Walls
Giugno 2017
GRACE'S P.O.V
Le cornici che mi ha regalato Candy sono sempre qui, nella nostra camera da letto che, nonostante l'ampliamento, è rimasta la stessa. Sono gli stessi anche i sorrisi dei miei amici, racchiusi in queste cornici colorate che hanno molto più significato di quanto si possa pensare.
Nell'ultimo periodo mi sono trovata ad osservarle spesso. Sono il mio promemoria, il mio attimo di pace dallo stress e dalle preoccupazioni. Non dovrei averne, Harry dice che sono infondate, ma non riesco a pensarla come lui. Non riesco a vedermi con i suoi occhi, ad accettare il mio nuovo aspetto. Non riesco a non lavorare, non riesco a sentirmi inutile... non ci riesco.
Sospiro, sedendomi sul letto. Mancano poco più di due mesi al termine della gravidanza e non so in che condizioni ci arriverò. Sono enorme. Davvero enorme e non so più cosa indossare. Milioni di donne incinte riescono a mantenere dimensioni normali, ingrassando solo in punti specifici o, nei migliori dei casi, crescono solo sulla pancia, ma questo ovviamente non è il mio caso.
Harry minimizza, dice che sono bellissima, ma non riesco a crederci. Ogni volta che lo ripete vorrei solo stesse in silenzio perché ho ancora le capacità di guardarmi allo specchio senza che lui si sforzi di mentirmi.
È uno dei principali motivi dei litigi che abbiamo ultimamente, e ne abbiamo tanti, sempre più frequenti. Pensavo di riuscire a vivere questa gravidanza in modo sereno, ma sto scoprendo cose che non avrei mai creduto.
Ho scoperto che vorrei mia madre qui con me, che fosse presente fisicamente a consigliarmi qual è la cosa giusta da fare, ma non c'è. È dall'altra parte dell'oceano incapace di accettare ancora del tutto la mia scelta. Mi chiama spesso, riusciamo persino ad avere conversazioni lunghe e civili, ma non è come averla qui.
Mya scalcia, attirando le mie attenzioni su di lei. Appoggio la mano sulla pancia accarezzando i suoi piedini. Immagino di farlo ogni volta che fa sentire la sua presenza e nonostante tutto, non vedo l'ora che sia qui. È lei il principale motivo per cui sorrido, è lei il mio attimo di pace e anche la fonte delle mie preoccupazioni, ma la amo già così tanto che il tempo che manca non sembra finire mai. Vorrei averla qui, guardarla negli occhi e cullarla fra le mie braccia. Vorrei farle una foto e inserirla fra le mie cornici.
Il campanello della porta suona. I lavori di ampliamento sono ormai conclusi e non aspettavo nessuno. Forse è Harry che è già tornato dalla sua corsa serale.
Mi dirigo alla porta e la apro. Fra tutte le persone che mi sarei aspettata di accogliere, lui non c'era.
"Gregg?"
Ci vediamo spesso, per lo più di sfuggita e, nonostante Eloise cerchi di rendere la situazione leggera ogni volta che lui e Harry sono nella stessa stanza, la tensione si sente. Si sente la necessità di Gregg di starmi più vicino e la determinazione di Harry nel non permetterglielo.
"Devi dirmi perché.". Lo dice con una voce strana, più acuta del solito. Lo guardo negli occhi lucidi in cerca di risposte che trovo nella bottiglia di sambuca che tiene fra le mani. È ubriaco.
Apro la porta permettendogli di entrare e lui fa come sempre, come prima che Harry entrasse in questa casa, quando in un certo senso era anche sua. Si avvicina al bancone della cucina prendendo posto sul suo sgabello e appoggia la bottiglia di vetro sul tavolo.
Non l'ho mai visto in queste condizioni, non so perché sia qui, ma vederlo in questo modo mi stringe il cuore.
"Stai bene?" domando, prendendo posto davanti a lui.
Il suo sguardo si sposta dalla bottiglia di vetro alla mia pancia. La guarda con circospezione, prima di riportare lo sguardo su di me e ignorare completamente la mia domanda.
"Perché Grace?"
La disperazione che accompagna la sua domanda mi coglie totalmente impreparata. "Perché cosa?"
"Perché non esci di qui", si porta una mano alla testa, chiudendo gli occhi.
"Gregg..."
Non so cosa dire, non so cosa fare, ma lui mi rende le cose più semplici, parlando per primo. "Perché ami lui. Lo so che è così, e io lo so, ma tu non esci. Sei qui. Sei nelle ragazze che incontro. Sei in Anna. Stesse passioni, stessa dolcezza, ma non sei tu. Lei è Anna e non è Grace e il cervello non lo accetta."
Eloise mi ha parlato di lei, della ragazza con la quale lui ha iniziato a uscire e con la quale sembrava trovarsi bene, ma forse non era proprio così. "Anna è la tua ragazza, giusto?"
"Anna era la tua parte migliore. Abbiamo recitato inseme quella parte del copione ti ricordi? E io ero William. Eravamo felici, io ero felice."
Vederlo così è straziante, essere la causa del suo dolore lo è ancora di più, ma la cosa peggiore è sentirmi incapace di aiutarlo. "Lo sei anche adesso Gregg. Mi dici cosa è successo ieri sera, per favore?"
"Anna mi piace, ma a lei non piaci tu. Non le piace che parli di te, ma non posso farne a meno capisci? Vedo un passeggino e vedo Mya. Vedo le stelle e vedo te."
Afferra la bottiglia e fa per portarla alle labbra, ma glielo impedisco. Appoggio la mano sulla sua e questo è sufficiente a fermarlo. Guarda la mia mano stranito, come se non riuscisse a vederla davvero e ne approfitto per sfilargli la bottiglia di mano e allontanarla dalla sua portata.
"Gregg andrà tutto bene, ok? Puoi spiegare a Anna come stanno le cose e puoi sforzarti di tenermi fuori dalle vostre conversazioni. Non è indispensabile mettermi in mezzo, giusto?"
Mi sembra di parlare con un bambino. Non so nemmeno se è il modo giusto di approcciarmi a lui, ma gestire Jamie ubriaco si sta riuacivelando molto più semplice. Lui è semplicemente Jamie, più euforico, ma sempre Jamie.
"Ci ho provato ieri sera, l'ho chiamata tutto il giorno, ma non ne vuole sapere di me. Proprio come te..."
Rimango in piedi davanti a lui, l'istinto mi porterebbe ad abbracciarlo, ma sarebbe fuori luogo. Eloise saprebbe cosa fare, ma io non sono Eloise. "Tua sorella è a casa?"
Scuote la testa energicamente, appoggiandosi allo schienale della sedia. "Is non è mai a casa."
Lo so, il lavoro assorbe tutte le sue attenzioni e ora che lei e Louis hanno instaurato questa pseudo amicizia, il tempo che dedica a noi è diminuito, ma secondo Harry non devo preoccuparmi nemmeno di questo.
"Ascolta Gregg, che ne dici se ti accompagno a casa e ti stendi un po' sul letto?"
"Sei incinta."
Non so cosa voglia dire con questo, ma immagino sia una risposta negativa alla mia domanda. Il suo sguardo rimane puntato sulla mia pancia e la sua mano si muove automaticamente su di essa.
È diverso dal tocco di Harry. Ogni tocco è diverso dal suo e anche se ormai non dovrei più stupirmene, è una bella consapevolezza. Lascio che mi accarezzi, Mya sembra apprezzare e automaticamente sorrido.
