Capitolo 1
Serena
"Iris, dato che oggi è sabato e di solito non facciamo niente, ti va di vederci stasera?" domando alla mia compagna di classe, nonché migliore amica, mentre lasciamo la nostra aula al primo piano per dirigerci verso le macchinette e prenderci uno spuntino.
Scendiamo i gradini che portano al piano terra del liceo che a breve sarà solo un lontano ricordo, dato che fra qualche mese ci diplomeremo, e ci infiliamo tra le file di studenti che attendono il loro turno. L'ambiente intorno a noi è chiassoso e pieno di vita e, sinceramente, ci voleva dopo aver passato due ore ad ascoltare la professoressa di italiano parlare di Dante e della Divina Commedia.
Come si fa ad andare a scuola il sabato mattino io non l'ho ancora capito e mai lo capirò. Un giorno ho letto su Internet che la parola 'scuola' deriva dal greco antico skole che vuol dire riposo e divertimento. Una volta, molto probabilmente. Al giorno d'oggi questo significato non esiste più ormai. Non nel liceo che frequento, almeno. Per quanto mi riguarda, la parola 'scuola' significa solo sofferenza e tortura, metaforicamente parlando. Rimpiango i bei anni delle elementari dove le maestre ti insegnavano a leggere e a fare i primi conti, dove si passavano i pomeriggi interi a giocare nel giardino della propria scuola con le amichette, inventandosi di essere delle fatine o delle super eroine che salvano il mondo. Bei tempi, quelli.
La voce di Iris si fa largo tra i miei pensieri e mi volto verso di lei, intenta a fissarmi con i suoi occhi marroni, scuri come il cioccolato.
"Sì, va bene, ma cosa hai in mente?".
Sorrido lievemente per la sua spiccata attenzione alla mia strana proposta. Mi conosce talmente bene che sa quando ho qualche bizzarra idea in testa. Siamo molto simili caratterialmente e fisicamente che molte volte mi chiedo se in un'altra vita siamo state sorelle di sangue. Stessa carnagione chiara, stesso colore castano scuro dei capelli che solitamente teniamo lunghi e lisci e stessi occhi marroni.
Ci siamo conosciute al primo anno di liceo e a distanza di ben quattro anni, siamo ancora insieme. Ricordo che non abbiamo impiegato parecchio tempo per diventare subito amiche perchè nel giro di due settimane ci eravamo già scambiate i numeri di telefono.
Ci vediamo quasi ogni giorno per via della scuola, ma sono molto rari i momenti nei quali possiamo incontrarci alche al di fuori del contesto scolastico. Per questo penso che stasera sia l'occasione perfetta per passare del tempo insieme. Dopotutto non usciamo da un bel po'.
"Come fai a sapere che questa volta ho qualcosa di diverso in mente?" le chiedo, leggermente stupita dalla sua capacità di capirmi subito al volo.
"Perché ti conosco molto bene e non puoi nascondermi niente" risponde lei.
Quattro anni passati insieme saranno pur serviti a qualcosa, no? E a pensarci bene, Iris ha ragione: ormai riusciamo a intenderci senza neanche bisogno di aprire bocca. Molto spesso pensiamo e diciamo le stesse cose contemporaneamente. Se questa non è telepatia?
La mia proposta è diversa dal solito, se non inusuale, ma secondo me vale la pena provare a fare un tentativo. Arriva il nostro turno di servirci e mentre Iris sceglie la merenda da prendere, io le espongo la mia pensata.
"Ok, hai vinto, ma se te lo dico verrai lo stesso con me?".
Lei inserisce alcune monetine dentro la macchinetta e una barretta di KitKat cade dalla fila e scende fino al fondo del distributore. Iris allunga la mano per prevelare il resto dall'apposita apertura della macchinetta, poi si abbassa per aprire lo sportello e prendere il suo snack.
"Dipende da quello che mi proponi" obietta, spostandosi di lato.
