Capitolo 17 🔴
"E come un'amante
mi prende e scappiamo
Si appannano i vetri,
non dice 'ti amo'
Noi due in un parcheggio,
tu sopra di me
Il cuore è una macchina,
mi porta da te"
Amante, Astol
Daniel
Uno strano calore luminoso mi accarezza fiebilmente il viso e muovo le palpebre chiuse. Sposto la testa di lato, ma un improvviso dolore al collo mi fa grugnire dal fastidio. Riprovo a dormire, ma continuo a sentire questa luce sulla pelle.
Sapevo che quelle tende non erano abbastanza coprenti per oscurare la stanza. Avverto un leggero spostamento affianco a me e in quel preciso momento la mia mente inizia a formulare i primi pensieri. Strano, non ricordo che nel mio letto ci fosse movimento.
Aggrotto la fronte e provo a sollevare le palpebre. La luminosità mi acceca in un primo istante e allungo il braccio sul viso nel tentativo di proteggermi. Sento gli occhi pizzicare dal bruciore, ma dopo qualche secondo riprovo ad aprirli. L'impatto con la luce esterna, stavolta, è meno violento e riesco a mettere a fuoco le prime immagini.
Sono nudo, con solo dei boxer addosso e... un paio di gambe intrecciate alle mie? Ma che cazzo...?! Un altro movimento vicino a me mi costringe a voltarmi di lato, riscoprendo il dolore fastidioso di poco prima.
Riconosco una cascata arruffata di capelli marroni e mossi e i ricordi della notte appena trascorsa riafforano nella mia mente. I gemiti di Serena, le sue cosce strette intorno al mio bacino, i miei fianchi contro i suoi, io dentro di lei...
Il suo respiro pesante che soffia delicamente sulla mia pelle nuda e abbronzata mi fa intuire che è ancora nel mondo dei sogni. Il capo poggia abbandonato sopra il mio petto, deve avermi scambiato per un cuscino durante la notte. Un brivido mi percorre la schiena, nonostante siamo completamente schiacciati l'uno contro l'altra.
Il mio braccio intorno alla sua schiena l'avvolge come se nel sonno avessi voluto tenerla stretta a me e non lasciarla più andare. Sollevo l'altro braccio libero e me lo porto dietro la nuca, cercando di alleviare questo indolenzimento. Non mi sorprende, visto che ho dormito dentro una macchina.
Torno a scrutare Serena, che rispetto a me, è messa molto più comoda. Io sono dovuto restare sui bordi dei sedili posteriori, con le gambe piegate e i piedi sul tappettino dove giacciono anche i nostri indumenti gettati lì alla peggio maniera.
Inclino la testa, prima verso sinistra, poi verso destra e facendolo schioccare. La luce di poco fa proviene dai deboli raggi solari che cercano di filtrare attraverso i vetri appannati dell'auto.
Sento Serena agitarsi nuovamente e un paio di capezzoli pungono contro di me. Solo ora realizzo che è completamente nuda. Merda, non ci voleva!
Non sono solito dormire con una ragazza, ma è passato tanto tempo dall'ultima volta che è successo, da non ricordare neanche più la sensazione di condividere uno spazio in due. Una ciocca le copre il volto e gliela scosto, attento a non disturbarla. Le palpebre sono chiuse e macchiate dal mascara colato, le labbra secche e schiuse e le sue dita laccate di un rosa tenue segnano la mia pelle.
La sento muoversi un'altra volta e la sua gamba si adagia sopra il mio pube. Non ho idea di che ore siano, ma l'unica cosa certa è che è mattino e la sua coscia poggiata sopra la mia alzabandiera mattutina è una pessima combinazione. La sento mugolare infastidita e, avvertendo la mia durezza sotto di sé, inizia a muovere la gamba per cercando di alleviare il mio gonfiore. Peccato che così peggiora solo la situazione dentro i boxer. Sarei seriamente in grado di venire così, con la sua coscia che si strofina sfacciattamente contro il mio cazzo ed è quasi meglio di un pompino.
