Chapter 54

-Ehi Beth, siamo arrivati.
Sento una mano sfiorarmi leggermente il viso e, al contatto, sorrido, prima di aprire leggermente gli occhi che vanno ad incastrarsi in quelli verde giada di Harry, leggermente sporto dal suo sedile verso il mio. Annuisco lievemente, allontanandomi dal freddo vetro del finestrino a cui ero appoggiata.

Da quando ieri abbiamo deciso di far dei passi in avanti, sembra quasi che io e il ragazzo al mio fianco ci conosciamo da una vita. Non l'ho mai visto così sereno e tranquillo, senza aver nulla a che vedere con quel ragazzo arrogante e presuntuoso che ho avuto modo di conoscere nei primi tempi.
Sarei dovuta tornare a Londra con la mia famiglia ieri stesso, subito dopo il funerale, ma sono riuscita a convincerli a farmi rimanere lì con Harry, nonostante il timore di mio padre e la rabbia di Louis, che penso sia intenzionato a non parlarmi per un bel po'. Da Harry sono riuscita a sapere che della raccomandazione del mio adorabile fratellino di non avvicinarsi a me per "far cose", citando le sue parole, minacciandolo di fargli trovare tutti i vestiti nella sua camera del college tagliati in mille pezzettini di stoffa. La serata, in effetti, ha preso una via completamente differente da quella ipotizzata da Louis, ma non per la sua minaccia all'armadio del riccio. Subito dopo aver salutato la mia famiglia nel primo pomeriggio, io ed Harry abbiamo fatto un giro per la piccola città in cui ha vissuto, mostrandomi le scuole che ha frequentato, dove si incontrava sempre con gli amici, il campo da calcio su cui passava ore delle sue giornate e, sorprendentemente, la scuola di musica in cui ha imparato a suonare il pianoforte e la chitarra. Abbiamo parlato tutto il tempo di noi stessi, delle nostre abitudini, passioni e paure. Di lui, infatti, ho scoperto della sua passione per la scrittura e per la letteratura, in particolare la francese e l'inglese, oltre che per la fotografia. La sera abbiamo cenato nella sua bellissima casa, deliziandoci con la cucina della madre che si è dimostrata un'ottima cuoca. La serata è poi finalmente terminata sul divano davanti la televisione, mentre guardavamo insieme l'episodio di Capodanno di 'How I Met Your Mother', che si è rivelata essere una delle serie tv preferite di entrambi.

Fisso le dita di Harry tamburellare con lo stesso ritmo sul volante, mentre i suoi occhi sono concentrati a guardare il cancello del parcheggio del college aprirsi lentamente per farci entrare.

-Forse sono diventato improvvisamente sordo... ma sembra che questa volta tu non abbia russato.
Sghignazza il riccio senza spostare lo sguardo dalla cancellata, che finalmente ci lascia passare.

-C-cosa? -mi alzo di scatto dal mio sedile, cercando di ricompormi- Io non russo.
Affermo con decisione, assumendo un'espressione sicura in viso.

-Allora quella che russava stanotte accanto a me è la stessa ape che russava tempo fa nella tua stanza, sempre accanto a me.
Si gira verso di me con un sopracciglio alzato mentre spegne il motore dell'auto dopo appena un paio di manovre per parcheggiare. Io ne avrei fatte dieci e avrei colpito senza ombra di dubbio le altre autovetture.

-Mi consideri una piccola ape fastidiosa, eh? Io non russo!
Alzo scherzosamente la voce, tirandogli la mia sciarpa azzurra che avevo sulle gambe.

-Sì, ragazzina. Le api sono essenziali per l'ecosistema, ma allo stesso tempo ti possono far male se non presti attenzione. Quindi sì, sei una piccola ape che russa e che non sa guidare.
Lo scruto con attenzione mentre mi risponde con estrema sicurezza, puntando i suoi occhi verdi nei miei.

-Okay, ci rinuncio.
Sbuffo alla fine, scivolando sul mio sedile e portando una mano sul viso. Mi rimetto a sedere poco dopo a causa del freddo che, improvvisamente, colpisce la poca pelle scoperta.

