brullo si fece verdeggiante e, a mano a mano che salivano lungo una strada sterrata, la calura estiva venne inghiottita dall'aria fresca rigettata dall'ombra improvvisa di un bosco fitto nel quale si addentrarono.

«Siamo quasi arrivati.» La dichiarazione di "Alfred" spezzò la monotonia delle lamentele di Margot, riconquistandosi così l'attenzione di Ivy.
«E i turisti?» chiese George.
«Loro? Arriveranno tra un'ora, che poi è il tempo necessario a radunarli, farli caricare i bagagli sul pullman e aspettare che siano in comodo. Ho pensato che anticiparli sarebbe stato importante per mostrarvi con calma e in modo prioritario il monastero.»
«È stato molto gentile da parte sua, Floyd, la ringraziamo.»

Ecco come si chiamava. E così, il nome di "Alfred" era libero di andarsene in pensione, per il momento.
Floyd la guardò ancora una volta dallo specchietto retrovisore e le ammiccò con aria complice, tanto da farle distogliere lo sguardo di scatto, spinta da un fastidioso senso di disagio.

«Oh, che bellezza!» George si sporse in avanti così tanto da doversi aggrappare con le mani al cruscotto anteriore per potere allungare il collo e sbirciare oltre le cime degli alberi. «Guardate!»

Indicò verso l'alto, in lontananza, nel punto in cui la distesa boschiva si allargava e lasciava spazio a una grossa cinta muraria che terminava, su un lato, a picco sul mare. I mattoni scuri le davano un'aria tetra e le gargolle che si intravedevano sulle vette più alte della cattedrale la inquadravano nel perfetto stile gotico decantato dall'opuscolo.

Odiava ammettere che fosse stupita di trovarla stupenda e minacciosa nella sua grandezza. Il Picco Nero la stava aspettando e, a giudicare dal brivido che attraversò la schiena di Ivy nonostante la calura estiva, non portava con sé bei doni.



[Continua nella parte II...]

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top