10 - Un altro complice?
Cherry
Rimango impietrita. Sento come se la forza stesse abbandonando gradualmente il mio corpo, come se si stesse svuotando di qualsiasi cosa sia composta la mia anima. Appoggio le mani sulla fronte e i gomiti sul tavolo, lasciando scivolare le lacrime sulle guance, senza batter ciglio. Ormai non serve a niente cercare di frenare le mie emozioni. Sento che è meglio esprimerle e lasciarle andare via, lasciarle scorrere come vogliono, perché in qualsiasi caso prenderanno il sopravvento su di me. Sento ancora la voce del Detective mentre parlotta con mio padre e, poco dopo l'uscita dell'Agente dalla stanza, sono addirittura riuscita a sentire i passi pesanti di mio fratello che saliva verso la camera da letto. Mio padre sembra abbia la voce spezzata, come se qualcosa lo stesse facendo stare male. Mi sento ancora peggio. Pensavo che l'interrogatorio durasse molto di più, ma nonostante siano passati circa quaranta minuti, è stata la situazione più pesante e più critica in cui io mi sia mai trovata. Sapere che indagherà su di noi con tutte le sue forze per scoprire la verità mi fa tremare, perché non so come andrà, cosa scoprirà. Se verrà a sapere che ero drogata quella sera, cosa penserà di me? Finirò nella lista dei principali sospettati? E se scoprirà che tra me e Wesley, in realtà, non c'è mai stato niente? La testa sta per scoppiarmi, eppure non riesco a smettere di pensare. Non voglio finire in galera, non voglio che ci finisca Wesley, ma se le cose non andranno come abbiamo programmato, è una cosa da mettere in conto. Con le mani tremanti estraggo una sigaretta dal pacchetto e me la porto alle labbra, accendendola con un veloce movimento. Nello stesso istante in cui ripongo l'accendino al suo posto, la porta si spalanca rivelando il volto stanco e preoccupato di Wesley che, in qualche secondo, si precipita su di me. Appoggia la sua mano calda sulla mia spalla, stringendola lievemente.
«Come stai?» domanda in un sussurro, rimanendo accanto a me ma ad una debita distanza. Alzo di poco lo sguardo, quanto basta per permettergli di vedere i miei occhi rossi e gonfi, cosicché la risposta venga da sé. Sospira preoccupato, passandosi una mano tra i capelli prima di accucciarsi accanto a me. «Qualsiasi cosa sia successa la possiamo risolvere, Cherry... non devi preoccuparti» annuncia con decisione, regalandomi un piccolo sorriso di consolazione.
Scuoto la testa in preda allo sconforto, coprendomi il viso con le mani. Parli così perché non c'eri, vorrei dirgli. Eppure dalle mie labbra non esce una singola parola. Sembra di vivere in una vita parallela, come se io fossi qui solamente in ruolo di spettatore e non di protagonista. Come se stessi leggendo la vita di qualcun altro in un bel libro, come se stessi guardando ciò che accade a qualcun altro in un film. Prendo un profondo respiro, girandomi verso il ragazzo che sta facendo tutto ciò che è in suo potere per salvarmi il culo. Lo guardo e sento che sta diventando l'appoggio di cui ho bisogno per non farmi divorare dall'oblio.
«Ha... ha detto che indagherà su di noi, Wesley. Non crede alla nostra versione dei fatti ed è sempre più convinto del nostro coinvolgimento...» bisbiglio a fatica, facendo spalancare gli occhi al ragazzo che, in prenda alla sorpresa, si alza con l'affanno per sedersi sulla sedia accanto a lui. Sospira frustrato, passandosi una mano sul viso e socchiudendo gli occhi, come se non ci volesse credere. «La cosa che più mi fa ammattire è che non ricordo niente di quello che è successo quella sera. Io l'ho solo trovato, io... io non ero con lui quando aveva più bisogno di me, questo non me lo perdonerò mai. Se non fossi stata in quelle fottute condizioni, magari avrei potuto fare qualcosa per aiutarlo...» annuncio con tristezza, abbandonandomi alla triste verità. Io potevo salvarlo, ma non ho potuto farlo.
