Capitolo 21
BETH'S POV
-Come scusa? Dico con voce tremante.
-Ma mi capisci? Ti ho detto che si è spezzata la chiave!
-Come si è spezzata la chiave?
-Guarda! Siamo bloccati qua dentro!
Cerco di mantenere la calma. Non capisco come abbia fatto a spezzare una chiave. Voglio dire: non ci vuole mica una laurea per aprire una stupida porta.
-E adesso?
Dice interrogativo, come se stesse riflettendo su cosa fare.
-Beh, adesso abbiamo avuto la certezza riguardo una cosa.
-Ovvero? Che in questo college chiavi e serrature sono di pessima qualità?
-No, tesoro. Adesso siamo sicuri sul fatto che sei un emerito idiota! Ti rendi conto? Siamo bloccati qui dentro mentre tutti gli altri stanno in palestra a ballare e a fare altro!
-Io sarei un emerito idiota? Tu sei la decelebrata che mi ha detto di usare la forza!
-Decelebrata? Decelebrata a chi!? Senti coso, intanto ti calmi. Io per "Usa la forza" intendevo di fare un po' più di pressione verso la serratura, non di spezzare la chiave!
-E perchè non me lo hai detto prima, eh?
-Scusami, ti ci vuole davvero qualcuno che ti dica di non rompere una chiave?
-Sei solo una ragazzina snervante, peggio della mia professoressa di matematica!
-Come posso restare calma se siamo chiusi in uno stupido sgabuzzino mentre fuori c'è una confusione assurda!? Se usciremo domani, è pure presto!
-Ma che esagerata, mamma mia. Calmati, tesoro. Hai per caso il ciclo? Sapevo che fossi rompiscatole ma non così tanto!
-Non ho il ciclo e... Ehi, signorino, non sono rompiscatole e snervante come dici!
-Ma davvero? Fatti un esame di coscienza ogni tanto, ragazzina.
-Ragazzina, ragazzina, ragazzina. Quando la finirai di chiamarmi in quel modo?
-Ti chiamerò così fino a quando vorrò, okay?
Siamo ancora in piedi, davanti la grande porta in legno di ciliegio. La luce non è molto forte e, prima che si spenga definitivamente, mi guardo un po' intorno: la stanza credevo fosse più piccola infatti è abbastanza grande, contiene molti scatoloni di cartone dai quali fuoriescono lenzuola bianche. Evidentemente, sarà il posto in cui tengono le lenzuola da cambiare ogni giorno. In fondo alla stanza, noto una piccola finestra dalla quale arriva la fioca luce della luna: stasera il cielo sarà bellissimo, quanto mi sarebbe piaciuto vederlo, magari fuori in giardino, seduta su una delle panchine in pietra.
Ritorno alla realtà quando improvvisamente si spegne la luce. Cerco immediatamente l'interruttore della corrente e, appena lo trovo, la riaccendo. Quando lo faccio, vedo lo sguardo divertito del riccio davanti a me. Beh, di certo non ricambio con un faccino dolcioso bensì con uno omicida. Alla mia vista, il ragazzo scoppia a ridere, rispegnendo la luce. Va avanti così per altri due minuti, fino a quando mi stanco di questo suo giochetto.
-Senti, già è tardi, la luce è una delle poche cose che ci è rimasta, potresti gentilmente smetterla?
-Altrimenti?
-Altrimenti dico alla professoressa di matematica che odi sia lei che la sua materia. Ah, e che tu la consideri una balena in sovrappeso. Non credo la prenderà bene, sai.
Lo vedo improvvisamente irrigidirsi.
-Okay, okay. Sei dannatamente irritante quando fai così.
-Bravo, ragazzo.
Ho capito da subito che ha un odio incondizionato verso quell'insegnante e potrei usare questa piccola cosa a mio vantaggio. Lo so, a volte posso risultare molto irritante, ma anche lui non scherza, per niente.
Vedo con la coda dell'occhio che comincia a frugare tra le scatole presenti nella stanza, fino a quando non sento lo sbattere di due bottiglie di vetro: evidentemente, sta cercando "qualcosa" da bere.
