Capitolo 20: Attrazione Impossibile







Nonostante il sole che brillava in cielo la giornata di Andrew fu tetra e buia, di nuovo. Era uscito di casa solo per comprare il latte ed il giornale, poi di nuovo al pc, di nuovo a guardarsi le spalle, di nuovo a guardare la terra smossa ai piedi dell'albero in giardino. Era preoccupato, cominciava a pensare che il suo alibi perfetto stesse per scricchiolare, ma questo non doveva succedere, doveva mantenere i nervi saldi, non poteva permettersi di cedere proprio ora.

Si, era consapevole di non avere i rimorsi, era sicuro che il delitto che ha compiuto era l'unica soluzione necessaria, eppure con il sexy detective Cornell che gli girava intorno e che, per di più, lo ha inviato per un panino, è riuscito a cambiare la situazione in maniera inaspettata. 

"Può essere semplice cortesia, non è detto che ha scoperto il mio segreto" pensava Andrew. Non voleva finire in carcere, non voleva pagare per un eccesso di legittima difesa, non voleva pagare per essersi difeso da anni ed anni di vessazioni, se Justin Cornell lo avrebbe accusato di qualcosa, lui avrebbe negato tutto. Era però difficile rimanere impassibile di fronte al fascino di quel quasi quarantenne con i capelli corti e brizzolati, con quello sguardo provocante ed indagatore e  quel fisico tonico che si intravedeva da quel completo blu.

"Non può essere gay, non può essere attratto da me" pensava Andrew "Sarà solo cortesia, vorrà sapere qualcosa di Enrik, vorrà sapere qualcosa su quello stronzo di mio fratello"

Era in balia dei suoi stessi pensieri. Immobile, in veranda e con il viso perso nel vuoto. Andrew voleva ragionare senza troppi voli pindarci, senza cedere all'ansia. Però non riusciva a pensare razionalmente dato che, la rabbia per il gesto inconsulto che ha dovuto compiere e l'attrazione che aveva per questo detective, stavano per prendere il sopravvento.

"Calma Andrew, calma" ripeteva in continuazione. Decise di esorcizzare i pensieri e l'attesa dell'appuntamento con Justin, con un sandwich. Andrew era molto bravo a prepararli, si ricorda che quando era all'università la sua compagna di stanza ne andava matta. Si diresse in cucina, indossava un pantaloncino rosso ed una maglietta bianca a mezze maniche ed era scalzo. Era un tipo molto focoso, ed adorava sentire sotto i suoi piedi il pavimento freddo. La barba era incolta ma il suo capello, come sempre, era in ordine.

Aprì il frigorifero, ma era semi vuoto. "Cazzo, toccava ad Enrik fare la spesa" disse

Corse nel salottino dove c'era la sua borsa, Andrew prese il portafoglio e notò che aveva 10 dollari. "Sono un assassino e sono pure al verde" ironizzò. Cercò qualche dollaro nella scatola dei biscotti che era in cucina ma non erano comunque insufficienti "Non ho intenzione di prendere i soldi dalla stanza di Enrik, nessun sospetto, non devo far capire che sono disperato"

In fin dei conti non aveva fame anche perché erano appena le 11 di mattina, era un modo per tenere la mente impegnata, doveva e voleva risolvere questa situazione. Come avrebbe pagato le bollette, come avrebbe continuato a vivere? A questo non ci aveva pensato. Enrik era uno stronzo, era un omofobo ma era lui che badava a tutto. Andrew non sapeva se lo avrebbero chiamato a lavorare presso Vogue, non sapeva se avrebbe spiccato il volo nel mondo del giornalismo, ma una cosa è certa, non poteva vivere con 15 dollari. Doveva rimboccarsi le maniche e fare ammenda della sua sconsideratezza.

