Capitolo 43: Vita e Morte
Tutto accadde troppo in fretta. Michael non si rese conto di essere in ospedale, con il cuore in gola e gli occhi pieni di lacrime, in attesa di un responso, di una qualche notizia che potesse sciogliere il nodo sul destino di Adam. Sì, tutto accadde troppo in fretta, dal telefono che squillò intorno all'una di notte, fino alla corsa forsennata al Mercy Hospital Centre. "Lei è il signor Fisher?" domandò la voce femminile dall'altro capo del telefono "Sono io. Chi è che parla?" disse Michael mezzo addormentato. Durante il tragitto per troppe volte ha rivissuto quel momento "La chiamo dal Mercy Hospital, c'è un paziente che è arrivato in pronto soccorso con una profonda ferita all'addome. Non sapendo chi rintracciare, abbiamo visto che il suo numero è fra le chiamate rapide" Il giovane non aveva ancora connesso il cervello, non riusciva a capire se stava sognando oppure no "Mi può dire cosa sta succedendo?" domandò Michael con un tono di voce visibilmente preoccupato. "C'è Adam Palmer in sala operatoria, il nostro chirurgo lo sta operando in questo momento. È stato trovato esanime fuori il portone della sua abitazione, un passante ha chiamato l'autoambulanza. Lei è un parente?" domandò la voce al telefono.
Ci fu un minuto di silenzio, un attimo che pareva non volesse finire mai, un momento in cui Michael fu colpito lui stesso da un fendente all'addome. Sentì un dolore immenso, fu un colpo deciso, di una potenza mai vista prima, e in quel momento, nonostante tutto riuscì a ragionare con la mente e non con l'istinto "Sono suo cugino" riuscì a confessare "Vengo subito" e non diede modo alla voce di aggiungere altro. In poco meno di 10 minuti, era già in auto con Annie, Michael aveva cercato di tranquillizzare sua madre e, aveva avuto la fermezza di avvertire sia Angy che lo stesso Alex. Non c'era tempo, per entrambi, di pensare al lavoro; Michael ebbe la prontezza di avvertire anche Lucy e company. Voleva cercare di contattare i parenti di Adam, ma non aveva né un numero di telefono né un indirizzo di posta a cui scrivere. Dopo l'incidente d'auto, che anni fa aveva visto morire il fratello gemello, Adam era stato tagliato fuori, non aveva più rapporti con la famiglia e Michael, in tutto questo tempo, non aveva potuto approfondire l'argomento, quindi non poteva rimediare alla situazione.
Il tragitto fu breve, forse anche troppo, Annie corse all'impazzata fra le strade di New York che, a quell'ora di notte, erano desolate. Nessuno dei due parlava, Michael era assorto nei suoi pensieri, nel suo dolore, Annie inconsciamente, pregava e sperava che Adam potesse salvarsi, potesse sopravvivere a questa sventura o, altrimenti, la vita del cugino, la vita di Michael, non sarebbe stata più la stessa. "Chi diamine sarà stato?" esordì Michael poco prima che l'auto di Annie parcheggiò di fronte l'entrata dell'ospedale. "Non è il momento di porti queste domande" disse "Vieni, scendiamo. Andiamo a vedere Adam come sta" concluse Annie.
E la notte fu lunga, anche troppo lunga. Mentre Michael era seduto in sala d'aspetto, fra le luci soffuse di un ospedale di quartiere, sommessamente ripercorreva ogni attimo, ogni dettaglio di tutto quello che accadde nelle ultime ore, per cercare di capire, per scoprire chi avrebbe potuto commettere un gesto di questa entità nei riguardi di Adam. Michael era in pena, aveva il cuore spezzato, lo sentiva chiaramente, eppure voleva farsi forza, voleva fare forza per entrambi, pensava che in questo modo Adam potesse sopravvivere all'intervento, potesse tornare a sorridere.
"Mi scusi se la disturbo" disse una donna dai lunghi capelli biondi "Sono la detective Debbie Mills, mi hanno detto in accettazione che posso parlare con lei" e fece vedere il distintivo. Michael quasi trasalì, i pensieri lo stavano uccidendo
"Certo, sono ... il cugino di Adam"
"So che è il suo compagno, non si preoccupi. Sua cugina mi ha detto tutto. Sono desolata"
"Avete qualche indizio, sospetti?" Michael aveva le lacrime agli occhi
"No, per ora nulla. Il signor Palmer aveva nemici? C'era chi lo minacciava?"
"Non credo, aveva una vita piuttosto ordinaria. Non ha mai parlato di strani comportamenti, lettere minatorie e altro. Lui mi confida qualsiasi cosa" confessò fra le lacrime
"Faremo il possibile, non permetterò che un'azione del genere rimanga impunita" affermò la detective "Se le viene in mente qualcosa..." posò fra le mani di Michael il suo biglietto da visita. Il giovane la ringraziò, in quel momento le forze cominciavano a vacillare. Dovette correre in bagno, rintanarsi da qualche parte, fuori dalla portata di Annie, che lo guardava con uno sguardo preoccupata, fuori dalla portata di Lucy, Mary e David che cercavano di confortare l'amico in un momento di questa entità. Michael voleva stare da solo, o forse no, voleva piangere tutte le lacrime che aveva in corpo, liberarsi di tutto il dolore e il malessere, credeva che in questo modo potesse svegliarsi dall'incubo in cui era caduto, perché questo pensava "Sono in un incubo, in un fottuttissimo incubo" disse mentre era poggiato alla porta del bagno. Pianse a dirotto come non faceva da tempo.