Osservo rapidamente i vari spuntini a disposizione e dato che, come sempre, non so mai cosa prendere, decido di acquistare la stessa merenda di Iris. Fosse per me, svuoterei metà distributore da quanto sono golosa. Ci allontaniamo dalle macchinette e iniziamo a fare il solito giro tra i corridoi della scuola e quando c'è bel tempo e le temperature non sono troppo basse da rischiare l'ipotermia, anche una passeggiata nei dintorni. Purtroppo a dicembre le temperature a Milano non raggiungono neanche i dieci gradi e io odio terribilmente l'inverno.
"So già come la pensi in fatto di discoteche, ma se stasera ci andassimo?" rivelo, mentre apro la cartina che avvolge la mia unica fonte di sostentamento dopo tre lunghe ore di lezioni.
Non sono mai andata in una discoteca perché non sono un'amante di questi eventi rumorosi, a differenza della maggior parte della mia generazione. Da quanto ho sentito, non sembra così male. Si balla, si beve, ci si diverte con qualche sconosciuto che molto probabilmente ti porterà a letto, ma a parte questo è una normale serata in compagnia. Voglio provare quest'esperienza per la prima volta e chi meglio di tutti può condividerla con me, se non la mia migliore amica? So che, come me, Iris non ama le discoteche, ma sono sicura di convincerla perché conosce bene la mia indomabile ostinazione a non ascoltare nessuno e a fare di testa mia.
Nel sentire la mia proposta, Iris sgrana gli occhi e smette di masticare per qualche secondo la barretta di cioccolato che aveva in bocca.
"Serena, non credo che i nostri genitori sarebbero d'accordo".
Avere delle figure genitoriali protettive come le nostre è una bella cosa perché vuol dire che tengono a noi e si preoccupano, ma talvolta è un po' eccessiva la loro apprensione. Dall'altra parte, però, li capisco: in fin dei conti loro vogliono solo il nostro bene e sarebbero disposti a qualsiasi cosa pur di renderci felici. Con i figli maschi solitamente tendono a lasciare più libertà rispetto alle figlie femmine e la risposta mi sembra piuttosto semplice: "Perché è un maschio". Sbaglio?
I miei sono sempre stati abbastanza comprensivi nei confronti miei e di mio fratello maggiore Samuel. Lui è di un anno più grande di me e attualmente sta frequentando l'università. Certo, non mancano mai le sgridate e le prediche per i nostri sbagli, soprattutto quando il responsabile è mio fratello, ma la maggior parte delle volte ci concedono libertà.
I genitori di Iris, invece, sono più rigidi. Suo padre si dimostra diffidente con certe sue amicizie maschili, mentre sua madre è più mite e cordiale, ma ugualmente in pensiero. Non li biasimo: avere due figlie femmine adolescenti non è facile da gestire, specialmente quando i ragazzi ci provano con loro.
Tralasciando ciò, io e Iris siamo entrambe maggiorenni e vaccinate, quindi siamo legalmente libere di andare a divertirci come facevano i nostri genitori ai loro tempi.
"Ti prego, Iris, vieni con me" la imploro.
"A breve ci saranno le vacanze di Natale, il primo quadrimestre sta per finire, la maturità è alle porte e tu pensi ad andare in discoteca solo per mettere gli occhi su qualche ragazzo che incontreremo lì?! Che fine ha fatto la timida e innocente Serena Caputo che passava i fine settimana a studiare per essere la studentessa modello?".
Alzo gli occhi al cielo per il suo inutile tentativo di imitare la mia sgridata che solitamente riservo a lei. Ogni anno, da quando frequentiamo il liceo di scienze umane, ci siamo promesse di concentrarci sullo studio e di prendere il massimo dei voti, soprattutto in quest'ultimo anno, ma le cose ci stanno sfuggendo di mano e invece di passare i fine settimana a studiare, non facciamo niente per la pigrizia.
"Vorrei farti notare che siamo solo a dicembre, la maturità sarà a luglio e, sì, ho voglia di guardare qualche ragazzo figo. Magari ci troviamo un fidanzato con cui perdere la verginità" ribatto e Iris si batte una mano sulla fronte.
"Leggere ti fa male" commenta.
La lettura è il mio passatempo preferito. Fin da bambina mi piaceva leggere qualsiasi libro mi capitava nelle mani. Il mio libro preferito in assoluto è After. Ho iniziato a leggerlo, quando avevo diciassette anni e da quel momento non faccio altro che immaginarmi un amore intenso e passionale come quello di Tessa e Hardin.
