Capitolo 14:Com'eri,ora sei
La porta secondaria del Luna Rossa, uno dei locali più rinomati di Genova si aprì con un cigolio sinistro. Ne uscirono un ragazzo dai capelli oro e gli occhi amaranto abbracciato a una ragazzina dai capelli castano chiaro, che rideva civettuola ai suoi sguardi ammiccanti.
Beth, nascosta nell'ombra, li osservò con disgusto crescente.
Così Carlo dopo la sua morte non aveva tardato e faticato a trovare un'altra come suo rimpiazzo.
Indispettita fece un passo avanti. La luce l'illuminò, ma nessuna ombra era apparve ai suoi piedi.
Fu in quel momento che Carlo la notò, sbiancando visibilmente di colpo non appena i suoi occhi amaranto focalizzarono il profilo minuto ed evanescente di Beth di fronte a lui.
La sua compagna, invece, squadrò da capo a piedi la nuova arrivata con fare critico.
«E tu chi diavolo sei?»le domandò con una punta l'arroganza nella voce.
«La fidanzata di Carlo sgualdrina»le rispose gelidamente Beth piantando i suoi occhi azzurri su quelli marroni di lei.
«Carlo, ma non avevi detto che era morta?».
Quando notò l'espressione del ragazzo indietreggiò terrorizzata.
«M-ma al-lo-ra t-tu s-ei un fant-fant-asma?»boccheggiò a fatica colta dal panico.
Beth le si avvicinò lentamente, con un sorriso beffardo sul viso.«Bu».
La ragazza cacciò un urlo, ed corse via terrorizzata.
Beth sorrise soddisfatta, e solo allora si girò verso Carlo, che nel frattempo aveva ripreso il controllo di sé, con espressione mista sarcasmo e disgusto, come se avesse avuto a che fare con un insetto schifoso e fastidioso.«Ma dove l'hai trovata quella? Al club delle svampite?»
Carlo ignorò volutamente la domanda.«Cosa ci fai qui?»domandò invece.
Beth rimase spiazzata dalla freddezza nella voce del suo ragazzo, la stessa di uno che aveva ritrovato la libertà che con il suo ritorno aveva visto scemare via. Non certo l'accoglienza che si era aspettata.«Carlo. Io…sono tornata dall'oltretomba. Non sai cos'ho dovuto sopportare in quel luogo. E ora che finalmente sono riuscita a tornare mi accogli così, come se fossi un'estranea o peggio, come se non fossi nulla per te?».
Carlo le scoccò uno sguardo spietato. «Come hai fatto a tornare? Non è così facile…»
«Ho trovato un portale»minimizzò lei con fare evasivo.«Lo so che può sembrarti assurda tutta questa faccenda. Sono venuta qui per rivederti almeno un'ultima volta Carlo. Mi sei mancato tantissimo».
«Te neanche un poco. Saresti dovuta rimanere dov'eri».
Per Beth fu come ricevere una pugnalata allo stomaco.
«Stai scherzando vero?»
«Assolutamente no»le rispose Carlo gelidamente.
Ma Beth non demorse. «Prima di dire tutto questo, hai almeno la più pallida idea di quello che ho dovuto passare per rivederti almeno una volta?»
Carlo non le rispose, girandosi dall'altra parte, dandole di spalle.«Poco importa. Tanto è stata completamente inutile questa tua gitarella fuori programma. Cosa dirà il tuo Capo quando non ti troverà? Ah, ma che stupido. Non dovrai aspettare molto per scoprirlo».
Beth rimase scioccata, e se avesse avuto ancora un granello di vita in corpo sarebbe anche impallidita.«Carlo…come sai dei Capi…»
Solo allora il ragazzo si decise a guardarla negli occhi. Beth indietreggiò terrorizzata. Le iridi del suo fidanzato brillavano fulgide di un rosso sangue , la bocca era piegata in un sorriso demoniaco.
«Carlo…non capisco…»
«Davvero ragazzina non hai la più pallida idea di con chi hai a che fare? Vuoi sapere la verità Beth? Non ti ho mai amata. Il mio compito era impossessarmi della tua anima e accrescere così il potere del Mio Signore, contribuendo all'indebolimento del Paradiso»le confessò con sguardo luciferino senza indugi.
