The chain
Ottobre 2020
L'anello nuziale è un simbolo importante.
Non avrei mai creduto di riuscire ad attribuire ad un oggetto una tale importanza, ma la piccola fede d'oro bianco che porto all'anulare sinistro da un anno, ormai, lo è.
È un bel promemoria, è un punto di arrivo, la fine che segna l'inizio di qualcosa e forse non è un caso, il fatto che sia circolare, a simboleggiare qualcosa di continuativo, duraturo e chiuso. Chiuso come un rapporto solido, basato su valori importanti. Chiuso come una protezione, come un recinto che impedisce ai problemi e alle cose negative di entrare.
Qualcosa però dev'essere andato storto. Le cose negative entrano, forse da un ingresso secondario, forse nei momenti di distrazione a ricordarmi che, per quanto un cerchio sia chiuso, questo non implica che non si possa spezzare.
La mia fede è ancora qui, al suo posto, al sicuro, ma la gioia che provavo nell'osservarla fino a qualche mese fa sta lentamente affievolendo. Non è svanita, in cuor mio so che non svanirà mai, ma lo stress e le incomprensioni, unite alla lontananza, fanno sì che le cose belle passino in secondo piano.
Mya però non passa mai, rimane sempre al primo posto; delle mie priorità, della mia felicità e di tutte quelle cose straordinarie che la sua nascita ha portato nella mia vita.
Ecco perché mi trovo qui, con lei, nella sua stanza, a spiegarle perché suo padre ritornerà fra qualche ora, per poi ripartire l'indomani.
Non erano questi i programmi, non erano queste le promesse che aveva fatto a me e a lei. E se io ci sono abituata, una bambina di tre anni follemente innamorata di suo padre, semplicemente non può. Non può perché, quando lo vede, i suoi occhi si riempiono di gioia. Non può perché lui è il suo eroe, perché a lui bastano due minuti per farsi perdonare dell'assenza. Perché, quando lui entra nella stanza, tutta la tristezza di mia figlia passa in secondo piano. Al primo ritorna ad esserci l'amore; l'unica costante della nostra piccola famiglia, sin da quanto si è formata.
L'amore è l'unico elemento che non potrei mai mettere in dubbio. Non posso mettere in dubbio il mio, nè quello di Harry nei confronti di Mya e viceversa. E questo, per il momento, basta a chiudere il cerchio.
"È ora di vestirsi, piccolina!"
La sua espressione imbronciata è sufficiente a comunicarmi il suo disappunto. "Sono già vestita!" Indica il suo pigiama rosa, spostandosi i capelli dal viso, e i suoi occhi verdi compaiono in primo piano. Loro sono il mio punto debole, lo saranno sempre, e a volte vorrei che non fossero uguali a quelli di Harry, perché sarebbe tutto più facile; dirle di no, e far sì che i suoi capricci non si trasformino in vizi.
"Un vestito vero, Mya. Papà arriverà a breve e dobbiamo andare dalla zia a cena, ricordi?"
Annuisce poco convinta, ma si alza in piedi, abbandonando il vestito della bambola che Jamie le ha regalato lo scorso Natale. "E poi voliamo?"
Sorrido davanti alla sua innocenza, davanti a quell'espressione speranzosa che le attraversa il viso, quando c'è la possibilità di un viaggio in programma. In questo caso c'era. I biglietti prenotati per il volo che partirà domani pomeriggio anche, ma i programmi di Harry sono cambiati e, con i suoi, i nostri. Noi non partiremo per Parigi, non andremo a Disneyland Paris, ed è una fortuna che avessimo deciso di farle una sorpresa, perché altrimenti le avremmo rovinato un piccolo sogno.
Se ne sarebbe dimenticata dopo poche ore, sarebbe bastato che Harry la stringesse e la coccolasse per un po' per allontanare tutte le delusioni, ma mi ero ripromessa di non dargliene, di evitare il più possibile che i suoi castelli crollassero, perché io sono sempre stata un'esperta in materia e non voglio che mia figlia possa ripercorrere i miei passi. So che non posso salvarla per sempre, so che ad un certo punto dovrò lasciarla andare, lasciare che la vita la travolga, come è giusto che sia, ma, finché posso, voglio solo che sia felice.
Allungo le mani nella sua direzione e lei, come ogni volta, le afferra con le sue. "Per stavolta non voliamo, ma la prossima volta faremo un viaggio lungo lungo, va bene?"
Le sto promettendo qualcosa che non so se potrò mantenere. Sto cercando di evitare che la mia delusione diventi anche la sua, ma i suoi occhi verdi e vispi riescono a vedere oltre. "Perché non voliamo più?"
Perché. È la parola che preferisce, la parola che dice più spesso e, se normalmente adoro soddisfare la sua curiosità, oggi vorrei solo essere brava come lui a rendere tutto più semplice. "Perché il papà deve ripartire amore... Che ne dici di mettere il vestito bianco che ti piace tanto?"
Cerco di evitare il suo sguardo, cerco di cambiare il discorso, spostandolo su un campo che, di solito, attira tutte le sue attenzioni, ma stavolta non funziona. "Perché il papà parte sempre?"
Vorrei avere tutte le risposte alle sue domande. Vorrei essere abbastanza brava da spiegarle chi è suo padre e cosa fa nella vita, ma per lei è la normalità. Per lei è solo suo padre; che canta, che si esibisce su un palco, che viene acclamato dalla folla e non posso pretendere che capisca, non posso nemmeno chiederglielo. Mi siedo davanti a lei, tenendo strette le mani nelle sue. "Ti piace quando papà canta?"
Annuisce con vigore, mostrandomi il suo bellissimo sorriso. "Canta bene come me."
Sorrido davanti alla sicurezza che mostra, e adoro che, anche in questo, sia così simile a lui. "Non sei l'unica bambina a cui piace tanto quando papà canta. E siccome papà è un uomo generoso, vuole rendere felici tutte le persone del mondo e quindi canta per loro... È il suo lavoro."
Mya mi osserva per qualche secondo, prima di imitare la mia posizione e mettersi seduta davanti a me, a gambe incrociate. "Perché tu rendi felice solo Tim Tim, e papà tutto il mondo?"
Tim Tim. È così che chiama il mio capo, è in questo modo che si è guadagnata la sua simpatia e quella di tutti i miei colleghi. "Perché facciamo due lavori diversi, piccola. Sai che la mamma non è brava a cantare come voi..." allungo la mano, spostandole i capelli mossi dal viso.
Mya annuisce poco convinta, spostando lo sguardo verso la finestra. Approfitto della sua distrazione, per tornare sull'argomento cena. "Quindi... Vestito bianco?"
Annuisce ancora, alzandosi dalla sua postazione, per raggiungere l'armadio. La seguo, aiutandola a recuperare il vestito prescelto e l'aiuto a vestirsi.
Cerco di parlarle dell'asilo, di Jamie, di tutte quelle cose che normalmente attirano la sua attenzione, ma, a lavoro ultimato, il suo sguardo continua ad essere triste. Mi sforzo il più possibile per accantonare la mia delusione in un angolo remoto del cervello, di rimandare tutto a più tardi, quando lui arriverà e saprà risolvere questa faccenda con lei meglio di me, ma mia figlia mi precede, dandomi il colpo di grazia.
"Il papà vuole più bene al mondo che a me?"
Mi abbasso alla sua altezza, facendo in modo che i suoi occhi grandi siano al livello dei miei. "Il papà ti vuole tanto bene, Mya. Tanto tanto tanto bene, non dubitarne mai, okay?"
È vero. La ama così tanto che a volte penso di non avere bisogno di altro. Penso che mi basterebbe guardarli insieme per eliminare tutto il resto, ma purtroppo ci sono cose che, quando lui è lontano, non possono cancellare. Non posso fare a meno che nascano dentro di me, non posso fare a meno che mi colpiscano e che mi svuotino. Non posso, e non posso nemmeno far sì che Mya, risenta di tutto questo. "...Il papà ti ama tanto piccolina, e fra poco sarà qui. Non sei felice?"
Il suo sorriso grande ritorna in primo piano e le sue braccia si aggrappano a me, mostrandomi tutto il suo entusiasmo. È felice, è entusiasta e sono certa che, come ogni volta, lo aspetterà sulla poltrona in salotto, in modo da avere una piena visuale della porta d'ingresso.
Ed è esattamente il posto che raggiunge, correndo, anticipandomi fuori dalla stanza. Si arrampica sulla poltrona, si mette comoda con la sua bambola fra le braccia e lo aspetta; in silenzio, senza scomporsi, in attesa della sua fonte di felicità più grande. Mi soffermo sulla porta a guardarla, ad osservare quanto, quell'uomo, nonostante tutto, riesca a darle. E vorrei essere così anch'io. Vorrei riuscire ad essere semplicemente felice, vorrei riuscire ad accontentarmi delle ore e dei giorni, delle dosi di felicità donate con un contagocce, ma non ci riesco.
Non ci riesco più, e spero che l'accontentarsi di Mya riesca a contagiare anche il mio.
***
La cena era ottima, la compagnia anche, e sono felice che Gemma ci abbia invitati da loro questa sera. Avevo bisogno di distrarmi, di condividere il suo ritorno con qualcuno che non fosse mia figlia, di spostare l'attenzione su qualcosa che non fosse la sua imminente ripartenza, ma nel silenzio della nostra stanza da letto rimaniamo solo noi.
