No longer welcome
Missing moment da 'Find your mirror' incentrato sulla relazione tutt'altro che facile fra Jonathan e Harold.
Di certo Jonathan dovrebbe pensarci due volte prima di condividere con Harold il suo entusiasmo per alcuni Paesi e le loro tradizioni.
Ma fare pace (a modo loro) forse è la parte più bella dei continui battibecchi fra i due.
Questa one shot partecipa al Fluttober 2021. Prompt 31: Holiday Traditions
IMPORTANTE: Se non conoscete 'Find Your Mirror' sarà un po' difficile capire questa storia, ma nemmeno così tanto: immaginate un AU tutti umani, dove Ten altri non è che Jonathan Smith, brillante inventore dall'animo generoso, mentre Harold è la sua nemesi, un inventore come lui, ma di indole ben diversa.
Ovviamente fra loro non può essere tutto rose e fiori, ma è proprio questo il bello.
Diciamo solo che se qui dentro riconoscete qualcosa del Dottore e del Maestro anche in un contesto totalment differente allora ho fatto abbastanza bene il mio lavoro ^^'.
Non metterò note finali, anche perché questo è l'ultimo giorno del Flufftober, non devo annunciare nulla che verrà dopo... ho finito di rompervi le scatole con questa challenge di cui è evidente che non è importata a nessuno ... o quasi :'(
No longer welcome
"Sono certo che ti piacerà dove stiamo andando!" esclamò Jonathan, tutto esaltato, alla guida del suo camper blu.
"Bah quello sta a me deciderlo." borbottò Harold, scettico. "Io già non capisco perché tu mi abbia voluto portare a Oslo!"
Jonathan si voltò verso di lui, con un'espressione fra lo stupito e il deluso. "Ma.. come hai fatto a capirlo?"
"Non sono stupido, lo intuisco da me che non stiamo andando ai Carabi e poi gli ultimi cartelli stradali che ho visto sono stati molto esaurienti." sogghignò l'altro.
"Oh beh, puoi anche aver intuito la destinazione, ma ancora non sai il motivo." non si perse d'animo Jonathan.
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Per quanto fosse bello il paesaggio innevato, il centro storico, il caratteristico fiordo, l'Operahuset, una struttura così particolare che sembra un iceberg uscito dal mare che circonda gran parte della capitale, e lo stupendo lago ghiacciato Sognsvann; di quei giorni di vacanza che si stava godendo col suo ragazzo, a Jonathan premeva solo di arrivare alla Vigilia di Natale.
E quel giorno arrivò.
Nel corso della giornata, mentre passeggiavano per le vie del paese, Harold osservava perplesso tutte le donne Norvegesi che si aggiravano furtive con in mano una scopa, cercando il posto più ingegnoso per nasconderla.
"Le hai viste anche tu, John, vero?" gli chiese.
"Qui ti volevo!" ridacchiò il suo ragazzo. "Fa tutto parte di una tradizione Norvegese: sono convinti che la notte che porta al Natale sia il momento più favorevole per le streghe, i demoni e gli spiriti maligni di entrare nelle case e appropriarsi delle scope per librarsi nel cielo a terrorizzare la gente, ma senza scope disponibili questo non può accadere." gli spiegò, tutto esaltato. "Non trovi che tutto questo sia magnifico? Come una piccola credenza popolare come questa possa rendere tutto così imbevuto di magia?"
"Oh sì, amore, è davvero affascinante." finse di assecondarlo Harold.
Questo gli dava un'idea.
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"Vieni, vieni." lo trascinò con sé la sera stessa Harold, su di giri come un bambino che aveva assunto troppi zuccheri.
"Ma... dove mi stai portando?" si guardò attorno confuso Jonathan.
"Alla piazza del paese," gli spiegò il biondo, senza rallentare il passo. "Ricordi il mio rilevatore della tensione sessuale, quello che praticamente ci ha fatto incontrare?" lo guardò lui, ammiccante.
Fermarsi stavolta era un obbligo.
"E come potrei dimenticarmi quella notte e tutte quelle dopo, fino a oggi?" gli sorrise il castano, prima di tirarlo a sé per un bacio.