Eppure si sentiva svuotato, era consapevole di trovarsi una strana situazione ma in mente aveva solo il viso del detective, non riusciva a pensare ad altro. Era un'attrazione impossibile, forse irrealizzabile, ma non sapeva resistere a tutta quella bellezza ed a tutto quel fascino. Voleva che Justin lo scopasse come nessuno aveva mai fatto prima, ora Andrew ne sentiva il bisogno. Era passato troppo tempo da quella sera in cui, al Just Kiss nella Dark Room, un sexy fotografo dal nome sconosciuto, gli aveva regalato un orgasmo infinito che lo aveva lasciato senza forze. Voleva provare la stessa cosa con Justin, e sapeva che non ne sarebbe rimasto deluso, se tutto questo sarebbe mai accaduto. Andrew ha sempre preferito i ragazzi più grandi, li vedeva più esperti e più focosi. I coetanei li vedeva vuoti, spenti e soprattutto nessuno era un attivo dominante, tutti finti tali che a letto facevano cilecca.

Andrew era un tipo che non aveva mai pensato all'amore, anzi ci aveva pensato ma con quella situazione che aveva in casa, non avrebbe mai potuto portare avanti una relazione. Il sesso era una valida alternativa, lo aveva scoperto da poco, dopo che ha visto collezioni infinite di film porno e consumato pile e pile di fazzoletti, ora ne sentiva il bisogno, doveva svuotarsi, doveva provare qualcosa di diverso a quello che provava in quel momento. Il detective sarebbe stata la persona giusta

"Non mi importa se hai ucciso a sangue freddo tuo fratello. Ti voglio ora. Girati" questo pensò Andrew del detective Cornell. Pensò di averlo ora, lì in quel momento nel salotto. Si sarebbe abbasso i pantaloncini, avrebbe trovato una posizione comoda e si sarebbe fatto scopare da Justin. Lo immaginava anche lui senza pantaloni, senza giacca, con la camicia appena sbottonata ed il sudore sulla fronte. Ad Andrew piaceva fare sesso violento, piaceva essere posseduto con veemenza. "Take me Harder" ripeteva ogni volta. Gli era rimasta in mente una vecchia canzone di Diana Ross e ripeteva queste tre parole ogni volta che faceva sesso. Lo eccitava e notava che anche il suo partner si eccitava da morire.

Stava per cedere ad una latente erezione, voleva toccarsi, voleva ... venire. Ma ci ripesò. "Mi terrò caldo per questa sera" disse mentre cadde sul divano. La mente di Andrew ora a questo pensava, voleva fare sesso con il detective Cornell, lo stesso che stava indagando sulla scomparsa del fratello. Non gli importava se era sbagliato, se era giusto oppure no, Andrew lo desiderava più che mai.

Ora si cominciava a delineare il suo folle carattere, quel carattere impulsivo, sconclusionato e labile. Nascondeva molto bene queste sue perversioni, ma quando venivano fuori, Andrew si trasformava. A volte aveva paura di se stesso, ed ha avuto paura tre giorni fa quando ha ucciso Enrik, ci è stato male per un po', poi come preso da un impulso ha dovuto sfogare le sue pazzie su qualcos'altro. Ed ora che era eccitato grazie al pensiero di Justin. Andrew doveva sapere se il detective fosse gay o meno, se avesse ceduto al suo fascino.

Avrebbe indossato la maschera del bravo ragazzo, per poi far conoscere il suo vero io nel momento più opportuno. Non era una cattiva persona, sia chiaro, ma ad Andrew piaceva giocare, stuzzicare le persone, portale allo sfinimento per poi farle cadere ai suoi piedi. Era una tattica che aveva studiato alla perfezione, un modo per sopperire comunque alla sua estrema timidezza ed alla consapevolezza di non essere un adone. Si sarebbe comportato alla stesso modo con il detective Cornell. Lo voleva, costi quel costi.

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Mancava poco più di mezz'ora all'appuntamento con Justin ed Andrew era già pronto ed in ansia, come al solito negli ultimi giorni. Si era vestito casual, indossava un semplice jeans chiaro strappato sulle ginocchia, una camicia a maniche corte azzurra ed un paio di scarpe intonate. Non voleva dare nell'occhio, non voleva far credere al detective che questo panino al Burger King si potesse trasformare in qualcosa di più, anche se Andrew a dir la verità, aveva indossato il suo boxer preferito, quello che gli fasciava alla perfezione sulle natiche, quello delle serate importanti.