Beth rimase sconcertata da questa rivelazione.
«Carlo…non puoi dire sul serio…»
«Dimenticati Carlo. Carlo non è mai esistito. Il mio vero nome è Belial,Originario Capo del Settimo Cerchio dell'Inferno, e colui che avresti dovuto servire per l'eternità. Peccato però che con te il gioco sia durato così poco».
Beth abbassò lo sguardo impietrita dalle terribile parole che Belial aveva appena pronunciato. Poco a poco la mente del Demone che l'aveva soggiogata fino a quel momento allentò finalmente la sua presa. Quando alla fine trovò il coraggio di rialzare gli occhi, brillavano minacciosi e furiosi.
«E così ti sei presa gioco di me. Mi hai fatto credere di valere qualcosa per te. E invece non era altro che un trucco, un'illusione. Mi hai persuaso e plasmato a tuo piacimento con i tuoi subdoli poteri. Mi hai fatto vivere nella menzogna per tutto questo tempo». Ripensò a sua madre, sua nonna. E Leopold. Oh, Leopold. Per colpa di quel maledetto aveva fatto soffrire chi più amava. Il suo tono inizialmente basso, si alzò sempre di più, fino a trasformarsi quasi in urla.«Mi hai indotta a vendere la mia anima all'Inferno maledetto!»
Belial sogghignò divertito da questo improvviso sfogo di Beth, come se lo trovasse esilarante come una barzelletta.«Hai imparato a rispondere per le rime a quanto vedo tesoro, ti preferivo quando eri alla mia mercé. Ma a quanto pare dovrò accontentarmi solo di assaggiare il tuo sangue».
La fissò beffardamente.«E dire che avrei fatto di te la mia concubina preferita»aggiunse in tono quasi dispiaciuto.
«Du bist ein Arschloch!*»gli urlò contro Beth furente.
Belial si limitò a sorridere per nulla intimorito e colpito dal suo insulto. Un sorriso da vincitore.«Ora basta. I giochi sono durati anche troppo. È ora di chiudere per sempre la faccenda».
Aprì le braccia, e alle sue spalle apparvero un paio d'immense ali piumate nere come la notte. Le sbatté, e quelle produssero un lieve fruscio.
Beth indietreggiò impaurita, il volto rigato di lacrime di rabbia e terrore. Di fronte a sé si ergeva una creatura dedita al male più puro, un servo fedele al Signore dell'Inferno. Cosa poteva fare lei, una semplice umana, contro un'autentica macchina di morte?
Sul volto di Belial apparve una smorfia di disappunto. «Ancora non capisco come tu possa ancora agire anche adesso che ho fermato il tempo. Ma poco importa». La fissò con occhi di brace, sorridendo di fronte alla ragazza che stava tremando di paura e rabbia. «Tesoro, sto per impossessarmi pienamente della tua anima, e nessuno riuscirà a salvarti».
Con uno scatto quasi felino le si gettò contro, ma Beth per un soffio riuscì a sottrarsi alla sua presa togliendosi dalla sua traiettoria.
Belial non demorse, e fulmineo l'afferrò per la gola e la spinse con un gesto secco e feroce contro il muro. Pur essendo un'anima, Beth avvertì in tutto il corpo un dolore lancinante, sostituito poi solo da un leggero formicolio là dove aveva picchiato contro la superficie dura.
«Tesoro, un ultimo desiderio prima di finire nella Fossa, nell'oblio eterno?»le domandò beffardamente Belial tirando da fuori la tasca un cutter dalla lama d'ossidiana, che rimirò con occhio critico alla luce lunare.
«È finita ormai. Credimi, farò in modo che sia rapido e indolore. Te lo devo, dopo tutti i momenti di profondo piacere che mi hai fatto trascorrere»annunciò avvicinando la lama al collo sottile della ragazza, che cominciò ad avere il respiro affannato.
Beth ingoiò una frecciatina velenosa di risposta, anche perché le parole di Belial arrivarono ovattate alla sua mente. C'era un'altra voce dentro di sé, melliflua e suadente, che non sembrava appartenerle, ma che sembrava capire fino in fondo ciò che stava provando in quel momento.
"Lo vorresti uccidere vero? Stringere le tue mani al suo collo. Strappargli il cuore"le sussurrò caldamente la voce maschile.