"Toglile le mani di dosso."
Mi volto nella direzione dell'ingresso. Harry è fermo a pochi passi da noi, con lo sguardo assassino rivolto a Gregg. Lui non sembra essersi nemmeno reso conto della presenza del mio fidanzato qui. Continua a guardare e accarezzare la mia pancia come se fosse l'unica cosa in grado di farlo stare bene in questo momento di sconforto.
Harry procede velocemente verso di noi con le mani strette in pugno. Mi affretto ad allontanarmi dalla presa di Gregg per impedire a Harry di fare gesti avventati.
"È ubriaco", appoggio le mani sul suo petto, fermando la sua avanzata.
"Non mi interessa, non deve toccarvi. Fuori di qui Gregg!". Fa per superami, ma rafforzo la presa sulle sue spalle. "Harry!", lo ammonisco.
La risata di Gregg alle nostre spalle mi costringe a voltarmi. Ha recuperato un'altra volta la sua bottiglia di sambuca e sta bevendo a grandi sorsi.
Lascio la presa su Harry, strappandogliela di mano. Un po' del liquido trasparente gli cade addosso, un po' sul pavimento, ma non mi importa. Deve smettere di bere.
"È lui.". Gregg punta un dito contro Harry, con uno sguardo serio in viso. Se non so gestire Gregg ubriaco, a maggior ragione non so gestire un Harry geloso.
"Sono io sì, e tu vai fuori di qui adesso!"
Il mio ragazzo fa un passo avanti, ma riesco ad intercettarlo anche stavolta. "Harry, per favore. È ubriaco e non è successo assolutamente niente."
"Aveva le sue cazzo di mani sulla tua pancia, Grace!"
Spero stia scherzando. "Esatto! Sulla mia pancia, e da nessun'altra parte!"
"Oh certo, lui può tutto! Per lui e la sua dannata perfezione è concesso tutto! Mi spiace, ma quando si parla di cose mie, me ne frego di quello che pensi tu!"
È arrabbiato, lo ècome l'ho visto poche volte e non trovo una spiegazione logica al suo comportamento. "Senti, andiamo di là un attimo e cerchiamo di calmarci,ok?"
"No, finché lui non se ne va da casa mia non vado da nessuna parte!"
Mi volto verso Gregg che sembra totalmente estraneo alla nostra presenza. È mezzo sdraiato sulla superficie del tavolo e fissa un punto fuori dalla finestra.
"Harry, non so quale parte della frase non ti è chiara, ma è ubriaco, non si regge nemmeno in piedi..."
"Quindi è pericoloso, tu sei incinta e a maggior ragione deve uscire di qui!"
I suoi occhi verdi sono spalancati. Si sta comportando come un bambino e questo non mi piace. "Sono incinta, non inferma."
"Grace non ricominciare con questa storia, non adesso. Sto cercando di trattenermi di cacciarlo fuori con la forza, quindi non provocarmi."
"Stai facendo tutto da solo."
"Cristo! Smettila di guardarla in quel modo!"
Mi volto, trovando Gregg dietro di me. Ha le mani appoggiate al bancone nel tentativo di reggersi in piedi, con pochi risultati.
"Smettila di parlarle così! Lei è una principessa!"
Risposta sbagliata Gregg, risposta davvero sbagliata. Harry tenta di superarmi per l'ennesima volta, ma lo trattengo per la maglietta. "Vieni di là con me, per favore."
Harry guarda me e Gregg consecutivamente. Quando penso che non mi darà ascolto si volta e, a grandi passi, si dirige nella nostra stanza. Faccio un respiro profondo, tornando a concentrarmi sul mio ospite.
"Gregg, sdraiati sul divano per favore, torno subito. Pensi di farcela?"
Si limita ad annuire, muovendosi nel salotto. Si aggrappa a tutti i mobili che ha a disposizione e finalmente lo raggiunge, lasciandosi andare.
Sospiro, pronta a raggiungere Harry in camera e dare inizio all'ennesimo litigio della settimana. Ce ne sono stati tanti, troppi e vorrei davvero evitare l'ennesimo, ma so che è inevitabile.
L'agenzia gli sta addosso, i media anche. Il fatto che abbiano deciso di prendersi una pausa con la band li ha portati al centro di un turbine mediatico che non gli lascia un attimo di respiro. È solo una pausa, ne avevano bisogno per staccare la spina, ma tutti travisano la realtà puntando sull'anticipo di una rottura netta. Sono obbligati quindi a partecipare ad eventi tutti insieme, per sottolineare il fatto che va tutto bene, e oltre agli impegni che hanno singolarmente, si aggiungono le comparse che sono obbligati a fare. Potrei partecipare anche io, Harry lo vorrebbe, ma se prima ero contraria a dare del materiale ai giornali, ora che sono molto incinta e molto grossa, non ho intenzione di rendermi ridicola davanti al mondo intero.
Apro la porta della nostra camera e lo trovo davanti alla finestra. Indossa ancora il suo abbigliamento sportivo e se non fossi infastidita dal comportamento che ha avuto poco fa, rimarrei sulla soglia ad ammirarlo.
"Se n'è andato?"
"No, è sul divano."
"Deve andarsene."
E lui deve smetterla di comportarsi così. "Non finché non starà meglio, Eloise non è a casa, non può starci da solo."
Scuote la testa incredulo, passandosi una mano fra i capelli. "Perché diavolo ci tieni così tanto?!"
"Perché è un mio amico, non sta bene, e non lo sbatterò fuori di casa perché hai deciso di fare i capricci."
"Ma ti senti Grace? Lui non è tuo amico, non vuole essere il tuo dannato amico e tu lo lasci fare! Gli lasci toccare la pancia come se nulla fosse, ma non può farlo! Sarà la prima e l'ultima volta che lo farà!"
Rimango in silenzio a guardarlo. Spero che non riesca a leggere la sincerità nei miei occhi perché so che darà di matto.
"Perché è la prima volta, vero?"
Mi volto verso la finestra. Odio vedere quell'espressione nei suoi occhi, ma io non so mentire e non ho intenzione di iniziare adesso. "No, non è la prima volta."
Se potessi cancellare quell'espressione ferita sul suo viso lo farei, ma nonostante tutto continua ad essere una reazione esagerata la sua, una reazione che non mi piace.
"Fanculo!". È quello che dice prima di dirigersi a grandi passi verso la porta.
"Dove vai?"
"Lontano da qui."
Lo seguo lungo il corridoio incredula. "Harry non fare l'idiota!"
Non si ferma, continua a camminare imperterrito facendomi arrabbiare. "Faccio quello che voglio Grace! Hai perso il diritto di dirmi quello che devo o non devo fare quando hai scelto di mentirmi!"
Afferra le chiavi della macchina e il portafoglio. Sta scappando da me ed è così assurda come situazione, che fatico a crederci. "Stai delirando! Non è successo nulla! È solo Gregg!"
"Non è solo Gregg e quando lo capirai sarà troppo tardi!"
Sono le ultime parole che sento prima che la porta di casa venga sbattuta violentemente dietro le sue spalle.
***
Trentatrè. Trentatrè ore che non ho sue notizie. Trentatrè ore che sono qui in attesa che lui mi dia un cenno di vita.
