•Tetto•
Era mia madre, così lo afferrai e risposi prima che potesse attaccare e chiamare la polizia di Stato per dichiarare la mia scomparsa.
-Pronto?-
-Abigail, dove sei? Stai bene? Stai tornando? Ti veniamo a prendere?-
-Mamma sto bene, sto...Con Kelsey, e non c'è bisogno che mi veniate a prendere.-
-Sicura?-
-Sì.-
Attaccai prima che potesse dire qualcos'altro e rivolsi tutta la mia attenzione ai due. Seppure mi avessero confessato di starsi frequentando c'era qualcosa che non tornava, mi mancava un pezzo.
Il silenzio alleggiava sulla casa ed io ero troppo in imbarazzo per dire qualsiasi cosa.
-Abigail, va tutto bene?- mi domandò avvicinandosi Kelsey, staccandosi quindi dall'abbraccio di Nash. In quel momento mi venne un colpo di genio che mi fece scattare in piedi come una molla, spaventando i due che indietreggiarono di un passo.
-E Trevor?- domandai guardando la mia migliore amica che si bloccò non appena sentì pronunciare il suo nome.
Un velo di lacrime le coprì gli occhi e mi maledì per aver aperto la bocca.
«Perdi sempre un occasione per stare zitta.»
«Hai stufato.»
-Lui...Beh...Lui...Non mi piace.- disse balbettando Kelsey facendo la vaga. In un'altra situazione mi sarei messa a ridere per la cavolata che aveva appena detto, ma in queste circostanze ridere era l'ultima cosa che avrei fatto.
Da una parte ero felice per lei, sapevo che Nash l'avrebbe fatta felice, d'altro lato però mi spaventava il fatto che potesse ferirla.
-Trevor? Chi è Trevor?- domandò curioso Nash, facendo qualche passo avanti per trovarsi di fianco a Kelsey che mi guardò con sguardo supplicante. In quel momento l'unica cosa che avrei voluto fare era andarmene, scappare via da quella situazione.
-Nessuno. Io avrei bisogno...Di un passaggio fino a casa...- dissi cambiando discorso guadagnandomi un'occhiata di gratitudine da parte di Kelsey. Nash spostò lo sguardo da lei a me, e mi sentì completamente congelata. I suoi occhi azzurri mi ghiacciarono il sangue e mi tornarono a galla tutti i ricordi.
-Posso...Potrei portarti io.- si propose il ragazzo, Kelsey annuì, anche se probabilmente non aveva neanche capito la richiesta e dopo essermi scambiata un'occhiata con Nash andò a prendere la giacca e le chiavi della macchina.
Salutai la mia migliore amica e uscì da casa sua. Guardai se ci fossero ancora quei due malviventi, ma subito dopo venni affiancata da Nash che,
con una camminata piuttosto sicura, si diresse verso la sua auto parcheggiata davanti casa. Aprì la portiera con la mano che tremava leggermente ed entrai, dopo qualche secondo anche lui fu dentro il veicolo. Lo azionò e dopo avergli detto la via ed averla scritta sul GPS, il silenziò troneggiò nell'aria.
-Mi dispiace, Abigail.- disse dopo qualche minuto di totale silenzio. Non mi voltai neanche verso di lui, continuando ad osservare la strada dal finestrino. Le sue parole non mi toccavano, mi facevano solamente arrabbiare.
Con quale coraggio, dopo due anni, torna e viene a dirmi che gli dispiace?
-Sono sincero.- continuò convinto. A quel punto mi girai verso di lui, l'istinto era quello di prenderlo a schiaffi, ma non potevo, avrebbe perso il controllo del veicolo e saremmo morti entrambi. Anche se sarei morta con soddisfazione, non potevo. Quindi mi limitai ad osservarlo, mentre pensavo a cosa rispondergli.
-Non mi interessano le tue scuse, portami solamente a casa.- dissi ricomponendomi sul sedile, che era maledettamente scomodo. Il silenzio tornò in quell'auto, fino a quando non si fermò davanti ad una casa, la mia.
Slacciai la cintura ed aprì lo sportello, ma prima di uscire sussurrai un flebile 'Grazie' che non ricevette risposta, anzi, ci fu solamente un piccolo sospiro.
Dopo essere scesa sfrecciò per le vie di Seattle mentre, io, con passo veloce, mi dirigevo verso la porta.
Entrata posai le chiavi nello svuota tasche sopra al tavolinetto posto al centro della sala e mi diressi, facendo attenzione di non causare troppo rumore, verso la mia stanza.
Presi il pigiama e lo indossai, mi struccai e lavai i denti.
Non appena chiusi gli occhi il sonno mi abbandonò, così fui costretta a girarmi nelle coperte per vari minuti, anche un'ora, finché non presi la saggia decisione di alzarmi.
Mi affacciai sul balconcino che avevo davanti alla mia camera. Non c'erano tracce della luna e quella notte fu, infatti, una delle più spente.
La mia follia mi portò a salire sul tetto, giusto per rischiare la vita.
Appena posai il sedere sulle tegole una voce mi fece sobbalzare.
-Cosa ci fa una ragazza, come te, seduta su un tetto alle tre di notte?- mi voltai per vedere a chi appartenesse quella voce, ma il buio non mi permetteva di vedere la sua figura, però dalla voce avevo riconosciuto un timbro maschile e sconosciuto ai miei timpani.
Una sagoma si presentò davanti ai miei occhi, lo osservai essendo leggermente curiosa.
-Non è carino squadrare le persone, sai?-
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HEEY! Questo capitolo è leggermente più lungo degli altri, spero vi piaccia.
Byeee
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