18 - Fratello ritrovato.

Cherry




Finché non entro nella stanza trattengo il respiro. Ho paura di come i miei occhi vedranno mio fratello, sotto che luce potrebbero vederlo. Da quando mi ha confessato di essersi drogato per riuscire a sistemare le cose, il mio malessere non ha fatto altro che salire alle stelle. Ormai è inutile piangersi addosso, ma so anche perfettamente quanto quest'ennesimo episodio di violenza sia stato causato dalla mia incoscienza. Mi sono chiesta più volte come sarebbe andata quella serata se non avessi fumato. Jonathan sarebbe ancora vivo? Oppure sarebbe accaduto in qualunque caso, ma io avrei potuto fare qualcosa per far arrestare il colpevole?

Chiudo la porta alle mie spalle senza fare rumore. Aron ha gli occhi chiusi, il volto girato verso la parete sinistra della sua stanza. Sento le braccia riempirsi di brividi non appena intravedo alcuni ematomi violacei sul suo viso candido, chiaro come il mio. Tutto intorno a noi ha delle tonalità chiare, bianche, grigie. Non c'è un minimo di colore in questa stanza, come non c'è nella nostra vita. Finché non riuscirò a fare qualcosa per coloro che amo, sarà difficile tornare alla normalità.

Mio fratello sembra sentire la presenza di qualcuno in stanza, voltandosi velocemente verso la porta d'ingresso. Mi fiondo accanto a lui non appena sul suo viso spunta una smorfia dolorante, dovuta alla troppa violenza con cui ha spostato il capo per guardarmi. Cerca di sorridermi, ma ogni movimento che fa, anche quello più minimo, sembra portargli una sofferenza insopportabile. Senza che io possa farci niente, i miei occhi diventano lucidi.

«Ehi...» mormora stanco, battendo però più volte la mano in un punto sul materasso. Con un sorriso triste mi siedo al suo fianco, senza guardarlo troppo in viso. «Non ti starai mica sentendo in colpa, ciliegina

Non riesco a trattenere un sorriso. Questo soprannome mi ha sempre perseguitato e non in senso negativo. Solamente le persone più vicine a me lo usano e sapere che anche mio fratello, per quanto sia turbolento il nostro rapporto, voglia dimostrarmelo... mi fa sentire bene. Ma non posso comunque mentirgli, perciò annuisco timidamente, tenendo lo sguardo basso, puntato sulle mie scarpe. Dondolo con le gambe fuori dal lettino, sentendo una smorfia infastidita da parte del ragazzo accanto a me.

«Non devi fare così, Cher. Ho scelto io di affrontare quel bastardo...» annuncia deciso, passandosi una mano sulla tempia dove sorge un piccolo e rosso taglio. Scuoto la testa, pronta a ribattere, ma mio fratello mi fulmina con lo sguardo. «Se poi, da bravo codardo, ha deciso di mandarmi i suoi amichetti, be'... non possiamo farci nulla. Come puoi vedere, però, sono vivo e vegeto» ammicca divertito, fregandosene totalmente di ciò che gli è accaduto.

Non so come faccia. Non so come faccia a far sembrare tutto questo un semplice e insulso malinteso, come faccia a non dargli il peso che merita. Delle persone lo hanno pestato a sangue e a lui non importa un bel niente, mentre ci siamo io, papà, Wesley... tutti estremamente turbati dalla vicenda. Lo guardo, con un sopracciglio alzato. Come ci riesce? Come può avere un sorriso sincero sulle labbra in questo momento?

«Dimmi la verità, per favore» sussurro con fatica ma estremamente decisa a scoprire qualcosa in più.

La sicurezza nel suo sguardo vacilla un po', ma non fa nulla per non farmelo notare. Si esprime con uno sbuffo, colmo di nervosismo e tristezza, coprendosi il viso con le mani. In questo momento, ciò che pensavo di lui fino a un attimo fa scompare velocemente davanti ai miei occhi, come se si stesse spogliando del suo scudo che, finora, lo ha protetto. Aron, il ragazzo determinato e per cui nulla si spaventava, alza gli occhi su di me e le sue iride scure risultano lucide e impaurite, anche se di poco.

