4 - Il Fardello.

Cherry






E' appena passata la seconda ora di interrogatorio. Non ho idea di come stia andando là dentro e nessuno sembra essere disposto a parlarne con me, per questo motivo mi avvio verso le macchinette automatiche, posizionate in uno stanzino leggermente più piccolo e freddo rispetto alla sala d'aspetto. Inserisco le monete nell'apposita fessura dopo aver selezionato una bevanda calda totalmente a caso, senza neanche guardarla. Continuo a fissare l'ora sul mio cellulare sperando che Wesley se la stia cavando e che possa uscire in fretta da questo inferno. Il suono che avvisa dell'avvenuta erogazione mi risveglia dai pensieri, facendomi abbassare quanto basta per aprire lo sportello e tirare fuori il bicchiere fumante. Non appena mi rialzo, soddisfatta del the al limone che ho selezionato senza volerlo, una donna bionda mi si posiziona davanti, rischiando di farmi cadere la bevanda dalle mani.

Spalanca improvvisamente gli occhi esageratamente truccati, allungando le braccia per ripararmi da una possibile caduta. Mi sorride subito dopo, mettendo in mostra le labbra carnose e tinte da un rossetto rosso acceso.

«Perdonami, non avevo intenzione di spaventarti» annuncia con tono cordiale, porgendomi comunque la mano. La stringo piuttosto diffidente, tenendo ben saldo il bicchiere bollente nell'altra mano, cercando di non pensare al dolore causato dal caldo della bevanda. L'agente, il cui distintivo luccicante è messo ben in mostra sopra al suo petto, mi sorride nuovamente invitandomi a seguirla nella stanza d'aspetto. Il rumore dei suoi tacchi risuonano per tutto il tragitto, facendo girare qualche agente interessato a tale frastuono.

«Tu sei Cherry Piper, vero? Ho visto che sei arrivata qui insieme all'interrogato, Wesley Thompson» annuncia nuovamente, sedendosi su una delle poltrone rossicce piuttosto datate.

Annuisco solamente, prendendo un sorso del mio the e mostrandomi il più tranquilla possibile. L'agente sembra reagire bene al mio comportamento, tanto da appoggiarmi una mano sulla spalla in modo amichevole. Cerco di regalarle un sorriso gentile, nonostante la mia anima stia scalpitando per esplodere, devastando qualsiasi cosa. È un peso troppo grande da reggere, dover far finta di essere innocente, di non sapere nulla...

«Io sono l'agente Anita Jones e mi occupo dell'omicidio di Jonathan Andrews insieme al Detective Green» La sua voce mi strappa violentemente dai pensieri. Mormoro qualche parola di presentazione, ma nulla di più. «Avrei solo bisogno di farti qualche domanda in merito al suo omicidio. Eri la sua ragazza, dico bene?» domanda con formalità, tirando fuori dalla tasca anteriore della giacca un piccolo taccuino nero e una penna. I suoi occhi sembrano cambiare, diventando da curiosi a indagatori.

Deglutisco e appoggio il bicchiere sulla poltrona al mio fianco, cominciando successivamente a guardarmi le unghie con imbarazzo. Annuisco soltanto in risposta alla sua domanda e la guardo con la coda dell'occhio, sentendomi subito sollevata quando, con un'alzata di spalle, comincia a scarabocchiare sulla pagina bianca del taccuino, soddisfatta della mia risposta. Lancio una veloce occhiata all'orologio appeso al muro, che segna ancora le undici. Molti agenti stanno uscendo dal Commissariato vestiti in modo normale, probabilmente è arrivata la fine del primo turno. Un finto colpo di tosse proviene da Anita, la quale richiama la mia attenzione. Alza la penna verso l'alto e socchiude gli occhi, probabilmente facendo finta di pensare alla prossima domanda da pormi. Io sento che le abbia già tutte preparate e che le conosca a memoria, ma rimango composta e trepidante nell'attesa.

«Bene. Dico qualcosa di sbagliato se accomuno te e Wesley Thompson in una relazione nascosta agli occhi di Jonathan Andrews?» domanda ancora, risultando ancor più professionale del previsto. Socchiudo lievemente le labbra, presa completamente in contropiede dalla domanda dell'agente. Sembra accorgersi del mio momento di titubanza, al che comincio a prendere tempo, ingannandola con un finto starnuto.

