Brivido Nero
Racconto scritto in collaborazione con VictorDuval
È il secondo venerdì di dicembre, come ogni weekend Roberta si è recata a cena in un prestigioso ristorante della città con il marito e qualche coppia facoltosa di amici.
Chiedono la lista dei vini prima ancora di sedersi, poco tempo e il marito ha già preso a sghignazzare, raccontando barzellette.
Roberta sospira e abbassa lo sguardo verso il piatto, sorride imbarazzata alle donne al tavolo, cercando comprensione, ma i loro sguardi di compatimento sono tutt'altro che amichevoli.
A ogni risata del marito la sua frustrazione sale, nemmeno lei capisce se è perché vorrebbe condividere la sua ilarità o perché trova decisamente inopportuno il suo comportamento.
«Roberta è mora!»
Una frase apparentemente innocua, ma urlata e decisamente poco elegante, visto il suo biondo platino.
Un sorso di prosecco le si blocca in gola.
Roberta ha gli occhi lucidi, afferra velocemente il tovagliolo per coprire il naso, le narici bruciano per l'alcol che vorrebbero eruttare.
Alba, la moglie del signor Giusti, la guarda altezzosamente, non ci vuole certo un genio a capire che i suoi capelli sono tinti, ma la sua incapacità di gestire il marito è intollerabile.
«Ah, lo so! Un bel nero corvino!» Esclama Giusti ridendo.
Nel tavolo scende il silenzio, il marito gioioso scruta la moglie con fare accusatorio, Alba stringe gli occhi scandagliando il proprio marito, mentre Carla e Giovanni, i più miti del gruppo, cercano di ristabilire la serenità.
«Alba, Stefan... sta scherzando! Non scaldatevi!»
«Certo!» Giusti ride e lascia una pacca scherzosa sulla schiena di Stefan che di colpo sembra avere perso la voglia di fare battute, «Come potrei mai avere messo gli occhi fra le gambe di tua moglie?»
Roberta si è guardata bene dal sorseggiare nuovamente il vino, ma avverte di nuovo quella sensazione di soffocamento bollente, si alza traballante e si scusa gentilmente prima di recarsi al bagno.
Mentre si allontana sente alle sue spalle Giusti ridere e disquisire sul vero colore dei capelli di Carla, sembra che nel ristorante vi siano solo loro, ne sente distintamente il vociare e gli schiamazzi, stringe la borsetta come fosse uno scudo e la difficoltà nel respirare si intensifica.
Ho sposato uno dei commercialisti più conosciuti del paese, dalla vita politica molto attiva, ci garantisce un dignitoso tenore di vita, ma è sgradevole e umiliante il suo alzare il gomito e la volgarità che ne scaturisce.
Giusti... un sadico, non perde occasione per ridicolizzarlo, quantomeno il mio Stefan è ingenuo e spontaneo.
Una volta davanti allo specchio, Roberta controlla il viso, il trucco non si è sfatto, è soddisfatta della tenuta del nuovo fondotinta: il rossore non si nota assolutamente.
Si vede bella, ma questa consapevolezza è turbata dalle voci che la vedono sposata per soldi.
Osserva la porta, pensando che sarebbe meglio tornare di là, mettersi seduta al fianco del suo ricco e osceno amato, e atteggiarsi come se tutto fosse normale.
Fa per avviarsi, finalmente convinta, ma... i neon iniziano a lampeggiare, l'edificio trema, una crepa taglia il muro in uno sbuffo, si sente sbalzare all'indietro e si aggrappa al mobile dei lavabo.
***
È il secondo venerdì di dicembre, quasi tutto il corso universitario si è radunato in una elegante cena dopo circa sette anni dal conseguimento della laurea.
La serata si presenta fin da subito spassosa, riuscire a riunirsi tutti dopo tanti anni sembrava utopia, proporre addirittura il ristorante più chic del centro un azzardo, ma non è stato difficile sciogliersi e recuperare lo stesso spirito di squadra di allora.
Quasi tutti hanno messo su famiglia e alcuni hanno anche procreato.
«Marta, ma tu non metterai mai la testa a posto? Non ti manca avere qualcosa di stabile, qualcuno che ci sia quando torni a casa?»
«Sinceramente... no, non sono mai stata coinvolta da un rapporto così tanto da voler rinunciare alla mia libertà, diciamo che sono più da mordi e fuggi.»
A Marta i legami stanno decisamente stretti.