L'idea quindi che una semplice cena di cortesia, una semplice cena interrogatorio potesse trasformarsi in qualcosa di più, non abbandonava la sua mente. Aveva paura che tutto potesse andasse a rotoli, che potesse rivelare particolari importanti sulla vita di Enrik che potessero, in un certo qual modo, far cadere il suo alibi. Per questo motivo l'ansia lo stava divorando. Fuggire via da quella casa per qualche ora e non rivolgere uno sguardo ceruleo a quell'albero in giardino, era però la scelta più giusta. Anche se era in anticipo, anche se la zona non era delle più raccomandate, Andrew aveva bisogno di cambiare aria, di non pensare e mantenere i nervi ben saldi. Prese il cellulare che era in carica nel salotto, prese quei pochi dollari che aveva in tasca ed uscì. Sbattè con una tale violenza la porta di casa che quasi tirò un sospiro di sollievo nel lasciarsi tutto alle spalle. Non era facile gestire questa situazione, non aveva valutato tutto i rischi, ma il danno era fatto, ora doveva indossare la sua maschera da fratello desolato e continuare con la sua farsa.

A passo svelto Andrew arrivò in circa dieci minuti al luogo dell'appuntamento. Fece il giro più lungo, non voleva passare per il parco antistante al Burger King, luogo di spaccio e frequentato da gente poco raccomandabile

"Ma con tanti posti in tutta New York dovevamo vederci proprio nel cuore di Harlem?"

Il quartiere che era abitato prettamente da gente di colore, ma a causa delle recessione e degli affitti troppo alti, da qualche tempo cominciava ad ospitare anche uomini d'affare caduti in misera, donne divorziare in cerca di avventure forti e giovani squattrinati con tanti sogni nel cassetto. Andrew era uno di quei giovani, era uno di quei ragazzi che lottava per trovare un posto nel mondo, un posto nel mondo del lavoro e magari poter dare una svolta alla sua vita. Era difficile in quel periodo, eppure nonostante il suo carattere estroso, credeva ancora nei sogni, credeva che un giorno di questi la fortuna avrebbe bussato alla sua porta. Per ora la vita gli ha regalato un grande fardello, un enorme segreto da nascondere. Avrebbe lottato con le unghie e con i denti pur di non andare in galera, pur di dover rifiutare alla sua libertà.

"Senza quell'omofobo di Enrik, tutto è possibile" pensò

Il Burger King era semi deserto al suo arrivo ma, fuori la porta scorrevole, con una sigaretta in mano ed un look da capogiro, c'era il detective Cornell. Non si aspettava di vederlo già lì e questa cosa lo mandò ancora più in ansia. Vestito con un semplicissimo jeans scuro, una maglietta bianca che faceva trasparire un fisico niente male e con un cappello che schiacciava i suoi capelli brizzolati, Andrew cercò di fotografare nella sua mente questo momento, come se fosse l'ultimo della sua intera esistente. Era follemente attratto da quell'uomo, si vedeva che era adulto e non un ragazzino sconsiderato, ma questo non gli impedì di fantasticare su di lui. Non sapeva se era gay oppure no, se in caso avrebbe ceduto al suo fascino oppure se lo avrebbe arrestato per poi gettare la chiave, eppure Andrew non poteva far a meno di desiderarlo, era come colpito da un incantesimo.

Si fece forza e gli corse incontro. "Detective, ha fatto prima di me" disse timidamente

Justin gettò a terra la sigaretta e disse "Oh, Andrew! Come stai?" e strinse vigorosamente la mano di Andrew.

"Diciamo bene, e lei?"

"Chiamami Justin, non mi far sentire un vecchio" sorrise

"Ok, Justin" disse Andrew quasi senza respiro

"Vogliamo entrare?"