Beth sentì le sue labbra incresparsi in un sorriso sinistro, e la mano chiudersi a pugno.
"Vedere il suo sangue scendere copiosamente a terra. O meglio ancora,assaggiarlo".
Furono quelle parole appena sussurrate, che parevano arrivare dalle profondità della sua mente a risvegliare dentro di sé un mostro mai del tutto assopito e pronto a emergere. Una parte oscura che mai avrebbe immaginato di possedere e che le diede la forza di agire.
Con uno scatto torse il braccio a Belial, che non sembrava aspettarsi una mossa simile da lei. Inutilmente la colpì alle braccia con il cutter, aprendo sottili graffi da cui cominciò a fuoriuscire sangue. Ma Beth non se ne curò. Tra la voce che l'aveva incantata, e la nuova parte di sé che cercava in tutti i modi di prendere il sopravvento, non se ne curò. Con la coda dell'occhio si accorse di un pugnale adagiato in un fodero di pelle nera attaccato alla cintura, bellissimo con l'elsa vermiglia. Fulminea lo brandì.
Belial la fissò con occhi di fiamma.
«Credi sul serio di farmi paura Bettina? Non hai il coraggio di affondare la lama, ammettilo. Sei una creatura debole. Lo sei sempre stata, altrimenti non ti saresti lasciata influenzare così tanto da me».
Beth furiosa puntellò con la lama d'ossidiana il petto ansante di Belial.«Non mi provocare. Se davvero credi di conoscermi, sai perfettamente che in realtà ne sarei in grado».
Negli occhi di Belial passò un barlume di paura, che velocissima scomparve per lasciare il posto a un'espressione di scerno.
«Una lama non può cambiare la natura di chi la brandisce. A meno che non si ricorra a poteri superiori».
Le rivolse un sorriso carico di sottintesi, prima di mormorare in una lingua che alle sue orecchie somigliava al latino.
«Smettila»lo intimò Beth penetrando ancora di un centimetro la lama.
Belial non demorse, neanche sotto la sua minaccia, e continuò a ripetere imperterrito la lenta litania, caratterizzata da quell'unica frase in latino. Un'ombra passò sul cuore di Beth al sentire quelle parole. E dal latino, il Demone, passò poi all'italiano, ma le sussurrò così piano, che la ragazza poté solo captare alcune parole: " Mio Signore…Accogli la preghiera…servo. Accogli questa sorella a lungo dispersa…di tenebra".
Quando finì, Belial le regalò un sorriso. Un sorriso da vincitore.
«Tu sei pazzo»mormorò Beth, impaurita da quelle parole che le risuonavano nella mente come una minaccia.
«Niente affatto. Ho portato a termine il mio compito. Ti ho fatta piombare nelle tenebre più nere, da cui nessuno potrà salvarti».
Beth sentì la gola seccarsi. Il desiderio di ucciderlo si faceva sempre più forte.«Non mi interessano i tuoi deliri!»gli urlò contro alzando il pugnale, come ultimo atto finale. «Muori»sibilò poi con odio.
E colpi Belial all'altezza del cuore l'altra mano poggiata sul petto. Dalla bocca del Demone non uscì neppure un lamento di dolore, neanche quando il suo corpo si disfece tra le mani di Beth tramutandosi in cenere.
Beth si riscosse solo allora, lanciando uno sguardo inorridita alle ceneri sparse a terra, e poi alle sue mani sporche di sangue suo rosso brillante e quello nero di Belial, non riuscendosi ancora a capacitare di ciò che aveva appena fatto. Era per caso impazzita?
Non riuscì a pensare ad altro, che un dolore lancinante le mozzò il fiato. Partì dai tagli che Belial le aveva inflitto per poi espandersi in tutto il corpo, per poi concentrarsi nel petto.
Si sentì attraversare da un'intensa energia, paragonabile a una scossa elettrica di frequenza senza dubbio mortale per qualsiasi umano.
Quando il dolore lasciò la presa dalle sue membra, cadde a terra in ginocchio sfinita.
Fu allora che due enormi ali piumate nere le esplosero dalla schiena, per poi in tutta la loro ampiezza con un lieve fruscio.