Mya dorme, è crollata non appena abbiamo preso posto in macchina, lasciandoci quello spazio per noi che, normalmente, sarei riuscita a godere a pieno. Stasera però non ci riesco, non ci riesco a maggior ragione se lui persiste nel guardarmi in quel modo seduto sul bordo del letto. Non ci riesco perché ho imparato a leggere nei suoi occhi e tutto quel risentimento mi sta distruggendo.
"Hai intenzione di evitarmi ancora per molto?"
Non lo sto evitando, sto solo cercando di essere forte, di affrontare questa cosa nel modo giusto. Non voglio litigare con lui, non voglio che abbia questo ricordo di noi, ma non posso nemmeno evitare di provare quello che sento. Mi avvicino all'armadio dandogli le spalle.
"Grace, cos'è successo?"
Odio che mi chiami così, odio che questa conversazione debba avvenire. "Non è successo niente, Harry. Sono solo amareggiata... Ci tenevo a trascorrere qualche giorno insieme; io, te e Mya, come una vera famiglia... Perché non mi ricordo l'ultima volta che l'abbiamo fatto..."
Si sposta i capelli dalla fronte, passandosi una mano sul viso. È stanco, è stressato, e io non dovrei dargli ulteriori pensieri, ma non sono fatta per accontentarmi. Non sono fatta per sopportare e accettare qualcosa che non va. "Avrei voluto anche io, lo sai. Ma devo rispettare le scadenze e non potevo prevedere che Mitch si ammalasse... Se avessi avuto un'alternativa, l'avrei messa in atto, ma non c'è... Mi dispiace, mi dispiace tanto."
Lo dice spesso. Lo dice ogni volta che i programmi vengono sconvolti per un'intervista, un'altra tappa del tour o qualcosa che, a causa del suo lavoro, non va come deve andare. "Lo so. È solo che sta diventando estenuante... Mi manchi. Manchi a Mya, che inizia a porsi domande che non dovrebbero nemmeno passargli per l'anticamera del cervello... E stavolta ci tenevo davvero... Ma non preoccuparti, lo capisco..."
Lo capisco davvero. La parte di me che ama follemente quello che fa e quello che è lo capisce, lo supporta, ma poi entra in gioco anche l'altra parte; quella di una moglie che troppo spesso si sveglia con un lato del letto vuoto, di una donna che torna a casa dal lavoro e si trova a preparare la cena solo per sé e per sua figlia. E questa parte di me, odia profondamente tutto il resto.
"Che tipo di domande?"
"Va tutto bene, Harry. Ho già risolto..."
"Che domande, Grace?"
Odio quello sguardo. Odio la preoccupazione e odio dovergli dire quello che vuole sentirsi dire, perché sarà solo peggio. "Si chiede se suo padre voglia più bene al mondo, ai suoi fan, che a lei..."
Mya è tutto per lui. Mya è la sua luce, è il principale motivo dei suoi sorrisi e so quanto, questo, lo metta in difficoltà. "Fantastico..." si siede pesantemente sul letto, con la testa fra le mani.
"Le ho spiegato che non è così, Harry, e ci crede. Ti adora, sei tutto per lei e non potresti mai deluderla."
Scuote la testa, alzandosi nuovamente in piedi. Fa qualche passo nella stanza, prima di fermarsi e puntare i suoi occhi verdi nei miei. "Dobbiamo trovare una soluzione... Ho bisogno di essere più presente nella sua vita, Grace."
Lo so, lo sappiamo entrambi e sapevamo anche che sarebbe stato tremendamente difficile far conciliare tutto, ma non riesco a trovare una soluzione al problema. So che c'è, so che è una sola, e forse è proprio questo a farmi così male. "Cosa proponi?"
Non ha mai avuto il coraggio di dirlo ad alta voce. Non ha mai provato ad avvicinarsi al discorso, perché sapeva che mi avrebbe colpito, e l'ho amato tanto per questo. Stasera però quel coraggio ce l'ha, e ancor prima che pronunci quelle parole, so già che saranno il colpo di grazia. "Dovresti lasciare il tuo lavoro e seguirmi. Dovreste farlo tutte e due."
La delusione che ho cercato di trattenere per tutto il giorno sfocia tutta in una volta. Sfocia l'insoddisfazione, la solitudine e il senso di impotenza che provo davanti a tutta questa situazione. "Cosa? Mandare all'aria tutti i miei sogni? O privare mia figlia dell'unico spazio di normalità che ha?"
Mi guarda come se stessi delirando. Mi guarda e fa un passo verso di me, puntandomi un dito contro. "Non metterla su questo piano, non parlare in questo modo di lei. Stai sminuendo ogni cosa."
Anche lui lo sta facendo. Lo fa quando si comporta in questo modo, quando l'amore che leggo solitamente nei suoi occhi scompare, lasciando semplicemente il verde.
"Lo fai anche tu, Harry. Lo fai quando non ci sei, quando si sveglia e ti cerca e io devo trovare una motivazione valida e comprensibile per una bambina di tre anni. E non hai la minima idea di quanto sia difficile! Non puoi nemmeno immaginare quanto sia complicato trovare le parole giuste, per far sì che lei capisca."
Non voglio parlare del lavoro. Non voglio parlare di me, perché non avrebbe nemmeno dovuto farmi una richiesta simile. Non vorrei nemmeno parlare con lui in questo momento... E forse è la cosa più grave.
Tenta di smorzare la tensione, sforzando un sorriso. "Lo so. Sei una madre fantastica, sei eccezionale e troppo spesso ti trovi a colmare gli spazi che io lascio vuoti, Grace. Ed è per questo motivo che ti sto chiedendo di seguirmi e lasciar perdere il resto. Mya ha bisogno di questo."
"Mya ha solo bisogno di normalità... Il resto è una parte di me. Il resto è il mio lavoro, la mia carriera, quello che ho costruito in tutti questi anni. E tu mi stai chiedendo di mollare tutto."
Si passa una mano fra i capelli, ancora e ancora. "Non ti sto chiedendo di mollare tutto. Ti sto suggerendo l'unica soluzione... Non ti sto obbligando a farlo..."
Scuoto la testa incredula, allargando le braccia. "Io non mi permetterei nemmeno di suggerirtelo..."
Abbassa lo sguardo, privandomi anche del verde. "Grace... È diverso, lo sai anche tu..."
Non c'è sicurezza nella sua voce, non c'è cattiveria. C'è solo la pietà e non è quello che voglio da lui.
Gli do le spalle, sedendomi sul letto. Non mi volto, non lo guardo. Avrei solo bisogno che mi toccasse, che mi abbracciasse e mi ricordasse quanto, questo matrimonio, significhi per lui. Quanto io sia importante per lui... ma non lo fa. Resta in silenzio, confermando per l'ennesima volta, la differenza che c'è fra di noi.
Non dovrei stupirmene. Ho avuto modo di constatarlo ogni giorno, da sei anni a questa parte. Ma quello che è sempre stato il nostro punto di forza, si è trasformato nell'anello debole.
Guardo il nostro anello. Lo guardo e mi sembra improvvisamente stretto, pesante, tanto che sono costretta a spostarlo, a sistemarlo, sperando che, anche tutto il resto, lo faccia con lui.
"Certo... È diverso. Ha tutto un peso diverso in questa relazione...", dico, con un filo di voce.
"Stai travisando le mie parole."
In un attimo è davanti a me. Il verde in primo piano e le sue mani grandi alla ricerca delle mie, ma non le trovano. Le sposto prima che possa afferrarmi, prima che la delusione che percepisco, intacchi anche lui. "Non sto travisando proprio niente... È tutto chiaro, Harry. Tutto incredibilmente chiaro..."
Vorrei essere diversa. Avrei voluto avere ambizioni diverse nella vita perché, in quel caso, questa conversazione non avrebbe avuto luogo. Lo avrei abbracciato entusiasta, avremmo fatto l'amore ricordandoci l'un l'altra quanto siamo stati fortunati a trovarci... Così compatibili, così simili... Ma non lo siamo. Siamo due parti di qualcosa, che lottano ogni giorno per far funzionare l'intero.
"Grace... Dimmi cosa devo fare..."
Le sue mani si posano sul mio viso, obbligandomi a guardarlo.
"Non devi fare niente, Harry. Non sta a te fare qualcosa."
"Questo è l'esatto motivo per cui non volevo portare avanti questa relazione. Erano le mie paure, ed è evidente che le mie ragioni erano valide."
Continua a guardarmi, inconsapevole del fatto che le sue parole mi stiano colpendo una ad una come lame. Mi fanno male, mi bruciano, mi rendono debole; mi fanno perdere tutto. "La porta è sempre aperta. Nessuno ti ha puntato una pistola alla testa, nessuno ti ha chiesto di sposarmi. Sei libero di andare quando vuoi..."
La sua espressione non cambia, rimane combattiva, ferma, espressiva. "Vuoi che me ne vada?"
Vorrei la sua stessa sicurezza. Vorrei il suo sangue freddo... Ci stiamo lasciando? Come siamo passati dal dover trascorrere un week-end in famiglia, a questo?