-Cazzo, non si vede un bel niente. Che diamine sarà questo!?
Sbraita, riferendosi ad una bottiglia che ha in mano.
-Non vorrei disturbarti ma io userei la torcia del telefono per leggere l'etichetta, eh.
Riflette su quello che ho appena finito di dire e, subito dopo, vedo che infila una delle sue grandi mani in tasca, alla ricerca del suo telefono, accendendo poi la torcia.
Vedo che sono, ormai, le due del mattino dal display del mio orologio. Già, diciamo che ho una piccola fissazione con gli orologi, li metto sempre e ovunque: mio nonno Ben li amava ed è stato proprio lui a mischiarmi questa piccola passione.
Ero molto legata a lui, come credo che lo sia ogni nipote con il suo adorato nonno. Quando compiei dieci anni, il suo regalo fu un piccolo orologio color champagne, con inciso sul cinturino il nome con cui mi chiamava, "Bettie". Sorrido a quel ricordo.
*FLASHBACK*
-Beth! Beth! Vieni, tesoro!
Sento la voce della nonna dal piano di sotto. Sono buttata per terra, immersa in tutti i miei giocattoli. Mi alzo subito dal pavimento e cerco di aggiustarmi il vestitino rosa che indosso. Prima di scendere, però, porto con me Tippete, il mio coniglietto di peluche. La mamma non vuole nessun animale in casa e, dato che amo Bambi, mi hanno regalato il pupazzetto.
Scendo molto lentamente dalle scale che per me sono ancora molto alte. Una manina la appoggio al corrimano e, nell'altra, stringo forte il lungo orecchio destro di Tippete.
Quando arrivo giù, tutti mi vengono incontro, tutti tranne il nonno, infatti mi intrufolo tra tutte quelle alte persone per andare alla sua ricerca. Lo trovo seduto sulla poltrona in soggiorno, mentre fissa il soffitto, come se pensasse. Corro verso di lui e, quando si accorge della mia presenza, si alza in piedi, vendendo verso di me, per poi prendermi in braccio.
-Piccola Bettie! Sei contenta?
-Certo che sono contenta, ti voglio taaanto bene.
Dico, abbracciandolo o meglio dire, stringendogli il collo.
-Guarda cosa ho per te.
Prende dalla tasca della sua giacca una scatola molto graziosa: bianca con un dolce e delicato fiocchetto rosa.
-Ma è un regalo! È per me?
-Certo tesoro, vedi se ti piace.
Va verso la poltrona, per poi farmi sedere sulla sua gamba.
-Nonno, ma è bellissimissimo! È un orologio! E c'è anche il mio nome, come mi chiami tu!
-Lo so, ti piace davvero?
-Sì, tantissimo! Anche perchè li metti sempre tu.
-Ascolta, piccola Bettie. Non so se da grande ricorderai queste parole, quelle che ti sto per dire. Non lasciare mai che queste lancette smettano di fare "Tic-tac". Sì, certo, il tempo e la tua vita continueranno sempre ad andare avanti, ma questo piccolo oggetto ti farà capire che se ti fermi, rimani indietro, rimarrai indietro, senza capire più cosa succederà. Quando sarai grande lo capirai, capirai che ciò che il tempo non fa, non lo fa e quello che non potrà risolvere, bisogna risolverlo da soli. Il tempo è così veloce: è come se tutto avesse fretta di accadere, come se tutto dovesse finire prima possibile, come se qualcosa di nuovo avesse fretta di nascere. Piccola Bettie, spero davvero che un giorno ricorderai queste parole e spero che guardando l'orologio, capirai che, se qualcosa va male o va bene, lui continuerà sempre a fare quel "Tic-tac", e tu devi fare come lui: andare avanti, ad ogni condizione.
*FINE FLASHBACK*
Grazie a lui, ho imparato ad essere diversa, diversa nel modo di pensare, nel modo di agire e anche il fatto di mettere l'orologio a destra anziché a sinistra come la maggior parte delle persone mi fa sentire ancora più diversa dagli altri. Nonostante avessi solo cinque anni, ricordo perfettamente ciò che disse e solo quando venne a mancare due giorni dopo capii il motivo per cui mi fece quel piccolo discorso.