Ma nella mia vita reale quell'amore impossibile e ardente che ho sempre desiderato è rimasto solo uno stupido sogno. Non ho mai avuto un fidanzato, la mia prima volta e nemmeno l'occasione di vivere la classica relazione che si legge nei libri. Non nego di aver avuto le mie cotte nel corso degli anni, ma non ho mai potuto trasformarle in qualcosa di serio perché si sono interrotte subito. Quando penso che anche Iris si trova nella mia stessa situazione, mi si solleva il morale. Ovvio che sono un po' dispiaciuta per lei, ma almeno non sono l'unica così sfortunata sulla faccia della Terra.
"Vuoi farmi credere che passerai il sabato sera a studiare, invece che stare con Alida e i tuoi genitori?" la incalzo.
Alida è la sorella gemella di Iris. Sebbene siano uguali fisicamente, caratterialmente sono abbastanza diverse: lei è uno spirito libero, più estroversa e aperta alle nuove conoscenze, a differenza di Iris. Sfortunatamente non frequenta il nostro liceo e la cosa mi rattrista molto, considerando che la vedo poche volte.
La mia migliore amica sembra riflettere sulle mie parole e conoscendo bene la mia testardaggine, decide di arrendersi con uno sospiro di sconfitta.
"Va bene, verrò con te, ma non farmi pentire di questa scelta".
Prendo il suo viso nella mia mano per voltarlo leggermente verso di me e lasciarle un bacio sulla guancia.
"Grazie mille, amica! Ti adoro" la adulo.
Finita la ricreazione, tutti gli studenti ritornano nelle proprie aule per l'ultima lezione di oggi. Saliamo le scale che conducono al primo piano e percorriamo un lungo corridoio alla nostra destra per raggiungere la classe. Una volta dentro, ci dirigiamo ai nostri banchi posizionati in seconda fila e ci sediamo in attesa della professoressa di matematica e fisica, la quale fa il suo ingresso dopo pochi minuti. Oggi dovrebbe interrogare le ultime persone per avere il terzo voto, tra le quali anche Iris.
Quarantacinque minuti dopo la campanella suona. Che il weekend abbia finalmente inizio! Non vedo l'ora di divertirmi stasera!
Raggruppiamo in fretta le nostre cose e ci accingiamo a lasciare l'aula e l'edificio scolastico.
"Sei stata bravissima!" dico, riferendomi alla sua interrogazione.
"Grazie mille. Per fortuna l'esercizio che mi ha fatto svolgere era facilissimo".
"Allora, a stasera?" chiedo.
"Ti farò sapere".
"L'invito è rivolto anche a tua sorella, lo sai, vero?".
"Sì, ma credo che non potrà venire. Ieri ho sentito dire ai miei genitori che sarà a un pigiama party con le sue amiche".
Mi dispiace che Alida non possa venire con noi, mi manca tanto.
Ci salutiamo e io raggiungo il posteggio dove ho parcheggiato la mia macchina. Di solito porto con me anche Iris, dato che le nostre rispettive abitazioni sono distanti giusto cinque minuti a piedi l'una dall'altra. Praticamente siamo vicine di casa.
Dopo mezz'ora di tragitto giungo davanti alla recinzione che delimita tutta la mia casa a intonaco esterno bianco e il piccolo giardino. Parcheggio la macchina in garage, dietro l'auto scura di mio padre, e scendo. Mentre mi avvicino alla porta di casa, sento Diana abbaiare continuamente perché ha percepito il mio arrivo.
"Sono a casa!" avverto ad alta voce, quando varco la soglia.
Una femmina di pastore tedesco si avvicina a me, scodinzolando la sua coda. Mi inginocchio e apro le braccia per invitarla ad avanzare. Diana obbedisce e infila il suo muso nero tra i miei capelli sciolti.
"Ciao, Diana" le sussurro, dandole un bacio.
Sciolgo l'abbraccio e mi rialzo per attraversare il soggiorno e raggiungere la cucina, dove trovo mia madre Elena, intenta ai fornelli.
"Ciao, mamma" la saluto e lei si volta verso di me.