Le ho pensate tutte; di chiamare Gemma, Niall, e persino sua madre, ma ho desistito e ora come non mai, sono contenta di esserci riuscita. Si è arrabbiato per una motivazione stupida, si è arrabbiato e se n'è andato come ha già fatto troppe volte. Mi sembra di rivivere una situazione già vissuta, un dolore che conosco alla perfezione e che mi ha accompagnato per mesi interi. Dovrei essere in grado di contrastarlo, dovrei essere capace di trovare la soluzione e fermarlo, ma non ci riesco.
Non riesco a mangiare, non riesco a chiamare Eloise o Jamie, non riesco a fare niente, se non a domandarmi perché... Perché è successo ancora, perché non riesco ad essere abbastanza, perché noi, non riusciamo ad esserlo.
Non sono abbastanza per non discutere, non sono abbastanza per far sì che torni a casa, che dorma nel nostro letto, per far sì che non partecipi a quel dannato evento e soprattutto, per non farlo avvicinare a una donna che non sono io.
Mi ha fatto così tante promesse che sono arrivata a crederci, mi ha detto così tante cose che ero finita per dimenticare cosa significasse essere la seconda scelta di qualcuno, ma ho sbagliato. Ha scelto di tornare nel suo vecchio appartamento, di starci per tutto il giorno e di partecipare ad una serata in cui lei ci sarebbe stata, nonostante tutto quello che è successo. Non è successo nulla, almeno è quello che mi sono ripetuta prima di vedere quella foto.
Sorrido di me stessa e della mia stupidità, sorrido a quella Grace che non si sarebbe dovuta ridurre così. Sorrido perché non avrei mai pensato di trovarmi a cercare notizie sul suo conto, incapace di averle dal diretto interessato. Sorrido perché fa male, perché lo schermo del computer non riesce a filtrare il dolore della realtà. Sorrido, perché lo devo alla mia bambina.
Sono solo trentatré ore. Nulla in confronto agli anni che abbiamo passato insieme, eppure sono bastate, mentre io non riesco ancora a bastare a lui.
Guardo il soffitto della mia camera da letto alla ricerca delle stelle, quelle che mi hanno sempre dato sollievo e che adesso non ci sono più, proprio come lui. Guardo il telefono al mio fianco, cedendo alla necessità che per tutte queste ore, è stata l'unica ad accompagnarmi, una consapevolezza che nonostante tutto, mi accompagnerà per sempre.
Compongo il suo numero a memoria, lo compongo e chiudo gli occhi in attesa di sentire la sua voce. Lo compongo, e aspetto che il dolore passi, ma non succede, resta.
"Cos'ha fatto?"
La sua domanda mi colpisce dritta al petto, facendo vacillare l'ultima possibilità che avevo per non crollare. Per quanto sia lontana, per quanto le cose non torneranno mai più come prima, ci sono cose che nemmeno il destino può cambiare.
"Come lo sai?" domando, lasciando cadere la prima lacrima dal viso.
Il suo sospiro mi raggiunge dall'altra parte del ricevitore. "Sono le tre di notte lì, e per vedere il tuo nome sul display deve essere proprio un'emergenza... Quindi o si tratta della bambina o di lui amica..."
Chiudo gli occhi non appena pronuncia quel soprannome. Chiudo gli occhi, cercando di trattenere le lacrime che non hanno più un solo motivo per scendere. Ora più che mai vorrei che fosse qui a riempire questa stanza vuota, vorrei che mi intrattenesse con uno dei suoi monologhi strani, che mi abbracciasse e mi dicesse che nulla è cambiato.
"Abbiamo litigato. È successo ieri sera e lui non è più tornato."
Dirlo ad alta voce rende la situazione ancora più brutta di quella che è. Ho aspettato che entrasse da quella porta per troppe ore, ho aspettato una sua chiamata per lo stesso arco di tempo, incapace di concentrarmi su qualcosa che non fosse lui, la nostra litigata e le parole che ci siamo detti. La tentazione di chiamarlo è stata alta, ma la dimostrazione che l'importanza che ha dato a me e alla sua bambina è nulla, mi ha portato a desistere.
"Non avevano quell'evento a cui partecipare, stasera?"
Evidentemente le notizie a New York non sono arrivate, evidentemente la mia amica si fida abbastanza del suo fidanzato da non controllare i social come una ragazzina alla ricerca di informazioni che non può avere da lui. "Sì."
Lo dico quasi in un sussurro, perché è proprio quello che ho trovato ad avermi annientata completamente. Più della discussione accesa che abbiamo avuto, più della sua sparizione che ora ha una motivazione ancora più grave.
"Cos'è successo? Lo ammazzo! Giuro che lo ammazzo ed è la volta buona! Grace prendo il primo aereo!"
Sorrido anche se non ne ho motivo, sorrido perché nel caos totale che mi circonda, la mia amica riesce a trovare il modo di essere comunque la mia luce. "No Mad... Raccontami qualcosa e basta..."
"Perché non hai chiamato Jamie? Perché non Eloise? Perché sei lì da sola ad aspettare uno stronzo ingrato come lui?"
Perché lo amo. È la risposta che mi verrebbe spontanea, che cerco di soffocare mentre le lacrime non smettono di scendere. Abbasso lo sguardo sulla mia pancia, accarezzo la superficie come fa lui, ma l'effetto non è lo stesso. Un movimento sotto il mio palmo mi sorprende, facendomi sorridere. "Non sono sola Mad, siamo in due adesso..."
Il sospiro della mia amica mi raggiunge dall'altra parte del ricevitore. "Lo so, e lui non si merita nemmeno la metà di te, Grace. Mi avevi chiesto di non dirlo più, ma non riesco a trattenermi."
Nella sua voce sento qualcosa che mancava da tanto, sento la sua voglia di esserci per me, la sua determinazione nel volermi proteggere da qualsiasi cosa.
"Mi manchi, Mad."
Mi manca così tanto che a volte non riesco a credere che questo allontanamento ci sia stato. Mi manca, e mi chiedo come faccia lei, senza il rapporto speciale che ci ha sempre legate.
"Anche tu, amica."
La sincerità nella sua voce è l'unica nota positiva della giornata, quella che però, mi porta a piangere sempre di più. Non voglio che senta i miei singhiozzi, non voglio che si preoccupi più del voluto, non voglio che senta quanto aveva ragione, quindi rimango in silenzio, in attesa che dica qualcosa, qualsiasi cosa in grado di farmi stare meglio.
"Sto per dire una cosa che non ti aspetti, ok?"
Annuisco, anche se non può vedermi.
"Mya tesoro, chiudi le orecchie se puoi sentirmi...Pensi che possa farlo, Grace?"
Sorrido all'idea, asciugando le lacrime dal viso. "Non lo so, ma dì pure quello che vuoi, è mia figlia, sarà in grado di gestire qualunque cosa tu abbia intenzione di dire, esattamente come ho fatto io in tutti questi anni."
"Giusto... Allora... Harry è uno stronzo. È stato talmente stronzo da farti innamorare di lui. È così stronzo da averti privato di un futuro felice con un ragazzo perfetto, di un futuro armonioso con la tua famiglia. È uno stronzo irritante che avrei voluto investire più volte con un carro armato, in modo da porre fine alle mie, e alle tue sofferenze. È uno stronzo egoista che non sa apprezzare quello che ha per le mani. Sa che ci sarebbe la fila al tuo cospetto se solo levasse le tende, sa anche che anche lui avrebbe la fila fuori dalla porta se decidesse di mettere un punto alla vostra storia, eppure non se ne va."
"L'ha appena fatto." Lo sottolineo con un filo di voce, nel tentativo di rendere meno reale la situazione.