-Mademoiselle, nous sommes arrivés.
Annuncia Harry con un buon accento francese, prima di arrivare al mio sportello e farmi gentilmente scendere.

-Oh, merci beaucoup.
Prendo con forza la sua mano, sorridendogli, prima di prendere il mio trolley dal cofano dell'auto. Lui scuote la testa con un sorriso sincero sul viso che lascia spazio alle sue adorate fossette in cui amo infilare un dito. Mi sorprendo leggermente quando strappa letteralmente la valigia dalle mie mani, prendendola insieme alla sua. Gli do, così, istintivamente, un bacio sulla fredda guancia, come segno di ringraziamento, per poi cominciare a camminare verso l'uscita del parcheggio e, quindi, l'entrata della struttura. Con la coda dell'occhio vedo il ragazzo fermarsi, lasciando cadere con noncuranza i bagagli sull'asfalto, e voltandomi con un movimento improvviso il capo mi bacia, con una violenza e una passione che distruggono in me ogni altra sensazione.

***

I corridoi alle nove di sera sono completamente deserti: c'è chi è in camera a finire di studiare, chi è steso comodamente sul letto a guardare qualche programma televisivo, chi si sta preparando per passare la serata fuori e chi è ancora in mensa a terminare la propria cena. Solo poche persone si avventurano a circolare per i dormitori a quest'ora, e io sono tra queste. Ho promesso a Niall di fare un salto in camera sua appena sarei tornata, e dopo aver salutato Harry, eccomi qui a cercare la stanza del biondino irlandese. La riconosco subito a causa di Ashton, che sta per chiudere la porta alle sue spalle.

-Ashton!
Lo saluto a qualche metro di distanza, che poi elimino completamente una volta arrivata davanti a lui che, vestito di tutto punto, mi saluta allegramente.

-Beth, che sorpresa rivederti. Devi parlare con Niall?
Mi chiede indicando la porta della loro camera.

-Sì, mi sta aspettando.

-Oh, allora entra pure, dovrebbe aver appena finito di farsi una doccia.
Dice mentre infila la chiave nella serratura, facendomi entrare, prima di sparire dalla mia vista.

Sorprendentemente trovo un estremo ordine che invade l'interno, con persino le lenzuola stese perfettamente sui letti. Riconosco subito la voce di Niall provenire dall'interno del bagno: sta parlando a telefono.

-Sì, te lo già detto... Non c'è bisogno che f-... Matthew, ne sono sicuro... Okay... Fammi sapere... Ciao.
Origlio il tutto da dietro lo stipite della porta, nascosta sotto un cappotto nero appeso all'attaccapanni di lato. James Bond sarebbe fiero di me. Appena capisco che ha terminato di parlare, esco dal mio nascondiglio segreto e con un semplice ed improvviso "Buh!" compaio improvvisamente davanti a lui. Per mia tristezza, ed anche sorpresa, consapevole che sia un po' fifone, Niall non si muove neanche di mezzo millimetro. Lo vedo alzare gli occhi al cielo mentre sorride scuotendo la testa, che fa finire goccioline d'acqua dappertutto a causa dei capelli bagnati.

-Beth, quando ti nascondi, cerca almeno di farlo bene.
Alle sue parole, metto il broncio, per poi portarmi una mano alla nuca, non capendo come lui abbia fatto a vedermi.

-Ma tu come... Come hai fatto a vedermi?
Gli punto il dito contro, squadrandolo con un'espressione confusa in viso.

-Non ti ho visto ma ti ho sentita. Gli attaccapanni ancora non respirano, sussultano e, in più, non sono dotati della capacità di muoversi autonomamente.
Parla con ovvietà, lasciandomi immobile davanti a lui senza riuscire a formulare una frase di senso compiuto. Mi limito, così, ad allontanarmi e sedermi sul bordo del letto del mio amico che oggi, a quanto pare, ha un'aria strana.