Poso le mani sulle sue, chiudendo gli occhi per un secondo. Il suo profumo invade la stanza, il suo tocco caldo invade i miei sensi, ma la consapevolezza di quello che sta accadendo qui dentro, invade il mio cuore. "Vorrei avere la libertà di andarmene io. Vorrei poter uscire da quella porta e fare una passeggiata per schiarirmi le idee. Vorrei poter andare al lavoro senza che una troupe di giornalisti mi stesse alle calcagna. Vorrei poter portare mia figlia al parco, senza che loro la spaventino. Questo è quello che vorrei, e vorrei che tu potessi farne parte ogni giorno."
Abbassa il capo, quasi sconfitto dalle mie parole, prima di avvicinarsi e posare la fronte sulla mia. "È quello che vorrei anch'io, ma vorrebbe dire cancellare tutto quello che sono."
In cuor mio lo so. Ho sempre vissuto Harry; il mio ragazzo prima e mio marito poi, ma non posso dimenticarmi che Harry, non può prescindere da Harry Styles. Amo entrambi, li amo in modo diverso, e quello che odio, è far sì che le nostre vite non possano continuare, così come sono, a correre parallelamente. Uno di noi due deve lasciarsi alle spalle qualcosa, ma non so se sono io quella pronta a farlo. "È il motivo per cui, io, non ti chiederei mai di rinunciare a quello che sei."
Chiude gli occhi un'altra volta, privandomi del suo calore. Si alza in piedi, rimanendo in una posizione di vantaggio davanti a me. Lo sarebbe a prescindere, lo era anche prima, perché mi basta guardarlo per capire che, la maggior parte dei miei sogni, riguardano lui.
Riguardano quegli occhi belli, quelle labbra carnose, quelle mani grandi che riescono a darmi tutte le sicurezze di cui ho bisogno. Riguardano lui, ma cancellano tutto quello che riguarda me.
"Vado a vedere se Mya sta bene, tu riposa."
È con queste parole che si congeda. Lascia la stanza, lascia uno spazio vuoto che, per tutta la notte, non colma. Mi rifugio sotto le coperte, in attesa che torni, che mi stringa fra le braccia e mi sussurri che non è cambiato nulla, ma la sua parte del letto rimane vuota, e la cosa assurda è che lui, stavolta, non si trova in un altro continente, ma è qui, seppur lontano.
***
Il momento della sua partenza è arrivato. Il suo borsone in pelle è pronto all'ingresso, le braccia di Mya aggrappate a lui, e il mio cuore che ne sente già la mancanza. L'ha sentita per tutta la notte, l'ha sentita stamattina, quando mi sono svegliata e l'ho trovato addormentato sulla sedia a dondolo in camera di Mya.
"Torno presto, piccolina, tre giorni e sarò di nuovo qui. Sei felice?"
Il modo in cui le parla, in cui la guarda, in cui riesce a darle tutte le certezze del mondo è qualcosa che non smetterò mai di amare. Non smetterò mai di amare lui, nonostante tutto. Nonostante sia consapevole che potrebbe decidere di volere un'altra vita diversa da questa, con una donna diversa da me. So che c'è questa possibilità, so che ci ha pensato tanto ultimamente, non si spiegherebbe il suo allontanamento fisico nei miei confronti, ma non sono in grado di reagire.
Non so cosa fare, non posso pregarlo di volermi perchè sarebbe un insulto a me stessa che non posso permettermi. Non posso permettermi nemmeno di perderlo, di perdere l'amore della mia vita, perché ne soffrirei a tal punto, da non essere più in grado di esserci nemmeno per Mya.
Il pizzicore familiare delle lacrime mi mette in allerta. Non posso pensare al peggio, non posso pensare a questa eventualità, ma solo al modo per sistemare le cose.
"Ehi..." È qui davanti a me, il suo sguardo puntato nel mio, e la sua mano che si allunga fino a raggiungere la mia guancia. "Va tutto bene, Grace."
Grace, di nuovo. Non piccola, non amore mio, solo Grace. Chiudo gli occhi, cercando di fermare tutto; le lacrime, le preoccupazioni, la mancanza. Fermo tutto dietro alle mie palpebre, dietro ai miei occhi che, però, hanno sempre un estremo bisogno di guardare all'interno dei suoi. "Buon viaggio, Harry. Scrivimi quando atterri a Los Angeles."
Il suo sorriso stanco fa capolino sul suo viso, risollevandomi almeno un po' dal peso che sento. "Mi sembra assurdo dirlo, o anche solo pensarlo, ma credo che questi giorni ci faranno bene. Pensa a quello che ci siamo detti, anche io lo farò, e quando tornerò troveremo una soluzione a tutto, okay?"
Annuisco, perché non riesco più a parlare. Annuisco, perché ho una dannata paura che, stavolta, una soluzione non ci sia.
La sua mano si sposta dalla mia guancia al mento. Mi obbliga a guardarlo di nuovo, mi obbliga ad affrontare la situazione. "Non voglio nient'altro di diverso da questo. In questa stanza, c'è tutto quello di cui ho bisogno... Vorrei solo potervi vivere di più. Nient'altro, Grace, non dubitarne mai."
Non so come faccia. Non so che dote innata abbia, nel sapere esattamente quello che penso, ma lo sa. Dovrebbe sapere anche che ho un estremo bisogno di un abbraccio, di un contatto diverso da questa carezza, ma me lo nega, lasciandomi un semplice bacio sulle labbra.
Non è uno dei suoi, è veloce, sfuggevole, esattamente come lui che si dirige all'ingresso seguito da una Mya evidentemente triste.
"Ci vediamo presto, prenditi cura della mamma mentre non ci sono, okay?"
Le lascia un bacio su una guancia un'ultima volta, prima di recuperare il borsone e uscire, lasciandoci sole.
Mya guarda la porta chiusa, immobile. Se n'è andato. L'ha fatto tante volte prima, ma non così. Forse lo sa anche lei. Forse è per questo motivo che corre nella mia direzione, aggrappandosi alle mie gambe. Forse è il suo modo di perdersi cura di me...
"Ehi, piccolina..." Mi abbasso alla sua altezza, trovando i suoi occhioni espressivi pronti ad accogliermi.
"Perché papà non vuole che voliamo con lui?"
Perché deve lavorare, perché è successo qualcosa fra di noi, perché questi giorni, a detta sua, ci serviranno per chiarirci le idee. Eppure le mie sono chiare... Sono sempre state chiare, sin da quando mi sono iscritta alla Sorbonne, sin da quando lui si è fatto rumorosamente spazio nella mia vita.
Questi giorni non mi serviranno affatto, non se utilizzerò i giorni di permesso che ho chiesto al lavoro, per rimanere chiusa all'interno di queste quattro mura. C'è solo un modo per capire cosa è davvero importante, cosa sono disposta a perdere; ripercorrere gli stessi passi che ho fatto per arrivare fin qui, consapevole delle cosaonoscenze che allora, non avrei mai immaginato di riuscire ad apprendere.
Mya è ancora in attesa di una risposta al suo perché, ma stavolta mi prendo la libertà di sviare il discorso e distarla in un modo che, spero, funzionerà.
"Che ne dici se voliamo solo io e te per stavolta?"
Probabilmente è una pazzia. Non ho organizzato nulla e dovrò arrangiarami con quello che troverò non appena saremo atterrate, ma il sorriso grande di mia figlia, mi dà la spinta per prendere in mano la situazione e tentare di risolvere davvero le cose; per me, per lei e per noi.
Partiamo.
***
Gli anni, qui, sembrano non trascorrere mai. I roseti sono sempre perfetti e le eleganti case residenziali anche.
Il tempo sembra fermarsi a Rosedale, e in cuor mio so che è anche questa la ragione per cui, tanti anni fa, ho sentito la necessità di andarmene.
L'atmosfera che si respira qui, però, è incredibilmente famigliare e non avrei mai creduto che mi sarebbe mancata. La cosa bizzarra è che me ne accorgo solo ora; ora che guardo le case correre fuori dal finestrino, che supero il cancello di casa mia, nonostante la voglia di incontrare gli sguardi famigliari dei miei genitori sia davvero alta... Ma devo resistere. Non capirebbero la mia presenza qui e arriverebbero a conclusioni che rovinerebbero l'equilibrio che il mio matrimonio ha sancito nella nostra famiglia.
"Hai sempre evitato questo posto come la peste..."
La macchina si ferma davanti all'edificio, costringendomi a rivolgere le mie attenzioni al conducente. Ho evitato di farlo dal momento in cui è venuto a prenderci all'aeroporto, e l'intento era quello di continuare a farlo fino a destinazione, ma lui, ovviamente, non era dello stesso parere e onestamente non posso biasimarlo.
"Non è vero."
"Allora è la mia presenza che ti porta qui..."
"Sai che non lo è. E scusami ancora se ti ho chiamato, ma non sapevo chi altri contattare..."
"Per la quidicesima volta, Grace, non è un problema. Se scarrozzarti in giro per il Canada è l'unico modo che ho per vederti, allora va bene anche così."
Non va bene, non va bene per niente e la parte più saggia del mio cervello, quando ha saputo che Candy si è trasferita in Texas per lavoro, e quindi non poteva accompagnarmi qui, era quasi tentata di cancellare tutto. Ma mi è bastato guardare il sorriso di Mya per capire che dovevo correre il rischio.