"Gli ho modificato il sensore e l'ho settato per fargli rivelare la presenza di... setole!" sogghignò perfido Harold, riprendendo il tragitto che a breve li avrebbe portati sul luogo del crimine.
Jonathan intuì tutto.
"Oh no, no, no, no, no!" cominciò a disperarsi.
"Oh sì, sì, sì, sì, invece!" ghignò l'altro, maniacale, mentre ormai avevano raggiunto la piazza.
Al centro c'erano accatastate tutte le scope che Harold era riuscito a rintracciare, con tutte le donne della città in preda al panico.
"Oh noooo, arriverano le streghe!" di disperò una.
"I miei bambini, devo proteggerli!" si allarmò l'altra.
"Gli spiriti maligni avranno la meglio questo Natale!" mugugnò una terza.
Tutte erano nel panico così totale da non riuscire più a riconoscere quale fosse la propria scopa e nasconderla di nuovo per tempo.
In breve molte finirono per litigare, anche piuttosto violentemente.
"Non è un vero spettacolo?" ridacchiò Harold, crogiolandosi della situazione che aveva creato.
"Per Einstein, Harold! Che diavolo hai combinato?" si agitò Jonathan.
"Solo quello che andava fatto." sogghignò perfidamente l'altro.
"Non è stata una buona idea portare con te un inventore come te che ha una predisposizione particolare per indispettire la gente," rimproverò se stesso Jonathan, ad alta voce, battendo più volte la mano aperta contro la fronte.. "Stupido, stupido, Dottore!"
Se la storia con Martha gli aveva lasciato meravigliosi ricordi, di sicuro gli aveva lasciato quel nomignolo che lei gli aveva affibbiato, al quale sembrava affezionarsi sempre più, ogni giorno che passava.
"Fuggiamo da qui, prima che capiscano che siamo stati noi... anzi, che sei stato tu il responsabile di questo casino!" lo afferrò per la mano il castano. "Quel che è certo è che non siamo più i benvenuti in Norvegia!" aggiunse, mentre si davano alla fuga.
"Perchè non eri con me l'anno scorso in Austria, amore," lo informò il biondo, sempre più divertito. "Mi sono vestito da Krampus ma non mi sono limitato a terrorizzare solo i bambini cattivi, ma tutti quanti!" rise al ricordo, mentre il suo ragazzo lo fissava basito.
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Andandosene dalla Norvegia a tutta velocità, la coppia di amanti era riuscita a raggiungere il Giappone, precisamente il più importante dei templi buddisti, per Capodanno.
"C'è un'usanza ben precisa qui, Harold: a mezzanotte sentirai centootto rintocchi che simboleggiano i centootto tratti peccaminosi di cui liberarsi: avidità, ambizione, egoismo, prepotenza..." cominciò ad elencare Jonathan.
Harold lo guardò schifato.
"Bah, a me sembrano solo dei pregi," fece spallucce. "La bontà è un difetto, che rende troppo deboli, la generosità, che rende imprudenti, l'altruismo, che è la cosa meno appagante di tutte, la modestia denota mancanza di fiducia in sé, il moral..."
Harold non riusciva più a parlare, perché Jonathan gli aveva prontamente tappato la bocca con la sua mano.
"Shhhh, pazzo, se qualcuno ti sente non saremo più benvenuti nemmeno in Giappone!" si allarmò lui, liberandolo solo quanto si fu accertato che non avrebbe proseguito quel discorso così peccaminoso.
"Lasciamo questo tempio noiosissimo e andiamo in cerca di vero divertimento?" gli propose Harold, mentre varcavano l'uscita.
"Non lo so, ho un po' di dubbi su cosa intenda tu per divertimento." borbottò Jonathan, salendo con lui sul camper che non era stato parcheggiato molto lontano da lì.
"Oh beh, dovresti aver imparato a conoscermi in questi mesi, carino!" mormorò Harold, accarezzandogli i capelli, ma l'altro si scostò bruscamente.
