Capitolo venticinque-Calendula


Parcheggiai al solito posto. Afferrai la copia delle chiavi della loro casa e mi affrettai a raggiungerle. Infilai la chiave nella toppa e mi sembrò che parte della rabbia accumulata dal giorno precedente scemasse lentamente. Questo era il potere delle abc: riuscivano a calmarmi in qualsiasi momento e situazione, con la loro sola presenza confortante.

-Zie, sono io! Jule May!-urlai per farmi sentire. Non sempre i dispositivi acustici delle prozie funzionavano bene e non volevo che si prendessero un colpo vedendomi entrare nel salotto.

Le trovai sedute tutte e tre sul comodo divano foderato di giallo. Erano così tanto imbottite di innumerevoli maglioni che una solo di loro sembrava il mio quadruplo. Ero sicura che indossassero almeno sette maglie per una. Era molto inquietante da vedere, ma in fondo loro erano le abc.

-Oh, cara! Che bello che tu sia qui!-zia Carolie lasciò i suoi ferretti per lavorare la maglia. Mi avvicinai e la salutai con un bacio affettuoso sulla guancia rugosa.

-Ma oggi non è Domenica, giusto?-zia Abbie stava accarezzando Mr Dodie. Guardai il rettile con diffidenza e mi affrettai a raggiungere le altre due zie per salutarle.

-No, oggi è sabato. Ho deciso di passare perché ho bisogno di passare del tempo con voi.- sorrisi e cercai di non mostrare troppo il mio turbamento.

-Che bella notizia! Stavamo giusto preparando il pranzo. Hai qualche preferenza?- zia Abbie posò sul divano Mr Dodie, che continuò a fissarmi con i suoi occhi vacui.

-Mi va bene qualsiasi cosa, grazie.- sorrisi e mi sedetti su una piccola poltrona che ero solita occupare ogni volta che andavo a trovarle.

-Secondo me, un bel pollo con patate può andare bene.- zia Carolie si leccò i baffi pregustando l'appetitoso volatile che avrebbe cucinato di lì a poco.

-No, oggi si cucina in grande! La nostra bambina è fin troppo sciupata, non vedi?-zia Abbie mi indicò con il ditino ossuto e rugoso e con una faccia preoccupata-Se continua di questo passo, potrebbe morire e non superare l'inverno! Dobbiamo farla rimettere in forze.- si alzò dal divano, portandosi dietro la sua iguana odiosa.

Mentre le mie due zie si affaccendavano dietro i fornelli e litigavano su che tipo di volatile cucinare, io e zia Beth restammo sole. Mi sentivo improvvisamente a disagio: adoravo le abc, però sapevo da anni che zia B fosse da temere. Fin da quando ero poco più di una bambina, era l'unica delle tre sorelle a capire cosa mi passava per la testa. Dava l'impressione di non accorgersi delle cose, ma non era assolutamente così. Sembrava che i suoi occhi potessero vedere e le sue orecchie sentire ogni cosa. Non potevo tenerle nulla nascosto. Era sempre stato così. Avevo diversi ricordi a conferma della mia convinzione. Ad esempio, quando avevo otto anni litigai con una mia compagna di classe e, poco dopo, andai a trovare le zie. Sembrava che nessuna di loro si fosse accorta del mio turbamento, prima che zia B si avvicinasse a me e mi rassicurasse sul fatto che tutto si sarebbe aggiustato. Oppure ricordavo nitidamente di quella volta in cui avevo rotto con il mio primo fidanzatino. Ero convinta di essere riuscita a mascherare la cosa con un sorriso, ma zia B mi offrì una caramella al limone e mi sussurrò che probabilmente non era il ragazzo giusto per me. Fu da quella volta che cominciai a temere di restare da sola con lei, come in quel momento.

Cercai di non pensarci troppo e chiusi gli occhi. Ero tremendamente stanca. Non riuscivo a reggere tutto quello che era successo in meno di ventiquattro ore. Il senso di impotenza e rabbia che mi aveva scaldato il letto quella notte sembrava non essere ancora svanito del tutto. Come avevano potuto farmi una cosa simile? Dopo tutto quello che avevamo passato, con quale coraggio mi avevano tenuta nascosta una simile verità? Forse mi avevano scambiato per una stupida senza cervello, un'oca piena di soldi che meritava di essere trattata a dovere. Ma Catherine...anche lei sapeva? Sentii una morsa gelida al cuore che mi attagliò il respiro. Non ce l'avrei fatta a resistere se avessi saputo che anche la mia migliore amica mi aveva presa in giro. E, come un pugno nello stomaco, la mia mente tornò a Kyle. I suoi occhi azzurri mi riempirono la mente. Come avrei fatto senza averlo più tra i piedi? Lo detestavo, ma allo stesso tempo non riuscivo a far cessare i sentimenti che provavo per lui. Non avrebbe dovuto mentirmi, ma una parte di me sapeva che non avrebbe potuto fare altrimenti. Non ci conoscevamo così bene da poter definire il nostro rapporto confidenziale. Aveva tutto il diritto di tacermi la cosa. E allora perché faceva così male?