Andrew fece un cenno con la testa

Ordinarono lo stesso panino e lo gustarono, con annesse patatine fritte, in un tavolo all'angolo fronte strada.

"Ti ringrazio dell'invito, Justin. È stato un gesto molto carino" disse Andrew per smorzare un po' i toni.

"Abito qui vicino e non conosco bene la zona"

"Ti sei trasferito da poco?"

"Si ero di servizio a Dallas, in Texas. Lì vivevo con il mio... compagno. Lui mi ha lasciato per un tipo più giovane ed io ho deciso di cambiare aria" disse

Andrew trasalì "Mi dispiace io non ... "

"Non immaginassi che fossi gay?"

"No in verità no"

"Beh io sono un tipo schietto e sincero. Ho 39 anni e non ho voglia più di nascondermi"

Andrew stava ricedendo tutte le informazioni che desiderava e questa cosa lo stava mandando in extasy

"Hai ricevuto notizie da tuo fratello?"

"No, sono rimasto tutto il giorno a casa ma nessuna chiamata" mentì

"E' scomparso come una nuvola di fumo, senza lasciar traccia. Nessun movimento sul suo conto bancario, nessun avvistamento nelle stazioni, dopo aver finito il turno è svanito"

"Cosa cazzo starà combinando" disse Andrew "Ops, scusami per il linguaggio ma sto entrando in ansia"

"Nessuna scusante, hai ragione. Per questo ti ho fatto uscire. Volevo farti divagare un po'. Sei da solo, non hai parenti e non hai lavoro. Posso immaginare come ti senti"

"Si mi sento uno schifo" mentì di nuovo

"Tempo fa a Dallas avevo un caso simile, un caso che pareva una matassa inespugnabile"disse Justin

"E cosa è accaduto?" tremò Andrew

"Dopo due mesi di indagini, questa ragazza che aveva lasciato suo fratello in uno stato di totale abbandono, è tornata a casa come se nulla fosse. Mi disse che aveva bisogno di evadere. Questo per fari capire che non dobbiamo per forza al male"

"Non credi che possa centrare qualche banda qui ad Harlem?" Andrew cercò di sviare il discorso

"Non credo. Tuo fratello era una persona di basso profilo, non  era in contatto con la gente del posto"

"Era vero" pensò Andrew

"Lo vuoi un gelato?"

"Ehm, si grazie"

"Ne prendo due allora" disse Justin con un sorriso smagliante

Andrew era basito da tutto quello che stava accadendo. Indirettamente Justin si stava aprendo nei suoi confronti, rivelando un animo tormentato, triste e solitario. Prima la rottura con il ragazzo, poi quel caso che lo ha attanagliato a Dallas, ora il trasferimento qui a New York. Non deve essere facile per una persona adulta mettere un punto alla propria vita e scrivere un nuovo capitolo.

"Ecco qui. Spero che ti piaccia la vaniglia con le gocce di cioccolata" disse

"A chi non piace la cioccolata" sorrise Andrew "Ma quanto ti devo?"

"Non domandarlo neanche per scherzo. Sono io che ti ho invitato a cena. Se cena la possiamo chiamare"

"Sei stato molto gentile e premuroso, grazie" disse Andrew mentre assaporava il gelato. Per un attimo il suo sguardo si incrociò con quello di Justin e notò un filo di tristezza misto a paura ed irrequietezza. Voleva dire qualcosa, ma aveva paura, timore e questa situazione lo eccitava molto

"E dunque hai un  fidanzato?" domandò Justin

"Cosa?"

"Scusa, credevo che giocassi anche tu nella mia squadra" disse deluso Justin

"No, nel senso non ho un fidanzato. Le ragazze mi sono un po' indigeste" ammiccò

"Allora il mio radar non si è usurato"

"Direi che sei alquanto lungimirante"

"Non è che si nota, sia chiaro. Però..."

