Capitolo 46: "Vuoi rischiare con me?"



Trascorsero ben 2 settimane dall'aggressione nei riguardi di Adam e, ora che le condizioni di salute erano stazionare, i personaggi coinvolti potevano tornare a respirare anche se la polizia brancolava ancora nel buio. Non c'era nessun indizio che potesse incastrare Josh e, cosa ancora più importante, lo stesso Adam non ricordava nulla di quella notte. Michael continuava a fare la spola fra la redazione di Vogue e l'ospedale, e i giorni successivi al risveglio, furono necessari per il giornalista. Ma ora come ora, era importante capire cosa stesse accadendo nella vita di Andrew, cosa fosse successo dopo che il detective Justin fuggì da New York e tornò in Minnesota, in cerca di pace e di un modo per risolvere la questione. E in un ordinario venerdì pomeriggio, mentre Michael appena uscì dalla redazione si diresse in ospedale dal suo Adam, Andrew fece una corsa forsennata alla stazione centrale di New York per salire sul primo treno diretto in Minnesota, nella città di Duluth, e raggiungere Justin. Fu una decisione presa d'istinto, il ragazzo era deciso ad archiviare tutto, a dedicarsi al lavoro e pensare ad un nuovo amore, ma tutto quello che accadde a Michael, gli regalò una scossa che lo riportò in vita. Andrew capì che doveva combattere per amore, capì che in un modo o nell'altro doveva salvare la sua relazione con Justin e, dato che il detective preferì fuggire e non affrontare i problemi, il giovane giornalista doveva prendere in mano la situazione "O la va o la spacca" pensò mentre furtivamente dalla redazione di Vogue prenotò un biglietto di sola andata per una piccola città sperduta nell'entroterra del Minnesota. Avrebbe approfittato del lungo ponte per affrontare di petto la situazione, se Justin lo amava come aveva sempre professato, entrambi avrebbero trovato un modo per affrontare i problemi da loro stessi creati.

Più di 4 ore sarebbe durato il viaggio, ma Andrew non si fece intimorire, perché in quelle due settimane di silenzio, capì che era impossibile dimenticare Justin, che era impossibile vivere senza di lui, si rese conto che lo amava di un amore intenso, passionale, di un sentimento che trascendeva le sue stesse forze, arrivando a pensare di mentire pur di averlo al suo fianco. Era un sentimento nuovo, inedito, che non aveva mai provato per nessuno, per questo pensò che correre fino in Minnesota era la cosa giusta, il passo necessario da compiere. Per fortuna il treno fece 10 minuti di ritardo, così Andrew riuscì a salire giusto in tempo, posizionare la borsa che aveva con se nella cappelliera e prendere respiro poco prima che il capotreno fece chiudere le porte. Era da solo in quel vagone, tranne per una ragazza dai lunghi capelli biondi che parlava animatamente al cellulare. Attaccò alla presa di corrente il suo fido portatile, si collegò al wi-fi e, subitaneamente si connesse alla rete. Da una parte Andrew era più che tranquillo in merito alla questione Enrik. Il capo della polizia di Harlem, come previsto, per mancanza di prove, aveva chiuso il caso etichettandolo come "omicidio fra bande". A quanto pare il ragazzo sarebbe stato ucciso a causa della criminalità che dilagava nel quartiere di Harlem. Fra qualche giorno Andrew avrebbe potuto anche organizzare il funerale del fratello, ma per ora aveva preferito accantonare quest'incombenza e cercare di risolvere prima i suoi problemi di cuore.