«Scusi...» mormoro con finto imbarazzo, lasciando cadere il fazzoletto dentro allo zaino semi aperto. L'agente mi mostra un sorriso tirato, appoggiando la penna sul taccuino ancora aperto. Prendo un respiro profondo e annuisco, attaccandomi ancor di più allo schienale morbido della poltrona.
«Non sbaglia. Frequentavo Jonathan da poco più di due mesi. Ho conosciuto Wesley qualche settimana dopo e siamo diventati parecchio amici, fin da subito. Da poco avevamo iniziato ad avere una relazione, fisica più che altro...» borbotto velocemente, impegnandomi e ripensando alle parole che ci siamo detti. L'agente sembra sorprendersi, probabilmente non si aspettava una risposta così esaustiva e sincera da parte mia. Trattengo un sorriso per non destare sospetti, bensì cerco di sospirare in modo malinconico, continuando con le mie menzogne.
«Jonathan era davvero un ragazzo fantastico, penso che pochi possano essere messi sul suo stesso piano. Sapeva farti ridere in qualsiasi momento, metteva allegria. Però...» Mi blocco all'improvviso, facendo fermare anche Anita dallo scrivere. Alza gli occhi verso di me in modo interessato, spronandomi a continuare con il racconto.
Per poco non mi viene da piangere. Sto raccontando un mare di stronzate alle persone incaricate di trovare il colpevole dell'omicidio del mio ragazzo. Sto depistando le indagini solamente per paura di essere stata io a fargli del male. Come riuscirò a guardarmi ancora allo specchio, dopo tutto quello che sto facendo, dopo tutto il male che sto causando?
«Però Wesley mi ha attratto in un modo completamente diverso. Forse è stato il suo atteggiamento diverso e scostante. Ci siamo avvicinati a una festa, qualche tempo fa, e da allora abbiamo continuato a vederci di nascosto» annuncio con difficoltà, sbrigandomi successivamente a prendere il bicchiere di the per portarmelo alle labbra, facendone un profondo sorso.

L'Agente continua a scrivere imperterrita, senza alzare più lo sguardo verso di me. Nonostante io mi senta in qualche modo sollevata dalle risposte chiare che sono riuscita a darle, la sensazione di malessere non mi abbandona mai. Questo sarebbe il momento perfetto per confessare tutto ciò che ho visto, tutto ciò che ricordo, tutto ciò che ho fatto. Forse potrei fornir loro indizi in più per poter trovare e arrestare il colpevole del suo omicidio, sempre che non sia io.

Altrimenti, se davvero fossi stata in grado di fargli del male, ne pagherei le conseguenze. Com'è giusto che sia. Finirei sulla sedia elettrica, o stesa su un lettino ad aspettare la dose letale di veleno che mi spetta. Tutto finirebbe in un'istante, la mia vita, le mie sofferenze. Così com'è finito tutto ciò che apparteneva a Jonathan. Qualche secondo dopo, tutto intorno a me sembra tacere. Sento solo il battito accelerato del mio cuore e i miei occhi sono fissi sul viso dell'agente.

Devo farlo. Voglio riuscire a dare un po' di pace a Jonathan e alla sua famiglia. «Io...» bisbiglio con terrore, venendo però bruscamente interrotta da Anita che, con sapienza, muove il capo e ride sommessamente con ironia.

«Quindi, stando a quello che mi dici, il caro Wesley Thompson potrebbe aver avuto un movente per uccidere Jonathan, ovvero la gelosia. Sappiamo tutti i precedenti di Thompson, non sarebbe la prima volta che compie atti di violenza. Dimmi, cara Cherry, tu che cosa ne pensi?» domanda con arroganza, ridendo ancora.

Rimango per qualche istante senza parole. Questo è quello che pensano? Che Wesley abbia ucciso Jonathan per gelosia? Scuoto la testa con vigore, prendendomi le mani l'una nell'altra. Mi mordo la lingua e cerco di riordinare velocemente i pensieri perché non ho abbastanza tempo per pensare. Se le cose stanno realmente così, potrebbero arrestarlo da un momento all'altro e tutto quello che abbiamo fatto sarebbe vano. Guardo Anita Jones negli occhi, come se volessi sfidarla. E io che stavo per raccontare tutto a queste persone svuotate da qualsiasi cosa, piene solo di pregiudizi.

Scuoto nuovamente la testa, sorridendo in modo malinconico per far tenerezza all'agente che, però, non sembra per niente interessata al mio comportamento. Sembra che stia analizzando il movimento delle mie mani e delle mie gambe, da qualche istante non sposta gli occhi dal mio corpo. Solo nell'istante in cui abbasso gli occhi sulle mie gambe e le sorprendo a muoversi in modo nervoso mi rendo conto che l'agente stava solamente valutando la mia reazione alle sue parole. Mi sorride in modo strano, facendo salire in me una paura che non avevo mai provato.

«No!» mi sbrigo ad esclamare, presa da un impeto di pazzia. Anita scuote la testa e inarca le sopracciglia prima di lasciar cadere il taccuino e la penna sulle sue gambe. Incrocia le braccia al petto con il viso dipinto da un'espressione arrogante e di chi la sa lunga mentre io, cercando di non farmi prendere dal panico, mi alzo in piedi e le punto un dito contro.
«Lei non sa niente di Wesley e Jonathan, è solo brava a dare giudizi e ipotesi! Erano amici, grandi amici, Wesley non si sarebbe mai sognato di fargli del male. Gelosia? Perché parla di gelosia, se il rapporto che avevamo era solamente di puro e semplice divertimento e di sesso? Non c'erano e non ci sono sentimenti in gioco con Wesley, se lo metta in testa» sbraito senza pensare e facendo uscire la parte più fredda e decisa del mio subconscio, prima di guardarla per un'ultima volta negli occhi, glaciali e privi di qualsiasi emozione.