"Tornerà."
Chiudo gli occhi, stringendo il telefono fra le mani. "Lo dici solo per farmi sentire meglio? O è un modo sottile per difenderlo?"
"Ho appena detto che vorrei investirlo con un carro armato, tu che ne pensi?"
Sospiro, appoggiandomi alla spalliera del letto. "Non so cosa pensare."
"Mi hai chiamata per questo, no?", mi domanda. "Grace, quel ragazzo è un disastro, lo sarà per il resto dei suoi giorni perché è nel suo DNA, ma in un modo strano, che non concepisco e che non comprenderò mai, ti ama con tutto sé stesso."
"Mad..."
"Con questo non sto dicendo che non sia stronzo, perché lo è, e deve solo ringraziare il fatto che ci sia Mya adesso, perché l'avrei investito da tempo altrimenti. Voglio troppo bene a quella bambina, per privarla di una padre prematuramente."
Sorrido, accarezzando nuovamente la mia pancia. Vorrei dirle tutto quello che sento, tutto quello che provo, il fatto di non sentirmi abbastanza, il fatto di non riuscire a placare il dolore della sua assenza qui, ma non lo faccio.
"Grazie."
"So come ti senti amica, ma non dovresti. Se lui è troppo immaturo per affrontare le cose nel modo giusto, allora devi farlo tu per entrambi. Lo devi fare anche per Mya adesso, e io ti avevo avvisata da tempo. Gli uomini sono soggetti cerebralmente arretrati, dovevi puntarne uno più grande, ma tu niente, hai voluto lui, più piccolo e stronzo, ed eccoci qui!"
Sta cercando di ironizzare. Sa perfettamente come mi sento e sta cercando di fare di tutto per risollevarmi e a modo suo ci sta riuscendo. Quando interromperò la telefonata la realtà tornerà ad accogliermi, a cullarmi e avvolgermi, ma spero di sentirmi abbastanza forte da decidere la cosa giusta da fare.
"Sei ancora con me?"
"Sempre, Mad."
"Allora dimmi, cosa fanno le bisce?"
Cosa fanno le bisce? Solo lei poteva farmi una domanda del genere, in una situazione del genere. "Strisciano?"
"Risposta esatta! Ed è quello che dovrà fare lui quando tornerà da te. Il mio sesto senso, che si chiama Liam, mi dice che non mancherà molto. A quanto pare il signorino non è riuscito a godersi la serata come avrebbe dovuto o voluto, dipende dai punti di vista."
No. Non voglio che lui si senta obbligato a tornare, non voglio che torni da me perché qualcuno gli ha chiesto di farlo. Non so nemmeno se voglio che ritorni qui, perché non voglio in assoluto crollare davanti a lui e se mi racconterà quello che è successo con lei, semplicemente non ce la farei.
"Non dovevi coinvolgere Liam in questa storia Mad..."
"Liam è un uomo, Grace, e io sono un genio, non arriverà mai a capire il vero significato delle domande che gli sto facendo."
Lo spero, lo spero tanto. "Grazie."
Sembra sia l'unica parola che riesco a dirle mentre il tempo passa, e il dolore lentamente occupa lo spazio vuoto che lui ha lasciato dentro di me.
***
Non sono riuscita a chiedere occhio. Ci ho provato al termine della chiamata con Mad, ma non ce l'ho fatta. Avevo e ho troppe cose a cui pensare, e l'unica cosa positiva forse, è che il dolore ha lasciato spazio alla rabbia.
Il sole è ormai sorto, la sua luce illumina tutte le superfici del salotto vuoto, ma io non riesco ad apprezzarlo. Londra si è svegliata, e io non mi sono mai addormentata. Dovrei riposarmi, mettermi seduta e dare tregua a me, al mio cuore e alla mia bambina, ma non ci riesco.
Mi sposto in cucina, non ho toccato cibo e devo sforzarmi di mangiare qualcosa. Dei biscotti per adesso andranno benissimo. Preparo del caffè, ma sono costretta a fermarmi quando la serratura della porta d'ingresso scatta. Trattengo un respiro nella consapevolezza che è lui, e mi sforzo di non voltarmi, di non dare di matto e di continuare a fare quello che sto facendo senza che la sua presenza mi vincoli, come ha fatto la sua assenza per tutte queste ore.
"Ciao..."
La sua voce raggiunge prima il cuore e poi la testa, ma la pacatezza racchiusa in questo saluto non fa altro che incrementare il mio nervosismo. Sento i suoi passi muoversi alle mie spalle per poi fermarsi. Non mi disturbo a voltarmi verso di lui, non finché non avrò finito di prepararmi il caffè di cui ho tanto bisogno in questo momento.
Il suo silenzio è incredibilmente rumoroso, lo sguardo che sono certa mi sta rivolgendo sarebbe capace di attraversarmi, ed è una delle cose che odio di più. Odio conoscerlo così bene, odio il legame che ci lega, odio che lui riesca a rovinare tutto.
Stringo la moca fra le mani e la appoggio sul fornello. Accendo il gas e la fiammella inizia a riscaldare il metallo lentamente, proprio come la mia forza che piano piano mi scalda i muscoli, portandomi a girarmi verso di lui che mi accoglie con il suo sguardo senza vacillare. Indossa i vestiti di ieri sera, quelli che mi sono trovata a vedere attraverso quelle stupide foto, sinonimo del fatto che, molto probabilmente, sta tornando ora dal locale in cui ha deciso di trascorrere la notte. Ha preferito il divertimento a me, ha preferito se stesso a noi e sono costretta ad appoggiarmi al bancone alle mie spalle per non cadere, colpita da questa consapevolezza.
Segue il mio sguardo attentamente, con quegli occhi verdi che stanotte hanno guardato una donna che non ero io, gli stessi che, soltanto ieri, dicevano di amarmi. Gli stessi che io, nonostante tutto, amo dannatamente tanto.
"Grace..."
Lo fermo prima che riesca a dire qualcosa, lo fermo prima che, con le sue parole, danneggi le ultime parti del mio cuore che devono essere forti per la mia bambina. "No", affermo decisa.
I suoi occhi si chiudono per qualche secondo e le mani che stanotte probabilmente abbracciavano una donna che non ero io, si incastrano nei suoi capelli scompigliati. "Devi ascoltarmi", riprova.
"È quello che ti ho chiesto di fare io ieri sera, ma non l'hai fatto. Perché dovrei ascoltare te, adesso?"
La freddezza nella mia voce colpisce anche me. Tutta la debolezza che ho accumulato nelle trentotto ore di attesa sembra essersi dissolta, lasciando spazio al nulla al quale mi devo aggrappare ora per non piangere.
"Perché ho sbagliato ad andarmene, invece di parlare come due persone civili."
"Te l'ha suggerito Kendall mentre ti sbatteva la sua taglia 38 addosso?"
Mi guarda stupito, evidentemente non sa nulla delle foto, non si aspettava che io sapessi e invece so, so e fa male, so e lo odio.
"Sei in questo mondo da molto più tempo di me Harry, dovresti aver imparato che è difficile nascondersi, eppure continui a dimenticartene. Immagino che lei sia dannatamente orgogliosa di questo, ma non è la cosa importante adesso..."
"Non è successo niente", si difende, facendo un passo verso di me.