Tirò un sospiro di sollievo anche se aveva appreso la notizia qualche giorno fa, quindi ebbe tutto il tempo di razionalizzare. Era fondamentale invece far capire a Justin che anche lui non correva nessun rischio perché, anche il caso riguardante la scomparsa del sergente Hunters, era a un punto morto. Nessun cadavere fu trovato, quindi la corrente lo avrà spinto chissà dove oppure ci avrà pensato qualche squalo a dilaniare il suo corpo, e soprattutto essendo orfano di entrambi i genitori e essendo figlio unico e oltretutto anche single, nessuno denunciò la sua scomparsa. Andrew indagò bene, scese a fondo nella notizia, un atro giornale riportava che già in passato il sergente aveva lasciato il luogo del lavoro dal giorno alla notte, inviando solo mesi dopo una lettera di linciamento. Questo apriva un precedente, e poi, in centrale, nessun sospetto era caduto nei riguardi di Justin, nessuno aveva collegato le sue "ferie" forzate con quanto accaduto solo poche settimane fa. Durante il tragitto, mentre Andrew continuava a cercare notizie che potessero avvalorare la sua tesi, capì il motivo della fuga di Justin, il panico aveva preso il sopravvento, costringendo il detective a compiere questa scelta folle. Ed anche se Andrew era consapevole dei suoi errori e di aver trascinato un uomo di legge in una sperale di segreti e perdizioni, non si voleva arrendere al fatto di perdere Justin. Il sentimento che provava nei suoi riguardi era così forte che gli aveva regalato la forza necessaria per affrontare tutto questo: ovvero cercare un escamotage. E forse la vita, per una volta, stava girando per il verso giusto. Sì, Andrew aveva ucciso suo fratello, aveva nascosto il cadere e lo stesso Justin aveva ucciso pur di proteggere il segreto di cui era depositario, ma nessuno sospettava di loro, non erano indiziati, quindi perché fuggire?

Il treno rallentò all'improvviso, Andrew non si accorse che era quasi arrivato alla stazione di Duluth, erano le undici di sera e la notte aveva già abbracciato la cittadina. Radunò le sue cose e subitaneamente si diresse verso l'uscita. Tentò di chiamare Justin, ma l'uomo non rispose neanche questa volta. Andrew optò per un messaggio, forse avrebbe ovviato alla situazione. Neanche il tempo di scendere dal treno che il cellulare squillò.

"Cosa ci fai qui?" disse il detective con una voce roca e stanca. Andrew non sapeva cosa dire "Mi vieni a prendere?" intimò Andrew "Non abbiamo niente da dirci." Justin stava per riattaccare. "Sono venuto fino a qui, mi sono fatto 4 ore di treno, sono stanco morto, ho fame e ho gli occhi gonfi. Siamo salvi, Justin. Né io né te rincorriamo nessun pericolo. Sono venuto qui perché mi manchi, perché ti amo e perché voglio chiederti scusa" sospirò "Dove sei?" domandò Justin con una voce strozzata dopo qualche secondo di silenzio. "Sono al bar della stazione" ammise Andrew. "Aspettami lì, arrivo tra dieci minuti"

                                                                                            ***

Mangiò svogliatamente il tramezzino che acquistò al bar della stazione. Nonostante sentiva il bisogno di rifocillarsi, il solo sentire la voce di Justin, aveva mandato il suo stomaco in subbuglio. Si fece forza e sgranocchiò un tramezzino al prosciutto, ma era così secco che fece fatica ad ingoiare anche un solo piccolo pezzo. Acquistò poi un bottiglina di acqua, si sedette su uno sgabello vicino la porta principale e attese l'arrivo di Justin. Quei dieci minuti sembravano un'eternità, Andrew li contò uno per volta, intanto cercò di dare un'occhiata anche al piccolo centro di Duluth, o almeno da quello che si poteva intravedere da un piccolo bar di stazione. Erano passate le 11 di sera e le strade erano già deserte, intravedeva un pub in fondo alla via ma era deserto anche quello, dei lampioni corti e alti illuminavano il marciapiede, ma la luce era così fioca che pareva quasi di essere finito in un film dell'orrore. Duluth era il tipico centro dell'entroterra americano, piccolo, sporco e desolato, Andrew cominciò a capire perchè Justin si rintanò in quel luogo così desolato. Nessuno lo avrebbe trovato, neanche la polizia. Trangugiò un altro pezzo del tramezzino, ma la sua attenzione fu catturata da un'utilitaria che, velocemente, parcheggiò proprio di fronte al bar. Andrew nella penombra riconobbe il viso di Justin, e solo allora riuscì a tirare un sospiro di sollievo. Lo vide avvicinarsi a grandi falcate, con un'aria furtiva, si guardava intorno come un ladro "Il dubbio lo avrà logorato" pensò il ragazzo mentre gettava nella spazzatura quell'orribile tramezzino. In un attimo il detective entrò nel bar e subito incrociò lo sguardo di Andrew che, con le lacrime agli occhi, implorava di essere abbracciato. Prima di proferire parola, Justin dovette domare il suo istinto, la sua rabbia, voleva vomitare tutto l'odio che provava nei riguardi di Andrew, ma di fronte a quel viso dolce e sincero, era impossibile non rimanere basiti. Voleva combattere, voleva resistere, "Sei uno stronzo, mi hai messo in una situazione di merda" pensò, ma invece capitolò quasi subito. Amava quell'adorabile faccia da schiaffi, non poteva fare a meno di lui, tanto da cominciare a credere che poteva esserci un futuro per loro due, che la storia d'amore nata dopo mille bugie, poteva andare oltre, perché era forte come una roccia. Un altro minuto di silenzio, un altro sguardo compassionevole, poi "Perché sei venuto?" domandò Justin "Avevi detto che non potevi lasciare il lavoro, la tua New York" ma subito dopo si pentì di aver parlato in questo modo

