13 - E quindi? Lo arresteranno?
Cherry
Mio padre, dopo essere tornato a casa, ha scoperto cosa Aron aveva fatto e le conseguenze le ho dovute vedere con i miei occhi. Era affranto, non sapeva se urlare, spaccare qualcosa o chiudersi in camera sua per riflettere. Voleva occuparsene da solo, senza mettere in mezzo anche mio fratello, ma il giovane ha deciso per lui e questo suo comportamento lo ha fatto andare fuori di testa. Mi passo una mano sul viso, prendendo un respiro profondo. Sento gli occhi iniziare a bruciare e nonostante i miei numerosi tentativi per bloccare il pianto, so che mi risulterebbe molto più che difficile. Se la situazione sta degenerando è solamente colpa mia. Non mi sono pentita di aver detto la verità a mio padre, ma non volevo neanche che si intromettesse nella vicenda e che rischiasse qualcosa per colpa mia, così come mio fratello e come Wesley. Nonostante tutto, soprattutto i suoi comportamenti, non vorrei mai che Aron si mettesse ancor di più nella merda per colpa mia. Il solo ripensare ai suoi occhi, al sangue secco sulla sua maglietta e al suo corpo invaso da tremolii, mi fa venire da vomitare. Dall'omicidio di Jonathan tutto sta andando a rotoli. Vorrei davvero che tutto questo finisca ma so che finché non troveranno una persona a cui dare la colpa della sua morte saremo rinchiusi in questo circolo di tristezza e dolore. Mi stappo una birra, prendendone qualche sorso. Il suo sapore amaro mi fa socchiudere gli occhi ancora umidi e, totalmente assorta nei miei pensieri, non mi accorgo dell'entrata in cucina di mio fratello.
«Ehi, Cherry...» annuncia sottovoce, appoggiando dolcemente la mano sulla mia spalla. Nonostante la delicatezza del gesto, non posso fare a meno di sobbalzare e ritirarmi dal suo tocco. Mi mette estremamente a disagio passare del tempo sola con lui da quando ha dato di matto in quel modo... non credo davvero di essere in grado di dimenticarlo. Aron sembra rimaner male alla mia reazione ma, nonostante questo, si accomoda sulla sedia accanto alla mia.
Non riesco ad alzare lo sguardo verso di lui, preferisco tenerlo fisso sulla mia lattina di birra. Solo con la coda dell'occhio riesco a vedere i suoi occhi puntati sul mio viso, come se mi stesse studiando. La tensione è palpabile nella stanza, ma probabilmente la sento solo io... per il semplice fatto che da quando è tornato mio fratello, tutto ha cominciato a sgretolarsi. A partire dall'omicidio di Jonathan, ovviamente. Non voglio dubitare di lui, ma non mi spiego come sia potuto accadere appena è arrivato in città. Non ho neanche il coraggio di domandarglielo, avendo troppa paura di una reazione smoderata da parte sua.
«Cherry, so che ti ho spaventata e ti chiedo scusa. Ero fuori di me... non potevo credere che quel bastardo ti avesse drogata» sussurra affranto, passandosi una mano sul viso. Solo al sentir pronunciare di quelle parole riesco ad alzare il viso verso di lui. Non mi aspettavo di trovarlo così nervoso e con lo sguardo triste, ma è proprio ciò che vedo riflesso sul suo volto. «Volevo fargliela pagare, in qualche modo. Io e te non abbiamo mai avuto chissà quale tipo di rapporto, lo so, ma tu sei comunque mia sorella e ho l'obbligo di difenderti... solo che non ce l'avrei mai fatta da lucido. Riesci a capirmi, uhm?» domanda ancora, lasciandomi di stucco.
Annuisco solamente. Non riesco a fidarmi totalmente di lui, ma in cuor mio so che Aron non è una persona cattiva. Ha reagito nel modo che secondo lui risultava corretto, per questo non posso biasimarlo. Continuo ad annuire distrattamente, lasciando andare la presa dalla lattina di birra.
«È solo che...» borbotto titubante, cercando la forza necessaria per potermi sfogare almeno un po'. Mi fa troppo male tenere tutte le emozioni dentro, preferisco farle uscire come un fiume in piena, nonostante io sia consapevole che mio fratello non è la persona più opportuna a cui rivelarle. «È tutto l'insieme che mi sta facendo diventare matta, Aron. Tra il suo omicidio, papà che si metterebbe nei guai pur di salvarmi, così come Wesley e... adesso anche tu ci sei in mezzo. Ti sei dovuto drogare per un errore che ho commesso io. Come posso lasciar perdere?» domando in un sussurro, più a me stessa che a lui.
