12 - Mi fa paura.

Cherry


Amnèsia.

È tutto il giorno che continuo a pensarci. Non ho potuto fare altrimenti. Sapere di essere stata drogata era già un enorme peso da riuscire a sostenere, ma conoscere i dettagli di ciò che ho ingerito senza volerlo mi fa venire i brividi. Se qualcosa fosse andato storto, a quest'ora sarei nello stesso posto di Jonathan. Che cosa voleva fare il tipo che ha deciso di drogare me e tutte quelle altre ragazze? Aveva semplicemente intenzione di divertirsi guardando le nostre condizioni, oppure aveva altri programmi? Che cosa lo ha spinto a compiere quel gesto? Non lo saprò mai, questo è certo. Mio padre se ne starà occupando o, se non lo ha già fatto, lo farà a breve. Non ho idea di che cosa gli stia passando per la testa... spero solo non si metta nei guai per colpa mia. So che è mio padre e che farebbe di tutto per me, anche rischiare la sua stessa vita, ma questa situazione è diversa. Non abbiamo la certezza che stia difendendo una persona del tutto innocente. Questo pensiero non mi abbandonerà mai. Non so cosa sia accaduto nella mia mente in quel frangente. Chissà che cosa avrei potuto fare in quelle condizioni...

Senza pensarci due volte, balzo giù dal letto. Corro verso la scrivania e recupero il vecchio computer, usato quando ancora frequentavo la scuola, accendendolo subito dopo. Il caricamento dura qualche minuto buono siccome per almeno due anni è stato fermo, riesce ad essere funzionante solamente per la carica che riceve dall'alimentazione. Mi passo una mano sul viso in modo frustrato, continuando a fissare la rotella biancastra che gira ininterrottamente nel centro dello schermo blu. Il cuore mi batte all'impazzata nel petto e non riesco a controllarlo... ho troppa paura di cercare quella dannata droga. Non sono pronta a leggere gli effetti, le conseguenze, i traumi. Nulla. Tremo come una foglia, ma so di doverlo fare. Se non per me, per Jonathan.

Non appena il portatile si accende, digito la parola nella barra di ricerca, attendendo pazientemente i risultati. Una fitta alle tempie mi colpisce, costringendomi a chiudere gli occhi per qualche istante, ma ciò non basta a calmare la mia sete di conoscenza. Voglio sapere che cosa mi è successo. Doppio click sul primo link, aspetto che si carichi la pagina e inizio a leggere.

"Amnèsia. La nuova droga arrivata in città, una delle più letali tra le conosciute, ha già mietuto innumerevoli vittime. La droga dello stupro, più comunemente chiamata, non ha condotto nessuno alla morte ma coloro che si sono imbattuti in quella sostanza hanno riportato gravissime conseguenze psichiche. Prodotta grazie a della Marijuana di scarsa qualità tagliata con Metadone, Eroina, liquido delle batterie e altre sostanze ancora non verificate, provoca svariati episodi di amnèsia totale (da qui deriva il nome della sostanza), paranoie, crisi isteriche e, nelle peggiori situazioni, paralisi totali o parziali."

Chiudo istintivamente lo schermo. Ricordo qualcosa. Ero un po' ubriaca, ma ricordo perfettamente un ragazzo che mi ha offerto una canna. L'abbiamo fumata nel retro della casa, in modo tranquillo e cordiale. Non mi sembrava si comportasse in modo strano. Mi sembra di ricordare anche l'assurdo dolore alla testa che si è manifestato subito dopo averne fumato la metà, ma non ho dato peso a quel fastidio perché, anche se in modo più leggero, mi è sempre capitato. Succede in quel frangente di secondo in cui la mente comincia a liberarsi da ogni pensiero. Subito prima che un brivido ti percorra la schiena dopo qualche tiro. Mi lego i capelli in una coda disordinata, coprendomi successivamente le labbra con il palmo della mano. È questo che è successo a me? Per una misera canna ho dimenticato tutto quello che è successo? Mi vengono le lacrime agli occhi nel pensare che poteva decisamente andarmi peggio, nonostante ciò che sia accaduto non sia di poco conto. Mi accendo una sigaretta nello stesso istante in cui la porta della mia camera si spalanca, rivelando il volto di mio fratello con un profondo taglio e un occhio leggermente più chiuso dell'altro. Socchiudo le labbra e mi alzo velocemente dal letto, precipitandomi davanti a lui. «Che cosa ti è successo?» domando sconcertata, passando delicatamente le dita sulla pelle liscia del ragazzo.

Aron, stranamente, non si sottrae dal mio tocco. Si lascia accarezzare per qualche istante la pelle prima di sospirare con fatica, compiendo un passo nella stanza. Nonostante siano giorni che non si fa vedere, non riesco a non preoccuparmene. Quando abitava qui, non erano rari episodi del genere e ricordo perfettamente ogni singola volta in cui ho dovuto pulire il suo viso o le sue nocche da dell'ormai sangue secco. Si siede stanco sul mio letto, passandosi una mano tra i capelli. Sembra sconvolto. Solo adesso riesco a notare delle macchie rosse sulla sua maglia... sembra che qualcuno abbia perso parecchio sangue e, anche se non lo direi mai ad alta voce, spero realmente che non sia il suo. Per quanto il nostro rapporto faccia schifo, non potrei mai rimanere indifferente.

«Papà mi ha detto quello che ti ha fatto quel ragazzo, Cherry. Mi ha anche detto ciò che voleva fargli e... non potevo far passare dei guai a lui. Me ne sono occupato io, come puoi vedere» annuncia in modo freddo, alzando teatralmente le mani per permettermi di vedere quello spettacolo. Indietreggio spaventata dai suoi occhi scuri e inespressivi, fino a toccare la porta chiusa della mia camera. Dovrei ringraziarlo per ciò che ha fatto? Forse sì, ma in questo momento non riesco a pronunciare parola. Rimango immobile a guardarlo finché sul suo viso non compare un sorriso sinistro, quasi pauroso, simile a quello che qualche giorno fa mi ha riservato in bagno. Non dimenticherò mai il modo in cui ha reagito.