Non voglio approffitare di lei, l'ho già fatto stanotte. Poso la mano sul suo ginocchio con l'intenzione di fermarla, ma dalle sue labbra esce un lamento rauco. Porca puttana, mi ci vuole tutto il mio autocontrollo per non lasciarla continuare. La chiamo e il suo nome, sussurrato di prima mattina, mi sembra il suono più melodioso che abbia mai sentito in tutta la mia vita. Lei non si sveglia, perciò la richiamo, agitando la mano sulla sua schiena nuda. Avverto i suoi seni schiacciarmi il petto e mi sento soffocare.
"Serena!".
Finalmente solleva il mento verso l'alto, facendo incrociare i nostri sguardi. Le sue iridi, di prima mattina e alla luce del sole, sono tutt'altro. Non sono marroni, come ho sempre creduto di vedere, ma di un castano caldo, quasi nocciola.
Non avevo tenuto conto di cosa dirle appena l'avessi svegliata, eppure le parole mi escono di bocca da sole.
"Buongiorno, gattina".
Non so spiegarmi il motivo per cui ogni tanto la chiamo così, ma è un soprannome che mi è venuto spontaneo affibbiarle.
Le sue iridi mi scrutano in silenzioso sospetto, come se non riuscissero a identificarmi, poi qualche secondo dopo Serena si distacca da me con gli occhi sgranati come se avesse appena visto uno spettro. Che le prende?
"Che ci fai qui?" mi domanda.
Sollevo le sopracciglia, sorpreso. Sul serio? Non ricorda di ieri? Non ricorda che...?
"Abbiamo trascorso la notte assieme" le faccio notare.
Si accorge di essere ancora nuda da ieri sera e recupera all'istante il suo vestito dalla montagnola di indumenti, spiaccicandoselo davanti al corpo.
"E fino a un attimo fa stavi sbavando sul mio petto. Chissà cosa sognavi in quella tua testolina" proseguo tra l'ironia e la malizia.
"Io non sbavo!" Replica lei, palesemente offesa.
Con le sopracciglia corrugate e le guance rosate sembra una bambina adorabile.
"Dio, la testa!" Si lamenta, portandosi una mano sulla fronte.
"Che ore sono?" mi chiede poi, guardandosi attorno.
"Non ne ho idea, ma di sicuro è mattina" illustro, indicandole le finestre oltre le quali si può scorgere il pallido sole. Forse sono le otto passate.
Stringendosi a sé l'abito, allunga il braccio per prendere il cellulare dalla sua borsa.
"Le otto?! Come è possibile che siano le otto?!" esclama, quasi stridendo e rovistando come una furia tra i nostri vestiti.
Non capisco perché tanta agitazione.
"Perché?" Le chiedo, mettendomi a sedere.
Mi sgranchisco nuovamente il collo, devo aver dormito più scomodo di quanto immaginassi. Serena si ferma e torna a fissarmi.
"Come perché?" Me lo chiedi pure?" Mi rimprovera.
Rimango a guardarla in silenzio e lei aggiunge:
"Non hai niente di meglio da fare alle otto di mattina?".
Se si togliesse quello straccio di vestito che si tiene addosso e mi lasciasse esplorare il suo corpo a modo mio, sì, avrei decisamente di meglio da fare. La sento schiarirsi la gola e mi accorgo di aver abbassato lo sguardo sulle rotondità dei suoi seni. Se c'è una cosa che ho appurato è che le sue forme sono diventate una distrazione bella e forte a cui non so resistere tanto facilmente.
"No" diniego, rammentando la domanda che mi aveva fatto prima che il suo corpo attirasse la mia attenzione.
Serena assume un'espressione sorpresa, come se non si aspettasse questa risposta.
"Beh, io sì. Dovrei già essere in classe con Iris in questo momento" borbotta, tornando a frugare tra i vari abbigliamenti.
"Di domenica?" Domando, aggrottando la fronte.
"Come di domenica?" Fa eco lei con la confusione negli occhi.
"Oggi è domenica" affermo.
Serena riprende in mano il suo telefono per controllare l'orario sullo schermo blocco. Sospira di sollievo, abbassando le palpebre per qualche secondo.
