Capitolo 33: Dove ti porta il cuore
Da giorni Andrew non usciva di casa, era circondato da un silenzio assordante, attanagliato da un'ansia febbrile che lo lasciava senza forze. Camminava come uno zombie, aveva il viso stanco, gli occhi infossati e i capelli arruffati, controllava in maniera spasmodica il cellulare in attesa e nella speranza che Justin si facesse vivo, ma da tre giorni il sexy detective di Harlem era letteralmente scomparso come una nuvola di fumo. Nessun accesso su Facebook, nessun accesso su WhatsApp, era come svanito nel nulla.
L'ansia era così forte che Andrew dovette fingere un'influenza fulminante per sfuggire, anche lui, al radar di Vogue e di Alex. Non aveva iniziato nel modo giusto lo stage che poteva cambiargli la vita, ne era consapevole, ma come poteva concentrarsi sul lavoro se il suo destino, il suo segreto ora era nelle mani di Justin? Il detective ora sapeva tutto, sapeva che Andrew ha ucciso Enrik e ha lasciato il suo corpo nel parco comunale di Harlmen "Una rapina finita male" etichettavano i giornali del quartiere "La polizia non ha ancora indizi sul colpevole". Nessuno fino ad ora aveva menzionato una carta di credito rubata, un video girato dalle telecamere di sicurezza di un negozio di New York: Andrew è ancora al sicuro, ancora non figura fra i sospettati, questo vuol dire che Justin non ha rivelato nessun dettaglio.
"Ma allora perché questo silenzio?" Andrew non riusciva a darsi pace "Mi vuole incriminare oppure..." Paventava in lui la convinzione che Justin potesse agire seguendo il cuore e non la ragione, che il sentimento divampate che è esploso fra i due potesse essere l'ingrediente necessario e sufficiente per chiudere la faccenda "Ha detto di voler star con me" pensava Andrew mentre i dubbi e le ansie continuavano ad ingigantire il peso in petto che, da settimane, gli impediva di vivere. Cercava di trovare una ragione in questa follia, cercava di auto convincersi che tutto poteva andare per il verso giusto, ma Andrew aveva commesso un omicidio, aveva ucciso suo fratello, aveva commesso un reato, aveva mentito ad un uomo di legge, come poteva sperare che il detective Justin potesse mentire anche lui, che potesse essere complice del misfatto.
Andrew si accasciò sul divano e guardava quella macchia di sangue che si camuffava fra i colori del cuscino, unica testimone di un delitto efferato e guidato dall'odio e dal rancore. Voleva lottare con i suoi sentimenti, voleva reagire, trovare un modo per risolvere la situazione ma, in quel momento il giovane, non riusciva ad intravedere la luce in fondo la tunnel. Si vedeva da solo, in una cella angusta, con il fantasma del fratello che tornava a perseguitarlo.
Voleva confidarsi con un amico, voleva lasciare la sua confessione ad una persona che, in un certo qual modo, potesse vedere la situazione da un altro punto di vista, ma chi avrebbe dato ragione ad Andrew? chi avrebbe detto "Hai fatto bene, gli omofobi vanno sterminati", chi lo avrebbe difeso a spada tratta? Stava pensando addirittura di scrivere un messaggio a Michael, al suo collega che odiava solo perché era più bravo di lui, solo per uno sfogo personale, solo per depositare il suo segreto nelle mani di un'altra persona e sperare che, il ragazzo dai lunghi capelli castani, potesse capire. Ma accantonò l'idea quasi subito, si rese conto che stava vaneggiando.
Era senza forze, non aveva voglia di mangiare, di bere, il corpo era inerme. Andrew era ancora seduto sul divano quando, all'improvviso, sentì bussare alla porta di casa "Ecco, è la mia ora. Sono venuti a prendermi" pensò. "Chi è?" disse mentre cercava di alzarsi dal divano. Non ebbe nessuna risposta. Il campanello suonò di nuovo. Arrancando e con il cuore nello stomaco, aprì la porta e si trovò di fronte Justin. Anche lui come Andrew aveva il viso stanco, gli occhi infossati, la barba incolta, indossava una camicia celeste che era tutta sgualcita, la cravatte era allentata, il pantalone grigio aveva una macchia di caffè sul ginocchio, anche Justin era al limite delle sue forze.
"Dobbiamo parlare" e guardò Andrew fisso negli occhi. "Mi fai entrare?" disse
"Hai intenzione di arrestarmi?" domandò Andrew senza rispondere alla domanda di Justin.
"Dovrei farlo ..." sospirò "... mi fai entrare, per favore?"
Andrew non oppose resistenza e permise al detective di entrare in casa. "Hai bisogno di qualcosa? Vuoi un caffè?" domandò
"Non sono qui per dei convenevoli. Ti ho detto che dobbiamo parlare" disse Justin
"Ok..." sospirò Andrew e lo fece accomodare al tavolo della cucina. "Non usare mezzi termini. Cosa hai intenzione di fare?"