«Mi hanno preso in cinque, Cher. In cinque contro uno. Ero da solo, cazzo, come può la gente ridursi a questi livelli?» parla con il tono basso, come se avesse timore di utilizzare una tonalità più alta di voce. «Stavo tornando a casa, mi hanno fatto un imboscata, come se sapessero esattamente a che ora sarei passato in quella via del cazzo... come ho fatto a non accorgermene?» mormora ancora, parlando più a se stesso che a me.

I suoi occhi si immobilizzano in un punto indefinito della stanza, come se stesse pensando a quale dettaglio non ha dato peso per essere caduto nella loro trappola, ma mentre lui è in balia dei suoi pensieri, le mie tempie cominciano a pulsare. Come se sapessero. Questo piccolo dettaglio fa scattare qualcosa nella mia mente. C'è la possibilità che abbiano seguito mio fratello per rendergli lo stesso trattamento che ha riservato al loro amico, nonostante quel bastardo se lo meritasse. Ma potrebbe anche voler dire che hanno avuto modo di osservare anche noi... me, mio padre, Wesley. Tutti coloro che sono entrati o usciti da casa nostra, tutte le nostre mosse. Alzo gli occhi su mio fratello ma, ancora assorto nei suoi pensieri e con lo sguardo tremendamente stanco, non si accorge del mio nervosismo. Forse è meglio così. Mi avvicino a lui, accarezzandogli dolcemente il cespuglio di capelli scuri che si ritrova sulla testa. Le sue iridi scattano velocemente su di me, impaurite, ma si tranquillizza quasi nell'immediato. Mi sorride dolcemente. Il suo braccio va a finire sul suo stomaco, uno dei tanti punti doloranti.

«Mi dispiace se solo adesso mi comporto come un fratello dovrebbe fare, Cherry. Sono un completo idiota» mormora ancora, facendomi scuotere con vigore la testa.

È vero, non abbiamo mai avuto un rapporto forte, indistruttibile, ma a nostro modo ci siamo sempre voluti bene. Come me lo sta dimostrando adesso, me lo ha dimostrato altre volte. Lo guardo per un po', cercando di tornare indietro a quando eravamo più piccoli. Non ha mai provato ad avvicinarsi a me, ha sempre voluto mantenere una certa distanza, ma adesso non posso biasimarlo per il suo comportamento passato. Va bene così. Essere fratelli, a volte, è anche questo... supportarsi nel bisogno, volersi bene in silenzio.

«Wesley è qui?» domanda improvvisamente, spezzando il silenzio che da qualche minuto si era creato. Annuisco semplicemente, guardandolo mentre imita il mio gesto. «Dio, in questo momento non sai cosa darei per fumarmi una sigaretta»

«Ma non puoi» ribatto prontamente, facendogli spuntare un sorriso divertito sulle labbra. Nonostante sia steso su un lettino d'ospedale e ricoperto solamente da una tunica azzurrina, non ha perso il suo spirito libero. Quello, non lo abbandona mai. «Non ti azzardare, Aron» minaccio ancora, alzando un sopracciglio.

Non avrei mai immaginato di potermi preoccupare per lui. Certo, abbiamo in gran parte lo stesso sangue, ma non siamo mai riusciti a portare avanti un rapporto civile, per questo adesso la situazione mi sembra alquanto surreale. Eppure... sono felice. Forse tutto questo casino può portare a qualcosa di buono. Scuoto la testa divertita mentre mi osserva con occhi preganti, pieni di speranza.

«Dai, Cher, per favore! Giuro che in meno di cinque minuti siamo di nuovo qui» annuncia trepidante all'idea di fregarsene, ancora una volta, delle regole. Scuoto la testa con decisione per la seconda volta, più intenzionata che mai a non fargli fare qualche cazzata, ma Aron sembra fin troppo ostinato a voler uscire su quel maledetto terrazzo di cui dispone la sua camera.