-Scusami, dammi massimo dieci minuti: il tempo di asciugare i capelli e mettere tutto in ordine. Quella stanza è un disastro: c'è acqua da tutte le parti!
Poco dopo mi si avvicina, poggiando sul suo cuscino il suo cellulare, l'orologio e il portafoglio, per poi ritornare subito dopo in bagno, chiudendo a chiave la porta alle sue spalle.

-Cosa diavolo gli prende, è str-
Borbotto fra me e me ma mi interrompo quando sobbalzo a causa della vibrazione che avverto improvvisamente sul materasso. Solo qualche secondo dopo realizzo che si tratta del cellulare di Niall. Mi affaccio leggermente per vedere chi sia. So che non dovrei, però ho la sensazione che abbia qualcosa da nascondere. Spalanco gli occhi quando vedo comparire il nome di un certo Matthew Walsh sullo schermo. È lo stesso uomo con cui stava parlando qualche minuto fa. Fisso per qualche istante il legno chiaro della porta che divide me e Niall e, dopo un attimo di esitazione, afferro il suo cellulare, facendo scorrere il dito sullo schermo per aprire la chiamata.

-Allora Alexander, tutto confermato: lunedì arriveranno lì anche Abigail e Steven. Ti contatteranno loro.
Rimango immobile mentre sento la voce di quell'uomo nominare il nome Alexander e parlare di altre due persone che arriveranno... qui. Riesco a premere istintivamente il tasto rosso sulla schermata, cancellare la chiamata appena terminata e mettere l'apparecchio nella sua esatta posizione prima di spegnerlo.

Rimango, così, immobile, in piedi tra la porta del bagno, da cui sento il ragazzo canticchiare mentre si asciuga i capelli, e il letto. Devo andar via subito da qui. Sto per spinger giù la maniglia della porta d'ingresso della camera quando mi blocco appena noto un oggetto: il suo armadio. L'ultima volta aveva nascosto quelle carte e documenti lì dentro. Senza perdere ulteriore tempo, mi precipito verso il mobile in legno, spalancando le ante. Fortunatamente ha deciso di ascoltare l'ultimo album degli Imagine Dragons a tutto volume, altrimenti adesso mi avrebbe già scoperto. Cerco fra i suoi vestiti qualsiasi cosa che sia cartacea ma niente, fino a quando per poco non urlo dal dolore per aver sbattuto violentemente la mano su qualcosa in ferro massiccio. Non riesco a credere ai miei occhi quando realizzo di aver trovato una cassaforte, sotto una montagna di t-shirt. Ha davvero preso possesso di una cassaforte? Ashton, ho paura che tu ti trova a condividere la stanza con uno stalker fuori di testa.

Sento il fiato mancarmi quando non sento più il suono dell'asciugacapelli. Mi alzo in una frazione di secondo, chiudo l'armadio e mi catapulto sul letto, facendo finta di perdere tempo con il cellulare. Niall, che a questo punto dubito sia il suo vero nome, esce dal bagno con un sorriso smagliante, che mi riempirebbe il cuore di gioia se non avessi paura di lui.

-Ehi Beth, ti dispiace se vado a raggiungere un mio amico al dormitorio di fronte? Giorni fa gli ho prestato un libro che mi serve per domani ma lui, al momento, è a letto con la febbre. Puoi aspettare tranquillamente qui, ci metterò al massimo dieci minuti, non di più.
Parla con un'espressione serena in viso alla quale devo rispondere con altrettanta tranquillità.

Appena chiude la porta e dopo essermi accertata che sia andato via, ritorno davanti l'armadio e la cassaforte al suo interno, dopo aver fatto finire le sue magliette in ogni angolo della stanza. Sarò già andata via quando sarà di ritorno.

Mi blocco immediatamente quando vedo un tastierino luminoso con le dieci cifre sopra. Non può essere. La password. Da una persona così astuta da far credere a chiunque di essere un angelo quando invece è l'esatto contrario mi sarei dovuta aspettare un codice di sicurezza.