«Il mistero, l'incognita mi attraggono, una volta svaniti, puff! Si dilegua anche il mio interesse.»
Dopo il terzo bicchiere di vino sente la vescica urlare e Giorgia si offre di accompagnarla, Marta rifiuta, non vuole alimentare il luogo comune delle donne sempre in coppia al bagno.
Appena entrata si precipita nella toilette, per fortuna non c'è nessuno.
Mentre si sistema le autoreggenti viene sbalzata indietro e ricade seduta sulla tazza, la terra trema.
***
Tutto viene inghiottito da un nero denso e spaventoso.
***
Roberta si guarda attorno disorientata mentre stringe con forza il bordo del ripiano in marmo dietro di sé, teme che il pavimento possa crollare all'improvviso.
È stata una scossa di terremoto, ha fatto molto rumore, ma è durata al massimo due secondi.
La parete dove è comparsa la crepa è probabilmente in cartongesso.
La donna allunga la mano dove dovrebbe trovarsi l'uscita, ma senza staccarsi dal suo appiglio.
"A-aiuto?"
Non sa effettivamente cosa fare e la sua voce tituba, oltre al non vedere nulla si è alzato un silenzio innaturale che acuisce la sensazione di smarrimento.
Ma porca di quella miseriaccia boia! pensa Marta, Certo che è proprio una situazione di cacca, è il caso di dirlo.
Si rialza e tasta la porta ne afferra la maniglia mentre sente un debole e incerto richiamo d'aiuto da fuori.
Quando finalmente riesce ad aprire, l'altra persona emette un verso da uccellino spaventato.
«Ehi, tranquilla, ero dentro al gabinetto quando c'è stata la scossa... mi chiamo Marta.»
Cerca di tranquillizzarla e a tentoni le si avvicina, ha intuito subito, dalla voce e dal respiro della donna, che è in preda al panico.
Ha la sensazione di galleggiare nel nulla e avverte il bisogno di un contatto fisico per mantenere la consapevolezza della propria corporalità.
«Ora ti tocco, allunga la mano, cerchiamo di raggiungere la porta e uscire da qui!»
Roberta è colpita dalla voce decisa della ragazza, muove la mano verso il corridoio con le latrine, attenta a fare piano, per timore di graffiarla.
Marta viene stordita dal profumo di Roberta, dolce e aspro allo stesso tempo.
Appena le mani si sfiorano Marta la afferra.
Roberta scatta tirando la mano, colpita dalla presa troppo decisa dell'altra, ma la più giovane non la lascia, ammaliata dalla delicatezza di quelle dita affusolate e da quella pelle così morbida.
«I-il muro...»
Roberta cerca di spiegare che ha visto formarsi una crepa sul muro della porta poco prima che saltasse la luce, ma l'altra le si avvicina, le passa una mano dietro alla schiena e la annusa, studiandola.
«Non so cosa mi stia succedendo», esordisce Marta nel rendersi conto dell'imbarazzo della donna, «Stai tremando, non ci pensare, siamo solo noi...»
«I-io non... oddio, io non... »
Quella ragazza è sicuramente più giovane, più alta e più forte di lei.
Le appoggia le mani sulle spalle e sente la muscolatura muoversi sotto al cotone della camicia, una sportiva sicuro, Roberta non è assolutamente convincente nei suoi tentativi di respingerla, dentro di sé è pervasa dalla convinzione che davvero il mondo furi non esistava più.
Solo noi..., si ripete nella mente, e quindi? Se anche fosse?
«Fermati un attimo, io non posso fare una cosa del genere!»
Riesce finalmente a reagire la moglie del commercialista quando sente la mano dell'altra scivolare sulla sua schiena verso il basso.
Ma Marta è così calda, i suoi capelli leggeri, tagliati di fresco, le solleticano il viso e il suo respiro le strappa dalla gola un gemito.
Marta è colpita dall'intensità di quelle sensazioni, la donna non le ha ancora detto il proprio nome, non né conosce viso né età.
Eppure il profumo, la voce, le reazioni impacciate, che lasciano trasparire una certa curiosità, la stanno attraendo irresistibilmente.
La sente gemere e ridacchia quando una ciocca dei capelli di lei le solletica una tempia.
«Scusami, non so cosa mi sia preso, credo sia colpa dell'adrenalina, se non vuoi mi allontano.»
La voce di Marta è appena sussurrata, così vicina all'orecchio di Roberta da farla gemere una seconda volta e più forte.
«Ora apro la porta, così potremo andare, va bene?»