Sbuffo pesantemente, pronta a ribattere per l'ennesima volta, ma l'entrata nella stanza da parte di Wesley mi fa ammutolire. Ci guarda a disagio, tenendo una mano dietro alla nuca e sorridendo debolmente. Mi fa tenerezza guardarlo adesso... finalmente riesco a capire da che cosa sono dovuti i suoi occhi tristi, i suoi momenti di assenza momentanea in cui sembra rifugiarsi nei suoi pensieri, il volto sempre stanco. Gli sorrido per cercare di smorzare un po' la tensione che prova. Aron, d'altro canto, esulta felice, sbracciandosi per far avvicinare il ragazzo al lettino. Mi volto di scatto, guardando mio fratello come se fosse diventato improvvisamente un alieno. Non ha mai neanche provato ad avere una conversazione con Wesley e, questo suo comportamento, mi incuriosisce.

Che gli abbiano messo qualche siero della felicità nelle flebo?

Il moro si avvicina lentamente, lanciandomi qualche occhiata di tanto in tanto. Non abbiamo avuto più modo di parlare della sua situazione, ma nella mia testa le sue parole non hanno mai smesso di rimbombare. Sarò di parte, ma Wesley non merita di vivere in questo modo, sempre se si può definire tale. Non ne ho ancora parlato con mio fratello, e questo non mi sembra il momento migliore, ma sono sicura che mi possa aiutare, in qualche modo. Lo osservo finché arriva accanto ad Aron.

«Senti, amico... mia sorella non vuole farmi andare sul terrazzino a fumare una benedetta sigaretta. Non è che potresti accompagnarmi tu?» domanda amichevolmente. Devo sforzarmi per non scoppiare a ridere. Wesley lo guarda con uno sguardo interrogativo, per poi voltarsi verso di me. Scuoto la testa, ancora.

Vedere Aron sorridere è forse la cosa che meno mi sarei aspettata nella vita. È sempre stato schivo e solitario, non ha mai mostrato una minima emozione... eppure, adesso, mi sembra di aver trovato un fratello a tutti gli effetti. Lo stesso che adesso sta pregando Wesley con lo sguardo. Lui borbotta qualcosa a disagio, senza staccare gli occhi da me.

«Penso non sia una grande idea, Aron» annuncia mormorando, scontrandosi con gli occhi scuri di mio fratello che, spalancando le labbra, scuote la testa indignato. Fa per alzarsi ma, come sospettavo, una smorfia di dolore spunta sul suo viso costringendolo a bloccare ogni minimo movimento. Mi avvicino a lui, preoccupata ma anche un po' divertita, tenendolo per un braccio.

Wesley imita il mio gesto, sorreggendo anche lui mio fratello per permettergli di accomodarsi seduto sul letto, con la schiena appoggiata alla testiera in sbarre di ferro. Mormora qualcosa, probabilmente delle imprecazioni contro il suo stato fisico, prima di scoppiare a ridere. Lo seguiamo, non riuscendo a trattenerci. Ma la scena dura poco, fin troppo poco per i miei gusti; il rumore della porta che si spalanca ci costringe a girarci di scatto e, mio malgrado, mi ritrovo a dover reprimere la fiamma rabbiosa che si sta espandendo dentro di me. Incrocio gli occhi chiari del Detective Green che, in risposta, mi concede un ghigno divertito e fin troppo furbo.

«Ragazzi, salve. Per favore, lasciateci soli con Aron» annuncia in modo freddo, glaciale, lasciando entrare altri due Agenti in divisa dalla porta della camera. Sento mio fratello muoversi nervosamente sul letto, confuso quanto noi sulla loro visita inaspettata.

Mi accuccio accanto a lui, guardandolo dritto negli occhi e cercando di trasmettergli un po' di forza. Mi sorride, poco, ma lo fa. Wesley si fionda accanto a me, appoggiandomi una mano sulla spalla. Questa situazione non mi piace per niente. Mentre cerco di rassicurare mio fratello, il ragazzo dietro di me si contrae dal nervoso.

«Non preoccuparti, okay? Per qualsiasi cosa, chiamami» sussurro accanto al suo viso, lasciando poi la presa e rimettendomi in piedi. Guardo il Detective con occhi socchiusi e tremendamente decisi a sfidarlo, nonostante lui se ne freghi altamente di ricambiare le mie occhiate. Continua solo a guardare Wesley, impassibile.

Usciamo dalla stanza dopo poco tempo, sotto lo sguardo degli altri due Agenti. Non appena la porta si richiude alle nostre spalle, mi passo una mano sul viso... quando avrà fine tutto questo?


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