Il rischio, Red, lo impersonifica alla perfezione. Lui è il rischio, e forse è giunto il momento di affrontarlo.
"Me lo rinfaccerai per sempre?"
"Cosa? Il fatto che tu non mi abbia invitato al tuo matrimonio, o che tu abbia evitato di rispondere a tutti i messaggi che ti ho mandato in questi... tre anni?"
Colpita e affondata. "Non li ho evitati tutti..."
"Oh, hai ragione! Quelle stupide risposte copia in colla ai messaggi di auguri avevo dimenticato di considerarli."
Chiudo gli occhi, cercando di allontanare il senso di colpa. Sono qui per cercare di risolvere le cose, non per accumularne altri.
"Possiamo parlarne dopo?"
La mia mano è già sulla portiera e l'attenzione di Mya è troppo rivolta alla conversazione che sta avvenendo in questa macchina.
"Possiamo, non ho fretta. Vi aspetto qui."
Red si volta, facendo un saluto militare a Mya. Gliel'ha insegnato non appena siamo arrivate, quando lei cercava in tutti i modi di nascondersi dietro alle mie gambe per evitare i suoi occhi chiari, guadagnandosi la sua simpatia.
"Quando vinciamo, possiamo andare dai nonni?"
Ho dovuto inventarmi la scusa di nascondino per giustificarle il fatto che non saremmo passate a salutare i suoi nonni. È sbagliato, lo so, soprattutto perché loro la adorano e mia madre sembra rinata da quando l'ha tenuta fra le braccia per la prima volta. A volte penso che mia figlia sia davvero un miracolo, che quegli occhi verdi siano in grado di tante cose e, una di queste, è proprio quella di guadagnarsi l'amore di mia madre, quello che con me non è riuscita a dimostrare nel modo giusto. Ma non voglio che lei si immischi, non voglio dargli preoccupazioni di cui non hanno bisogno e, se voglio davvero ripercorrere i miei passi, lo devo fare nel modo corretto: partendo da me.
Mi astengo dal rispondere a Mya fino a che raggiungiamo il luogo che, come ha detto Red, ho evitato per tanto.
Mi sono sempre giustificata dicendo che non mi serviva venire qui per ricordare, ma in cuor mio so che è stato un gesto di protezione. Trovarmi davanti alla sua foto, ai fiori che nonna non manca di portargli freschi tutte le settimane, al granito bianco della sua lapide, rende tutto più vero. Lui è qui. Non è più sul suo camion troppo vecchio, non è più seduto in cucina a leggere il giornale, non è più sulla sua poltrona reclinabile a guardare le partite di calcio.
Non è più con me, e mi manca. Mi manca anche se sono passati anni, anche se si è perso gran parte della mia vita. Mi manca perché mi sarebbe bastato uno sguardo per capire la cosa giusta da fare, mi sarebbe bastata una stretta di mano perché, tutta la sicurezza persa, tornasse al suo posto. Mi manca il suo modo di affrontare le situazioni, il sorriso di mia madre quando lui era in circolazione. Mi manca l'amore di mia nonna a ricordarmi quanto la vita, nelle sue difficoltà, possa fare miracoli.
"Mamma, perché piangi?"
Non me ne ero nemmeno resa conto, così persa nei ricordi belli che adesso fanno male. Mi affretto ad allontanare le lacrime dal viso, abbassandomi alla sua altezza. Le sue manine sono sulle mie guance, ad imitare il modo in cui Harry si è abituato a richiamare la mia attenzione. "Non devi piangere, mamma. Lo zio Jamie non ti porta più ai concerti rock, altrimenti. Quelli sono solo per le bambine coraggiose."
E inevitabilmente piango. Piango fra le risate che, le parole che solitamente spettano a me, mi sono rivolte proprio da lei. Amo questa bambina, amo tutto quello che è, che diventerà e riuscirà a portare a termine con le sue piccole manine morbide. Poso le mie mani sulle sue, portandomele alle labbra. Ci lascio un bacio dolce che la fa sorridere, prima che si getti fra le mie braccia in cerca di coccole.
La accontento, accarezzandole i capelli, mentre il sorriso di mio nonno ci osserva a pochi passi da noi. Lo guardo, in attesa che mi suggerisca la cosa giusta da fare, ma non succede niente... Non so cosa mi aspettassi di ricevere venendo qui... Forse un segno, un messaggio, qualsiasi cosa che mi aiutasse ad indirizzarmi nella direzione giusta. Ne ho sempre avuta una. Ci ho creduto tanto, ho lottato per non abbandonarla mai, per salvare la mia indipendenza, quella che mi ha portato lontano da qui e mi ha reso libera: libera di scegliere, libera di sbagliare, libera di vivere davvero e libera di innamorarmi. E l'ho fatto. Ho fatto tutto senza guardarmi indietro, nonostante sia inciampata sui miei stessi passi per troppe volte, ma lo rifarei. Risceglierei la Sorbonne, quell'appartamento troppo piccolo per tre ragazze così diverse fra loro. Ma risceglierei loro per tutta la vita.
Risceglierei la difficoltà di quel percorso di studi, i pianti a notte inoltrata che mi hanno fatto dubitare delle mie capacità per troppe volte. Risceglierei Londra, Mad, e tutte le conseguenze e che quella decisione ha portato nella mia vita. Rifarei tutto, anche i cuori spezzati, la delusione, la consapevolezza di non essere abbastanza... Ma sono tutte queste piccole cose che mi hanno portato qui: con un anello al dito e una bambina stretta fra le mie braccia.
Dovrebbe essere abbastanza, dovrei essere soddisfatta di quello che ho ottenuto e mollare la presa, ma vorrebbe dire fare un torto a me stessa, gettare al vento tutti i sacrifici fatti, le sofferenze provate, e le promesse che ho fatto all'uomo che sto guardando attraverso una fotografia e scegliere quello che mi ha cambiato la vita. La vera domanda è: sono pronta a farlo?
La suoneria del mio telefono interrompe il flusso dei miei pensieri e anche quelli di Mya. Le porgo il telefono perché entrambe sappiamo chi è il mittente della chiamata e rimango semplicemente in attesa: che lei sorrida sentendo la sua voce, che lui venga a conoscenza della nostra posizione, che la vita faccia semplicemente il suo corso.
"Sì, giochiamo a nascondino... Sì, se i nonni non ci scoprono vinciamo! Voglio vincere papà... Vieni a giocare con noi?"
Accarezzo i suoi capelli mossi, mentre il vento soffia sui visi di entrambe. Scambia ancora qualche battuta con lui, ma io smetto di ascoltare. Mi guardo intorno e poi il cielo azzurro sopra le nostre teste. Guardo le nuvole che corrono veloci, senza riuscire ad afferrarsi l'un l'altra e mi sembra di rivedere noi: in una continua corsa contro il tempo, il destino e i nostri desideri.
Mya mi porge il telefono e la sua voce dall'altro lato del ricevitore è sufficiente a farmi vacillare.
"Grace."
Non aggiunge altro, il suo tono stanco, di ammonimento, basta a rendere l'idea della natura dei suoi pensieri, ma se lui può decidere di seguire i suoi impegni, com'è giusto che sia, allora io mi sento libera di fare questo viaggio con mia figlia. "Harry."
"Cosa ci fate a Rosedale?"
"Mya voleva volare, io non devo lavorare. Era in programma una gita fuori porta, quindi perché no?"
Fa una pausa di silenzio, prima di manifestare il suo dissenso. "È questo il tuo modo di affrontare i problemi?"
"Sì."
"Quando la smetterai di scappare?"
Se avessi voluto scappare non avrei risposto al telefono, non sarei venuta qui. Se anche avessi voluto scappare non avrei potuto, perché i giornalisti mi avrebbero trovato comunque. "Non sto scappando, Harry, sto cercando di capire qual è la cosa giusta da fare. Tu lo fai a Los Angeles, io lo faccio qui. C'è differenza?"
"Sì, Grace! C'è un'enorme differenza!". Riesco ad immaginarlo, mentre si passa una mano fra i capelli, nervoso. Il suo tono di voce fa trasparire il suo stato d'animo e forse anche il mio, troppo calmo e pacato per la situazione precaria in cui ci troviamo. "Dove andrete?"
"Ancora non lo so."
Sto mentendo, volutamente, e se mi conosce almeno un po', sono certa che sappia anche lui quanto io sia incapace di fare qualcosa senza organizzare tutto prima.
"Quindi non è Mya che sta giocando a nascondino, ma tu. Fantastico!"
"Sono abbastanza grande da riuscire ad occuparmi di me stessa e di Mya, senza che tu lo faccia, Harry. È così che funziona quando tu non ci sei."
La mano di mia figlia di aggrappa alla mia, costringendomi a guardarla. È attenta, sta ascoltando tutto, siamo in un cimitero davanti a mio nonno e non devo dimenticarmene.
"Non andiamo da nessuna parte così."
Non andiamo dalla parte in cui vorrebbe condurmi lui. Non andiamo nemmeno in direzione di quella che ci rende felici. Non so più dove devo andare, è questa la verità. "Hai detto che questi giorni ci sarebbero serviti per capire. Questo è il mio modo di capire, fallo anche tu, a modo tuo. Hai sempre detto che Los Angeles è la tua città... Sei lì, approfittane."