"Mi sei mancato immensamente e poi..." Andrew fece un lungo respiro "Ho capito che la vita è troppo breve, che il destino può remarci contro in qualsiasi momento, per questo sono venuto qui, perché voglio fare pace con te, voglio tornare insieme a te..." una lacrima scese sul suo viso "Il fidanzato di un amico è stato accoltellato, ho percepito il suo dolore, ho immaginato che fossi tu e per un attimo il cuore ha smesso di battere. Volevo andare avanti con la mia vita ma non è possibile, perché sei tu la mia vita"

Justin si guardò intorno "Non è il luogo per discutere. Vieni. Andiamo a casa"

Andrew non se lo fece ripetere due volte. Si asciugò la lacrima, prese la sua borsa e si avvinghiò al braccio di Justin per fuggire da quel luogo desolato. Solo quando si rintanò nell'automobile tornò a nuovamente respirare.

                                                                                       ***

Il tragitto fu breve, nessuno dei due osò aprire bocca, entrambi erano chiusi in un silenzio chiarificatore. Andrew finalmente riuscì a tranquillizzarsi e solo in quel momento capì che, fuggire da New York e raggiungere il suo amato Justin, era stata una follia giusta e necessaria, in questo modo si potevano aggiustare le cose, forse, mettere a tacere i dubbi e le incertezze. Sì, nessuno dei due era in pericolo e, in quella sera, Justin doveva capirlo, costi quel che costi. Anche Justin era immerso nei suoi pensieri, ma rispetto ad Andrew, riusciva a mascherare molto bene le sue emozioni. Durante quel breve tragitto si sentì diverso rispetto ai giorni appena trascorsi, il peso che avvertiva sul cuore, si alleggerì considerevolmente come se la sola presenza di Andrew avesse uno strano influsso sulla sua indole. Erano stati giorni bui, pieni di ansie e tribolazioni, erano stati giorni in cui Justin più volte aveva combattuto con se stesso, giorni in cui aveva cercato di mettere da parte le paure e ragionare coscienziosamente. Ma quel peso era troppo grande e, causa forza maggiore, si rintanò da solo fra i suoi pensieri. Poi la scoperta, poi la consapevolezza che neanche Andrew era riuscito a guardare oltre, la consapevolezza che neanche il giovane giornalista aveva smesso di lottare e quindi: perchè non rischiare?

"Resti a dormire da me stanotte" disse ad un tratto Justin mentre stava parcheggiando l'auto in un vialetto poco illuminato. "Grazie" riuscì a dire Andrew con il cuore in gola. "Vieni, non passiamo dalla porta principale, i miei sicuramente si saranno già addormentati" e condusse Andrew verso una piccola dependance situata in fondo allo stesso vialetto dov'era parcheggiata l'automobile. Era una villetta molto graziosa, minuta, con tutti i confort e separata dalla villa padronale. "Poggia la borsa lì, ora ti porto gli asciugamani puliti" disse senza guardare Andrew in viso. "Vieni qui, ti prego" disse ad un tratto afferrando la mano del detective. "Cosa vuoi, Andrew?" domandò Justin con il cuore in gola.

Erano nel tinello, al buio, con una sola luce accesa in fondo al corridoio che illuminava appena i loro volti "Ti amo, Justin. Sono qui per chiederti scusa e ... ti prego torna a New York con me" sospirò Andrew accarezzando il viso ruvido del detective. "Sono successe troppe cose, finiremo in un mare di guai" disse Justin senza divincolarsi dalla presa di Andrew. "Il caso di Enrik è archiviato, la settimana prossima ci sarà il funerale. Su di te non hanno sospetti. Il sergente Hunters ..."