"Credevo fosse lunedì" si giustifica.
Torna a incrociare il suo sguardo e ci fissiamo in silenzio, con una nuova aria di disagio nell'abitacolo.
"Ehm, potresti girarti?" Mi postula.
"Perché?" La provoco.
"Dovrei vestirmi" spiega in tono ovvio.
Non ne vedo il motivo, l'ho vista completamente nuda fino a ora. Evito di pensare a lei e al modo in cui gemeva mentre me la scopavo, altrimenti mi irriterei ancora di più per via dell'erezione.
"Ti ho vista nuda ieri, nasconderti adesso sarebbe inutile, non credi?" ribatto.
"Daniel!" Mi richiama con il viso rosso dall'imbarazzo.
Ignoro la sua sgridata e mi avvicino a lei. Voglio risentire le sensazioni della notte scorsa, finché siamo ancora insieme.
Serena sembra intimorita dal desiderio ardente che rivelano i miei occhi e stringe tra le dita il tessuto del vestito, deglutendo nervosamente. Mi accosto alla sua bocca, infilando una mano tra i suoi capelli scompinati. Lecco le sue labbra, facendole schiudere e intrufolandole la lingua dentro. Catturo la sua lingua e lei segue la mia, accarrezzandola con trasporto e desiderio. Non ci eravamo mai baciati così intimamente fino a ieri sera e devo ammettere che mi piace il modo in cui bacia. Non è esperto come il mio, ma segue i miei ritmi, rendendoli propri.
Con uno scatto la faccio salire sopra di me e lei mugola per la sorpresa. Avvolge le braccia intorno alle mie spalle e io cominicio a torturarle il collo. Di sicuro le avrò lasciato qualche fugace segno sul corpo tra baci e morsetti. Sento i nostri sessi strusciarsi e una fitta di doloroso piacere mi contrae lo stomaco. Per cercare di alleviare l'erezione gonfia, mi strofino in mezzo alle sue cosce e Serena asseconda i miei movimenti, ancheggiando anche lei. La sento ansimare contro il mio orecchio e mi beo della sua fragranza profumata che sa di agrumi.
Cazzo, se continuiamo così, finisce che scopiamo di nuovo in questa macchina. Con Serena mi sembra di essere appena tornato un quindicenne alla presa con le mie prime esperienze sessuali, altro che un quasi maggiorenne.
"Dani..." si lascia scappare con un filo di voce, quando le stringo una chiappa tra le dita.
Come mi ha appena chiamato?
"Cosa hai detto?" Le sussurro all'orecchio.
Non risponde, scuotendo soltanto la testa. I nostri sessi continuano a procurarsi piacere a vicenda. Forse non si è neanche accorta di averlo pronunciato, ma io l'ho sentito molto chiaramente. Non sono sicuro che mi piaccia, ma voglio risentirlo. Chiudo il pugno tra la sua chioma e, senza farle male, la costringo a guardarmi dritta negli occhi.
"Come mi hai chiamato?" Insisto.
Ha le guance rosse. Sono sicuro che non lo ammetterebbe mai ad alta voce, ma deve piacerle muoversi contro di me. Le sue iridi, così incatenate alle mie, mi provocano una scia piacevole di tensione nervosa per tutta la spina dorsale.
"Non importa, è imbarazzante" ammette, aderendo i suoi seni contro il mio petto.
Infila una mano tra i miei capelli, già spettinati di prima mattina, e spiaccica le sue labbra alle mie. È diventata più intraprendente nei miei confronti perché fino a ieri sera le si mozzava il respiro appena mi avvicinavo a lei.
Mi chino con la schiena fino a distendermi completamente e lei mi segue. Il suo pube è proprio sopra al mio cazzo e Serena dovrebbe solo ringraziare il cielo che abbia i boxer addosso, perché altrimenti sarei già dentro di lei a penetrarla tutta, fino in fondo e senza risparmiare un solo centimetro della mia lunghezza.