Riprese fiato, e a fatica si trascinò debolmente verso una pozzanghera lì vicino.
Quando scorse la sua immagine deforme eppure abbastanza visibile sulla superficie acquosa, scosse la testa in preda allo shock e alla sorpresa.
I suoi occhi azzurri come il cielo erano diventati rosso sangue. Dai piccoli tagli che Belial le aveva inflitto durante il suo iniziale tentativo, inutile, di liberarsi, scendevano rivoli neri.
La testa le mandò improvvisamente una fitta che la lasciò per un attimo disorientata. Rabbia, odio, rancore invasero la sua mente spazzando via come sabbia al vento se stessa e tutto ciò che aveva provato fino a quel momento.
E Beth si ritrovò nella sua mente, nel suo inconscio più profondo, sospesa nel nulla.
"Finalmente sono libera"mormorò una voce, diversa da quella di prima che l'aveva indotta a uccidere Belial, ma in qualche modo famigliare.
"Chi sei?"domandò sorpresa Beth nella sua mente.
Di fronte a lei, prese forma una figura. Beth si portò la mano davanti alla bocca per soffocare un grido.
Di fronte a lei c'era se stessa. Era lei, eppure in qualche modo era leggermente diversa. Era animata da una sorta di spavalderia che non aveva nulla a che vedere con la timidezza e insicurezza che caratterizzava la sua vita da sempre. E poi gli occhi. Occhi che brillavano d'un rosso fulgido, così come i suoi che aveva intravisto sulla superficie increspata della pozzanghera.
La sua nemesi le sorrise."Chi sono io, mi chiedi? Sono la tua parte oscura. La tua anima nera. La vera Elisabeth"affermò con orgoglio.
Beth provò a scappare, riprendere il controllo di sé per far sparire quella nuova Elisabeth, che la fissava con un ghigno sadico, ma si accorse con orrore di non essere più padrona del suo corpo. Forse se pensava intensamente di farla sparire, la sua nemesi sarebbe scomparsa e tutto sarebbe tornato come prima. Ci provò con tutte le sue forze, ma si accorse con orrore di non poter controllare neanche più la sua mente.
"É inutile che ti agiti Betty cara" l'apostrofò malignamente l'altra. "Il tuo corpo non ti appartiene piú. Il sangue di Belial e il Rito che ha portato a compimento su di te, mi ha dato la forza di emergere dalle tenebre in cui sono rimasta confinata fino a questo momento. E ora finalmente sono libera".
"Di quale rito stai parlando?"domandò confusa Beth.
Il suo alterego sorrise malignamente. "Il rito che ti farà piombare nelle tenebre più nere, da cui non potrai mai redimerti, trasformantoti….trasformandoci in una creatura invincibile".
Beth si ritrovò a corto di parole, sempre più confusa.
"Ma…"provò a dire, quando il suo alter la zittì.
"Capirai presto Bettina. E ora non distrarmi".
Il suo doppio fece rialzare il loro corpo in piedi tranquilla sinuosa come un gatto, come se avesse avuto tutto il tempo del mondo. Fece sparire le ali ed uscì dal vicolo fermandosi dopo pochi secondi come attirata da qualcosa.
Con uno scatto quasi serpentino voltò la testa verso il lato opposto della strada, come un cacciatore che fiuta la sua preda.
Difatti c'era un ragazzo dall'altra parte, che stava cercando di mantenere l'equilibrio dopo, sicuramente, un ubriacata colossale. Questi, come spinto da una forza superiore, si voltò nella sua direzione.
Era Leopold, suo cugino, che la fissò con espressione di puro stupore. Attraversò la strada per andarle incontro, e si fermò a pochi centimetri da lei.
«Beth…sei proprio tu?»mormorò il ragazzo quasi non credendo alle sue parole e a ciò che stava vedendo.
Si postò la testa fra le mani frastornato.«Accidenti, mi sono ubriacato troppo...Ho le allucinazioni. Non é possibile». Riportò lo sguardo sulla ragazza, stupito.
«Cos'é, uno scherzo? Be', se é così non é affatto divertente» continuò sulla difensiva.
L'alter ego di Beth gli sorrise in modo quasi compassionevole, e fece in modo di far sentire all'altra Beth i canini allungarsi nella loro bocca, come quelli dei vampiri, che brillarono alla luce lunare.
