19 - Mi mancherai.

buon anno a tutti!❤️

Cherry




Ormai sono passate le undici di sera. Fuori è buio, rimango a fissare dalla finestra quell'oscurità che, adesso, non mi fa quasi più paura. Sento Wesley trafficare con i bicchieri in cucina. Mio padre ha preferito passare la notte in ospedale, nonostante le mille persuasioni e le preghiere che gli ho rivolto. Ha, però, costretto il ragazzo a non lasciarmi da sola neanche per un minuto. Da quando Aron ha raccontato anche a lui come sono andate le cose nei minimi dettagli è diventato ancor più protettivo e paranoico, ma... non posso biasimarlo. Mi comporterei nello stesso modo.

Il camino acceso illumina il salotto, rendendolo allo stesso tempo più caldo e accogliente. Sospiro. Mio padre è preoccupato, ma la presenza del ragazzo in casa nostra lo rassicura, almeno un minimo. Aron non è messo così male, si rimetterà in poco tempo, ed è stranamente allegro e tranquillo. Wesley è qui, con me, fastidiosamente silenzioso ma rilassato, come sempre. Eppure c'è qualcosa che non va, come se sentissi dentro di me che ancora il peggio deve arrivare. Sto cercando in tutti i modi di levarmi dalla testa questo brutto presentimento che mi assilla, a maggior ragione perché non voglio che Wesley possa notarlo e, di conseguenza, riferirlo a mio padre. Lo osservo mentre entra in salotto con due bicchieri fumanti tra le mani e un dolce sorriso stampato sul viso.

«Ecco a te» sussurra solamente, porgendomi un bicchiere trasparente. Lo afferro, annusandone il contenuto e scuotendo la testa. «Scusami... ho preso questi perché non trovavo le tazze» mormora a disagio, alludendo al fatto di aver versato del the bollente in un recipiente non del tutto adatto al tipo di bevanda.

Annuisco soltanto, stringendomi ancor di più sul divano. Mi fermo a fissare il fuoco che arde con velocità nel camino, mentre nella mia testa si susseguono varie scene di cui vorrei solamente dimenticarmi. Sembra facile cancellare un brutto ricordo, ma quasi mai succede velocemente e senza lasciare tracce del suo passaggio. Il volto di Jonathan privo di vita è qualcosa che non dimenticherò mai, neanche quando tutto questo sarà finito.

«A che cosa pensi?» sussurra Wesley, distraendomi per qualche istante dai miei pensieri.

Glie ne sono grata. Sarebbero finiti, un'altra volta, per avvolgermi completamente.

Ma adesso, guardandolo, non so cosa sarebbe meglio fare. Forse mi farebbe bene sfogarmi, almeno un po', togliermi dalla testa le innumerevoli domande che continuano ad affiorare come se fossero un'infinità. Certo, mi farebbe bene, ma non a Wesley. Sopportare ancora i ricordi di quella notte non sarebbe affatto facile, neanche per lui.

«Nulla...» sussurro alla fine, rimangiandomi tutto.

Lui annuisce, continuando a lanciarmi una lunga e indagatrice occhiata perché sì, è forse l'unica persona a sapermi leggere, come se per lui non esistesse il muro che mi sono costruita, pian piano, intorno. Per lui non esistono barriere, non esistono ostacoli. Lo osservo con la coda dell'occhio mentre, in un lungo e profondo sorso, svuota completamente il bicchiere di the. Mi sforzo a compiere il suo stesso gesto, nonostante il mio stomaco non ne voglia sapere.

«Stavo pensando a una cosa, ma.... non so se sarai d'accordo» annuncia dopo qualche minuto, tremendamente in imbarazzo e senza guardarmi negli occhi. È seduto sulla poltrona di fianco al divano, dove mi trovo io, e il suo volto insicuro è messo in risalto dalla luce fioca che si propaga dal fuoco che arde nel camino.

Colgo l'occasione per lasciare il bicchiere del the, ormai diventato freddo, sul tavolino davanti a noi. Da quando siamo entrati in casa mi si è chiuso lo stomaco e io non sto facendo altro se non dar da mangiare al mostro che mi sta uccidendo dentro. Mi volto verso di lui, tornando a prestare attenzione alle sue parole e, con un sorriso, lo sprono a continuare. Wesley non sembra tanto sicuro della sua idea, dato che continua a torturarsi le unghie con le dita in modo nervoso. Prende un profondo respiro e socchiude gli occhi.

«Io... penso che nessuno abbia creduto alla nostra messa in scena, Cher. Mentre eri con tuo fratello ho avuto modo di parlarne con tuo padre e anche lui ha espresso lo stesso pensiero...» sussurra a fatica, incontrando per un secondo il mio sguardo.