Mi affretto a rispondere prima che riesca a superare il bancone della cucina e raggiungermi. "È successo invece. È successo quando hai chiuso quella dannata porta alle tue spalle e te ne sei andato. Mi hai sempre detto che scappare è inutile ed ora eccoti qui a correre fra le braccia di un'altra donna per riuscire a capire. Non ti bastava parlarne con me, hai dovuto cercare conforto in qualcun altro!"
Il tono della mia voce si sta alzando, so che agitarmi non fa bene a Mya, ma non è colpa mia se suo padre è un disastro.
"Stai esagerando...", afferma, nervoso.
Vorrei esagerare, vorrei raggiungerlo e picchiarlo per averci voltato le spalle con tanta facilità. "No Harry! Non sto esagerando perché le cose sono cambiate e tu non l'hai ancora capito. Ti sono davanti 24 su 24, sono talmente grossa che è difficile non essere vista, eppure tu non ci vedi... Il problema è che non fai più solo del male a me, lo fai anche a lei, e questo proprio non posso permettertelo!"
Supera il bancone della cucina a passo spedito, fermandosi a pochi metri da me. Non c'è più niente di solido a separarci, c'è solo il muro di protezione che mi sono sforzata di costruire nella consapevolezza che lo odia. La mia consapevolezza però, è che se lui si avvicinasse ancora, non sarò più abbastanza forte da supportarlo affinché non crolli.
"Ti vedo Grace, ti vedo perfettamente ed è proprio per questo che me ne sono andato ieri sera, perché ho visto uno stronzo qualunque avvicinarsi a lei, avvicinarsi a voi e tu che glielo lasciavi fare come se fosse normale!"
Sta gesticolando, sta alzando la voce nonostante non ne abbia alcun diritto. "Non è uno stronzo qualunque! È Gregg!"
Se i suoi occhi potessero lanciare delle fiamme lo farebbero. "Non ci riesci proprio? Non riesci a pensare a me almeno per un secondo? Tu soffri perché io me ne vado, soffri perché una mia amica passa del tempo con me, ma non pensi che non sei l'unica soffrire, anzi fai di tutto per spingermi a fare quello che ti fa male!"
Il muro è distrutto, mi è caduto rovinosamente addosso, annientando anche l'ultima parte di cuore, quella che cercavo con tutte le mie forze di proteggere per lei. Scusami Mya, scusami piccola.
La mia mano entra in collisione con la sua guancia prima ancora che possa rendermene conto, prima che le lacrime scendano veloci dai miei occhi stanchi. Stanchi di lottare, stanchi di aspettare, stanchi di amare così tanto una persona che in questo momento non se lo merita.
Mi volto dandogli le spalle per prima, battendolo sul tempo almeno per questa volta. Il silenzio alle mie spalle mi dà più determinazione nel proseguire verso la porta di casa, la via di fuga che, stavolta, spetta a me. Non sto scappando, sto solo difendendo la mia bambina, l'unico motivo che mi spinge a non crollare, a non mollare tutto e andare lontano. Lontano da lui, lontano dal male che mi ha fatto, lontano dall'unica persona in grado di distruggermi e aggiustarmi a suo piacimento.
Scendo le scale con le lacrime agli occhi, esco dall'edificio incurante dei richiami del portiere all'ingresso, trovandomi catapultata nel traffico cittadino. Faccio un respiro profondo guardandomi intorno; le persone continuano a passeggiare sui marciapiedi, le mamme portano a scuola i bambini, i lavoratori sono fermi nel traffico e io non posso stare qui.
Inizio a camminare senza meta, senza considerare il fatto che indosso gli stessi vestiti larghi di ieri, senza considerare che non so dove sto andando.
Cammino e piango, cammino finché non ho più lacrime. Cammino nonostante la stanchezza, cammino e mi trovo davanti ad un ingresso che conosco alla perfezione. I bambini stanno entrando, le mamme li salutano e io vorrei essere già a quel punto. Vorrei prendere mia figlia per mano, portarla qui ogni mattina e vederla crescere.
"Grace?"
Alzo gli occhi dall'asfalto scuro, trovando la mia amica davanti a me. "Ciao, El."
Il suo sguardo preoccupato si sposta da me alla mia pancia. "Cosa ci fai qui, Gracy? Stai bene?"
No, non sto affatto bene. Sono stanca. Stanca di soffrire, stanca di lottare e combattere. Sono stanca e basta.
"Posso stare qui?"
Eloise si guarda intorno incerta, prima di posarmi una mano sul braccio. "Certo che puoi restare, vieni".
So che non potrebbe, che la sto mettendo nei casini, ma non so dove altro andare. Potrei raggiungere Jamie, ma ho bisogno della mia amica adesso. Ne avevo bisogno anche ieri sera e sono stata stupida a non chiamarla prima, probabilmente ora non mi troverei qui.
La seguo all'interno dell'edificio, i corridoi sono pieni di bambini che corrono e ridono. È impossibile non essere contagiati dalla loro vivacità ed ora capisco perché lei ama tanto il suo lavoro. Entriamo in un aula dalle pareti azzurre ancora vuota e Eloise si premura di sistemare una sedia vicino alla cattedra.
"Hai lezione? Ti disturbo? Ho solo bisogno di sedermi un attimo e poi vado da qualche parte, promesso."
Eloise mi sorride, prendendo posto di fronte a me. "Sì alla prima domanda, mai alla seconda. Fammi compagnia, inizierai a capire come si gestiscono bambini già grandi. Grandi si fa per dire, eh..."
Sta cercando di ironizzare anche se la preoccupazione traspare dai suoi gesti nervosi.
"Non so gestire i grandi, El." Lo dico senza pensarci, lo dico perché è la verità.
"Sai gestire me e Jamie, per cui sai gestire chiunque...Come sta Mya?"
Guardo istintivamente la pancia, sentendomi in colpa. Uscendo di casa non ho pensato a lei, privandomi del sonno non l'ho fatto. Ho condannato Harry per averci voltato le spalle e io sono la prima a farlo nei confronti di mia figlia. "Penso che stia bene... Forse dovrei mangiare qualcosa."
"Non hai mangiato? Grace!"
"Non avevo fame, El."
Traffica nella sua borsa alla ricerca di qualcosa e quando lo trova, ne estrae un pacchetto di cracker. "Okay non mi posso esprimere in merito per ovvi motivi. Quindi, non ti chiederò cosa ha fatto. Posso almeno sapere dov'è?"
I primi bambini entrano in aula guardandomi curiosi. Cerco di sorridere loro, ma risulta difficile dal momento che la domanda della mia amica, mi ha appena ricordato quello che è successo soltanto poche ora fa. "A casa, penso..."
Gioco distrattamente con la carta trasparente dei cracker, con nessuna voglia di aprirli.
"Mangia Grace. Se continui a fissarlo non diventerà nutrimento per Mya. Fallo per lei, se non vuoi proprio farlo per te. Manderò qualcuno a prenderti una colazione decente appena i bambini entreranno tutti."
Annuisco, seguendo il suo consiglio. La classe è ormai al completo e io sono appena diventata il fulcro dell'attenzione di tutti i presenti.
"Maestra chi è lei?" È un bambino dai capelli castani a domandarlo.
"Lei è la mia migliore amica, salutate Grace."
Un coro di voci dolci mi saluta, prima che una in particolare, spicchi sulle altre.
"Io la conosco! È la fidanzata di Harry!"
Cerco tra i volti, quello ormai famigliare di Cleo e lo trovo. La saluto con la mano, sforzando un sorriso nella sua direzione. Se ricordo la difficoltà che ho avuto la prima volta nell'approcciarmi a lei, non posso fare altro.