"Avrei dovuto sbatterti in galera già tre giorni fa, quando sei venuto in commissariato, ma ..." e Justin si passò una mano fra i capelli "Ho fatto qualche ricerca su di te, la tua famiglia ed Enrik" deglutì "Non so come hai fatto a sopravvivere fino ad ora. Dove hai trovato le forze?"
"In che senso?" domandò Andrew spaventato
"Ho chiesto in giro, sono andato sul luogo dove lavorava Enrik e tutti mi hanno detto che era una persona cattiva, arrabbiata con il mondo intero, era una persona che ti accusava di tutto, affermava che era per colpa tua che ora lavorava in quel posto, che non poteva avere un futuro, perché tu eri... e cito testualmente "prese un block notes dalla tasca del pantalone "una checca, un buono a nulla, uno scarto dell'umanità. È così? Ti trattava in questo modo?" Justin era serio, con il viso contrito e cerca una risposta da parte di Andrew.
"Si.. e mi trattava anche peggio" disse mentre una lacrima gli scendeva in viso "Diceva che era per colpa mia che i nostri genitori avevano avuto l'incidente, che io non pensavo al mio futuro, quando ero l'unico che nonostante i problemi economici, ha continuato a studiare; affermava che non mi sarei mai realizzato, che sono uno mostro, un disadattato" e singhiozzò "Perché parlava di me ai suoi colleghi di lavoro?"
"Questo non so dirtelo, mi dispiace" disse Justin con un nodo in gola "Ho voluto fare qualche ricerca per avere un po' di chiarezza, per capire perché hai fatto quello che hai fatto"
"Non voglio andare in prigione, Justin. Ti prego ho commesso un errore però..."
"Non hai commesso un errore. Anche io avrei fatto lo stesso se avessi avuto un fratello come Enrik" disse a bruciapelo
"Cosa?"
"Hai subito vessazioni sia fisiche che morali, eri prigioniero nella tua stessa vita. Sfido chiunque a mantenere i nervi saldi"
"E' uno scherzo. Tu non puoi pensare una cosa del genere. Sei della polizia, tu li devi arrestare i criminali" disse Andrew ormai in lacrime.
Justin prese la mano di Andrew sperando che questo gesto potesse calmare la sua agitazione "Si, dovrei arrestarti, dovrei accusarti di omicidio e occultamento di cadavere, ma il vero mostro è tuo fratello, lui è il cattivo non tu" disse "Se solo ti fossi aperto con me, se solo mi avessi confidato prima il tuo più oscuro segreto ..."
"... Mi avresti aiutato?"
"Si" disse Justin senza pensarci due volte "Ora la situazione è un po' più complessa del previsto, ma c'è ancora una possibilità" affermò
"Stai parlando del video?" Andrew posò la mano su quella di Justin e sentì una scossa dietro la schiena
"Si, ma mi occuperò io di tutto d'ora in poi. Ho io i file originali, dovrò solo andare in archivio e cancellare tutto. E la morte di quello stronzo finirà nel dimenticatoio. Un altro cadavere, un'altra vittima dello scontro fra bande nella realtà di Harlem" concluse
"Perché lo fai? Perché hai deciso di essere mio complice" sospirò Andrew.
"Perchè voglio stare con te, non voglio perderti" affermò il detective.
"Io sono un assassino, non capisci? Ti ho ingannato, ti preso in giro ed ora tu vieni da me e affermi che c'è ancora una speranza?"
"Hai mentito, hai ingannato ma quello che c'è tra di noi è tutto vero, giusto? Dimmi la verità, dimmi che non ho sbagliato a venire qui da te"
Andrew non esitò a rispondere "Si è tutto vero, lo giuro. Sto male, sto soffrendo, ho un peso sul cuore che mi impedisce di respirare e il solo fatto che tu sei qui, che mi tieni la mano ...."
Justin si avvicinò al viso di Andrew e lo baciò "Io ho sbagliato a reagire in quel modo, dovevo capire che se hai agito, se hai ucciso, ci doveva essere un motivo valido. Dovevi venire da me subito, immediatamente ..." e continuò a baciare il ragazzo. "Ti proteggerò io d'ora in poi, se mi perdoni, se perdoni il mio silenzio. Io ho bisogno di te" confessò Justin con un nodo in gola.
Andrew lo guardò negli occhi, erano lucidi, candidi, non traspariva nessun cenno di bugia "Sei la mia ancora di salvezza" disse con un filo di voce e subito si avviluppò alle braccia forti e tornite del detective. Con la lingua gli assaporò il collo, con le mani cominciava a farsi strada fra i bottoni della camicia mentre sentiva chiaramente che il membro di Justin si stava risvegliando con tutto il suo ardore. "Non ho intenzione di fermarmi. È tutto vero quello che mi hai detto? Non sarò più da solo?"