La scintilla nei suoi occhi vacilla. Davanti a me, è come se si stesse spezzando, un'altra volta. L'ho visto vulnerabile e spogliato dei suoi segreti solamente quando mi ha raccontato la sua vita, della sua famiglia, dei suoi problemi e delle sue paure più profonde, ma... vederlo adesso, qui, tremendamente indifeso e privo di forza mi fa venire i brividi. Dalle sue parole riesco a percepire la speranza affievolirsi sempre di più, come se fosse arrivato alla conclusione che tutto ciò che abbiamo fatto fin'ora e che abbiamo detto, non sia servito assolutamente a nulla. Mi avvicino a lui senza pensarci, senza soffermarmi. Lo guardo negli occhi, negli stessi occhi in cui fino a qualche giorno fa vedevo solo determinazione e decisione di portare avanti e al termine questa storia. Scuoto la testa, inginocchiandomi davanti a lui. Appoggio le mani sulle sue ginocchia per reggermi meglio, mentre lui le appoggia sulle mie, facendomi venire i brividi. È come se stesse cercando la forza necessaria per andare avanti, come se mi stesse pregando di aiutarlo, in qualche modo.

«Non è così, Wesley, non dubitare di quello che abbiamo fatto» sussurro solamente, senza staccarmi da lui. Riesco a percepire la mia stessa indecisione nella voce, ma spero con tutta me stessa che il ragazzo non si sia accorto di come il mio tono vacilla.

Non voglio perdere la speranza. Abbiamo sbagliato, abbiamo fatto delle cose per cui dovremmo marcire all'inferno, cose per cui pentirci tutta la vita. Questo, sì, non me lo perdonerò mai. Non mi perdonerò mai di aver trascinato altre persone in questo circolo di morte, sofferenza e bugie. Non mi perdonerò mai di non essere stata in grado di salvare Jonathan, quella notte. Non mi perdonerò mai di essermi comportata come una bambina, di essermi aggrappata al solo suo ricordo e alla sola e unica speranza di potermi salvare. Non mi perdonerò mai niente, ma dovrò imparare a conviverci, fino a non provare più dolore.

«Cher, non puoi continuare a vivere nel tuo mondo, qui stiamo attraversando una pila di merda e non ci salveremo mai, mettitelo in testa» sibila, contraendo la mascella, in modo nervoso e incazzato, senza però staccare il contatto visivo che ci sta ancora tenendo uniti.

Spalanco debolmente le labbra, colpita dalle sue parole. Io non vivo nel mio mondo, cazzo. Io sono qui esattamente come tutti gli altri, sto attraversando lo stesso identico schifo che sono costretti a vivere loro. Come può accusarmi di essere distaccata dalla realtà quando tutto ciò che sta succedendo è solo per colpa mia? Mi allontano bruscamente da lui, sentendo gli occhi diventare lucidi e pizzicare, provocandomi quasi un leggero dolore. So che le sue parole sono dettate dalla rabbia del momento, ma non mi aspettavo di certo che pensasse in questo modo.

Uno, due, tre passi. In tre passi, Wesley si ritrova esattamente dietro di me. Mi sono bloccata nel centro della stanza non appena le sue mani si sono appoggiate sui miei fianchi. Le mani mi coprono il viso, gli occhi da cui scendono copiose e dolorose lacrime, le nascondo come se mi rendessero debole alla visione degli altri, e io non voglio più questo. Devo imparare a sconfiggere le cose che mi fanno paura completamente da sola, perché nessuno rimarrà per sempre al mio fianco.

«Perdonami, Cher, non volevo dire questo...» mormora alle mie spalle, facendomi sussultare.

Il suo respiro mi solletica dolcemente il corpo mentre parla, facendomi rabbrividire. Non sono più abituata al contatto fisico ma, nonostante questo, percepire la sua presenza così vicino a me riesce a farmi sentire un po' più protetta, un po' più normale. Mi volto di scatto, ritrovando le sue iridi scure pronte a rassicurarmi e a darmi la calma necessaria per non impazzire. Si scontrano, nero contro nero, senza vacillare neanche per un istante. Vorrei dirgli che ho già dimenticato le sue parole, che non mi hanno fatto sentire male, che non mi hanno fatto sentire niente, ma direi una bugia.

«Però lo hai fatto» rispondo soltanto, lasciando cadere le mani sui fianchi, costringendo Wesley a mollare la presa su di essi. Lo guardo per qualche istante in cui la sua sicurezza svanisce. Scuote la testa, passandosi una mano sul viso in modo angosciato e stanco. «Cosa devi dirmi?»

Decido di cambiare completamente discorso, non avendo intenzione di crogiolarmi ancora nella tristezza. So che Wesley pensa quelle cose di me e dovrò farmene una ragione, certo, ma non potrò incolparlo per il resto dei miei giorni, non dopo tutto quello che sta facendo per me. Sbarra gli occhi in modo sorpreso, sorridendo appena. Allunga un braccio per prendermi la mano nella sua, stringendola un po' e tracciando con il pollice dei cerchi immaginari sulla mia pelle. Guardo le nostre mani intrecciate prima di rialzare il viso verso di lui.