"Chi è Harry?"
Il bambino dai capelli castani persiste nel suo interrogatorio e avrei così tante risposte da dargli, che nessuna sembra essere quella giusta per un ragazzino della sua età, ma a salvarmi ci pensa Cleo. "Harry è un principe!"
Lo è. Lo è davvero nonostante sia un disastro. Lo è nell'aspetto, lo è nei modi di fare, lo è nei miei confronti quando non litighiamo per questioni stupide.
"Se vogliamo definirlo un principe, diciamo che è un principe moderno senza cavallo che ha trovato una bellissima principessa."
Sorrido nei confronti della mia amica che sta cercando di sollevarmi il morale.
"Quindi parliamo dei principi oggi?" , domanda il bambino curioso.
"Se volete possiamo parlarne. Tu che principe saresti, Sam?"
Guardo Sam in attesa di una risposta. Si è spostato i capelli scuri dal viso, arricciando le labbra rosse. I suoi occhi scuri si illuminano, prima di dare la risposta. "Un principe che va sullo skateboard!"
I bambini della classe ridono, contagiando anche me.
"Bello, è pur sempre un mezzo di trasporto. Non è vero, Grace?"
Eloise sta tentando di coinvolgermi, ma il sonno inizia a farsi sentire. Nascondo uno sbadiglio con la mano, con scarsi risultati. "Vero maestra..."
La mia amica nasconde un sorriso, rivolgendosi ai suoi alunni. "Allora ognuno di voi prenda un foglio dall'armadio. In ordine come sempre, e disegni il principe o la principessa che vorreste essere..."
I bambini esultano, dirigendosi poco ordinatamente verso l'armadio della classe. Eloise ne approfitta per avvicinarsi a me.
"Da quanto non dormi, Grace?"
"Da quando lui se n'è andato."
Mi guarda in attesa di risposte che non ho molta voglia di dargli e lei evidentemente non ne capisce il motivo. "Perché non mi hai chiamata?"
Sospira profondamente, controllando che tutto vada bene nella stanza, che i bambini abbiano ripreso il loro posto.
"Parleremo dopo una bella dormita. C'è la stanza in cui i bambini si riposano dopo pranzo. E non dirmi di no, perché non mi serve la tua incoscienza adesso. Hai una bambina a cui pensare, una bambina che percepisce tutto. A lui ci penserò io. Non si dovrà lamentare quando troverà i suoi ricci sul pavimento. Testa di-"
Si blocca prima di dire qualcosa che qui non dovrebbe dire, strappandomi un sorriso.
"Grazie El e scusa. Mi dispiace di essere piombata qui..."
Mi punta un dito contro, recuperando qualcosa dalla cattedra. "Ripetilo e inizierò a picchiarti sul serio. Io ci sono Grace, lo sai."
Lo so e non la ringrazierò mai abbastanza per questo e per tutte le cose che quotidianamente, inconsciamente, fa per me.
HARRY'S P.O.V
Sono un disastro. Me lo sono ripetuto così tante volte negli anni, che pensavo di non trovarmi più in una situazione del genere. Dagli errori si dovrebbe imparare, io invece continuo a sbagliare. Sbaglio nei modi, sbaglio nei tempi e sbaglio con la donna che amo. È proprio perché la amo così tanto che sbaglio. Sbaglio perché odio la possibilità di perderla, sbaglio perché lui non lo farebbe mai con lei e questo mi fa impazzire.
Stringo il suo telefono fra le mani, nella speranza che suoni, che mi dica dove si trova per portarla qui, con me, il posto in cui dovrebbe essere e dal quale io non mi sarei mai dovuto allontanare. Le ho fatto male, lei ne ha fatto a me con le parole che ha detto, ma se posso gestire il mio dolore, non riesco in assoluto a sopportare quello che vedo dipinto nei suoi occhi, soprattutto se la causa sono io.
Mi passo una mano sul viso, cercando di trovare una soluzione. Dovrei chiamare Jamie o Eloise, ma il fatto che non abbia ancora ricevuto notizie da parte loro, implica che probabilmente non ne sanno nulla. Il biondo senza dubbio sarebbe piombato all'evento con intenzioni poco civili, e se non è ancora successo, vuol dire che è all'oscuro di tutto, ed è più grave del previsto.
Non è successo niente con Kendall, non riuscirei nemmeno ad avvicinarmi ad un'altra donna che non sia lei e so che quelle foto mostravano la possibilità del contrario, ma non è la realtà e voglio che lei lo sappia. La amo troppo per farle una cosa del genere, la rispetto così tanto che mi farei male al solo pensiero di tradirla. Controllo nuovamente il suo telefono in cerca di risposte, ma tutto quello che vedo è la nostra foto. Noi e il suo pancione, noi e la nostra bambina che non vedo l'ora di stringere al petto. Ho una dannata paura di sbagliare con lei, ho così paura di non riuscire ad essere un buon padre con la mia attitudine ai disastri, da non riuscire a chiudere occhio la maggior parte delle notti, ma non scapperò. Resterò per loro perché voglio esserci, a dispetto di quanto è successo soltanto ieri sera.
La suoneria del mio telefono invade l'appartamento vuoto e silenzioso. Mi affretto a rispondere non appena leggo il nome sul display. "Pronto, El?"
"Non so cosa sia successo e nonostante abbia voglia di tirarti le orecchie, non posso farlo."
È arrabbiata quindi sa tutto, ma questo vuol dire anche che ci sono possibilità che sappia dov'è la donna che ho appena deluso.
"È lì con te? Stavo uscendo a cercarla, ha lasciato qui il telefono. Sta bene?"
Eloise sospira, facendo una pausa. So che vorrebbe insultarmi, ma sono felice che si stia trattenendo, ho bisogno di una risposta positiva. "Lei è qui. Bene però è una grossa parola..."
Dannazione! "Merda! Arrivo subito, El!"
Recupero le chiavi della macchina e il portafoglio, prima di chiudere la porta dell'appartamento alle mie spalle.
"Perché non ci hai pensato prima, Harry? Ho solo capito che te ne sei andato. Che cazzo ti passa per la testa?!", bisbiglia l'ultima parte affinché gli spettatori che ha, non possano sentire. "Comunque sta dormendo nella stanza del riposino. Vieni più tardi, ha bisogno di tranquillità. Sia lei che tua figlia, visto che per colpa tua non ha mangiato e non ha dormito."
Eloise ha evidentemente intenzione di farmi sentire in colpa e ci sta riuscendo alla perfezione. Sono un coglione e ho un dannato bisogno di vederle e verificare che stiano bene.
Scendo nel garage sotterraneo e, a grandi passi, mi dirigo alla macchina. "Mi passa per la testa che quello stronzo di tuo fratello deve starne fuori! Era qui ieri quando sono tornato e ho dato di matto. Ho sbagliato, lo so che ho sbagliato, ma quando ho visto le sue mani sulla sua pancia...io... Io non ho capito più niente, El! Me ne sono andato perché avevo bisogno di stare per conto mio. Ieri sera avevamo una serata e c'era anche Kendall. Non è successo niente, te lo giuro! Dio, non potrei mai farle una cosa del genere, ma qualcuno deve aver scattato delle foto e lei le ha viste."
