20 - Non lo vedrai più, Cherry.
Cherry
Non faccio assolutamente niente per tre giorni. Sono passati tre giorni interi da quando Wesley mi ha lasciata sola, in salotto, senza dirmi le sue reali intenzioni. Tre giorni da quando mi ha baciata, forse per dirmi addio, forse per addolcire un po' la pillola. Sono passati tre giorni lunghi e uguali, senza un briciolo di emozione, senza nessun colpo di scena a ridargli un po' di colore. Ho fatto di tutto per non pensare alle sue parole, per non cercare di capire che cosa abbia deciso di fare, per cercare di dare un senso a tutto questo schifo. Mio padre è tornato a casa insieme a mio fratello la mattina dopo in cui Wesley è andato via. Mi hanno trovata in uno stato pietoso, con il poco trucco che avevo sugli occhi colato e il viso bianco cadaverico, o almeno, così mi hanno riferito dopo essermi svegliata da una dormita lunga dieci ore. Probabilmente loro sanno, loro sono al corrente della sua decisione... decisione di cui io non posso conoscere i dettagli, questa è la cosa che più mi fa stare male: non essere tra le persone di cui Wesley si fida, perché è questo quello che sembra.
Mi giro e mi rigiro tra le coperte, cercando di liberare la mente. In questo periodo non ho fatto altro che pensare, mettendo al secondo posto la mia vita, perdendola completamente di vista. Adesso ne sto riscuotendo le conseguenze. Se non ci fosse mio padre, probabilmente non mangerei neanche. Per questo motivo decido che, nonostante faccia male, questa situazione non deve più farmi perdere il controllo. Devo riprendere in mano le redini, comandare io. Sono io che decido. Lancio via le coperte che coprivano il mio corpo come una sorta di protezione, alzandomi velocemente e appoggiando i piedi nudi sul pavimento freddo. Un veloce sguardo fuori dalla finestra della mia camera, il cielo risulta sempre uguale ai miei occhi. Cupo e oscurato da innumerevoli nuvole grigie. Le stesse tonalità di colore in cui mi rispecchio in questo momento.
Mi avvicino allo specchio. Non posso credere di essermi ridotta in questo modo, a dover far di tutto per non cadere, per non toccare il fondo. Non solo le immagini di Jonathan prive di vita mi tormentano, non mi lasciano in pace, adesso anche il comportamento di Wesley mi fa contorcere lo stomaco. Non so cosa abbia fatto, ma non è sicuramente niente di buono. Nulla che io approverei, è forse questo il motivo per cui non me lo ha detto? Ormai non posso più pensarci, non posso più permettermi di crogiolarmi nei pensieri, avrà già compiuto la sua pazzia, a quest'ora. Sobbalzo sentendo la voce di mio fratello dall'altra parte della porta. Il suo vociare mi costringe a spalancarla, permettendo il suo ingresso nella mia stanza, ancora vestito del suo immancabile pigiama di pile azzurro.
«Ti disturbo?» domanda dolcemente, facendo qualche passo all'interno.
Scuoto la testa semplicemente. Da quando ci siamo chiariti, le cose tra di noi vanno piuttosto bene. Cerca sempre di iniziare una conversazione con me, soprattutto quando mi ritrova troppo assorta nei miei pensieri. Gli sorrido teneramente, invitandolo a sistemarsi sul mio letto sfatto. Aron non si fa problemi, buttandosi con tutto il suo peso sul materasso, facendolo rimbalzare debolmente.
«Pensavo di andare a fare un giro in centro, oggi. Ti va di accompagnarmi o hai intenzione di rimanere chiusa in questa stanza ancora per molto?» domanda ancora, con un piccolo ghigno dipinto sul volto.
Alzo gli occhi al cielo, continuando a sistemare i libri sparsi sulla scrivania.
«Sta iniziando a esserci puzza di morto, qui dentro»
Lascio cadere un libro che tenevo tra le mani, voltandomi verso di lui. Lo osservo mentre guarda distrattamente la stanza, con il viso rivolto verso il soffitto con delle ridicole stelle ancora attaccate. Mio padre me le aveva messe quando avevo circa otto anni, da quel momento non le ho più tolte. Per quanto siano infantili, danno un tocco di leggerezza alla stanza.
«Non infierire» mugugno, lanciandogli una lunga occhiata. Prendo un profondo respiro, scuotendo la testa, sotto il suo sguardo attento e curioso.
«Non ne ho voglia, Aron. Dovrei uscire e far finta che vada tutto bene, che tutto scorra normalmente come al solito?» domando in modo ironico, alzando gli occhi al cielo.
«Sì, diamine, è esattamente quello che devi fare!» annuncia alzando la voce, contemporaneamente al suo corpo che si catapulta in avanti, mettendo una netta distanza tra lui e il letto.
Lo guardo mentre si avvicina a me, prendendo le mie mani e stringendole tra le sue.
«Sei giovane, Cherry. Quello che hai vissuto farebbe stare male chiunque, ma non puoi continuare a ignorare la tua vita. Devi mettere da parte ciò che ti fa soffrire, almeno per un po', e ricominciare a vivere le giornate in modo simile a come facevi prima» mormora con sincerità e disperazione allo stesso tempo, senza mai distogliere i suoi occhi dai miei.
«Non posso, Aron,» mormoro ancora, venendo meno alla promessa di non farmi mai più vedere vulnerabile da nessuno.
Mio fratello non capisce, mi ripeto, non ha visto gli occhi di Wesley mentre mi salutava. Non ha visto gli occhi chiusi di Jonathan. I suoi occhi non hanno visto ciò che i miei sono stati costretti a vedere.