"Abbiamo stabilito tempo fa che non è questo il modo di affrontare le situazioni, Grace. Non è provocandomi che otterremo qualcosa, perché sai quanto mi sia facile accettare stupidamente la sfida e quanto tu ne soffriresti di conseguenza."
Sorrido amaramente. Lui sa tutto. Sa sempre tutto, ma evidentemente non quanto questi ultimi mesi mi abbiano segnata. "Buon lavoro, Harry. Ti faccio chiamare da Mya stasera."
Interrompo la telefonata prima che possa rispondermi. Infilo il telefono in tasca, incurante del fatto che stia suonando di nuovo. Sembra sapere tutto, ma non quanto questa distanza mi abbia riportato indietro nel tempo, bisognosa di proteggermi dietro i miei muri. La freddezza non fa parte di me, l'indifferenza nemmeno, ma non siamo più due ragazzini, siamo sposati, abbiamo una bambina e lui dovrebbe aver imparato a conoscermi e sapere quanto, l'assenza di semplici gesti, possa significare per me.
"Mamma, il telefono."
Guardo un'ultima volta il viso di mio nonno, cercando di frenare le lacrime. Sono lì, in agguato, a ricordarmi quanto mi costi giocare a fare la donna che non ha bisogno di nessuno per stare in piedi. "Saluta il nonno Peter, piccola."
Mya mi guarda per qualche secondo prima di obbedire. Si avvicina alla lapide, appoggiando una mano sulla fotografia dell'uomo che mi ha insegnato tanto. Faccio anche io lo stesso, impegnandomi a non piangere ancora, a mostrarmi più forte di quello che in realtà sono, per cercare di non crollare proprio qui.
Afferro la mano di Mya e torniamo all'ingresso. Red ci aspetta alla macchina, appoggiato alla portiera con una sigaretta fra le labbra. Mi ricorda tanto Jamie, lui che non sa che siamo qui, che, insieme a Eloise, si starà chiedendo che fine ho fatto.
"Non si fuma."
È Mya a dirglielo, a puntargli un dito contro con aria contrariata strappandomi un sorriso.
"E chi lo dice?"
Fulmino Red con uno sguardo, mentre porta la sigaretta alle labbra e inspira profondamente.
"Io. E anche la mia mamma, vero?"
"Vero, piccolina. Sei pronta per partire?"
Annuisce, portandosi una mano alla fronte come le ha insegnato il nostro accompagnatore.
Red le apre la portiera, sistemandola nel seggiolino sul sedile posteriore. So che ha una sorella più piccola di cui si è occupato per tanto tempo, ma rimane comunque strano vederlo prendersi cura in questo modo di una bambina, a maggior ragione se si tratta della mia.
"Lo so, ci ho pensato anche io per tutto il tempo... Se tua figlia non somigliasse così tanto a lui, potrei benissimo giocare alla famiglia felice con te. D'altronde c'erano alte possibilità di trovarci in questa situazione, no?"
Dovrei arrabbiarmi, infastidirmi o contraddirlo nell'immediato, ma tutto quello che riesco a fare è ridere. Rido di gusto davanti alla sua espressione seria, ricordando quanto una Grace appena maggiorenne sognasse esattamente questa scena. Era tutto sbagliato, tutto impossibile, lontano dalla realtà, ma lo sognavo davvero ed ora che ci penso, vedo quanto sarebbe stato sbagliato.
"In un'altra vita, Red. Andiamo?"
"Continua pure a colpire il mio ego ferito, Grace."
Rido ancora, seguita da lui e anche da Mya che lo fa solo per solidarietà. Ridiamo tutti e tre insieme e per un momento tutte le preoccupazioni se ne vanno; la delusione, le responsabilità, e anche la stretta che la fede esercita sul mio anulare sinistra.
La osservo, accarezzando la superficie lucida dell'oro bianco. È bellissima, semplice e lineare, proprio come dovrebbe essere una relazione duratura, ma la nostra non lo è più... E il peso di questo simbolo torna a gravare su di me, sulle mie spalle e anche sul mio cuore.
Lo afferro e lo tolgo, non mi curo troppo dello sguardo attento di Red sui miei gesti, mi limito a chiudere appena gli occhi mentre faccio scivolare la fede nella tasca dell'impermeabile.
"Andiamo."
È tutto ciò che ho da dire.
***
"Beh, modesta direi..."
Red recupera i nostri bagagli dalla macchina, guardando in direzione della casa. So che effetto può fare vederla da questa prospettiva, è la stessa che ho avuto modo di osservare io, la prima volta che Harry mi ha portato qui, ma queste quattro mura racchiudono così tante cose belle al loro interno, che la sua grandezza o i particolari che la rendono maestosa, passano in secondo piano.
Al primo c'è Mya che saltella felice in salotto, vicina a quell'impianto stereo che ci ha guardati ballare tante volte. Era diventata un'abitudine, una di quelle belle che condividevamo noi due, lontani dall'esterno, dal mondo intero, permettendoci di essere una coppia innamorata qualsiasi.
Qualsiasi, nonostante abbia sempre voluto fare la differenza, ma la normalità non mi è mai mancata come adesso.
"Mamma!"
Mya mi richiama, i suoi occhioni verdi felici puntati su di me, e il suo sorriso sdentato in prima linea. "Posso andare a giocare fuori?"
Ama stare all'aria aperta, ama correre e guardare il cielo, ed è una cosa che a Londra non può fare spesso. Ecco perché le piace così tanto stare qui, tanto quanto piace a me, probabilmente.
"Vai, ma non ti allontanare. Promesso?"
"Promessissimo."
Si porta una mano alla fronte, prima di sparire all'esterno. Dalla finestra riesco a vederla mentre salta, corre e ride nell'erba come se fosse la cosa più straordinaria del mondo. Mia figlia ha avuto la fortuna di viaggiare, di vivere cose che non sono da tutti i bambini della sua età. È sempre stata viziata dalla nostra famiglia, dai miei amici, ed è incredibile vedere quanto, le cose più semplici, le manchino.
"Ha il tuo sorriso."
La voce di Red mi raggiunge, costringendomi a voltarmi. È al centro del salotto, con le mani nelle tasche e lo sguardo serio. "Red, grazie di averci accompagnate fin qui, preparo qualcosa per cena... Rimani?"
Annuisce, seguendomi in cucina. Prende posto al bancone, sullo sgabello e nonostante gli stia dando le spalle, riesco a percepire il suo sguardo su di me.
"Quindi... Cosa ti porta qui, Grace?"
La vita, il destino, Harry, ma sopratutto io. Io che speravo di trovare le risposte giuste. Io che mi trovo nella cucina di questa casa, con il mio amore adolescenziale.
"Avevo promesso a Mya una vacanza in famiglia."
"Ma lui non è venuto."
"Non ha potuto, il lavoro chiama e lui deve rispondere."
Red rimane in silenzio, costringendomi a voltarmi per capire cosa gli passa per la testa.
"Da quanto va avanti?" chiede.
"Cosa?"
"La vostra crisi."
"Non siamo in crisi."
"Grace, ti ho visto togliere la fede dal dito. Tutto ciò unito al fatto che, se non fossi stata davvero disperata, non avresti chiesto il mio aiuto. So di essere l'ultima persona della tua lista..."
"È complicato..."
"Ci credo, ma non riesco a immaginare come lo possa essere per te... Insomma, sei tu! Hai sempre ottenuto tutto quello che volevi senza fermarti mai, e non avrei mai pensato di vederti fare un gesto come quello."
"È proprio questo il problema."
Mi guarda interrogativo e questo è sufficiente per incitarmi a parlare. "Devo capire se è giunto il momento di fermarmi, se darmi la possibilità di scendere dal treno e fermare il mio viaggio per sempre."
"Suona brutto così."
"Lo è."
"Ti ricordi quando Mad fantasticava su di noi? Sul fatto che sarei diventato una rock star di successo e avrei avuto bisogno di una persona come te, al mio fianco, perché altrimenti non sarei mai riuscito a stare con i piedi per terra?"
Annuisco, ricordando anche quanto lui la liquidasse dicendole che io non ero la persona giusta per lui.
"Non ti volevo al mio fianco per tanti motivi, il primo riguarda il fatto che già all'epoca ero consapevole di non essere alla tua altezza. Tu eri più grande, così determinata nell'ottenere quello che volevi, mentre io facevo finta di suonare, di rincorrere il mio sogno, mentre, in realtà, stavo solo aspettando che qualcuno lo facesse al posto mio... Non sono mai uscito da quella città, mi sono sempre sentito il re del mondo, ma in realtà non lo ero. Potevo essere il ragazzo più ambito di Rosedale, il ragazzo più invidiato di Rosedale, ma non appena mi allontanavo da lì, ero soltanto Red. Uno dei tanti, uno qualcunque, uno non abbastanza coraggioso da farsi in quattro per diventare qualcuno e tu lo eri qualcuno. Lo eri a Rosedale, lo eri fuori... Lo saresti stata in qualunque parte del mondo... Perché tu sei tu, Grace."
Distolgo lo sguardo dai suoi occhi chiari, cercando qualcosa alle sue spalle. Tutto quello che trovo solo i particolari familiari di questa casa, i libri ben sistemati, al contrario dei miei pensieri che si fanno sempre più confusi. "Cosa c'entra questo con il mio matrimonio?"