Mi diedero tutti i suoi orologi da polso in "eredità", così aveva detto a mio padre, suo figlio.
-Beth, mi stai preoccupando. Ci sei?
Ritorno alla realtà quando Harry mi passa una mano davanti il volto. Riesco a sentire l'odore di alcool provenire dalla sua bocca.
-Ma che schifo, Harry! Quanto diamine hai bevuto?
Lo vedo, poi, risedersi per terra, appoggiato con la schiena al muro, con gli occhi rossi fissi su di me.
-Ma fatti i cazzi tuoi per una volta! Piuttosto, mia piccola dolce Beth, perché stavi piangendo?
Davvero sono arrivata a piangere? Davanti a lui? Menomale che è ubriaco: non ricorderà nulla domani mattina.
-Non sono affari tuoi! Anzi, sì che sono affari tuoi! Se non fosse stato per te, adesso sarei o in compagnia di Cassidy o da Niall che non sta nemmeno bene, o meglio ancora nella mia stanza a riposare, invece sono qui con te che puzzi di alcool dalla testa ai piedi.
Continuo a parlare a vanvera, malgrado il ragazzo abbia detto varie volte di star zitta un secondo.
-Non capisco perché prima mi tratti da amica e poi, improvvisamente, come se fossi una totale estr-
Ad un certo punto, non capisco più niente. Non capisco perché è calato di colpo il silenzio nella stanza, non capisco perché ho le mani di Harry appoggiate sul mio viso e non capisco perché ho le sue labbra sulle mie.
Sbarro gli occhi quando mi rendo conto di ciò che sta succedendo. Socchiudo leggermente la bocca per respirare, dato che il mio naso è spiaccicato sul suo ma faccio solo che peggiorare la situazione dal momento che infila la sua lingua nella mia bocca. La cosa che più di tutte non capisco è perché, ad un certo punto, ricambio quell'improvviso e assurdo bacio. Per un momento, mi sento bene, a mio agio. Dopo un po', si allontana, spegnendo la luce e, di conseguenza, ritornando al suo posto.
Rimango cinque secondi impalata, cercando di realizzare ciò che è appena successo.
-P-Perché l-lo hai fatto?
Dico, riaccendendo la luce.
-Era l'unico modo per farti star zitta. Non farti strane idee: da te più lontano sto, meglio è.
-P-Perché dici così? Non ricordi che dovevamo provare ad essere amici?
-Amici? Non farmi ridere, Elizabeth. Se solo tuo fratello sapesse che sei negli stessi 20 mq di Harry Styles, non so cosa gli verrebbe.
-Mio fratello? Louis?
-Mi risulta che tu abbia solo lui come fratello.
-Non ne so nulla, davvero.
-Fa niente, tanto non mi importa.
Perché ha messo in mezzo mio fratello? Forse è meglio che provi a chiamare qualcuno, prima che qui finisca male.
Sto per prendere la borsetta quando mi ricordo di aver lasciato il telefono in carica in camera quando tornai da Cassidy, mandata da Ashton.
-Ehm, Harry?
-Che vuoi adesso?
-Potresti provare a chiamare qualcuno, io ho lasciato il telefono in camera.
-Va bene, va bene, basta che stai zitta.
Riprende il telefono dalla tasca. Vedo, però, comparire sul suo viso quelle piccole rughe che gli escono quando è arrabbiato.
-Cazzo, solo questo ci voleva!
-C-Che è successo?
-La torcia mi ha scaricato il telefono, si è appena spento.
-Oh.
-Ragazzina, credo che fino a quando non ci verrà a cercare qualcuno, noi resteremo qui.
***
Sono le quattro e mezza ormai, e Harry, dopo aver curiosato in tutte le scatole presenti, ha trovato quella degli oggetti sequestrati, tra i quali c'era una pallina da tennis. È da quasi mezz'ora che tira quest'ultima sul muro e, adesso, mi ha profondamente stancato.