«Si Leo, sono io. Non sei contento di rivedermi?»
Leopold scosse la testa indietreggiando, bianco come un cencio.«Tu sei morta mesi fa…non puoi essere tu».
«E invece si. Non mi riconosci?»gli domandò la ragazza con aria innocente.
"Scappa Leo! Mettiti in salvo!"avrebbe voluto urlargli Beth, ma il corpo non le ubbidiva. La presa del suo alter ego era ferrea.
"Sono io che comando adesso" le soffio contro. Beth si arrese, e osservò , con il cuore colmo d'angoscia il cugino. Quando percepì i pensieri della sua nemesi, abbassò il capo sconfitta e in preda all'angoscia.
Leopold allungò una mano tremante accarezzandole la guancia.
«Sei fredda»mormorò Leo, come se quella fosse stata la cosa più anormale. Era stato proprio lui a trovare il corpo della cugina senza vita nel cimitero di Staglieno. Non riusciva ancora a capacitarsi che la cugina fosse viva e vegeta di fronte a lui, certo piú magra e trasandata e con indosso gli stessi abiti con cui l'aveva trovata priva di vita.
Preso dall'emozione del momento, fece tacere il suo istinto che lo avvertiva un pericolo imminente. Una frivolezza che gli costò cara.
La nemesi gli si avvicinò di più.«È una serata frizzantina, non trovi?»
«I tuoi occhi»sussurrò improvvisamente, ignorando ciò che aveva detto.«Sono diversi» . Quando alla fine vide un sorriso spietato farsi strada sul viso delicato della cugina, cominciò ad indietreggiare impaurito. Non abbastanza in fretta.
«E non solo questo è cambiato Leopold».
Con lentezza misurata, l'alter si fermò a pochi centimetri da un Leopold paralizzato dalla paura. E con estrema calma allungò la mano verso il mazzo di chiavi attaccato con un grosso moschettone grigio ai jeans. Le rimirò una a una, fino a fermarsi su ciò che le serviva:il piccolo cutterino che il cugino portava sempre con sé. Non appena lo vide, il ragazzo cominciò a tremare, intuendo vagamente le intenzioni della cugina.
«Beth…non farlo…»mormorò in preda all'angoscia.
L'alter di Beth gli sorrise, liberando l'anellino del cutter dal moschettone, e liberandone la lama.
Una forza arcana e oscura si fece largo nella mente di Leopold, avvolgendola e plasmandola secondo il suo volere. Gli fece alzare le mani, rivolgendo i polsi verso Beth.
L'alter lo fissò con falsa compassione. «Mi spiace doverlo fare Leo, ma conosci il detto: i deboli soccombono sempre ai forti».
Non lasciò il tempo al cugino di ribattere, che con due semplici mosse lo colpì ai polsi. Subito fiotti di sangue cominciarono a uscire, macchiando la giacca di jeans e i pantaloni di Leo, che gemette di dolore.
«Beth…perché…»
L'alter sorrise.«Perché no?»
Leo non demorse e riprese fiato. «Ero la tua famiglia…ti volevo…bene»boccheggiò a fatica, quasi senza più fiato.
«Non più Leo».
Gli si avvicinò e si fermò a un soffio dal suo viso.«La mia casa da adesso sarà l'Inferno».
Passò un dito su uno dei polsi, e se lo portò alle labbra. Con la lingua lo leccò con piacere, e sorrise soddisfatta.
«Addio Leopold». E con uno scatto repentino gli tagliò la gola.
E solo quando l'anima di Leo lasciò il suo corpo per finire nell'Inferno ed essere privato dell'Essenza, e che quest'ultimo cadde a terra, l'alter di Beth esplose in una risata selvaggia. Si sentiva libera, come non era mai stata, sempre nascosta dietro la parte debole di sé, quella timida e troppo buona per farsi avanti e affrontare le persone.
Mai prima d'allora si era sentita così forte.
«E questo non è che l'inizio, mia cara Elisabeth»disse una voce alle sue spalle. Si voltò, riconoscendo la voce, quella stessa voce che l'aveva convinta a uccidere senza pietà Belial. Davanti a lei si ergeva una proiezione diafana e incorporea di Lucifero, che non poteva lasciare fisicamente l'Inferno.