Non sono solito lasciare il controllo a letto, anzi sono sempre io che comando. Tenendola per la schiena, faccio ribaltare le nostre posizioni. Riprendo a baciarla, poi mi sposto verso il collo e lei solleva il capo per andare incontro alla mia lingua che gusta avidamente la sua pelle. Scendo sulla clavicola e il suo respiro accellera, rilasciando gemiti sulle labbra. Arrivo ai seni e lecco con la punta della lingua un capezzolo turgido. Con la mano le sfioro l'ombelico e raggiungo il suo inguine.
Avrei preferito stimolarla con la bocca, ma non c'è abbastanza spazio nell'abitacolo, quindi dovrò accontentarmi della mano. La penetro con due dita e lei lancia un urletto. Non se lo aspettava e, dopo essermi assicurato di non averle arrecato troppo fastidio con la mia improvvisa intrusione, inizio a muovere le dita.
"Daniel..." ansima.
"Devo fermarmi?" Mi assicuro con l'altro braccio piegato sopra la sua testa e i nostri nasi che quasi si sfiorano.
"No" rifiuta, scuotendo il capo.
"Come è stato ieri sera per te?".
La sua domanda mi prende talmente alla sprovvista che blocco la mano.
"Perché me lo chiedi?".
"Ero vergine e immagino che quella di ieri non fosse la prima volta che vai a letto con una ragazza..." farfuglia.
Non la lascio terminare che la mia bocca è sopra la sua per farla tacere. Si lascia sfuggire un ansimo, quando torno a toccarla. Per incrementare il suo piacere, strofino il pollice sul suo clitoride, facendola gemere più forte.
Per quanto voglia continuare a toccarla fino a sentire sulle dita la reazione deliziosa del suo corpo che le fa il mio effetto, c'è il serio rischio che qualcosa ci senta, o peggio, ci veda. È giorno e siamo sul ciglio della strada. Rallento il movimento delle dita fino a fermarmi.
"N-no, p-perché non sei andato avanti?" Balbetta con un broncio infantile sul volto che mi fa venire da ridere e prenderla in giro, ma mi trattengo.
"Stiamo praticamente scopando in mezzo alla strada, oltrettutto di mattina" le faccio notare, distaccandomi da lei.
"Cosa?!" Esclama, spalancando gli occhi e controllando oltre i vetri annebbiati.
Solo ora ricorda effettivamente dove siamo. Si alza a sedere e afferra i suoi abiti di fretta e furia.
"Non sono pentito" le confesso, rammentando la domanda che mi aveva fatto prima che la zittissi con i miei baci.
Una parte di me è parecchio contrariata per non aver concluso l'opera di piacere che stavano compiendo le mie dita, ma allo stesso tempo sento di dover assolutamente uscire da questa macchina.
"Merda, ho chiamate perse da parte di mamma e Iris. Devo tornare a casa" annuncia Serena e io mi limito ad annuire.
Non prendo il telefono in mano da ieri, chissà forse Iris mi avrà scritto su Whatsapp e io, come mio solito, non le avrò neanche risposto.
Serena afferra il suo vestito e non mi chiede neanche di girarmi, talmente sembra preoccupata e pensierosa. Prende l'intimo e indossa gli stivali, lasciando solo le calze sul tappettino. Io la imito nel rivestirmi e mi assicuro di avere con me portafoglio, chiavi e cellulare.
"Ci vediamo" mi saluta, guardandomi a malapena negli occhi e aprendo la portiera dal suo lato per scendere.
Sicuramente ci vedremo ancora dopo la notte che abbiamo trascorso, ma non sono più sicuro di riuscire a restare vicino a lei.
Scendo anche io e mi guardo attorno distrattamente. Non vedo nessuno che gironzola, ma per fortuna mi sono fermato. Solo una segnalazione per atti osceni in luoghi pubblici potrebbe peggiorare questa mattinata. Serena fa partire il motore della macchina e abbassa i finestrini anteriori.
"Ciao" dice, puntando lo sguardo su di me.
"Ciao" ricambio.
Risolleva i vetri ancora velati dal freddo della scorsa notte e dopo qualche minuto di attesa si immette in strada.
Casa mia è poco distante di qualche metro, perciò mi incammino.