«Avresti dovuto vederlo, cazzo! Quel coglione piangeva come un bambino. Mi ha implorato di non fargli male... sai io che cosa ho risposto?» annuncia con tono freddo, alzando gli occhi su di me per potermi guardare in viso. Scuoto lentamente la testa, ancora spaventata dal suo modo di fare. Sembra diverso dal solito. Sembra cattivo. Indifferente. Aron si alza, compiendo alcuni passi nella mia direzione in modo goffo e piuttosto dolorante. Si ferma solamente quando a separarci ci sono pochi centimetri, solamente quando posso percepire l'odore angusto di sangue che mi rivolta lo stomaco. «Gli ho detto che mia sorella non si tocca... ho fatto bene, Cherry?» domanda ancora, facendomi venire i brividi.

Riesco a ringraziarlo sottovoce. I suoi occhi brillano quando sente i miei ringraziamenti e, dentro di me, spero che questo piccolo gesto basti a farlo tornare in sé. Qualcosa mi dice che non è normale, che c'è qualcosa che non va. Gli occhi iniettati di sangue ne sono una prova. Decido di aprire la porta, facendomi seguire in bagno da mio fratello che sembra un completo pazzo: ciò che si sente è solamente il rumore dei suoi piedi che strisciano sul pavimento di legno e alcuni strani versi provenienti dalle sue labbra. Rabbrividisco, ma cerco di non pensarci alzando il rubinetto dell'acqua calda che comincia a cadere velocemente nella vasca. «Fai un bagno caldo, okay? Ti riprenderai subito...» borbotto insicura, regalandogli un timido sorriso che ricambia energicamente. Sembra che il suo umore sia cambiato radicalmente rispetto a poco fa.

«Riprendermi da cosa?» ridacchia divertito, levandosi la maglietta bianca per poi buttarla in un angolo del pavimento. Fortunatamente non trovo altre ferite nascoste da quel tessuto e, in qualche modo, mi sento sollevata. Aron compie qualche passo verso di me, fermandosi giusto per levarsi le scarpe. Ha un'espressione strana in viso, indecifrabile. «Mi sono fatto giusto qualche riga, sorellina... ma nonostante questo, mi sento meglio che mai. Non vedi come sono felice?» domanda con curiosità, incrociando le braccia al petto.

Si è fatto... qualche riga? Ha dovuto far uso di cocaina per andare a prendere quello che mi ha drogato? Tutto ciò è estremamente senza senso. Non può averlo fatto davvero e, soprattutto, non per un futile motivo come questo. Lo guardo dritto negli occhi, sentendoli per l'ennesima volta inumidirsi. Come può ridursi in questo modo? Non sembra più lui.

«Ti lascio tranquillo, okay? Vado a preparare qualcosa da mangiare mentre ti dai una ripulita...» borbotto a fatica, compiendo qualche passo veloce per poi spalancare la porta del bagno. Lo guardo un'ultima volta prima di ritrovarmi in corridoio, con le braccia a coprirmi il viso e il respiro affannato. La situazione sta prendendo una piega ancor peggiore di quello che ci aspettavamo. Mio padre che si mette in mezzo, Wesley che mente per colpa mia e che rischia di prendersi la pena di morte per l'omicidio di Jonathan, mio fratello che fa uso di sostanze stupefacenti per sistemare colui che mi ha drogata. Tutto questo non ha senso. Comincio a sentire le tempie pulsare e farmi male nello stesso momento in cui estraggo il telefono dalla tasca posteriore dei pantaloni. Lo sblocco velocemente, percorrendo tutti i contatti della rubrica per poi fermarmi sull'unico con cui sento il bisogno di parlare in questo momento... Wesley. Premo la cornetta verde sul suo numero e non faccio in tempo a sentire un paio di squilli metallici che la sua voce allegra risuona alta.

«Ciao, Cherry!» annuncia dolcemente, emettendo uno strano rumore in sottofondo. Cerco di non pensarci, ma la paura che mio fratello possa uscire dal bagno mi fa venire i brividi, così, senza rispondere al ragazzo in attesa dall'altra parte del telefono, mi incammino velocemente verso la sala percorrendo il corridoio con poche falcate. «Tutto okay?» domanda ancora, probabilmente preoccupato dal mio silenzio tombale.

Arrivo in sala e controllo le scale che ho appena percorso, trovandole fortunatamente vuote. Mi passo una mano tra i capelli, esasperata. «C'è Aron a casa...» sussurro lentamente, non volendomi far sentire dal diretto interessato. Le paranoie mi stanno divorando il cervello, cazzo. Prendo un respiro profondo, continuando a sentire in sottofondo strani rumori metallici provenienti dalla location in cui si trova Wesley. «Mi fa paura...» piagnucolo successivamente, la voce piena di timore e il corpo che trema.

Per qualche istante, il corvino non risponde. Persino i rumori si sono bloccati. Lo sento poi sospirare, potrei giurare di immaginarlo mentre si passa una mano tra i capelli lunghi, preoccupato ed esausto allo stesso tempo. «Dammi dieci minuti, arrivo da te» pronuncia dolcemente, chiudendo subito dopo la chiamata. Mi ritrovo ad essere grata per un'unica è semplice cosa mentre aspetto trepidante il suo arrivo: Wesley è come il sole che spunta dopo una terribile tempesta. Lui è l'unica cosa bella in tutto questo casino.


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