«O forse dovrei dire Lilith»aggiunse il Signore degli Inferi con un sorriso sadico, battezzando l'arrivo del nuovo Demone, proprio quando il sole cominciò a far capolino all'orizzonte segnando l'alba di un nuovo giorno. Nel caso di Lilith di una nuova vita, per Beth invece l'inizio della prigionia.
"Di addio al mondo Betty cara, perché sarà l'ultima volta che vedrai la luce del sole" le mormorò malignamente Lilith.
Beth assistette all'intera scena, intuendo con orrore cosa sarebbe accaduto di lì a poco. Infatti le ombre l'avvolsero, facendola piombare nel buio.
Un buio che perdurò per circa vent'anni...
Lilith si svegliò sul divano nel suo appartamento. La testa martellava ancora e i ricordi erano confusi.
Non ricordava per niente di come fosse arrivata fin lì.
Era stata male per mancanza di sangue. Poi? Che altro?
Cercò di concentrarsi quanto più poteva, pur avendo la testa che ancora le pulsava dolorosamente.
Il suo vero nome sussurrato da una voce e un sangue dal sentore piacevolissimo giù per la gola. Poi nulla fino a quel momento. Doveva essere svenuta.
Quasi si stupì di aver ricordato quel giorno in cui la sua vita era cambiata completamente. Erano quasi vent'anni che non accadeva. Era come se diventando uno degli Originari avesse dimenticato la sua vita passata. Non i volti e i nomi delle persone conosciute, ma ogni sentimento provato diverso dalla follia, rabbia, odio.
Invece adesso ricordava perfettamente tutto.
Era tornata. La vera Elisabeth era riemersa finalmente alla luce da quell'oblio di rabbia e odio definitivamente. Certo, era riuscita a eludere la sua nemesi il giorno prima ma solo per poco. Invece in quel momento era davvero lei, di nuovo padrona del suo corpo e parte della sua mente. Ancora sentiva l'eco della voce del suo lato oscuro, ma non così forte e potente come prima.
Le parve quasi un miracolo.
Cos'aveva fatto di strano per far avvenire questo cambiamento così repentino nella sua esistenza?
Sarà stato forse il sangue che aveva bevuto? Certo che aveva uno strano sapore.
E ripensando al sangue le venne in mente il viso del suo salvatore. Gabriele. Era stato lui. E le aveva fatto bere il SUO sangue.
Lilith non capiva. Perché l'aveva fatto quando il giorno prima aveva tentato di ucciderlo?
Certo, sapeva che la colpa di tutto era del suo alter ego, ma questo quell'Angelo non lo sapeva.
Cosa l'aveva spinto a salvarle la vita?
Urgeva un chiarimento a quello che era successo. Quando si sarebbe messa in sesto la prima cosa che avrebbe fatto, sarebbe stato incontrarlo. Solo lui era a conoscenza della risposta alla sua domanda.
L'eco dei passi fuori dalla porta la destò. Non ebbe il tempo di pensare ad altro. Qualcuno aveva inserito le chiavi nella toppa. E sapeva perfettamente di chi si trattava. La rabbia cominciò a infiammarle ogni cellula del suo corpo.
Rapida come un gatto si avvicinò alla porta. Nel vano comparve la figura di Jake sorridente.
Quel bastardo l'avrebbe pagata cara questa sua insolenza.
Scattò rapidissima afferrandolo per il collo e sbattendolo contro il muro.
Sul suo viso lesse una nota di stupore.
«Voi Mia Signora…non siete…»boccheggiò in cerca d'aria.
«…morta»finì per lui Lilith stringendo la presa. «Sfortunatamente per te sono ancora viva. E pronta a infliggerti la punizione che meriti»continuò con sguardo carico d'odio.
*traduzione dal tedesco:sei uno stronzo!
Angolino dell'autrice:
Ciaooo a tutti :D
Inanzitutto buon fine e inizio anno :3
Il capitolo vi è piaciuto?
Vi dirò,questo è uno dei miei preferiti XD, e ho scelto il giorno del mio compleanno(oggi 31/12) per pubblicarlo ^^
Ringrazio tutti coloro che seguono la storia XD
Baciii
FreDrachen
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