Mio fratello annuisce semplicemente, senza staccare lo sguardo da me. Sa che, in fondo, ho ragione. Probabilmente dovrei andare dal Detective e farmi arrestare come presunta colpevole dell'omicidio. Nessuno me lo permetterebbe mai, perché sono sicuri della mia innocenza, ma come possono esserlo se neanche ricordo un minimo particolare? Si fidano di me, della ragazza che hanno sempre conosciuto, ma non sanno cosa quella canna abbia acceso nel mio cervello. Non lo so neanche io. Aron sembra estremamente nervoso in questo momento, lo capisco dal modo in cui si tortura il labbro inferiore con i denti. Lo aprono ad aprirsi con me come ho fatto io, con un semplice sguardo. Dopotutto non esiste altro modo per liberarsi dai propri demoni.
«A proposito di Wesley... è il principale sospettato per il suo omicidio» sussurra solamente, e queste poche parole bastano per farmi scivolare del tutto e nuovamente nel buio totale. Sapevamo già che i Detective lo avrebbero tenuto sotto controllo e dei dubbi che riservavano nei suoi riguardi, ma sentirselo dire apertamente ha un effetto devastante su di me. «L'hanno detto questa mattina al telegiornale. Sono più che convinti che sia stato lui... con il movente di essere geloso della vostra relazione» informa ancora, facendomi scoppiare in un pianto isterico.
«C—Cosa...» sussurro. Non ci posso credere. Wesley mi aveva promesso, mi aveva giurato che sarebbe andato tutto bene, che la storia da lui ideata scagionava entrambi. Come ho potuto credergli? Dovevo immaginare che tutto si sarebbe ritorto verso uno dei due... ma non volevo che succedesse a lui. Avrei preferito essere io quella indagata. Mi copro il viso con le mani tremanti. Mio fratello cerca di sostenermi come può, appoggiando nuovamente la mano sulla mia spalla. Questa volta non mi ritraggo... è l'unico che può aiutarmi, in questo momento. Vorrei davvero prendermi il macigno che deve sentire Wesley su di se, in questo momento.
«Per quanto sia estraneo ai fatti, non credo alla loro versione. Wesley non mi sembra in grado di compiere un atto simile» pronuncia dolcemente mio fratello, facendomi timidamente annuire. Non ne sarebbe mai capace, tanto più nei confronti di quello che era il suo migliore amico. «Però avete pensato a una scusa di merda, Cherry. L'ho capito subito quanto fosse fragile il vostro alibi, l'ho letto nei tuoi occhi che la storia della relazione nascosta era una farsa. Non so come possano averci creduto quei coglioni dei Detective, sinceramente...» borbotta indispettito, lasciando la presa dalla mia spalla.
Lo guardo con sospetto. Come fa a sapere che la storia sia inventata? Non può averlo capito dai miei occhi come dice. Sarà anche mio fratello, ma conosce troppo poco di me per poter arrivare a questa conclusione. Il cuore comincia ad accelerare nel petto, talmente forte da farmi quasi male. Lo guardo e lui cerca di sorridermi dolcemente, forse per darmi un po' di forza. «E quindi? Lo arresteranno?» domando in un sussurro, ricevendo solo un sospiro frustrato da parte sua.
In un attimo mi alzo dalla sedia, spaventata a morte da ciò che le mie orecchie hanno dovuto sentire. Indietreggio fino a quando la porta della cucina blocca i miei passi, per poi riprendermi e correre verso l'uscita di casa. Ho bisogno di prendere aria. Infilo velocemente le scarpe da ginnastica, senza dar peso ai richiami insistenti di mio fratello. Non ho intenzione di trascorrere un minuto di più in questa casa. Tutto quello che avevamo ideato ci sta remando contro, non posso assolutamente pensare a Wesley rinchiuso in una cella per colpa mia. Esco di casa, sbattendo la porta alle mie spalle e cominciando a camminare senza una reale destinazione. Vado dove mi porta il vento, insomma. Ho solo bisogno di staccare la spina per un po', che sia mezz'ora, che sia un'ora... non voglio più avere la mente intasata da Jonathan, da Wesley, dalla droga. Vorrei passare qualche istante come l'adolescente che sono. Aspiro con forza dalla sigaretta che ho tirato fuori dal pacchetto poco dopo essere uscita di casa, guardando con stupore il paesaggio che attraverso lentamente. Sembrano passati anni dall'ultima volta che ho percorso questa strada, neanche me la ricordavo così verdeggiante e illuminata. Il sole splende alto e, nonostante sia pieno Autunno, riesce a riscaldare l'atmosfera. Mi ritrovo, poco tempo dopo, in un parcheggio piuttosto grande dove però poche persone hanno deciso di parcheggiare la propria auto. È praticamente deserto, ma poco m'importa. Costeggio qualche macchina per arrivare alla panchina che avevo adocchiato poco prima, sedendomi con un sospiro di sollievo. Sarebbe stata una buona idea uscire fin da subito. Un po' d'aria fresca avrebbe fatto bene alla mia mente ormai malata già dal primo giorno, la quiete che si respira, il flebile vento che soffia...