Inizio così ad inserire le prime date che mi vengono in mente: il suo compleanno, il primo giorno di scuola, e persino il giorno del mio compleanno e quello di Candice ma niente. Mi alzo di scatto, iniziando a far su e giù per tutta la stanza, attenta a non schiacciare gli indumenti sul pavimento.

-Il giorno del suo compleanno non è, il mio e di Candice nemmeno, il primo giorno di scuola neanche a parlarne... Forse i numeri compongono una parola?
Comincio a ragionare ad alta voce mentre continuo a fissare il mio orologio da polso: rimane sempre meno tempo.

Mi abbasso nuovamente verso la cassaforte, iniziando a scrivere "Niall", "Stalker", "Candice", "Cibo", "Chitarra" e persino "Pazzo" tramite il tastierino dei numeri ma nulla da fare: mi nega sempre l'azione.

Continuo a scuotere la testa disperata, con le mani fra i capelli, non sapendo su cos'altro puntare, fino a quando mi blocco. Io. Potrei essere io la soluzione.

Con estrema cautela inserisco i numeri che compongono il mio nome, Elizabeth. Chiudo gli occhi quando premo il 4, l'ultimo numero, e rimango a bocca aperta quando sento un tintinnio seguito da una luce verde lampeggiante. Certo, Beth ha solo quattro lettere e tutti mi chiamano così. Sarebbe stato più semplice. Apro senza pensarci due volte lo sportellino e afferro da lì un mucchio di cartelline, compresa la carta d'identità che trovai già l'altra volta.

"Alexander Doyle, nato a Dublino il 13 settembre 1995."

Non esiste nessun Niall Horan, ma al suo posto c'è Alexander Doyle.
Con mano tremante, appoggio quel documento per terra, prima di afferrare la cartellina che più mi spaventa: la mia. Il mio nome è scritto in grassetto nero sulla copertina chiara e trattengo il sospiro quando la apro.

"Elizabeth Grace Tomlinson, figlia di Derek Lewis Tomlinson e Julianne Ella Carter Tomlinson, è nata il 19 agosto 1998 alle ore 09:05 al Northwest Hospital & Medical Center di Seattle, Stato di Washington."

Continuo a leggere le decine di righe che raccontano ogni singolo istante della mia vita fino a quando gli occhi cominciano ad appannarsi a causa delle lacrime che subito cominciano a rigarmi il viso. Rimango paralizzata quando prendo in mano delle mie foto. Me a Seattle mentre lascio la libreria comunale, me all'aeroporto mentre parlo con l'hostess per il volo mancato, me che atterro a Londra e che aspetto i miei bagagli. Lui lo sapeva. Lui ha sempre saputo tutto fin dall'inizio. Sapeva chi fossi, cosa ci facessi qui e quando sarei arrivata. Non è stata una coincidenza incontrarlo all'aeroporto e poi qui, il mio primo giorno di college. Ha pilotato tutto e tutti, senza che nessuno se ne accorgesse.

Inizio a piangere a singhiozzi quando vedo altre foto. Me alla festa a casa di Ashton mentre parlo con Liam, io e Cassidy per le strade di Londra a comprare i regali di Natale, io che litigo con Zack Bolton, lo schifoso capitano della squadra di basket, e persino me ed Harry alla pista di pattinaggio ad un appuntamento. Harry. Devo andare assolutamente da lui e raccontargli tutto. Infilo così l'ultima foto che mi ritrae in sua compagnia nella tasca posteriore dei miei jeans, getto tutto quello che ho tirato fuori dall'armadio nuovamente al suo interno, comprese tutte le cartelline, e mi precipito immediatamente fuori da quella stanza, andando verso quella di Harry.

Tiro un sospiro di sollievo quando intravedo la porta della sua camera. Aumento la velocità del passo, non vedendo l'ora di sprofondare fra le braccia del mio ragazzo, ma non faccio in tempo a bussare sulla superficie di legno che qualcuno alle spalle mi copre la bocca, bloccandomi, e all'improvviso anche la fioca e candida luce che riuscivo a distinguere dal buio del corridoio diventa scura, lasciandomi avvolgere dalle braccia dell'oscurità.

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