I - 01 Ogia, la tortorella impavida.

Ogia - la tortorella pavida - soleva un tempo zampettare, credendo di non saper spiegare le ali e catapultarsi nel bianco nuvoleo.
Così un dì, quando ormai la setticemia le stava divorando ogni suo angolo di velleità e brama d'ardere negli anni, decise di gettarsi dal rametto su cui solitamente poggiava oziando e obbedendo a chissà quale rapace autoritario e imponente.
L'albero era alto, slanciato. Ogia era una macchia di colore in mezzo alle fresche foglie di primavera. Le sue ali non erano ali.
Così si gettò, dicevo.
Tenne le palpebre serrate.
Quando le riaprì stava volando, vitalavita e chiodoscacciafine. E potè constatare ed appurare con i propri bulbi oculari le sfumature del firmamento.
"Quella nuvola somiglia ad un pezzo di cioccolato", si disse. Il suo nemesi la rimirò da lontano. Stava volando celere, controcorrente.
Morale della favola?
Ai volatili come Ogia - la tortorella impavida - piace il cioccolato.

E questa non è una favola.

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