«Tu sei Cherry Piper, non è vero?» annuncia una voce roca e profonda alle mie spalle, facendomi sobbalzare. Mi giro con curiosità e timore di chi possa ritrovarmi. Un ragazzo alto e biondo mi sta guardando con occhi infuocati, aspettando una mia risposta. Non credo di averlo mai visto. Annuisco in modo lento e serro le labbra nello stesso momento in cui sul suo viso compare un ghigno tutt'altro che amichevole. Mi stringo nella leggera felpa che ho addosso, cominciando a sentire il corpo tremare. «Sei solo una puttana assassina! Dovresti marcire in galera per quello che hai fatto!» urla in modo nervoso e cattivo, facendo velocemente il giro della panchina per fermarsi davanti a me.
I suoi occhi di ghiaccio mi guardano come se non ci fosse nulla di più schifoso al mondo. Rimango sconvolta dalle sue parole, non credendo alle mie orecchie. Che cosa sta dicendo? Perché mi sta dando dell'assassina? Spalanco di poco le labbra, la sigaretta mi cade dalle mani per lo stupore. «Io...» sussurro incerta, ma la sua voce dura e burbera sovrasta sicura la mia.
«Non dire un cazzo di niente. Sei solo una merda. Giuro su Dio che te la farò pagare, Piper. Hai ucciso Jonathan e non hai avuto le palle di confessare... meriti la sua stessa fine, porca puttana!» urla nuovamente, avvicinandosi ancor di più a me. Sbatte con forza la mano sullo schienale della panchina, facendomi rabbrividire. Nessuno mi ha mai detto delle cose simili. Solo questo ragazzo ha avuto le palle di dirmi ciò che pensa, di dirmi che mi ritiene colpevole. Le lacrime cominciano a scendere senza che me ne accorga. Il ragazzo scuote la testa, per nulla intimorito dalla mia tristezza. «Sei solo una gran bugiarda, cazzo. Ti farò marcire in galera, questa è una promessa» annuncia con cattiveria, puntandomi un dito contro.
«Hai finito con questa farsa, Alec?» domanda una seconda voce, sempre maschile e sempre cupa, ma molto più divertita rispetto al ragazzo davanti a me. Sposto di poco lo sguardo alle sue spalle e, nonostante la vista appannata, riesco a riconoscere tranquillamente il viso candido di Joan. Si passa una mano tra i capelli rosso fuoco, lanciando un'occhiata colma di rabbia al ragazzo davanti a me. Alec si sporge per affrontare la persona che ha osato interromperlo, ma le parole gli muoiono in bocca non appena i suoi occhi incrociano quelli del rosso. «Sei sempre stato un coglione, ma devo dire che stai dando il meglio di te, ultimamente» annuncia divertito, compiendo un passo verso di noi.
Rimango impietrita. Joan è l'unica altra persona che conosce i fatti di quella sera. Nonostante questo, sembra totalmente contrario alle parole di Alec, che mi ritiene colpevole. Il biondo si allontana di qualche passo, facendo saettare lo sguardo tra me e il rosso, che pare essere totalmente fermo e deciso sul da farsi. Probabilmente è il suo aspetto estetico a incutere timore. Nonostante si faccia notare dai capelli rosso fuoco, ciò che spaventa di più è sicuramente la sua massa fin troppo massiccia. Decide di andarsene, ritenendola una mossa migliore che far incazzare Joan. Gira i tacchi e corre nella direzione opposta alla nostra, senza però dimenticarsi di lanciarmi un'ulteriore sguardo pieno d'odio.
«Grazie...» sussurro appena, guardando il ragazzo che mi sorride debolmente. Non abbiamo mai avuto un grande rapporto, ma è sempre stato amico di Jonathan e di Wesley, da quel che ricordo. So che è stata una grossa perdita anche per lui, e non posso immaginarmi il dolore che ha provato nel doversi sbarazzare del cadavere di uno dei suoi più cari amici.
«Non c'è di che, ciliegina» annuncia sorridendo, sedendosi insieme a me, tenendo comunque una certa distanza. Sorrido debolmente nel sentire quel nomignolo, ma cerco di non darlo a vedere. Mi asciugo le lacrime che poco prima hanno abbandonato i miei occhi e mi volto per guardarlo di profilo mentre lui tiene lo sguardo ben fisso davanti a se. «Allora, che ne dici se per una giornata provi a liberare la mente? Sono convinto che una bella cioccolata calda possa scacciare via ogni brutto pensiero» domanda con un sorriso dolce, senza comunque guardarmi.
E io annuisco. Sono grata di averlo incontrato. Forse riuscirò a passare una giornata senza crogiolarmi nella tristezza, senza pensare a ciò che è appena accaduto.
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