Red alza le spalle, sorridendomi appena. "Qualsiasi cosa tu faccia, in qualsiasi parte del mondo tu lo voglia fare, non smetterai mai di essere Grace. Non ti è servito un ragazzo stupido per farlo, non ti sarebbe servito nemmeno andare alla Sorbonne e poi a Londra. Non ti sono mai serviti mezzi o persone, Grace, sei eccezionale anche così... E mi dispiace di non essere riuscito a dirtelo prima."
Lo guardo in silenzio. Il mio cuore batte forte, veloce, inquieto, davanti alla realtà che proprio lui mi sta mostrando. Lui che è sempre bellissimo, lui che sa sempre cosa dire per far sentire una persona importante. Lui che è qui, nonostante mi sia sempre impegnata a tenerlo a distanza.
"Dispiace anche a me... Non per queste cose, ma per aver cercato di tenerti fuori dalla mia vita. Ho sbagliato."
"Non hai sbagliato nemmeno in questo... Avevo e ho comunque bisogno di una persona che mi tenga con i piedi per terra. Tu saresti stata perfetta come amica per farlo, ma io avrei cercato di prendere tutto. Non mi sei mai stata indifferente e continui ad essere una ragazza eccezionale, quella che non potrò mai avere e sai quanto le sfide mi piacciano, quindi hai fatto benissimo, Grace, sono sempre io, dopotutto."
È sempre lui, lo so, ma c'è qualcosa in più. C'è un amico che si sta prendendo cura di me e di mia figlia perché vuole farlo. C'è un ragazzo dai mille impegni che preferisce fare un salto nel passato con me e, inevitabilmente, dall'ultimo posto della lista, passa al primo, quello giusto, quello della persona giusta per aiutarmi a prendere la decisione giusta, all'interno di un destino sbagliato.
"Puoi rimanere qui, stanotte, abbiamo più camere degli ospiti."
Non se lo aspettava e nemmeno io, ma è quello che il mio cuore mi dice di fare.
"Non giocare con il fuoco, Grace, non quando la copia sputata di tuo marito saltella felice a pochi metri da noi."
E Red ritorna. Ritorna il suo fascino mentre si allunga sul bancone della cucina, ritornano i suoi occhi che non nascondono i suoi pensieri, ritornano le sue labbra disegnate in un sorriso che mi ha fatto perdere la testa tanto tempo fa.
Mi allungo anch'io nella sua direzione, fermandomi a pochi centimetri da lui. "E tu non fare quella faccia, Red. I tempi in cui funzionava con me sono passati da un pezzo. Ti sto evitando di farti cinque ore di macchina per ritornare a Toronto, ma se non vuoi approfittarne allora quella è la porta, grazie del passaggio e del tuffo nel passato."
Il suo sorriso diventa sempre più grande, fino a trasformarsi in una risata che mi scalda il cuore. Il mio cuore si scalda anche quando lui cambia traiettoria, quando le sue labbra si posano sulla mia fronte, a dimostrazione del fatto che si sbaglia: non avrebbe approfittato di me, non lo farebbe mai, perché mi vuole bene e perché non è egoista come vuol fare trasparire.
"Niente camera degli ospiti, Grace, il divano andrà benissimo."
Si allontana da me, tornando a prendere posto sullo sgabello. Introduce discorsi diversi, traghettandomi nel presente, nella sua vita attuale e lo fa per tutta la durata della cena e anche oltre.
Mi ricorda cosa vuol dire avere a che fare con lui, con il fascino dei suoi racconti, con le mille esperienze che ogni giorno fa con il suo lavoro e non importa se non ha conquistato il suo sogno, se non ha ancora trovato la persona che lo tenga a terra, perché Red è stato fatto per volare; sopra il senso morale, sopra i limiti, sopra tutte quelle cose che io, invece, non supererò mai.
Mya si è addormentata da un pezzo quando il campanello di casa suona. Io e Red siamo sul divano a chiacchierare con una bottiglia di birra fra le mani, e mia figlia dorme al piano di sopra, nella sua stanza.
Guardo l'orologio a parete, constatando che sono le dieci di sera e, di certo, non aspettavo nessuno. Mi dirigo all'ingresso e, quando apro la porta, il mio cuore si ferma.
"Harry? Cosa ci fai qui?"
Le sue mani sono affondate nei jeans, i suoi capelli sono scompigliati e il suo sguardo indecifrabile. "È anche casa mia, tu hai intenzione di scappare e io di fermare la tua stupida fuga. Posso andare a salutare mia figlia, adesso?"
Esito qualche istante. Non mi sarei aspettata di vederlo qui, in alcun modo e, per quanto il mio cuore inizi a palpitare davanti a quegli occhi familiari, mi limito a spostarmi dalla porta e farlo entrare.
Lo seguo, mentre si fa spazio all'interno della casa e una scia del suo profumo mi invade i sensi. Solo quando si ferma al centro del salotto e vedo guizzare i muscoli delle sue spalle in tensione, mi rendo conto di essermi dimenticata la presenza di un altro ospite in casa.
"Tu?"
"Io. piacere di rivederti, Styles!"
Il sorriso compiaciuto di Red è ai massimi storici. Quello di Harry pressoché inesistente, sostituito da un'espressione che gli ho visto, fortunatamente, veramente di rado. "Che cosa ci fa lui sul nostro divano, Grace?"
I suoi occhi mi fulminano arrabbiati, ma non ho intenzione di sentirmi in colpa. "Se non fosse stato per lui sarei ancora a Rosedale, ci ha dato un passaggio fino a qui. Resta per la notte e riparte domani mattina."
"Non esiste."
"Ti avevo detto che sarei potuto tornare a casa, Grace, non avresti dovuto insistere. O forse non sapevi che lui sarebbe arrivato..."
Alzo gli occhi al cielo davanti all'ironia fuori luogo del primo ragazzo di cui mi sono infatuata. Io lo conosco, so che lo fa scherzare, ma Harry no e, il fatto che lui stia stringendo i pugni non è un buon segno per nessuno. "Sta scherzando, Harry."
"Fuori da casa mia."
Red mi guarda. L'ironia è scomparsa ed è tornata la comprensione. Sta aspettando che io decida cosa fare, sono certa che sarebbe in grado di uscire da quella porta se gli dicessi di farlo, senza alcun rancore nei miei confronti, ma è mio ospite, è mio amico ed è dalla mia parte, per quanto lo dimostri in un modo alquanto bizzarro.
"Red non va da nessuna parte, Harry."
La sua espressione sembra ferita per un attimo, prima di recuperare tutta la rabbia un secondo dopo. "Dobbiamo parlare."
Lo so, ma non lo faremo qui, non davanti a Red e non con il rischio che Mya si svegli e si trovi ad assistere a questa scena.
"Amico, datti una calmata. Mi ha offerto la camera degli ospiti, ma ho scelto il divano. Le mezze misure non mi piacciono, quindi, non potendo scegliere la sua camera da letto, ho scelto il posto più lontano da lei."
Grazie dell'aiuto inesistente, Red!
"Di sopra, adesso."
Sono queste le parole con cui Harry mi supera, attendendomi nervoso vicino alle scale. Rivolgo uno sguardo di scuse al mio pseudo amico, prima di incamminarmi.
Raggiungiamo la nostra camera e faccio appena in tempo a chiudere la porta alle mie spalle, che Harry sbotta. "Che merda è questa, Grace?"
"Abbassa la voce, Mya sta dormendo nella stanza a fianco."
"Mya ha avuto a che fare per tutto il giorno con quello stronzo al piano di sotto, esattamente come te. Non abbasserò la voce, Grace, sono troppo incazzato per farlo."
"Non hai ragione di esserlo."
"Ah no? Atterro a Los Angeles con l'obbiettivo di finire il lavoro il prima possibile, in modo da tornare da voi. Vi chiamo e scopro che non solo non siete a casa, ma che siete qui e tu mi liquidi con due parole del cazzo, chiudendomi il telefono in faccia. Vengo qui, mi faccio cinque ore di volo, solo per capire che diavolo sta succedendo e mi trovo quello stronzo sul mio divano che avanza delle pretese su di te e sulla nostra camera da letto. Che cazzo dovrei fare, Grace?"
"Tornare a Los Angeles e svolgere il tuo lavoro. Dovresti fare questo, Harry."
Spalanca gli occhi sorpreso, passandosi una mano fra i capelli. "Quindi è così? Tu lo vuoi qui?"
"Sì. Lo voglio qui come amico, come persona che si è presa il disturbo di accompagnarci, evitando che i miei genitori scoprissero cosa sta succedendo fra di noi, rovinando tutto quello che abbiamo fatto per arrivare fino a qui, e non se lo meritano. Non se lo meritano loro, nè Mya. Lo voglio qui perché non sarebbe carino sbatterlo fuori di casa quando mi ha offerto il suo aiuto sincero. Non smetterò di essere una persona educata, Harry, mai."
"Il suo aiuto sincero?! Davvero? L'unico aiuto che vorrebbe darti la brutta copia di me, là sotto, è quello di toglierti i vestiti di dosso. Ne sei consapevole, vero?"
No, non è così. Lo so, so esattamente quanto esteticamente io non passi indifferente a Red, ma non è quello che prevale. Sa che sono sposata, mia figlia è qui e, per quanto sia nella sua natura essere stronzo, non mi farebbe questo, non a me. "Non è così."