-Ancora quel ragazzo?- zia Beth alzò lo sguardo dal suo lavoro a maglia e mi guardò negli occhi. Mi sentii nuda di fronte al suo sguardo indagatore. Succedeva sempre.

Avrei potuto mentirle, anche se era una cosa scorretta. Ma sarebbe stato stupido perché non ero capace a mentire e se ne sarebbe accorta subito. Avrei voluto evitare di parlarne anche lì, nel mio rifugio. Però sfogarmi con zia Beth mi avrebbe fatto bene.

-Sì, zia. Ancora lui.- mormorai, rigirandomi tra le mani la sciarpa rossa a cui ero affezionata. Mi sentivo in imbarazzo, soprattutto per le lacrime che minacciavano di uscirmi dagli occhi stanchi. Non volevo piangere davanti a lei, l'avrei solo fatta preoccupare più del necessario.

-Tutti facciamo errori, bambina mia.- mi guardò negli occhi e allungò una mano per carezzarmi una guancia-La qualità che rende le persone diverse le une dalle altre è la capacità di riuscir a perdonare, a volte. Non so cosa ti abbia fatto, ma probabilmente aveva le sue ragioni per comportarsi come ha fatto. Non affrettarti a dare giudizi solo perché alcune faccende possono sembrarti ovvie. Parlagli e vedrai che si risolverà tutto.-

-Non è così semplice come lo fai sembrare tu, zia Beth.- sussurrai, con le parole che mi morivano in gola.

Lei mi sorrise con la sua dentiera perfettamente bianca e continuò a sferruzzare come poco prima:-Invece lo è, bambina mia. Devi solo capirlo.-

Un secondo e mezzo dopo, zia Abbie e zia Carolie fecero ingresso e mi zittii. Non sapevo nemmeno più che dire a zia Beth, quindi capitarono a fagiolo a salvarmi da quel discorso.

-Alla fine abbiamo deciso di preparare un po' di tutto, così che la nostra nipotina prenda un paio di chili. Poi se non ti piace qualcosa, puoi sempre lasciarla a Mr Dodie. Mangia di tutto!- disse entusiasta zia Carolie.

Guardai il rettile tanto amato e coccolato che mordeva un bracciolo del divano giallo limone. Sì, sapevo che quell'animale mangiava di tutto, anche zia Carolie, se solo ne avesse avuto la possibilità.

Annuii con un sorriso tirato, sperando che nessuna delle altre due zie si accorgesse del mio reale stato d'animo. Ormai zia Beth mi aveva scoperta, ma volevo che il mio malessere rimanesse circoscritto almeno in quella casa. Almeno quand'ero con loro.

Mangiammo sostanziosamente, come era solito succedere a casa delle zie. Cercai di affogare il dispiacere nel pollo al curry e nel sorbetto al limone comparso da chissà dove. Il cibo e le zie erano la mia unica consolazione in quel momento. Riuscii anche a sorridere un paio di volte al comportamento bizzarro delle abc, ma nulla di più. Quella sensazione non andava via. Un peso sul petto che mi schiacciava il diaframma e mi toglieva il respiro. Dovevo sapere di Catherine, ne avevo bisogno.

Sparecchiai di buona lena e portai i piatti in cucina. Le zie stavano discutendo tra di loro su quale ricamo fosse più appropriato per una parente che si sarebbe sposata a breve, parente di cui non ricordavo nemmeno il viso, per giunta.

Restai sola in cucina. Strofinai energicamente i piatti nel lavello, cercando di sfogare l'ansia. Non mi accorsi del telefono che stava continuando a squillare senza sosta sul tavolo della cucina fino a quando non sentii zia Carolie entrare in cucina.

-Tesoro, penso che quell'aggeggio stia per esplodere.- disse soltanto, guardando in malo modo il mio telefono e continuando a carezzare Mr Dodie.

Mi asciugai le mani e mi affrettai a raggiungere il telefono. Il display era illuminato e segnava ben cinque chiamate perse. Lo sbloccai e restai sorpresa nel vedere il nome di Catherine. Perché mi aveva chiamata? Era forse successo qualcosa?

Mi dimenticai di tutta la rabbia accumulata dalla sera prima, che lasciò posto alla preoccupazione. Catherine mi chiamava sempre almeno una volta al giorno, ma non mi aveva mai tartassata di telefonate nel giro di tre minuti.

Composi velocemente il numero che conoscevo a memoria. Mi appoggiai al tavolo della cucina, cercando di restare calma e respirando a fondo.

Imprecai sottovoce quando sentii il terzo squillo senza aver ancora ricevuto una risposta. Un attimo dopo, Catherine rispose.

-Catherine! Cos'è successo?- strinsi il telefono per il nervosismo. Se non mi avesse risposto di lì a poco, avrei dato di matto.

-So che sei stata qui. Dobbiamo parlare.-

E attaccò.

Rimasi a fissare il telefono interdetta per qualche secondo, senza riuscire a capire il suo comportamento. Poi sospirai e lasciai cadere il dispositivo sulla tavola della cucina.

Era arrivato il momento della verità. Finalmente.


Calendula, un genere di piante originarie di Europa, Nord Africa e Medio Oriente. Nel linguaggio dei fiori indica la tristezza.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top