«Voglio sapere che cos'ha fatto Wesley. Non mentirmi, Santo Cielo! Ho il diritto di saperlo tanto quanto voi...» aggiungo in preda ad una crisi isterica, prendendomi la testa tra le mani.
Aron mi guarda, non dice nulla. Si avvicina ancora di più a me. Appoggia la sua mano sulla mia spalla, e non vorrei questo contatto, ma sento di non avere neanche la forza di mandarlo via. Vorrei rimanere sola, come sempre, ma non posso nuovamente chiudermi in me stessa. Solo che... Wesley. Dov'è? Perché non me lo vogliono dire, una volta per tutte?
«Non lo vedrai più, Cherry» annuncia con fermezza nella voce, credendo profondamente nelle sue parole.
Ed è proprio questo il momento in cui lo sento di nuovo, il cuore spezzarsi, l'anima perdersi definitivamente. Che cosa diavolo vorrebbe dire tutto questo? Io non ho bisogno di questo. Lancio una veloce occhiata a mio fratello con gli occhi colmi di lacrime, la sua espressione in questo momento non lascia trasparire nulla di buono... solamente compassione nei miei confronti, perché lui sa. Lui sa, come tutti.
«Che cosa cazzo vorrebbe dire, Aron?» domando alterata, scattando in piedi. Alzo le mani verso il cielo, senza ormai tentare invano di trattenere ancora le lacrime. Tutto questo... non me lo meritavo.
«Non mi frega un cazzo della sua decisione, voglio saperlo anche io! Dove cazzo è andato? È scappato?» domando ancora, fregandomene di tutto e di tutti.
Aron scuote semplicemente la testa. Non mi guarda più negli occhi e la situazione sta prendendo una piega diversa da quella che mi immaginavo. La testa comincia a girarmi, tanto da farmi rischiare di rovinare a terra, privata di ogni briciolo di forza. Le mie urla hanno generato la preoccupazione di mio padre, adesso dentro la stanza insieme a noi. Fa scorrere lo guardo, balzandolo da me a mio fratello, e il suo sospiro stanco e rassegnato sembra farmi capire che anche lui centra in questo malsano piano. Lo guardo, chiedendo risposte.
Mio padre fa un passo verso di me, tenendomi la mano. Non la sfioro, non ne ho la forza. Avevo chiesto solo... avevo chiesto solo che nessuno mi mentisse ancora. Invece lo stanno facendo, al contrario delle mie speranze, e continueranno a farlo. Non so quali siano le loro intenzioni, ma non voglio più essere tenuta allo scuro da cose che comprendono anche me.
«Tesoro, non dovresti saperlo così, ma credo sia arrivato il momento di dirtelo» annuncia mio padre, abbassando la mano, ormai convinto delle sue parole. Lancia uno sguardo pieno di tristezza a mio fratello che, in risposta, balza in piedi. Si posiziona accanto a lui senza mai alzare lo sguardo verso di me.
«Che cosa, papà? Che cosa mi state nascondendo?» domando con un filo di voce, dando sfogo alla mia insicurezza, alle mie paure, ai miei dubbi. Le mie paure più grandi stanno sgorgando via da me, proprio come le lacrime che scendono veloci dai miei occhi.
Lentamente, la dura verità mi colpisce in pieno viso, come uno schiaffo inaspettato.
Mio padre sospira.
«Wesley... Wesley si è costituito qualche giorno fa. È stata la sua ultima decisione e credimi, tesoro, quando ti dico che abbiamo cercato in tutti i modi di fargli cambiare idea...» sussurra, la voce piena di risentimento.
Ma io non lo sto più ascoltando, il mio cuore ha smesso di battere per qualche istante. Wesley si è costituito. Wesley è in carcere, probabilmente. Gli agenti non porteranno avanti le indagini e non troveranno mai il vero colpevole.
Perché, no, Wesley non l'ha ucciso. Non è stato lui, porca puttana! Guardo i due uomini davanti a me, un singhiozzo abbandona le mie labbra.
«Perché?», una flebile, sofferente domanda. È l'unica cosa che riesco a dire.
Aron si avvicina a me, come per darmi la forza.
«Non voleva che finissi nuovamente nei casini, Cher. Lo ha fatto per te...» sussurra solamente.
«Lo ha fatto per me?!» sbraito, scattando all'indietro. Che decisione del cazzo! Io non posso, non posso andare avanti e vincere questa battaglia, senza di lui. Non è giusto, porca troia! Lui non deve rimanere chiuso in una cella per un omicidio che non ha commesso. Mi sento come se stessi cadendo a pezzi, in mille pezzi... non so se riuscirò mai a ricostruirmi.
«Io... io devo andare, non aspettatemi...» mormoro dopo un po' di silenzio, afferrando velocemente la borsa e le scarpe.
Mentre abbandono di fretta la camera, mio padre compie veloci passi verso di me.
«Cherry, non complicare le cose! Torna subito qui!» urla a pieni polmoni, sbattendo la porta della camera alle sue spalle.
Non lo ascolto, scuoto semplicemente la testa, continuando a correre verso la porta d'entrata.
«Cherry!».
Esco da casa mia con il cuore che batte all'impazzata e le lacrime amare che fanno da sfondo a questo triste e sudicio teatrino. Non posso accettare la sua scelta. Farò tutto quello che è in mio potere per farlo uscire da quella maledetta cella perché, ne sono sicura, Wesley non è l'assassino di Jonathan.
Giuro che scoprirò chi l'ha ucciso, Wesley. Lo devo a lui, lo devo a te.
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