"Essendo più grande di me hai affinato il tuo occhio. Lo so. È un clichè ma sono d'accordo con il tuo pensiero"

"E come mai non hai un ragazzo. Sembri una persona così... bella" e Justin sfiorò la mano di Andrew. La situazione stava diventando compromettente

"Beh con lo studio e la ricerca del lavoro non ho mai tempo per l'amore o forse l'amore non ha tempo per me" disse cercando di non rivelare il vero motivo "Ho avuto solo qualche storia fugace, ma poi, sai, siamo io ed Enrik in casa e ci sono sempre molte cose da fare"

"Sei un tipo molto responsabile. Se hai evitato l'amore vuol dire che ci tieni molto a tuo fratello"

"Si, forse anche troppo" mentì Andrew

"E' una dote che apprezzo molto nelle persone" e guardò di nuovo Andrew negli occhi. "Ti accompagno a casa?"

"Non devi, abito qui vicino"

"Si è fatto buio e poi la zona del parco è poco raccomandabile"

"Sono uscito con un vero lord inglese"

"Puoi dirlo forte" sorrise Justin.

Camminarono per strada a passo lento mentre una leggera brezza attraversava i loro corpi caldi e vogliosi. "E dunque allora cosa farai domani?"

"Aspetterò una chiamata dalla redazione di Vogue America"

"Ma fantastico" disse Justin

"Non esultare. Sto aspettando la risposta per uno stage in redazione di tre mesi, retribuito, che potrebbe aprirmi la strada in questo mondo di ladri"

"Lo so, stare senza lavoro è uno strazio"

"A dir poco uno strazio. Ora ne ho più bisogno. Se Enrik non torna presto finirò sotto i ponti". disse Andrew impaurito

"In centrale cercano un archivista part time. Sai uno che mette in ordine i fascicoli. La paga è buona e ti permetterebbe di cercare altro nel tuo settore. Se non ricevi la chiamata, puoi sempre chiamare me"

"Ancora non ci credo quello che stai facendo per me" disse Andrew

"Non sto facendo nulla di strano. Mi dispiace per quello che stai passando e, da uomo di legge, devo pensare non solo a risolvere il caso ma anche a salvaguardare la vittima"

"Il caso di Dallas ti è proprio entrato dentro?"

"Non sai quanto. Tu me lo ricordi molto per questo voglio tentare l'impossibile per alleviare il tuo dolore" concluse Justin "O forse semplicemente non sei abituato alle attenzioni di un uomo"

"Ehm io sono arrivato" disse Andrew furtivamente "Vuoi entrare per un caffè?"

"Non dovrei farlo" disse Justin "Sto giocando con il fuoco"

"Quale fuoco. È un semplice caffè" sorrise Andrew

"Sono un poliziotto e non dovrei uscire con il fratello della vittima. Sono un cretino" e fece per voltarsi

"Aspetta cosa vuoi dire, Justin? " Andrew lo afferrò per il braccio

"Significa che mi piaci, che il mio cuore ha ripreso a battere fin da quando sono entrato la prima volta in casa tua. Ma sto sbagliando tutto. Questa cosa non deve andare oltre"

Andrew rimase pietrificato. Non solo il sexy detective gli aveva regalato delle attenzioni disinteressate, facendo dimenticare il demone che si portava dentro, ma ora gli aveva fatto una dichiarazione incondizionata, una dichiarazione che ha finito per far cadere le ultime certezze che aveva  sugli uomini. "Allora esiste un uomo che è capace di essere virile ma al tempo stesso dolce e romantico. Io credevo che tutti fossero come Enrik, ovvero iracondi e menefreghisti" pensò

"Sorpassa quella linea, Justin. Io non ho paura"

"Se si scopre mi potranno sospendere dalle indagini e tu potresti passare dei guai" sospirava Justin

"Siamo o no due adulti consensienti?"

"Io sono più grande di te, cosa posso mai offrirti"

"Stasera mi hai offerto gentilezza, una merce che non conoscevo"

Justin immediatamente baciò Andrew. Fu un bacio forte che faceva quasi male. Con un gesto Justin spinse Andrew dentro casa e continuò a baciarlo. La lingua esplorava la bocca di Andrew in maniera capillare, le mani di Justin scesero sul fondoschiena del giovane ed entrambi mugugnarono di piacere.