La mia amica sospira. È arrabbiata con me e ha tutte le ragioni per esserlo. "Mio fratello è già fuori da un pezzo. E non per volere suo, Harry, ma di Grace. Sta avendo un figlio con te, cosa vuoi più di questo? Ti sta donando la sua vita e tu, stupido, te ne vai di casa? Avresti dovuto chiamare me e avrei trascinato via mio fratello, ma lei non meritava questo trattamento. E sai cosa succede ogni volta che ci sei di mezzo tu, lo sai Harry. Perché sei così insicuro? Perché non capisci quanto lei ti ami? Lo vedono tutti dannazione, e tu non riesci a stare lontano da Kendall!! So che non è successo nulla, perché mi voglio fidare di te. Ma lei merita qualcuno che resti, non che scappi. Per cui resta Harry..."
Chiudo gli occhi istintivamente sentendo le ultime parole. Non ho mai avuto intenzione di andarmene, non lo farei nemmeno sotto tortura e solo ora mi rendo conto di aver dato a tutti l'impressione sbagliata con il mio comportamento stupido.
Accendo il motore, immettendomi nel traffico cittadino. "Lo so che mi ama El, ma tuo fratello avrà sempre un ascendente su di lei. Lo vedo nei suoi occhi quando è in circolazione, lo vedo dal modo in cui gli permette cose che ad altri non permetterebbe mai. Non ho dubbi sul sentimento che ci lega, faccio solo fatica ad accettare che lui sia così importante per lei da farle toccare qualcosa che è solo nostro. Ti sembrerò pazzo mentre lo dico, ma non capisco più niente quando vedo qualcuno toccare la sua pancia... Soprattutto se è lui a farlo. Resterò per sempre al suo fianco, non sono scappato, avevo solo bisogno di calmarmi o l'avrei ferita dicendole cose che non pensavo. In ogni caso sto arrivando, la porto a casa e potrà dormire qui."
"È vero, forse mio fratello sarebbe stato perfetto per lei. Ma il suo cuore è tuo, tua figlia è tua. Lui non è mai arrivato dove sei arrivato tu. Nemmeno io dovrei toccare la sua pancia, allora? Scusa, ma stavolta hai sbagliato Harry... In ogni caso credo sia meglio che tu rimanga dove sei. La accompagnerò io. Siamo in una scuola, non posso permettere scenate. Ho quasi finito, la porto io..."
Scuoto la testa anche se lei non può vedermi. "El, sono già in macchina. Ho bisogno di vederla subito e parlare con lei. Ti prego, è stata una notte d'inferno..."
Lo è stata davvero, nonostante fossi obbligato a fingere di stare bene. Le persone mi parlavano e io non ascoltavo, Kendall tentava di distrarmi, ma non ci sarebbe mai riuscita, nemmeno se si fosse impegnata davvero. Solo Grace ci riesce, solo lei e il suo essere incredibilmente perfetta e troppo importante per me.
Il sospiro di Eloise mi raggiunge, prima del suo assenso. "Okay. Ma solo perché ti voglio davvero bene."
Sorrido, schiacciando l'acceleratore più del dovuto. Sono dannatamente fortunato, ho tutto quello che un uomo vorrebbe al mondo; una fidanzata fantastica, un lavoro gratificante, degli amici eccezionali e adesso anche una bambina in arrivo.
"Grazie, sei un tesoro. Ci vediamo lì."
Interrompo la telefonata concentrandomi sulla guida. È un orario pessimo per immettersi nelle strade di Londra, ma non ho alternative. So anche che i giornali mi troveranno e avranno molto da raccontare, ma non mi importa nemmeno di questo. L'unica cosa importante sono loro.
Parcheggio la macchina sul retro dell'edificio, correndo all'ingresso. Mi affretto ad inviare un messaggio a Eloise per informarla del mio arrivo e poco dopo compare dal corridoio.
"Non posso lasciare la classe, sto facendo lezione. È l'ultima porta in fondo, niente scenate Harry e rimandami i bambini che sono con lei per favore. Con te parliamo dopo!"
Sta parlando a bassa voce, ma riesce ad essere minacciosa anche così. Mi affretto a lasciarle un bacio sulla testa, prima di incamminarmi in quella direzione e risolvere la situazione.
Apro la porta e lo spettacolo che mi si presenta è sufficiente a darmi il colpo di grazia. Grace sta dormendo rannicchiata su una piccola sdraio. Ha le mani sulla pancia, il sole proveniente dalle finestre illumina il suo viso stanco e mi chiedo come faccia a dire che non è bellissima. Lo è in ogni momento della giornata, lo è così tanto che passerei ore a guardarla. Lei e il suo pancione, lei e la mia bambina.
"Tu sei il principe?"
Abbasso lo sguardo, trovando due paia di occhi ad accogliermi. "Cleo? Cosa ci fate qui?"
Mi abbasso all'altezza dei due bambini. Chiacchierare con Cleo è ormai un'abitudine consolidata, come il fatto di essere stritolato dalle sue braccia, proprio come sta accadendo in questo momento.
"Stiamo facendo la guardia alla principessa. Lui è Sam."
Guardo il bambino dagli occhi castani che mi sta scrutando con attenzione. "Ti ho chiesto se sei il principe. Se non lo sei non puoi stare qui. Devi uscire."
Se non fosse che la mia ragazza dorme a pochi passi da noi, e ho una grande necessità di parlare con lei starei al gioco, ma non ho tempo per loro adesso. "Sono solo Harry e tu dovresti tornare in classe."
"Dobbiamo proteggere la principessa, la maestra ci ha detto così."
Bene, sembra che io non abbia scelta. "Ok, sono il principe, adesso posso raggiungere la mia principessa?"
Cleo annuisce con vigore. "Dorme, quindi dovrai svegliarla con un bacio. Nei libri funziona così!"
"Bleah!". Sam si porta le mani sulle labbra, rivolgendomi uno sguardo schifato. Gli do ancora qualche anno e poi non sarà più così tanto contrario ai baci.
"Non so se funzionerà anche con lei, è una principessa speciale lo sai?"
Cleo mi guarda attentamente e per un istante sono riuscito a catturare anche la curiosità di Sam.
"Perché nella sua pancia c'è un bambino?". È lui a domandarmelo e senza controllarlo, gli passo una mano fra i capelli scuri. L'ingenuità con cui i bambini crescono e vivono le loro giornate dovrebbe essere d'esempio a tutti. Saremmo persone migliori, io per primo lo sarei, e spero di riuscire ad esserlo prima che mia figlia nasca.
Voglio essere pronto per lei, voglio insegnarle tutte le cose belle che ci sono e proteggerla da quelle brutte. So che Grace riuscirà nell'intento alla perfezione, ma voglio farlo insieme a lei, voglio davvero aiutarla a crescere, e crescere con lei.
"Anche per quello."
"Le principesse speciali possono avere solo principi speciali, quindi non devi avere paura."
Cleo afferra la mia mano, incamminandosi verso Grace. Sta dormendo profondamente e non vorrei svegliarla, ma ho bisogno di spiegarle la situazione più di qualsiasi altra cosa.
Mi inginocchio di fianco alla sdraio, percependo immediatamente il suo profumo dolce. Istintivamente appoggio una mano sulla sua pancia, sperando di rassicurare la mia bambina. Non succederà più quello che è successo, ci sarò sempre per loro, a costo di litigare furiosamente con la sua fantastica, ma testarda madre.
I bambini mi stanno guardando, so che si aspettano che io la baci, e ho tutte le intenzioni di accontentarli. Lo faccio dolcemente e le risatine dei due mi arrivano lontane quando Grace apre i suoi occhioni scuri, che incontrano subito i miei.