-Basta, Harry! È da mezz'ora che tiri quella dannatissima pallina sul muro! Sono stanca.
Mi metto davanti, in modo da riuscire a prenderla per poi tirarla in fondo alla stanza, facendola sbattere contro gli scatoloni. A quel punto, mi viene un'idea.
-Facciamo una cosa: prendiamo una decina di quelle scatole e le mettiamo in mezzo a noi, in modo che tu puoi fare quello che vuoi e io anche.
-Perfetto, sono d'accordo con te. Prenditi delle lenzuola pulite, stanno lì e smettila di rompere.
-Credo che anche tu debba provare a riposare un po': prima delle 10, dato che domani è domenica, nessuno verrà a trovarci.
-Okay, passami quelle scatole.
Per una volta, collaboriamo per un obiettivo comune, anche se, in realtà, questo obiettivo ci "divide".
Dopo aver fatto una sottospecie di muro con molte scatole, ci passiamo le lenzuola e dei cuscini trovati all'interno dei cartoni.
-Ti prego, non dirmi che ti fai problemi a dormire per terra.
Dice con aria di disgusto.
-No, non sono stupida quanto pensi.
-Ah, ecco, menomale.
Detto ciò, spengo la luce, per poi allungarmi per terra; mi appoggio su un lenzuolo, coprendomi poi con un altro.
Provo a chiedere gli occhi, cercando di dormire, anche se sarà difficile sapendo che sei nella stessa stanza di Harry Styles.
***
Sento in lontananza una voce che mi chiama. Non capisco perché Cassidy porti tanta fretta, è domenica, diamine.
Stringo il mio cuscino, come se fosse l'unica cosa che ho.
Continuo a sentire quella voce che mi chiama, cosa vuole la mia amica di domenica mattina?
-Cassidy, cosa c'è? Sai, stanotte ho fatto un incubo: ho sognato che passavo una serata chiusa in uno sgabuzzino con Styles.
Farguglio, continuando a stringere quell'ammasso di piume.
Non sento nessuna risposta dall'altra parte. Strano.
-Cassy?
Dico, fino a quando non decido di aprire gli occhi.
Forse era meglio tenerli chiusi.
Sobbalzo quando mi rendo conto che non stavo abbracciando un cuscino ma Harry.
-Quindi io sarei un incubo?
-Harry!
-Già, Harry Incubo Styles in persona.
-Non mi dire che te la sei presa.
-Scherzi? Non sono cretino.
Prendo dalla mia borsetta uno specchietto per vedere in quali condizioni sono.
Urleggio quando vedo che ho gli occhi da panda a causa del trucco rovinato e colato, i capelli sono a nido di uccelli e ho delle occhiaie che fanno paura.
-Che devo dire io che mi stavi incollata da più di un'ora?
Dice Harry come se mi avesse letto nel pensiero.
-Come un'ora!?
-Eh, sì. Stavo mettendo al proprio posto le scatole, in modo tale da non far baccano stamattina ma appena mi sono sdraiato per riposare un altro po', ti sei attaccata come un koala.
-Scherzi o sei serio?
-Secondo te?
-Scherzi.
-Ti sbagli perché se vedi le scatole sono allo stesso posto di ieri.
Mi guardo intorno, vedendo effettivamente tutto in ordine.
-Non l'ho fatto apposta, giuro.
-Uhm, sì sì.
Ad un certo punto, sentiamo una chiave infilarsi dall'altra parte della porta, tant'è che quella spezzata cade per terra. Sentiamo girarla con sicurezza nella serratura, fino a quando non vediamo la porta aprirsi.
Appena aperta, Harry esce subito dalla stanza senza nemmeno guardarmi, mentre io rimango a fissare due occhi color caramello che cercano di capire cosa stia succedendo.
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Ehiii!
Scusatemi davvero tanto se non aggiorno da più di un mese ma da quando è iniziata la scuola non ho più tempo libero.
Come vi è sembrato questo capitolo? Fatemelo sapere con i commenti o stellinando il capitolo. Un bacio.
-Marts.
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