Capitolo 3

La stanza sembra un sogno fatto a metro quadrato. È spaziosa come la camera che avevo a Somerville, ma forse più bella. Le pareti sono di un azzurro cielo, sfumato in alcuni punti. Un grosso armadio bianco laccato attira la mia attenzione: occupa tutta la parete destra, i miei vestiti ci staranno alla perfezione! La parete sinistra è occupata da una luminosa finestra spalancata che mostra la primavera di un parco. Il letto è posizionato nella parete di fronte alla porta e non attendo oltre a buttarmici sopra. È molto ampio e morbido al tatto. In quell'istante mamma entra quasi gridando e dice:
" ti piace la nuova camera?"
"Molto, chi ha scelto questi colori?" rispondo
"Io e Phil pensavamo che fossero perfetti per te"
"Sì, lo sono, grazie" le dico e lei mi ricorda:
"Domani sarà il tuo primo giorno alla Fenway High School, se te la senti di andare, ovviamente, so che per te il trasferimento è stato complicato."
"Si mamma, stai tranquilla, te lo avevo promesso, ci vado alla Fenway domani."
Nella mia testa si affollano milioni di pensieri contrastanti: da una parte mi impaurisce dover andare in una scuola totalmente nuova, dove non conosco nessuno, a metà semestre.Ma dall'altra parte mi piace fare nuove esperienze, o almeno credo, questo è ciò che mi ha insegnato mia madre sin da piccola. Mi diceva che le nuove conoscenze sono istruttive e che non bisogna avere paura dell'ignoto. Sono cresciuta con questo ideale in testa, ma non riesco a metterlo in pratica: mi piace la quotidianità, come quella che avevo a Somerville e mi spaventano le esperienze nuove. Mia madre mi ha iscritto online ed ho scelto con lei i corsi che avrei frequentato tre giorni prima del trasloco. Vado a prendere il foglietto che avevo posato nella borsa, sul quale avevo scritto gli orari del lunedì. La prima ora iniziavo con scienze applicate, la seconda con letteratura inglese la terza con matematica la quarta geografia e le ultime due storia dell'arte e disegno. Cerco sul sito la cartina della scuola, per vedere dove si trova l'aula di scienze applicate onde evitare di arrivare tardi pure il primo giorno. Rovisto tra gli scatoloni del trasloco che mi aveva portato in camera Phil, per trovare i vestiti che mi ero preparata per il primo giorno alla Fenway.  Prendo la camicetta azzurro chiaro, un cardigan bianco latte, i jeans strappati sul ginocchio e i Dr. Martens neri e decido di piastrarmi i capelli la mattina seguente, per non sembrare un orso uscito dal letargo. Posiziono tutto sulla mia nuova sedia, guardo l'orologio e vedo che sono già le 19.30, il tempo passa velocemente a Boston!
"Spero che sia così anche a scuola", ripeto tra me e me. Cerco la cucina nell'appartamento che sembra immenso e una volta trovata chiedo a mia madre cosa stava cucinando.
"Salsicce e piselli" risponde lei. Adoro le salsicce ma i piselli proprio non mi piacciono: da piccola quando me li cucinava li raccoglievo tutti nelle tasche della felpa e poi, alla prima occasione, li buttavo in qualche bidone in strada. Adesso, trovandomi in una città nuova, non posso nemmeno più farlo. Una volta finita la cena, mi butto senza indugi nel letto, non volendo essere troppo stanca per il primo giorno nella nuova scuola. Leggo cinque minuti il mio libro preferito, After, dopodiché mi addormento.
Mi sveglio di soprassalto, guardo l'orologio, sono le 4.30. Provo a riprendere sonno ma non ci riesco e rimango a fissare il soffitto fino al suono delle sveglia, un'ora e mezza più tardi.

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