Prendo il telefono dalla tasca del giubbotto e trovo dei messaggi su Whatsapp e alcune chiamate perse, tutte di Iris.
Iris: Daniel, hai sentito Serena per caso?
Iris: Non mi risponde ai messaggi ed è strano.
Eravamo giusto un po' impegnati per guardare il cellulare.
Iris: Ora comincio a preoccuparmi! Ci scriviamo sempre appena arriviamo a casa, ma lei non ha ancora visualizzato i messaggi.
Iris: Perchè non mi rispondi neanche tu?! Sei con lei?
Iris: Non so che fare! L'ho chiamata diverse volte, ma squilla a vuoto e parte la segreteria.
Iris: Può essere che sarà già andata a dormire, ma non è da lei sparire così, senza neanche una semplice Buonanotte. Non so nemmeno se è arrivata a casa.
Iris: Basta, adesso potrei sentirmi male sul serio. Ti prego, prova a scriverle tu perchè anche ad Alida non risponde.
L'ultimo messaggio risale alle due di notte passate. Esco dalla chat, probabilmente lei e Serena a breve staranno già parlando di quello che è successo stanotte. Riconosco la via della mia abitazione ed estraggo le chiavi. Un paio di macchine affianciano il marciapiede desolato e un auto metalizzata è accostata davanti al cancello automatico della mia proprietà. I soliti vicini di merda che non sanno leggere i cartelli. Trattengo un silenzioso insulto nei loro confronti e mi affretto a entrare.
Spalanco la porta d'ingresso e do una rapida occhiata intorno. Casa mia non è mai stata silenziosa come in questo momento, sembra che non ci sia nessuno. Le scale, a pochi passi da me, mi chiamano al piano superiore, nella mia camera. Allungo il piede, poi l'altro, ma una voce mi costringe a fermarmi a metà scalinata.
"Daniel, dove vai?".
Ero quasi convinto di essere scampato da mia madre. Giro i tacchi e mi volto indietro, trovandola ai piedi della rampa che mi fissa seria, in attesa di spiegazioni. I suoi capelli sono sciolti in una massa riccia e scura e indossa dei comodi pantaloni neri a striscie bianche e una maglia gialla ocra con sopra una larga giacca in jeans. Ho la sensazione che stesse per uscire di casa prima che arrivassi io.
"Mamma, che ci fai qui?" perdo tempo.
"Io ci vivo qui. La domanda migliore è: dove eri?" rigira la questione lei.
Infilo le mani nelle tasche dei jeans, preparandomi mentalmente una scusa.
"Sei stato fuori tutta la notte" puntualizza, assotigliando le palpebre.
"Ero con amici e abbiamo fatto tardi" minimizzo.
Mia madre rimane in silenzio, ma scorgo nel suo sguardo la necessità di più dettagli. Non voglio mentirle, ma non le dirò con chi sono stato per tutta la notte. D'altronde, sono fatti miei.
"Ho chiesto un passaggio a un amico e lui mi ha proposto di restare a casa sua, così sono rimasto a dormire da lui" spiego.
"E perchè sento puzza di alcool e uno strano profumo? È troppo dolce per essere il tuo" constata mia madre, storcendo il naso.
Cazzo, ha un olfatto migliore di un segugio addestrato fin dalla nascita.
"Non ho bisogno di una ramanzina su come passo le mie serate e con chi" ribatto, incrociando le braccia al petto.
"Eri con una ragazza, non è vero?" intuisce lei.
Non posso fare a meno di alzare gli occhi al cielo e di affermare le sue ipotesi.
"Sì, contenta?".
Mia madre si limita ad annuire in un sorriso tirato. Non riesco a capire se è contenta o arrabbiata.
"Cambiati e fatti una doccia che sei messo male" mi intima, andandosene e lasciandomi solo.
Che significa? Forse per via dei capelli spettinatissimi e per l'espressione ancora assonata. Mi passo una mano tra i corti capelli per sistemarli alla meglio possibile, quando sento una puzza di sudore da sotto la felpa grigia che indosso. Ok, passare la notte con Serena mi ha sfinito più di quanto pensassi.
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