Wesley scuote la testa con vigore, visibilmente contrariato. Mi guarda dritto negli occhi e solo in questo momento riesco a vedere qualcosa che, per tutto il tempo, mi era sfuggito: una strana scintilla si è accesa all'interno delle sue pupille, come se sapesse qualcosa. «Non avresti potuto fare niente comunque, Cherry. Fidati di me. Tu conoscevi il Jonathan che ti ha permesso di conoscere, non quello che nascondeva...» bisbiglia in modo nervoso, distogliendo subito dopo lo sguardo dal mio viso, visibilmente perplesso.
Inarco un sopracciglio, facendo cadere la cenere nel bicchiere di plastica ormai vuoto. Che cosa vuole dire? Che cosa Jonathan mi avrebbe tenuto nascosto? Cerco di capire qualcosa dalla sua espressione, ma Wesley fa di tutto per apparire impassibile ai miei occhi. «Che cosa sai?» domando senza pensarci.
Il moro sospira, alzando le spalle. I suoi occhi non guardano mai verso la mia direzione, rimangono fissi verso il tavolo, o verso il pavimento. È palese la sua intenzione di tenere il segreto che, probabilmente, condivideva con Jonathan. Senza dire nulla, estrae una sigaretta dal pacchetto per poi accenderla velocemente, creando una piccola nube di fumo nella stanza. Sentendo il mio sguardo insistente su di lui, si costringe a girarsi verso di me. «Niente» risponde solamente, tornando subito dopo a guardare il nulla davanti a sé.
Ghigno delusa. «Non ti credo» annuncio con voce rotta, lasciando cadere la sigaretta nel bicchiere prima di alzarmi velocemente, facendo strisciare la sedia sul pavimento. Mi dirigo davanti al lavandino, appoggiando le mani sul cornicione di marmo per prendere un profondo respiro. Sento di stare per impazzire. Non riesco a sostenere tutto questo, non posso farcela. Sento la presenza di Wesley dietro di me dopo qualche istante, le sue mani si appoggiano sui miei fianchi senza preavviso, facendomi sobbalzare. Nonostante l'imbarazzo, sento come se riuscisse a tenermi ancora in piedi.
«Ci sono cose che... è meglio che tu non conosca. Lo faccio solo per te, perché non voglio che la tua idea venga distrutta con solo qualche parola. Voglio che i ricordi che hai di lui rimangano belli e importanti. Cerca di capire la mia scelta, Cherry...» sussurra con dolore nella voce, facendo scivolare le mani dai miei fianchi alla mia pancia, abbracciandomi successivamente con forza. Come se ci stessimo facendo forza a vicenda. Non riesco a trattenere delle lacrime silenziose che scivolano via dai miei occhi ma, nonostante questo e nonostante la voglia di sapere, annuisco debolmente. Rispetto la sua scelta. Non so che cosa mi stia nascondendo e non so quanto questi segreti potrebbero turbarmi, perciò preferisco rimanere all'oscuro ancora per un po'. «Scusami...» bisbiglio sottovoce, le labbra appoggiate alla mia spalla.
Staccandomi delicatamente dal suo abbraccio, mi volto verso di lui, ritrovandomelo davanti con uno sguardo distrutto è affranto. So che questa situazione sta distruggendo anche lui, posso vederlo. Riesco a percepire quanto tenere questo segreto lo stia tormentando. «Io... lo accetto, non ti chiederò nulla, ma non sopporto più i segreti. I segreti, le bugie... voglio potermi fidare di te, Wesley» annuncio con sincerità, ricevendo un annuire forzato da parte sua, mentre tiene gli occhi bassi.