"E allora com'è, Grace? Perché mentre io tento in tutti i modi di evitarti preoccupazioni, tu ne trascini una in casa nostra."
"In che modo staresti evitando di darmi preoccupazioni?"
"Kendall è a Los Angeles. Dovevamo vederci, insieme ad altri amici, ma ho detto di no. Sono andato davvero per lavorare e non volevo che la situazione fra di noi si complicasse di più. Io non volevo, ma tu sei riuscita benissimo nell'intento!"
"Hai sbagliato."
"Cosa?"
"Dovevi vederti con lei, metterti alla prova, ti sarebbe stato tutto più chiaro così... Forse..."
"Di cosa stai parlando, Grace?"
Chiudo gli occhi per un secondo, cercando di recuperare il controllo, di allontanare l'immagine di lui e Kendall associati in qualsiasi modo, ma fa male lo stesso.
"Grace?"
La sua voce è più vicina, così vicina che riesco a sentire il suo respiro sulla pelle, ma mi ci vuole tutto il coraggio del mondo per non crollare proprio adesso, per non sentirmi stupida, in difetto, e non abbastanza per lui, per questo matrimonio, per la nostra famiglia. "Avresti capito se mi vuoi ancora, Harry."
La rabbia nei suoi occhi svanisce, sostituendosi allo stupore. Fa un passo verso di me, allungando una mano. La posa sulla mia guancia bollente, dandomi un sollievo che non merito di provare. Mi sto umiliando e non dovrei volere la sua pietà. "Pensi davvero che non ti voglia?"
Rimango ferma in attesa. In attesa che il mio cuore smetta di battere così forte, che i suoi occhi smettano di sembrarmi sempre così belli... In attesa che il tempo si fermi, perché non ricordo l'ultima volta che Harry mi ha guardato in questo modo e ho tutta l'intenzione di ricordarglielo. "Quando è stata l'ultima volta che mi hai toccata?"
Chiude gli occhi per un istante, stringendosi il labbro inferiore fra i denti. Allunga anche l'altra mano sul mio viso, costringendomi a guardarlo dritto negli occhi. "Hai idea di quanto mi sia difficile resisterti?"
"Non guardarmi in questo modo. Non dopo che hai dimostrato perfettamente il fatto che non ti risultasse così difficile come dici."
"Sono stato per gran parte del tempo in studio a registrare."
"Un mese e tre giorni con oggi. Sei tornato a casa tre volte, per un totale di quattro giorni nei quali ti sei tenuto ad una distanza di sicurezza da me."
Sorride amaramente, prima di appoggiare la sua fronte sulla mia. Faccio un passo indietro, non voglio questo, non adesso, per quanto il mio cuore mi stia urlando di smetterla di opporre resistenza. Ne avrei avuto bisogno mesi fa, quando il nostro rapporto non era a questo punto, quando la mia fede era ancora sul mio anulare sinistro. Ma lui non cede, mi segue, fino ad intrappolarmi contro la porta della stanza.
"Non questi calcoli adesso, piccola. Sono arrabbiato con te."
E io con lui ed è questo il motivo per cui poggio le mani sul petto, allontanandolo da me, ma prima che possa riuscirci le sue mani afferrano le mie, intrappolandole. "Manca qualcosa qui..." Lo dice a bassa voce, senza verificare, perseverando nel rivolgermi quello sguardo di fuoco che mi è dannatamente mancato.
"Manchiamo noi."
È tutto quello che mi sento di dirgli, ma per lui non è abbastanza, non è mai abbastanza. "Dov'è la fede, Grace?"
"Nella tasca dell'impermeabile, di sotto."
Vuole la verità? Gliela sto dicendo, non gliel'ho mai negata e non so cosa avesse in mente quando è venuto qui, ma non avrà un passo indietro da parte mia. Le sue parole continuano a vorticare nella mia testa, sostenute dall'assenza delle sue mani, del suo tocco, del calore della sua pelle... Di lui.
"Risposta sbagliata, piccola."
Lo sussurra sulle mie labbra, prima di allontanarsi da me e liberarsi della giacca di pelle che indossa. Lo lancia sul pavimento, prima di afferrare i bordi della t-shirt e fare la stessa cosa. Dovrei dire qualcosa a questo punto, fermarlo, dirgli di smetterla di comportarsi in questo modo, ma i suoi tatuaggi sono in primo piano, il suo torace tonico anche, così come il nome di nostra figlia scritto in corsivo sul fianco, e io lo amo troppo per risultare indifferente.
Ma non posso stare zitta mentre afferra la fede e la sfila dal dito con attenzione. Non mi guarda mentre lo fa, se ne libera semplicemente, appoggiandola alla scrivania. E poi mi guarda. Mi guarda e mi sfida, amareggiato e pericolosamente sexy allo stesso tempo. Si avvicina a me disinvolto, senza parlare, fino a ritrovarsi ancora ad un soffio dal mio viso, ma le sue mani stavolta non mi toccano, rimangono ferme lungo il suo corpo.
"Sarebbe stato troppo facile. Sarebbe stato tremendamente stupido e irresponsabile da parte mia risolvere le cose in quel modo, perché l'avremmo fatto per le ore successive, sarebbe stato meraviglioso come al solito, la nostra bolla speciale in cui noi siamo semplicemente noi, ma poi sarebbe scoppiata e i problemi si sarebbero accumulati, spezzando tutto. E io non posso permetterlo, Grace. Quando ti ho fatto quella promessa davanti all'altare, davanti a nostra figlia e a tutte quelle persone che erano lì con noi, io ci credevo. Ci credo ancora adesso e ci crederò sempre, ma abbiamo bisogno di cambiare le cose. Così non andremo da nessuna parte, ci facciamo del male e io non voglio fartene più. So che te ne ho fatto quando ti ho chiesto di abbandonare il tuo lavoro per seguirmi, ma è l'unica soluzione. La più brutta soluzione che non mi sarei mai sognato di chiederti se non fosse che non ce la faccio più. Non ce la faccio più a pensarti lontano da me, a svegliarmi in un letto in cui mia moglie non c'è, in una stanza d'hotel in cui mia figlia non saltella felice. Se lo permettessi, ti farei sempre più male e ti amo troppo perché accada. Ti amo così tanto, che preferirei uscire dalla tua vita in modo definitivo, piuttosto che farti ancora del male... Questo posso farlo, ma non posso permetterti di pensare che non ti voglia, perché solo Dio sa quanto mi sia difficile non toccarti o non avere un contatto con te in ogni istante della giornata."
"Quindi?"
La mia voce è appena udibile, il mio cuore in subbuglio e le lacrime minacciano di tornare a farmi visita, davanti alla possibilità che lui esca davvero dalla mia vita.
"Quindi adesso siamo solo Harry e Grace, e Harry può dimenticarsi momentaneamente delle promesse, dei buoni propositi, e dei casini che può creare. Può essere egoista, mettere da parte la ragione e dimostrare a Grace quanto abbia voglia di lei sempre, in ogni istante, come se fosse una dannata malattia e il suo corpo fosse l'unica cura."
"Stai parlando di noi in terza persona?"
"Sto parlando di noi e basta."
E il mio cuore perde un battito, per poi scalpitare impazzito nella mia cassa toracica davanti alla prospettiva di quello che potrebbe accadere in questa stanza.
"Mya è nella camera a fianco."
Tento ti sottrarmi alla sua trappola, ma non ci riesco perché la sua mano si posa a lato della mia testa, impedendomi la fuga.
"Mya se ne farà una ragione. Suo padre ha bisogno di dare una lezione importante a sua madre per il bene di tutti, anche del fratellino che vuole tanto avere."
Gioca sporco. Gioca in modo sleale con il mio cuore, i miei sentimenti, e i nostri sogni.
"Harry..."
Mi posa un dito sulle labbra, impedendomi di continuare. "Lo spazio per le parole è finito, dovevi pensarci prima, quando avevo ancora quell'anello al dito e tutti i buoni propositi di fare le cose nel modo giusto. Adesso ho solo una cosa in mente e prevede te nuda nel nostro letto."
Cerco di sottrarmi al suo assalto, alla ricerca disperata di ossigeno. Mi sposto appena, abbassandomi sotto il suo braccio, ma le sue mani grandi mi bloccano, afferrando la maglietta larga che indosso. Lo specchio è davanti a noi, i suoi occhi mi guardano infuocati nel riflesso, e io non capisco più niente. Lascio che lui mi volti, che mi spogli, lasciandomi con un paio di leggins e il reggiseno sportivo.
Mi guarda, mi spoglia anche con gli occhi, mentre il suo respiro accelera e le sue mani si agganciano ai miei pantaloni, abbassandoli. Agevolo le sue mosse incapace di resistergli e in un attimo dopo mi trovo sdraiata sul letto, il respiro incontrollato e il suo corpo che incombe sul mio, senza che mi tocchi davvero.
"Red è al piano di sotto."
Lo dico anche se non sono credibile nemmeno alle mie orecchie. Lo dico sperando di ottenere qualcosa... Qualcosa di diverso da questo sguardo, qualcosa di diverso dalle sue fossette e dal suo sorriso impertinente. Qualcosa che mi permetta lucidamente di pensare, ma tutto va a rotoli quando si fa spazio fra le mie gambe e fa combaciare il suo bacino con il mio. E non lascia spazio al dubbio: mi vuole decisamente tanto, in un modo che basta a farmi impazzire di desiderio.