"Più ti conosco e meno so chi davvero sei." ringhiò Jonathan, guardandolo truce, i suoi grandi occhi color cioccolato fondente ridotti a due piccole e glaciali fessure.
I piccoli occhi scuri di Harold invece scintillavano di malizia.
"Oh, ma a te tutto questo piace, non puoi dirmi di no." mormorò suadente lui, mettendo l'altro con le spalle al muro.
Letteralmente.
"Lo sento fin da qui il brivido che ti scateno dentro, l'adrenalina che ti provoca stare con me. Negalo, se hai il coraggio!" lo sfidò il biondo.
Jonathan lo fissò in silenzio, con lo sguardo sempre rabbuiato, per dei secondi che sembrarono interminabili.
Poi lo baciò, in modo rude e violento, maledicendo sé stesso e la sua debolezza.
Forse un giorno avrebbe trovato la forza di allontanarsi da Harold Saxon e dalla sua negatività, ma non era quello il giorno.
Le mani di entrambi divennero avide di esplorarsi, spogliandosi a vicenda.
Harold si avventò sul suo collo, mordendolo forte, con l'altro che fu incapace di reprimere un gemito, ancora di più quando sentì la sua mano farsi strada fra le sue gambe, risvegliando con carezze lascive il suo membro.
"Noi ci completiamo, John. Se mi ami, devi accettare tutto di me." ringhiò Harold contro il suo collo, mentre la mano si dava un gran da fare là sotto.
"Finché continueremo a equilibrarci. Finché nessuno di noi due prevarrà sull'altro!" controbattè Jonathan.
Non era certo facile mantenere la lucidità mentale con quello che gli stava facendo l'altro, eppure ci riuscì, ottenendo un cenno di assenso da Harold.
Quella consapevolezza, mista alle ultime e decisive mosse sapienti di quelle mani, che nel frattempo erano diventate due, lo fecero esplodere come una bottiglia di tiepido champagne.
Harold non gli diede il tempo di riprendersi e lo spinse a terra, ponendosi sopra di lui.
Avevano un letto su quel camper ma non c'era il tempo di raggiungerlo.
Si desideravano entrambi e non avrebbero atteso un minuto di più.
Harold lo baciò, tirandogli i capelli in un modo che non si poteva definire affatto tenero, ma a Jonathan andava bene anche così, mentre le sue mani gli afferravano con fermezza le natiche.
In poco tempo Harold fu più che pronto per lui, che non necessitava altri preliminari.
Harold lo penetrò deciso, ottenendo dei gemiti soffocati dal suo amante, che muoveva il bacino per accogliere le sue vigorose spinte.
"Accetti allora che io sia un Maestro nel rovinare l'atmosfera di festa che pullula in ogni stupido paese che mi porti, con le sue patetiche tradizioni?" ringhiò il biondo, aumentando il ritmo.
"S-sì..." gemette l'altro, schiavo della loro passione dirompente.
"Mm. 'Maestro' mi piace. Mi si addice. Dovresti chiamarmi così..." lo spronò, pizzicandogli un capezzolo.
"Aaah!" urlò Jonathan, in un misto di dolore e piacere. "Sì, ma solo se tu mi chiami 'Dottore'!" cercò un compromesso, mentre era a un passo dal raggiungere l'orgasmo.
"E va bene, Dottore!" lo accontentò Harold, portandolo così al punto di massimo piacere e raggiungendolo poco dopo in quell'oblio.
Il tempo di riprendersi e Jonathan ribaltò le posizioni, scivolando sopra Harold, con l'intento di renderlo molto felice.
Gli afferrò il membro, guardando il suo amante famelico, prima di portarlo alla sua bocca.
"Ora pensiamo un po' a te, Maestro."
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Ci sarebbero stati molti altri viaggi, molti paesi e relative tradizioni da scoprire.
Jonathan Smith sapeva che avrebbe dovuto impegnarsi per tenere a freno l'esuberanza del suo partner, ma era pronto a farlo, pur di rimanere con lui, fino a che fosse stato possibile.
Il Dottore non avrebbe mai permesso al Maestro di prevalere.
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FINE
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