I suoi corti capelli castani sono legati in una coda di cavallo per non farli cadere davanti ai suoi bellissimi occhi azzurri. Ho sempre voluto avere gli occhi azzurri come i suoi, ma sfortunatamente ho preso il colore marrone degli occhi di mio padre.
"Ciao, Serena. Come è andata a scuola?".
"Tutto tranquillo".
"Vai a posare lo zaino in camera tua che fra qualche minuto è pronto e avvisa anche tuo padre" mi ordina e io obbedisco.
Lascio la sala e mi dirigo verso la rampa di scale, di fronte all'ingresso, che portano alle camere da letto e al bagno, la cui porta è chiusa. Deve esserci mio padre Alessandro dentro.
"Papà?" lo chiamo.
"Eh, dimmi".
"Mamma mi ha detto di avvisarti che fra poco è pronto".
"Va bene, grazie. Ho quasi finito".
Mi avvicino alla porta socchiusa della mia stanza, proprio affianco al bagno, e la spalanco lentamente.
Poso lo zaino sul mio letto matrimoniale e raggiungo l'armadio, situato a destra della porta, per prendermi un cambio comodo. La mia gatta siamese Nala dorme sopra i cuscini del letto e mi avvicino per darle un bacio sulla testa. Lei si sveglia e miagola, guardandomi con gli occhi ancora socchiusi dal sonno. Le sorrido, mi cambio velocemente e lascio la stanza.
Scendo le scale per ritornare da mia madre. Dato che la tavola da pranzo manca di piatti e posate, ne approfitto per aiutarla e allo stesso tempo le chiedo il permesso per stasera. Non so se mi farà andare perché è sempre stata più severa con Samuel per via del suo atteggiamento ribelle, quando era adolescente.
"Mamma, oggi ho proposto a Iris una serata in discoteca. Posso andarci?".
Lei, dapprima, mi scruta in viso senza dire nulla, poi decide di parlare.
"Mmm... perché vuoi andare proprio lì?".
In realtà non ho una vera e propria motivazione, avevo voglia di provare questo genere di festività per una volta. Temo che mi dica di no.
"Non saprei, voglio passare del tempo con la mia migliore amica, uscire, conoscere nuove persone...".
"Tesoro, non fraintendermi, ma le discoteche di oggi non sono più quelle di una volta. I ragazzi vanno lì per bere, per la droga o per molestare qualche ragazza. Non dico che tutti fanno così, ma ho paura che possa succedere qualcosa di brutto a te e a Iris".
Cerco di decifrare la sua risposta così evasiva. "Quindi sarebbe un no?".
Lei non fiata, sospirando soltanto e io provo a insistere dolcemente.
"Siamo più che grandicelle per andarci. Ti prometto che staremo attente" la imploro con le mani giunte in segno di preghiera.
La voce di mio padre alle nostre spalle interviene.
"Lasciala andare per una volta".
Mi volto indietro e noto che deve essersi appena fatto la barba, a giudicare dalla pelle liscia della mascella e dal profumo del suo intenso dopobarba.
"D'accordo, ma ti voglio a casa entro mezzanotte, non di più" mi avverte e sulle mie labbra compare un enorme sorriso.
"Sì, grazie mille!" esclamo di gioia.
Dopo pranzo aiuto mamma a sparecchiare e lavo i piatti. Una volta finito, vado in camera mia per avvisare Iris. Prendo il telefono adagiato sul comodino affianco al letto e apro WhatsApp.
Serena: Mia madre ha accettato.
Iris: Ottimo, anche i miei sono d'accordo.
Serena: Perfetto, non vedo l'ora che arrivi stasera!
Iris: Anche io, ma hai già in mente dove andremo?
A essere sincera, non ci ho neanche pensato, considerando che non ho mai frequentato una delle tante discoteche presenti in centro a Milano. Meglio che mi informo. Dopo qualche ricerca su Internet, riscrivo a Iris, allegando al messaggio la foto della discoteca dove potremmo andare.
Serena: Che ne pensi di questa?
Iris: Ah, sì, ne ho sentito parlare. Dicono che sia un bel posto.
Serena: Ci vediamo alle 21:00 a casa mia? Andremo con la mia macchina.
Iris: Ok.
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