Non sapeva cosa fare, non sapeva come comportarsi, non sapeva se era meglio stare chiuso in quel minuscolo bagno, in attesa di una notizia confortante, oppure se era consono affrontare tutto il dolore e il malessere che saggiamente aveva nascosto. L'unico modo per alleviare i sentimenti che provava in quel momento, era aprire il suo cuore all'unica persona che più lo conosceva meglio. Gli venne in mente di scrivere un messaggio a Josh, gli venne in mente che un suo abbraccio poteva attenuare il malessere che sentiva dentro di sé, poteva essere una cura essenziale. Tutto questo andava contro ogni suo principio, ogni suo volere, ma Josh nonostante i difetti e i modi in cui si è approcciato nei riguardi di Michael, lo conosceva bene, bisognava ammetterlo. Non voleva essere un tradimento, non voleva essere un qualcosa che mettesse da parte il sentimento che provava per Adam, Michael aveva bisogno di vedere un volto amico, che lo capisse meglio di Lucy e co, meglio di Annie, forse anche più di Adam. Era il dolore che parlava eppure sentiva che era la cosa giusta da fare, in quel momento, in quell'attimo
"Non voglio che ti fai strane idee ... " scrisse Michael poco prima di uscire da quel bagno angusto "... ma ho bisogno di vederti. Adam ha subito un'aggressione, sono al Mercy Hospistal Centre, è sotto i ferri e non so se sopravviverà o meno. Dopo tutto quello che è accaduto fra noi, dopo tutto il male che mi hai fatto, sei l'unica persona che mi capisce, che mi conosce fino in fondo. Potresti venire qui anche solo per un saluto?" si pentì quasi subito del gesto che aveva compiuto, Michael già immaginava che questo gesto di avvicinamento avrebbe innescato una reazione a catena dai risvolti improbabili, ma al momento sentiva il bisogno di avere vicino quello stronzo di Josh, senza sé e senza ma. La risposta, neanche a dirlo, non tardò ad arrivare "Non ci speravo più. Dopo quello che è successo l'altro giorno, non immaginavo che ti saresti fatto sentire. Sono ancora in piedi, stavo tornado a casa. Non voglio farmi nessun film in testa, ma sono contento che mi hai scritto. Sarò lì fra dieci minuti" Michael lesse quasi svogliatamente il messaggio, era sicuro che Josh si sarebbe fatto sentire, che avrebbe risposto alla sua richiesta. Non aveva bisogno di parole, aveva bisogno di un semplice conforto e, nonostante tutto, Josh in questo era un maestro.
E nello stesso arco di tempo, mentre Michael scriveva il messaggio a Josh e cercava di rimettersi in sesto, nella sala d'aspetto c'era Annie che camminava avanti e indietro, Lucy sorseggiava svogliatamente un caffè e Mary sonnecchiava sulla spalla di David "Che disagio, io non posso crederci" disse Annie d'un tratto "In che cazzo di mondo viviamo" e si voltò verso l'infermiera di turno nella speranza di ricevere qualche informazione "Povero Adam. Non si meritava tutto questo"
"Nessuno si merita questo trattamento" disse Lucy "Speriamo solo che l'operazione andrà a buon fine e che si possa rimettere presto. Sono affranta in un modo che non so spiegare" ed Annie poggiò una mano sulla spalla di Lucy
"Il fatto è chi può essere stato? Cioè chi vuole del male ad Adam?" Annie parlò così ad alta voce che Mary si svegliò. La domanda cadde quasi nel dimenticatoio, non c'era risposta, solo tanta, tantissima rabbia "Forse qualche ex amante?" disse ad un tratto David, ma anche questa, come la precedente, fu una domanda che cadde al suolo come un tonfo sordo.
Pochi secondo dopo, Annie vide Michael tornare in sala d'aspetto, aveva il viso provato. Stava tamburralando qualcosa al cellulare e, svogliatamente, si accasciò sua poltroncina della sala d'aspetto. Ancora nessuna notizia, ancora nessun segnale, Adam era ancora in sala operatoria e il suo destino era, ancora, appeso ad un filo. Il silenzio fu interrotto dal rumore dell'ascensore, Josh si fece strada nella penombra, con il viso basso e un cappellino che copriva i suoi capelli nero corvino. Michael appena lo vide, gli corse incontro, cadendo a peso morto fra le braccia di un essere viscido, di un ragazzo con le rotelle fuori posto a cui piaceva giocare con la vita delle persone
"Chi è quel ragazzo?" domandò Annie, guardando la scena con un certo disgusto
"E' un certo Josh" echeggiò David
"Quel Josh?" disse Annie
"Si, purtroppo"
Tutti erano basiti, tutti rimasero a guardare Michael piangere a dirotto fra le braccia dell'unica persona che aveva condizionato la sua vita, che aveva fatto soffrire il ragazzo come un cane e che aveva mandato in fumo tutte le sue certezze. Sia Mary, che Lucy ma anche Annie e David, rimasero immobili di fronte a questo gesto, di fronte alla scelta, da parte di Michael, di piangere fra le braccia di Josh
"Nessuno nota che il jeans è sporco di sangue?" domandò David. Ma le ragazze non fecero caso alla giusta affermazione del giovane, che con lo sguardo lungo, fu il primo a notare un particolare di vitale importanza il quale, forse, poteva sciogliere il nodo della matassa.
Continua ...
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