"Risolverò io la situazione, te lo prometto. Questa faccenda sarà un triste ricordo per entrambi" e con la forza delle sue braccia, sollevò di peso Andrew dal divano. Justin continuava a baciarlo insistentemente, la sua lingua assaporava la bocca di Andrew in maniera puntuale e precisa, come se il detective trovasse un qualche tipo di giovamento, come se riuscisse a recuperare le forze che aveva perso negli ultimi tre giorni. "Ti va di farci una doccia insieme?" disse mentre riprese a respirare. Il giovane fece un cenno con la testa e, mentre era ancora fra le braccia di Justin, indicò la strada per quello che sarebbe stato il loro nuovo nido d'amore.
Andrew fece scorrere l'acqua calda ma non smise di farsi toccare e baciare da Justin, il quale sfiorava il suo corpo con un tocco flebile ma vibrante. Il detective fece scivolare al suolo la t-shirt di Andrew, poi lo abbracciò e cominciò a leccare il suo petto. Andrew sbottonò i pantaloni del detective che si abbassarono velocemente facendo esplodere il suo membro eccitato. Justin continuava a leccare il petto di Andrew, la lingua scese fino ai fianchi e in un attimo, il giovane si trovò nudo con le mani di Justin che toccavano il suo fondoschiena. Il detective fece cadere la camicia sul pavimento e poi spinse l'amante all'interno della doccia .
L'acqua calda e i vapori resero la situazione ancora più eccitante, ancora più erotica. I loro corpi erano bagnati come se volessero lavar via tutta la tensione e l'ansia dei giorni precedenti. Nessuno dei due aveva voglia di parlare, Andrew e Justin volevano perdersi l'uno fra l'abbraccio dell'altro, volevano essere complici, volevo provare piacere, volevano solamente sentirsi uniti. I baci continuavano ad essere focosi, Andrew soffocava il piacere affondando le mani sulla schiena muscolosa di Justin, il detective giocava pericolosamente con il fondoschiena di Andrew il quale, così bagnato, era invitantissimo. Andrew si girò di scatto "Prendimi, Justin. Voglio sentire tutto di te"
Immediatamente il membro di Justin si trovò dentro il corpo di Andrew, entrambi mugugnarono di piacere. Justin spingeva audacemente i suoi fianchi provocando un rumore secco con il getto d'acqua che cadeva sul fondoschiena del giovane "Più forte, ti prego" disse Andrew e Justin ubbidì di nuovo. L'amplesso durò il tempo necessario per permettere ad entrambi di provare un piacere immenso e di ritrovare la giusta intimità che, qualche tempo prima, si era già instaurata alla perfezione.
Justin spingeva forte, non pareva preoccuparsi di Andrew che mugugnava di piacere. Le sue mani sfiorarono primo il petto del giovane poi scesero fin già al suo membro che vibrava di piacere. "Non venire, aspettami" disse. Voleva allungare ancora di più il piacere "No,voglio sentire il tuo seme dentro di me. Ne ho bisogno" Justin non poteva dire di no così, con due colpi, venne con forza dentro il corpo di Andrew, svuotandosi completamente. Aveva ancora l'affanno, ma sentiva ancora il bisogno del sapore del giovane ragazzo. Uscì dal suo corpo e, baciandolo, con la bocca scese fra le gambe di Andrew "Non avere pura" e Justin succhiò ardentemente il membro del giovane. Era così eccitato che il ragazzo arrivò dopo pochi secondi, sporcando la doccia e il viso del detective. "Era quello che volevo" disse sorridendo mentre l'acqua calda continuava a bagnare i suoi capelli.
****
E d'un tratto scese la sera, finalmente quella giornata infernale stava per volgere al termine. Andrew e Justin erano stesi sul letto, abbracciati, con gli occhi socchiusi. Il più giovane indossava un accappatoio bianco mentre il detective solo un asciugamano che lasciva scoperto solo il petto tonico e invitante. Aveva il viso perso fra i capelli umidi di Andrew, li odorava, li assaporava, per fotografare questo momento nella sua mente e rendere tutto indelebile "E se ti dicessi che ti amo?" disse ad un tratto. Andrew non si scompose, giocherellava con la rada peluria del corpo di Justin "E se ti dicessi che ti amo anche io?" sorrise dolcemente
"Scusami ancora, non dovevo fare una cosa del genere" ammise e cercò di catturare lo sguardo del detective
"Sono io che non sono stato intelligente e a capire cosa fosse successo. D'ora in poi sarà tutto diverso" e lo baciò fugacemente sulla bocca "Ora penso a tutto io" concluse
"Vuoi fermati a dormire qui stasera?" domandò Andrew timidamente
"Aspettavo che me lo chiedessi" disse Justin mentre, con forza, si gettò di nuovo fra le gambe del giovane.
Continua ...
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