Come se le avessi dannatamente spente.

Scuoto la testa per l'ennesima volta prima di allontanarmi velocemente da lei, camminando a passo svelto nella parte opposta a quella delle macchinette automatiche. Senza rendermene conto, mi ritrovo a sbattere contro il petto dell'agente che, qualche ora fa, ha portato Wesley nella sala dell'interrogatorio. Mi guarda in modo strano, alquanto innervosito. Sposto lo sguardo verso la sua destra, inevitabilmente ancora sconvolta, ritrovando il viso pallido e stanco del mio amico. Cammino lentamente, avvicinandomi a lui e senza dare il tempo all'agente di dire qualcosa sul mio pessimo modo di comportarmi. Non mi sembra affatto il momento adatto per fermarmi a chiedere scusa. Sento semplicemente il bisogno di scappare e allontanarmi il più possibile da quella donna. Wesley sembra stralunato e incosciente di ciò che ci sta accadendo intorno. Mi aggrappo al suo braccio, nascondendo il mio corpo dietro al suo. Cerco di proteggermi.

«Hai finito? Possiamo... andare via?» domando sotto voce, costringendo il ragazzo a voltarsi verso di me. Mi scruta il viso, avendo probabilmente notato la mia inquietudine. Annuisco lentamente.

Compie il mio stesso gesto, salutando con un modico movimento del capo l'agente che l'aveva scortato per tutta la mattinata, prima di incamminarsi velocemente verso l'uscita. Spalanca la porta, dandomi la possibilità di fuggire per prima da quell'inferno. Non appena mi ritrovo all'aria aperta, riempio i polmoni con un respiro profondo, cercando di calmarmi il più velocemente possibile. Non ho intenzione di ammassare ancor più pensieri su Wesley, ma il suo sguardo preannuncia un imminente interrogatorio sul mio stato d'animo.

Mi fa cenno di seguirlo verso la macchina dove, non appena le serrature scattano, mi infilo sbattendo la portiera al mio fianco. Accendo velocemente una sigaretta, ignorando il tremolio alle mani. 
«Sai che cazzo è successo? È arrivata una fottuta agente e ha cominciato a farmi domande, Wesley! Pensa che tu possa aver ucciso Jonathan per gelosia, Cristo!» sbotto all'improvviso, non appena anche lui fa capolino nell'abitacolo dell'auto.

I suoi occhi si spalancano d'istinto, così come si schiudono le labbra carnose. Non si aspettava una rivelazione del genere. Il suo piano si è rivelato quasi un disastro. Far credere alle persone che io e lui avessimo una relazione segreta non è stata affatto una buona mossa. Si passa una mano tra i capelli in modo nervoso, appoggiando successivamente la fronte contro al volante.

«Okay...» sussurra solamente dopo qualche istante di assoluto silenzio. Sposto lo sguardo verso di lui, facendo cadere la cenere della sigaretta sul tappetino sotto ai miei piedi per il movimento brusco. Aspetto ancora prima di parlare, consapevole del fatto che stia pensando intensamente a una soluzione. Io, come al solito, non riesco a far altro se non tremare. Mi sento come un pesce fuor d'acqua, dannazione.

Non ho idea di come potrei aiutare a sistemare la situazione. Se non fosse stato per le stupide considerazioni dell'agente Anita, probabilmente avrei confessato tutto. Stavo per farlo, mi sembrava la cosa giusta in quel momento. Avrei sicuramente evitato di far passare Wesley come il suo assassino, di farlo dipingere come una persona che non è. Sento gli occhi cominciare a inumidirsi, non posso fare nulla per impedire alle lacrime di scivolar via da essi. Il ragazzo al mio fianco non sembra notarlo, e ne sono grata... non riuscirei a sopportare di dover esternare il mio stato d'animo, il modo in cui mi sento. La palpabile sensazione di aver fatto lo sbaglio più grande della mia vita. Mi passo una mano sulla fronte, prendendo un respiro profondo. Vorrei poter aver qualcuno al mio fianco che mi dica dettagliatamente che cosa fare per non far più soffrire nessuno. Il mio intento non era questo. Ma l'egoista che vive dentro di me ha deciso come farmi comportare. Un po', l'ha deciso anche Wesley.

«Okay, non devi preoccuparti. Non hanno niente contro di me, va bene? Sono solo congetture, è lecito che l'abbiano pensato. Si risolverà tutto Cherry, non permetterò che accada nulla a nessuno dei due» sussurra in modo poco convinto, regalandomi però un tenero sorriso d'incoraggiamento.

Io non posso far altro che annuire e convincermi che tutto andrà per il verso giusto, come mi ha promesso lui. Un giorno tutto questo finirà e, probabilmente, riusciremo a tornare alla nostra normale vita. Quella vita che, a Jonathan, è stata portata via.



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