"Harry...Cosa?"
Fa per mettersi seduta, ma le poso una mano sulla guancia, trattenendola. Devo allontanare il nostro pubblico, prima di affrontare qualsiasi discussione con lei. "Potete andare in classe adesso, la principessa è al sicuro."
Cleo annuisce, prendendo per mano Sam. Non sembra molto convinto di lasciarci da soli, e forse ha ragione. La porta si chiude alle loro spalle e io mi volto verso Grace.
È senza dubbio sveglia adesso; le sue piccole mani a proteggere la pancia e il suo sguardo severo rivolto a me. "Cosa ci fai qui?"
"A quanto pare sono un principe e la mia missione è salvarti, quindi eccomi qui principessa."Non so se ironizzare è il modo giusto per affrontare tutto quello che è successo, ma non voglio litigare ancora con lei.
"Sei in ritardo e fortunatamente non ho bisogno di essere salvata da nessuno. Mi hanno insegnato a farlo da sola."
Non ha intenzione di rendermi le cose facili e non posso biasimarla. "Non è successo niente con Kendall. Era all'evento e sapevi che ci sarebbe stata. Sai meglio di me che i fotografi riescono ad immortalare quello che vogliono, ma non è successo niente. Ci siamo semplicemente parlati, come fanno due amici. Niente più di questo." Voglio che lo sappia, che almeno questo punto venga chiarito subito, ma lei non sembra darci molto peso.
"Te ne sei andato Harry." Lo dice guardandomi negli occhi con quello sguardo deluso che mi ha dedicato solo una volta nella nostra relazione. Io la stavo lasciando per il suo bene, inconsapevole del fatto che ci stavo solo facendo del male.
"Me ne sono andato di casa, non da voi."
"È la stessa cosa. Hai dato di matto per una cavolata e non hai fatto nemmeno una telefonata. Non è questo il modo di affrontare i problemi, a maggior ragione con una bambina in arrivo. Ha bisogno di suo padre, non di una persona che entra e esce dalla porta di casa a suo piacimento."
Assimilo il colpo prendendone atto. Sono stato immaturo e esagerato, ho pensato a me e non a loro, mentre lei in questo momento sta pensando principalmente a Mya, come avrei dovuto fare io. La guardo negli occhi nella speranza di scorgere un po' della luce che ha sempre quando mi guarda, ma stavolta non la trovo.
"E tu? Hai bisogno di me?"
Mi sento un bambino, forse meno coraggioso di Sam, ma l'idea di perderla è qualcosa che la mia mente non riesce nemmeno a elaborare.
"Non è questo il punto."
Sposta lo sguardo dal mio, focalizzandosi sulle sue mani. L'anello che le ho regalato è sempre lì, sul suo anulare sinistro a racchiudere tutto quello che siamo, che siamo stati e che saremo sempre. Se voglio che mi perdoni devo essere totalmente sincero, a costo di risultare un pazzo possessivo ai suoi occhi.
"Non sopporto che qualcuno la tocchi. So che sembra una stronzata, ma l'idea delle mani di qualcuno che non sia io sulla tua pancia, mi fa dare di matto."
"Eloise e Jamie lo fanno di continuo davanti ai tuoi occhi, non hai mai avuto una reazione così."
"Loro non sono semplicemente qualcuno."
So che sta per dire che nemmeno Gregg lo è, ma non lo fa, si trattiene e lo sta facendo per me, nonostante tutto.
"So che gli vuoi bene Grace, l'ho accettato perché anche quella è stata una conseguenza di un mio sbaglio, ma so cosa gli passa per la testa quando ti guarda. È così fottutamente onesto che chiunque riuscirebbe a capirlo quando siete nella stessa stanza, e odio che sia così. Ho fiducia in te, ho fiducia in noi, ma non posso permettergli di arrivare anche a lei, non come è arrivato a te."
Il suo sguardo si addolcisce, mentre mi guarda. "Non dovevi comunque reagire così. Sarebbe bastato che tu me lo dicessi."
"Lo sai che sono un disastro e sai anche che non ti farei mai del male volontariamente."
"Stanotte me ne hai fatto tanto."
I suoi occhi lucidi mi comunicano la stessa cosa che ha appena detto a parole, e vorrei tornare indietro nel tempo e spostare le lancette. "Sono un disastro, lo sappiamo da sempre e sto cercando di non esserlo per te, e per voi. Ti posso solo assicurare che non succederà più. Litigheremo altre mille volte, ma non me ne andrò. Non è stato facile nemmeno per me stanotte."
Grace sospira, spostandosi i capelli dal viso. "So che ti sto rendendo le cose difficili, che sono intrattabile, insicura come forse non lo sono mai stata nella vita, ma non posso controllarlo. Vorrei solo essere sempre al massimo, delle mie possibilità, del mio modo di essere, ma spesso non ci riesco. Forse perché non ci sono più solo io, forse perché adesso c'è anche lei, e il fatto che tu te ne sia andato, preferendo una serata qualunque a noi, è stato il colpo di grazia."
Sospiro, intrappolando la sua mano nella mia. "Grace, dimmi solo cosa devo fare per farti stare meglio. Le tue insicurezze sono ingiustificate, sei fantastica come al solito, lo sei ancora di più proprio perché adesso c'è anche lei."
Le accarezzo una guancia, incapace di starle lontano. Vorrei solo che riuscisse a guardarsi attraverso i miei occhi, sarebbe la soluzione ad ogni cosa.
"Provo a crederci, ma ogni volta che mi guardo allo specchio crolla tutto. So a cosa sei abituato, la foto di ieri sera è stato l'emblema dell'intera situazione e io voglio che tu abbia sempre quello che ti meriti."
Scuoto la testa, sorridendole. "La verità è che non ti merito affatto. Non merito quello che sei, non merito la tua bellezza, non merito nemmeno una particella della persona fantastica che riesci ad essere per me, ma ti voglio. Ti voglio e non ti lascerò andare. Sarò dannato per il mio egoismo forse, ma se questo è il prezzo da pagare per averti nella mia vita, per avervi nella mia vita, allora lo pagherò e basta."
Grace mi guarda negli occhi, appoggiandosi maggiormente alla mia mano. "Non farlo più..."
"Mai, te lo prometto."
Chiude gli occhi mentre una lacrima solitaria le bagna la guancia. Mi affretto a raccoglierla con il dito, ristabilendo il contato visivo con lei, non appena riapre gli occhi.
"Ci sei mancato papà..."
È quasi un sussurro il suo, ma è sufficiente a farmi battere il cuore.
Senza pensarci la sollevo dalla piccola sdraio, facendole passare un braccio sotto le gambe e uno dietro la schiena. La stringo a me, alzandomi in piedi. Grace mi guarda sorpresa con i suoi occhioni grandi. Si aggrappa con le braccia al mio collo, donandomi quel calore che in tutte queste ore mi è mancato troppo.
"Cosa fai? Sono pesantissima..."
Le lascio un bacio sulle labbra, prima che possa aggiungere altro."Porto a casa le mie principesse."
SPAZIO AUTRICE
Chiamatemi "regina del melodramma" da ora in poi xD
Forse ho esagerato, ma è venuto così ♡
Ringrazio JustMeandLouisT per avermi aiutata con le battute fra Eloise e i nostri protagonisti :)
Fatemi sapere cosa ne pensate, al prossimo flash 😘
Un bacio! Greta ♡
P.S: Healthy vi aspetta ;)
N.B: #signofthetimes
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