«Aspetta! Maria? Hai detto Maria?»
Roberta è disorientata nel sentire il seno di lei sobbalzare quando sorride.
"Come si può lasciarsi andare in modo così istintivo?"
Le passa le mani ai lati del collo e l'abbraccia, sente che tenendola vicina smette di tremare.
"Come fa il suo corpo ad essere così caldo e consapevole di ciò che vuole?"
Stringe le gambe quando capisce che una di lei cerca di passarle in mezzo:
«Io sono... una donna...», dice più a sé stessa che all'altra.
Apre gli occhi rendendosi conto che li teneva chiusi.
Non cambia nulla.
Qualcuno cerca di aprire la porta.
Roberta ha un sussulto e si irrigidisce, ma non molla la presa, mentre Marta continua ad accarezzarla amorevolmente.
Non ci riescono, il cedimento della parete deve averne bloccato il telaio.
«Roberta, sei ancora lì, tutto bene?»
È il marito.
«Sì, sì, tutto bene, non sono sola!»
La sua voce ora non è più spaventata, ma ansiosa, sposta la testa di lato offrendo il collo, come se si fosse resa conto del poco tempo che rimane loro.
Vorrebbe davvero che sparissero tutti dalla faccia della terra.
«Non si preoccupi, ci sono io con sua moglie!»
La voce di Marta è rassicurante.
«Marta, mi chiamo Marta.»
Corregge l'altra chinandosi a baciarla nell'incavo del collo.
«E sì, sono una donna, e sì, non c'è alcun dubbio che anche tu lo sia.»
L'esile signora ha un sapore delizioso, il suo seno è gonfio e glielo stringe delicatamente.
Azzarda nell'infilarle una mano sotto alla camicetta, il capezzolo si inturgidisce appena viene sfiorato e, quando nota che si sta abbandonando alle sue attenzioni, alza la posta: ha un sedere che sembra fatto a misura per la sua mano.
Prova di nuovo a intrecciare le loro cosce, questa volta con successo.
La bacia con passione.
«Non mi era mai capitato di bagnarmi così velocemente, forse è tutto l'insieme, ma mi stai facendo perdere la testa.»
Mentre mescolano i loro sapori, un'altra lieve scossa le spinge indietro facendo sedere sul lavello la più bassa.
«Mi piace questa posizione», mormora Marta scendendo lungo il suo corpo, la guarda attraverso la pelle e la esplora con le labbra.
«Devi assolutamente lasciare che ti assaggi.»
Roberta è sconcertata, ma invece di ritirarsi spinge il bacino verso Marta che nota soddisfatta che anche la piccola indossa le autoreggenti, mentre le affonda il viso fra le gambe, schioccando un appagante bacio sul suo intimo di pizzo.
Tutto avviene con estrema naturalezza.
Il contrasto tra il marmo freddo e il calore delle labbra, l'impalpabile coperta nera che le nasconde e le protegge, trasportano le due donne in un mondo dove non è l'eccezione a fare la regola, mondo dal quale vengono strappate da rumori metallici e voci apprensive.
Nel contrarsi dal piacere e soffocando un grido con il pugno chiuso premuto sulla bocca, Roberta inarca al schiena dando una testata allo specchio.
Subito Marta si alza preoccupata.
«Mara... voglio, devo... aiutami ad andare in bagno.»
La ragazza la fa scivolare in avanti e tenendola stretta la accompagna verso i sanitari.
Le accarezza la testa mentre le loro labbra condividono un ultimo bacio, prima che entri nel cubicolo.
«Marta, mi chiamo Marta!»
Ridono.
***
Roberta ansima mentre cerca di sistemarsi al meglio; non potersi controllare allo specchio la sta agitando: non riesce a togliersi dalla testa le sensazioni che le ha regalato quella ragazza, non è nemmeno convinta sia successo davvero.
Vede una luce filtrare dondolando da sotto alla porta.
«Esci pure Ro!»
Trasalisce e apre la porta, buttandosi fra le braccia del marito.
Cerca con lo sguardo la ragazza, vede un gruppo di persone, il gestore del locale e nessun altro.
«Dov'è la ragazza che era con me?»
Il marito le indica un gruppo di almeno 30 persone e Roberta inizia subito a studiarle con lo sguardo, nel vano tentativo di identificarla.
Marta sospira e cerca una gracile e timida signora.
Di lei non conosce né nome né lineamenti, ma ne ha imparato sapore, profumo, suono della voce e consistenza della carne.
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