"E' tutto sbagliato ma è anche dannatamente eccitante" disse Justin mentre fece cadere al suolo la sua maglietta. Aveva un fisico perfetto, una leggera peluria in petto ed Andrew subito ne approfittò per toccarlo. Fu spinto sul divano, su quel divano incriminato, dove c'era quella dannata macchia di sangue. Andrew era nel panico ma era anche eccitato. Mentre Justin gli sbottonava i pantaloni e gli leccava il collo, Andrew stordito dai baci, notò che Justin era di spalle alla veranda, di spalle alla tomba di Enrik. Tutto era apposto, tutto era in ordine ed il solo fatto che stava per scopare con un uomo sexy e voglioso nella stessa casa in cui ha vissuto con suo fratello fino a poco tempo fa, lo faceva mandare in extasy

"Fanculo, Enrik. Diverti e guarda cosa sto facendo" sorrise eccitato. In pochi secondi Andrew si trovò in boxer con le mani di Justin su tutto il suo corpo. Prima di morire soffocato dai baci del detective disse "Andiamo in camera mia"

Justin si tolse le scarpe si fece scivolare i pantaloni e seguì Andrew in stanza. Lo trovò in penombra, nudo, pronto ad ospitare Justin fra le sue gambe.

I mugugni si fecero più intensi, Justin giocò più volte con il fondoschieda di Andrew che si era bagnato come non mai. Andrew aveva tra le mani il membro perfetto di Justin, così dritto, così voglioso. Voleva fare un lavoro di bocca ma in quel momento voleva sentire Justin dentro di lui, voleva sentire la sua essenza. Si girò di scatto e Justin posò il suo petto sulla schiena di Andrew. Gli baciò le spalle, la schiena e scese fin giù alle natiche. I sospiri erano incontrollati.

Con una mossa inaspettata Justin penetro con forza Andrew. Il ragazzo non oppose resistenza, toccò il fondoschiena di Justin come ad incitarlo a continuare. E così fu. Andrew sentiva Justin dentro di se e questa cosa gli piaceva da morire e notava che anche Justin piaceva esplorare il suo corpo. Pochi minuti dopo Andrew sentiva che stava per raggiungere l'orgasmo ma non voleva smettere, voleva sentire il seme di Justin dentro di lui, così comandò alla sua mentre di aspettare finchè non avrebbe deciso diversamente.

Pochi colpi e Justin arrivò dentro Andrew prepotentemente con un urlo strozzato di piacere, e pochi secondi dopo anche Andrew si lasciò andare, inondando la sua mano e la coperta del suo seme. Fu un amplesso perfetto.

Rimasero stesi ancora per un po', Justin era ancora dentro Andrew quando domandò "Posso fare una doccia?" e gli baciò la schiena

"Certo, utilizza pure la mia asciugamano"

Con il rumore della doccia che proveniva dal bagno, Andrew riuscì a prendere respiro, capire cosa era successo nell'ultima mezz'ora. Si, aveva fatto sesso con Justin, un detective, lo stesso che indagava sulla scomparsa di Enrik. Ma Enrik era morto, ucciso a coltellate, in un impeto di rabbia, ed era sepolto in giardino. Andrew si sentiva un po' in colpa perché aveva giocato con i sentimenti di Justin ma, ora come ora, non gli dispiaceva conoscere più a fondo quest'uomo dai mille talenti. Questa serata, il rapporto sessuale che hanno consumato poco fa li ha legati indistintamente, adesso era una passeggiata per Andrew nascondere tutti i suoi segreti. Poteva dirigere lui il gioco, poteva plasmare la mente del detective ed assicurarsi l'immunità. Quello che in realtà Andrew non ha calcolato è l'insinuarsi del sentimento amoroso. Anche i giochi più improbabili posso diventare qualcosa di più.

Continua..

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