La conversazione si interrompe bruscamente grazie al finto colpo di tosse di mio padre che, senza farsi sentire, entra nella cucina. I miei occhi balzano automaticamente su di lui e, di getto, allontano Wesley da me. So per certo che voglia sapere qualcosa in più, soprattutto vorrà conoscere l'identità del ragazzo che si è fiondato in casa nostra senza preavviso. Prendo un profondo respiro mentre i due uomini nella stanza si scambiano delle occhiate molto diverse: mio padre lo guarda con curiosità ma con il volto serio mentre Wesley, dal canto suo, cerca di sostenere lo sguardo senza abbassare gli occhi verso il pavimento. Si porta le mani nelle tasche posteriori dei jeans, cercando di apparire il più tranquillo possibile. «Signor Piper...» bisbiglia a disagio, facendo inarcare un sopracciglio a mio padre che, velocemente, appoggia il sigaro sul tavolo indirizzando la brace verso l'esterno.
«Tu saresti...?» risponde l'uomo, cingendo le braccia al petto. Sta cercando di apparire il più severo possibile nonostante questo ruolo non gli si addica, ma riesco a comprenderlo. Vuole sapere con chi sta parlando e soprattutto con chi ho a che fare. Wesley, in risposta, si ricompone e si avvicina a lui con passi lenti e sicuri, allungando la mano che mio padre stringe prontamente. «Wesley Thompson, signore» annuncia velocemente, cercando di sorridere l'attimo dopo.
«Oh, giusto» risponde mio padre, tirando la sedia dallo schienale per potersi sedere a capotavola e guardare imperterrito il ragazzo. Si passa una mano tra i capelli scuri, il volto segnato dalla stanchezza e dalla rassegnazione. Sento il cuore rompersi nel mio petto perché mi sento responsabile del suo stato d'animo. «Okay ragazzi, questa mattina avevo un importante riunione di lavoro che ho dovuto cancellare per via di questo... inconveniente. Non vi sto dando la colpa, sia chiaro, ma vorrei semplicemente capirci qualcosa in più...» borbotta in modo disperato, riprendendo di getto il sigaro appoggiato sul tavolo in precedenza per poi accenderlo, tenendo gli occhi socchiusi. Io e Wesley ci guardiamo per qualche secondo finché non abbasso gli occhi, non avendo la forza necessaria per sostenere il suo sguardo. Mio padre bacchetta l'accendino sulla superficie del tavolo, creando un flebile rumore in questo silenzio assordante. L'uomo sospira nervosamente, attirando nuovamente la nostra attenzione. «Voglio solo aiutarvi, ragazzi. Sono convinto che voi non siete coinvolti in questa brutta storia. E, Wesley, penso di aver capito chi sei... Ti ringrazio per aver aiutato mia figlia» annuncia con convinzione e dedizione nei confronti del ragazzo che, in risposta, annuisce.
«Papà, non sappiamo altro oltre quello che ti ho raccontato. Qualcuno deve avermi drogata, non lo so... perché non ricordo niente. Adesso, però, il Detective Green sospetta di noi e prima di andarsene mi ha avvertito che farà più ricerche sul nostro conto perché non ci crede...» annuncio con fatica, facendo spalancare gli occhi a mio padre che, visibilmente sconvolto, alza le mani al cielo per qualche istante.
«Ho capito, ho capito... Che figlio di puttana...» borbotta sotto voce, pensando di non farsi sentire. La sua imprecazione non passa inosservata e Wesley non riesce a trattenere un piccolo sorriso. Adam Piper è un uomo calmo e paziente ma è sempre meglio non farlo incazzare, come tutti i padri. Annuisce in modo convinto prima di alzarsi e andare a passo lento verso il ragazzo, a cui si ferma davanti, guardandolo dritto negli occhi. «Wesley, devo chiederti un favore» annuncia in modo deciso, facendo annuire il ragazzo. So che farebbe qualsiasi cosa. Mio padre sorride, appoggiandogli una mano sulla spalla. «Dobbiamo scoprire qualcosa in più. Vi aiuterò anche io, ma prima, devi trovare il pezzo di merda che ha drogato mia figlia» annuncia con serietà, lanciando un veloce sguardo a entrambi prima di ritirarsi dalla stanza con il sigaro ben saldo tra le dita.
Rimango sconvolta, così come Wesley, in un silenzio quasi pauroso. Mi copro le labbra con la mano e mi maledico in silenzio... non avevo intenzione di far entrare mio padre in questa storia ma, evidentemente, lui ha già deciso cosa fare.
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