«La nostra storia non reggerà mai, Cher, ne sono più che sicuro. Così ho deciso di cambiare strategia, ma... so che non sarai d'accordo, perciò ti dirò solamente questo: non permettere a nessuno di buttarti giù un'altra volta. Sei forte, lo sei anche da sola. Non dubitare mai di te stessa, d'accordo?» annuncia con un sorriso triste sulle labbra, facendomi quasi spaventare.

Scuoto la testa munendomi di un sorriso finto e preoccupato. «Perché questo mi sembra tanto un addio, Wesley? Che... che cosa hai intenzione di fare, si può sapere?» domando impaurita, avvicinandomi a lui di un passo.

Il ragazzo davanti a me non si smuove, non risponde, non guarda altro se non i miei occhi. C'è qualcosa in quelle sue iridi scure che mi costringe a temere il peggio. Che cosa sta a significare tutto questo? La testa comincia a farmi male, e ulteriori altre domande si insinuano dentro di me, facendomi stringere gli occhi dal dolore. Non riesco a capire più niente...

«Perché lo è, Cher» annuncia, sottovoce.

Nell'esatto momento in cui pronuncia queste parole, mi sento svuotare da tutte le emozioni che ho represso per molto tempo. Comincio a piangere, in quel modo che ti fa sentire a pezzi, ti fa sentire male, vuota, inutile. Che cosa vuoi dirmi, Wesley? Stringo la sua mano, tirandolo verso di me, costringendolo a stringere il mio corpo in un abbraccio inaspettato, che forse prima non avrei mai desiderato ma di cui, adesso, sento tremendamente bisogno.

«C – Cosa... cosa stai dicendo? Perché? Dove vai, Wes?» domando a raffica, con il volto nascosto nell'incavo del suo collo, ignorando la voce strozzata dal pianto.

La sua mano mi accarezza la schiena mentre lui rimane ancora un po' in silenzio, ascoltando il suono dei miei singhiozzi. Sospira, affranto. In questo modo capisco che ormai ha preso la sua decisione nonostante io non ne conosca i dettagli.

«Non ti dirò niente» annuncia deciso, allontanando di poco il mio corpo dal suo, premendo le mani sulle mie spalle che si alzano e si abbassano velocemente. Lo guardo negli occhi e non vedo un minimo di ripensamento dentro di essi.

«Tu non...» sussurro, con fatica, ma le parole non escono come vorrei.

La sua mano mi sfiora la guancia, asciugando una lacrima che scorre velocemente giù dai miei occhi. Non posso credere che anche lui mi stia abbandonando, in un modo o nell'altro. Questo sarà forse l'abbandono per cui soffrirò di più, perché sarò consapevole di non averlo più accanto per una sua scelta, non per quella di qualcun altro, com'è accaduto con Jonathan.

Lui mi sta lasciando sola di sua spontanea volontà, ma non posso fargliene una colpa. È diventato tutto fin troppo difficile. Lo osservo mentre scuote la testa con un sorriso triste, mentre ancora mi accarezza dolcemente, come se volesse lasciare un bel ricordo impresso nella mia mente.

«Permettimi di fare una cosa, Cher. Permettimi di fare una cosa prima di uscire completamente dalla tua vita...» sussurra con dolore, con rassegnazione, pregandomi con gli occhi di accontentarlo l'ultima volta.

Annuisco, senza sapere cos'altro fare.

In un attimo, le sue labbra si appoggiano con decisione sulle mie. Rimango immobile mentre le sue braccia mi stringono a lui come se, in realtà, non volesse lasciarmi andare. Si stacca per un attimo, per quel che basta per guardarmi negli occhi un secondo, prima di tornare con bisogno a sfiorare le mie labbra con una quasi dolorosa dolcezza che mi fa chiudere gli occhi. Le mie mani sfiorano i suoi capelli scuri e lunghi, tirandoli leggermente. Si stacca di nuovo da me, ed è come se sentissi il mondo ormai lontano da noi due, come se ci fossimo ritrovati tremendamente soli. Appoggia la fronte sulla mia, riprendendo gradualmente fiato, senza mai staccare gli occhi dai miei. Quegli occhi ora vivi, pieni di speranza, di forza.

«Mi mancherai, ciliegina» sussurra solamente, prima di staccarsi dal mio corpo.

Mi guarda un'ultima volta, immobile e tremante, con la mano appoggiata alla maniglia dorata. Vedo i suoi occhi velarsi di lacrime prima che la porta venga sbattuta dietro di lui, dopo la sua uscita da questa casa, dopo avermi lasciato sola, al freddo, senza avermi lasciato niente.


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