"Sì, ho letto l'articolo" sospirò di nuovo "Ma non significa niente. Io non ti amo" deglutì

"Non dire baggianate. Sento il cuore battere, sento il tuo respiro affannoso. Non mentire con me" disse Andrew cercando la bocca di Justin "Sono io ad essere in errore. Sono io che dovrei fuggire da te, ma non riesco"

"Più e più volte ho ragionato sulla questione, ti ho perdonato, ti ho dato ragione, ti ho sorretto per il gesto che hai commesso, ma... io ho ucciso un uomo" Justin quasi urlò e si divincolò dalla presa "Resto qui, ancora per un po', il tempo di aggiustare le cose" ammise, cadendo senza forze sul divano. Alzò lo sguardo e, in penombra, vide che Andrew stava per spogliarsi. Prima le scarpe, poi la camicia rossa, poi il jeans scuro, fino a che rimase solo con un paio di boxer grigi. Con un far deciso si mise cavalcioni su Justin, senza che il detective oppose resistenza. Andrew lo baciò, avviluppando la sua lingua a quella di Justin, assaporando la sua saliva, vivendo dei respiri dello stesso detective. Con le mani si fece strada sul petto di Justin, tastando il suo fisico tonico, rude, da vero uomo, poi indirizzò la presa verso le parti intime e poi "Non voglio fare l'amore questa notte" disse Andrew nonostante l'eccitazione "Ho bisogno del calore del tuo corpo" ammise

Justin lo guardò fisso negli occhi, inerme, di fronte alla sconsiderata bellezza di un ragazzo che aveva dovuto lottare con tutto sé stesso per raggiungere i suoi scopi "Ti amo anche io, lo sai" ammise "E apprezzo il gesto, ma come pensi di poter vivere felici sapendo quello che abbiamo fatto?" era un dubbio lecito quello di Justin

Andrew baciò di nuovo il suo detective e poi disse "La vita è imprevedibile, è impossibile conoscere cosa ci riserverà il destino, ma possiamo muovere i fili, giostrare gli eventi, e impedire di cadere in errore. Io ho agito d'impulso, ho ucciso perché vessato da troppo tempo dalle angherie di Enrik, tu invece hai ucciso per amore. Siamo persone orribili, abbiamo compiuto atti disdicevoli, ma se siamo qui, ancora liberi, ancora innocenti fino a prova contraria ..." Andrew prese la mano di Justin e la posò sul suo petto "...vuol dire che la vita vuole regalarci un'altra possibilità, un'occasione per poter rimediare al male che abbiamo arrecato. Dovremmo sempre guardarci le spalle, questo è pur vero, ma troveremo il modo di essere felici, troveremo la nostra stabilità, nonostante tutto. Mi sono legato a te, provo un sentimento che non riesco quasi a spiegare. Mi manca il respiro, mi sento debole quando non ci sei, è così che sono stato negli ultimi giorni"

"Mi sentivo allo stesso modo" Justin aveva gli occhi lucidi

"Quindi, per favore, ti prego. Affrontiamo la vita insieme, rischiamo insieme" Il cuore di Andrew batteva all'impazzata, come se anche lui attendesse una risposta da parte di Justin.

"Le ansie e le paure hanno annebbiato la mia mente, non quello che provo per te" si sbottonò i jeans e in pochi attimi fece scivolare anche i boxer di Andrew, facendo sentire al giovane un'erezione che vibrava come una corda di violino "Porterò dentro di me queste paure ancora per un po', ma se le condivido con te, forse riesco a sopravvivere. La felicità è un attimo, sono sprazzi, ed ogni volta che ti vedo, sento di provare quella felicità" e con un gesto penetrò Andrew istantaneamente "Tornerò a New York con te e poi ... quel che sarà sarà. Perché ti amo, perché ti desidero, perché sei l'uomo della mia vita" concluse Justin

Quella notte, su quel divano sgangherato e infeltrito, Andrew e Justin fecero l'amore, lo fecero con pacatezza, con accortezza, assaporando l'uno il corpo dell'altro. La paura  aveva offuscato l'amore, non sarebbe stata un'esistenza facile, i due amanti non sarebbero stati mai felici al 100%, ma volevano rischiare, non volevano che i dubbi e le incertezze prendessero il sopravvento su i sentimenti, dopo tutto la felicità era uno stato mentale.  Andrew e Justin raggiunsero questa forma mentis, e dopo quell'amplesso lungo e appagante e una promessa di amore eterno, per i due amanti sfortunati, niente fu uguale a prima. 

Continua ... 

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