"Perfetto, spero che ti senta urlare il mio nome mentre ti porto in paradiso, piccola."
E per le parole non c'è davvero più posto, perché la sua bocca è sulla mia e io dimentico ogni cosa. Dimentico il mio nome mentre lui mi spoglia velocemente, come se non riuscisse a resistere un minuto di più. Perdo la concezione del tempo quando anche i suoi pantaloni e i suoi boxer finiscono da qualche parte e tutto quello che sento sul mio corpo è lui. Lui e i suoi baci bisognosi, lui e le sue mani che rivendicano ogni parte del mio corpo dopo troppo tempo. Lui che mi guarda con quegli occhi colmi d'amore e passione che dovrebbero essere dichiarati illegali.
"Non sarà dolce. Non sarà delicato. Mi sei mancata troppo e sono ancora arrabbiato con te."
Sono queste le parole che mi sussurra all'orecchio prima di porre fine alle sofferenze di entrambi e dimostrarmi quanto mi voglia. Me lo dimostra con gli occhi, con le mani, con i suoi movimenti e con la sua voce roca all'orecchio.
Me lo dimostra quando mi trascina sopra di lui, aiutandomi a muovermi più veloce e io lo faccio. Lo faccio a dispetto di tutto; del dolore che ho provato, della mancanza, della possibilità che questa possa essere l'ultima volta. Lo faccio e mi rendo conto di quanto, i nostri anelli, fossero diventati parte integrante del nostro tutto. Manca sul suo dito anulare, vicino all'anello con la rosa. Manca sul mio dito, appoggiato sul suo petto a lasciare segni indelebili, ma noi siamo qui.
Io sono qui, Grace è qui, e i miei passi vengono ripercorsi così velocemente, da lasciarmi senza fiato. Lo sono quando lui ribalta nuovamente le posizioni e intrappola le nostre mani spoglie sopra la mia testa. "Sono qui. Incazzato, amareggiato, ma dannatamente innamorato di te, Grace. Sempre."
Chiudo gli occhi cercando di allontanare le lacrime, ma lui me lo impedisce, mordendomi il labbro inferiore. Apro gli occhi sorpresa e trovo i suoi ad accogliermi.
"Guardami."
E io lo faccio. Lo faccio mentre approfondisce il contatto con i nostri corpi e il suo viso in preda al piacere mi chiarisce qualsiasi dubbio. Non ha mai smesso di volermi. Non ha mai smesso di amarmi. Non ha mai smesso di essere la scelta più giusta della mia vita, all'interno di particolari totalmente sbagliati.
"Mai. Non cambierà mai questo, amore mio."
Lo dice prima di strapparmi il respiro dai polmoni, prima di portarmi davvero in paradiso, dove l'unica parola che sono in grado di dire, senza controllo, è il suo nome.
E il mio è l'unica cosa che sento, quando il suo corpo si irridisce, per poi crollare sopra il mio.
Rimaniamo immobili, stanchi, con i respiri affannati e i corpi a contatto, e quando lui si allontana, scendendo dal letto, tutto il calore che ha portato nella mia vita se ne va. Non mi guarda, non mi coccola, non mi ama come tutte le volte che facciamo l'amore e questo è l'ennesimo colpo al cuore.
Si avvicina alla scrivania e indossa la fede. La osserva per qualche secondo, prima di riportare lo sguardo su di me. Non parla, mi guarda semplicemente e nei suoi occhi leggo tutta la tristezza che finora avevo ignorato. Non sono solo io la vittima, non sono solo io quella delusa dalla situazione. Lo siamo entrambi e questo crea l'ennesima crepa all'interno del mio cuore.
"Dove vai?" domando, mentre si riveste.
"A salutare Mya."
"Sta dormendo."
"Lo so, ma devo tornare a Los Angeles."
Los Angeles. Kendall. Il suo lavoro, ma non il mio.
"Resta qui."
La mia suona come una supplica e nel profondo del mio cuore lo è davvero.
"Non posso, Grace, non sarei dovuto nemmeno venire qui. Ho degli impegni domani che non posso rimandare, fra un mese inizia il tour..."
Sembra la recita di un copione, di qualcosa che ho già sentito troppe volte e la menzione del tour mi ricorda che il tempo che mi rimane per decidere cosa fare del mio sogno è troppo breve.
"Vai..."
Lo dico scendendo dal letto, dandogli le spalle, recuperando tutti i miei vestiti. Sento il suo sguardo sul mio corpo, sul mio cuore, sulla mia anima e per un istante odio il fatto che mi conosca così bene.
La porta si chiude alle mie spalle lasciandomi sola. Sola nella nostra stanza, nella nostra casa e nella nostra vita. Mi sento sola, nonostante abbia appena fatto l'amore con lui. Mi sento sola, nonostante lui e mia figlia si trovino nella stanza a fianco. Mi sento sola perché, venendo qui, ho deciso di esserlo.
Lascio cadere i vestiti a terra, limitandomi ad indossare la maglietta. È una di quelle di Jamie, quelle che lui non mi ha mai chiesto di restituirgli e che io e Eloise non smettiamo di fare nostre quando passiamo da casa sua.
Mi sdraio sotto le coperte, chiudendo gli occhi, ma il sonno non arriva. Non arriva a maggior ragione quando sento la porta riaprirsi e il letto abbassarsi. Non arriva quando le braccia forti di Harry mi circondano, attirandomi verso di sé.
"Riparto domani mattina, adesso dormi, piccola."
***
Nella mia vita non ci sono mai state pause.
È sempre stata una corsa all'obiettivo, al completamento e soprattutto alla felicità. Mi sono trovata costretta a fermarmi una sola volta, ma con il solo intento di riordinare le priorità e poi proseguire.
Le pause non mi sono mai piaciute, non ho mai dato loro la precedenza e non ho mai compreso davvero la loro necessità. Le evitate con tutte le mie forze, ho cercato di non dover essere costretta a prenderne una, consapevole del fatto che non sarei stata in grado di affrontarla e inconsciamente ci sono dentro.
Ci sono così dentro, da faticare a trovare una via d'uscita, ma so che c'è. C'è sempre una via d'uscita, l'ho imparato con gli anni, ma adesso fatico a trovarla.
Non la trovo all'interno della distanza fisica che mi separa dall'uomo che amo, non la trovo soprattutto all'interno della distanza fra i nostri cuori che non fa altro che aumentare.
Ho cercato di far sì che non accadesse, mi sono aggrappata con tutte le forze al legame che abbiamo costruito negli anni, ma qualcosa è andato storto.
So perfettamente di cosa si tratta ed era uno dei principali motivi per cui non mi sentivo pronta per entrare nel mondo di cui Harry fa parte. I suoi impegni lavorativi sono il principale ostacolo fra di noi; fra me e lui, fra lui e la nostra famiglia. Nei momenti di pausa è tutto perfetto, lui è vicino a me e la vita assume improvvisamente tonalità di colore che non pensavo nemmeno esistessero.
Quando riparte però se li porta con sé ed è quello che è successo ieri mattina, quando mi sono svegliata e lui non c'era più. È ritornato a Los Angeles senza aggiungere nulla, lasciandomi con il ricordo sbiadito di una notte insieme, e la mia fede posata sul comodino. Non me l'ha messa, non mi ha ricordato di indossarla, l'ha solo lasciata lì come un promemoria che io, però, non ho ancora avuto il coraggio di indossare.
L'ho rimessa nella tasca dell'impermeabile e nel viaggio di ritorno mi sono trovata a stringerla fra le mani più volte.
Red se n'è andato stamattina. È rimasto con noi per tutta la giornata di ieri, aiutandomi a fare chiarezza all'interno di questa situazione bizzarra. Non c'è riuscito, ma ha fatto molto per me: mi ha fatto ridere, ha fatto ridere Mya, e mi ha fatto sentire importante, comprendo tutte quelle ferite che il suo comportamento aveva lasciato nel mio cuore tanti anni fa.
Ci ha accompagnato all'aeroporto di Montreal e ci ha salutate con la promessa di vederci presto. Non fra altri tre anni, non quando, a detta sua, altri mini Harry sarebbero stati al mio seguito, e io so che stavolta passerà molto meno.
Lo so perché non ho più ragione di stare lontana da lui, non ho più nulla da proteggere e nessun timore che lui possa creare scompiglio nella mia vita perché se c'è una cosa che ho capito in questi giorni è che nulla dipende dagli altri, ma che tutto dipende da me.
Dipende da me prendere una scelta che riguarda solo la mia vita, dipende da me proteggere la mia famiglia. Dipende da me fare una scelta come questa, abbandonare l'ultima parte di Grace che mi è rimasta, per dedicarmi a noi.
Quell'unica parte è il mio lavoro; quando si chiudono le porte scorrevoli dell'ufficio alle mie spalle, ritorno ad essere semplicemente Grace, e quella Grace è quella che mi dà la forza di andare avanti.
Nel mio piccolo mondo non esistono telecamere, non esistono fotografi e non maschere e apparenze che sono costretta ad indossare non appena metto piede all'esterno. Quando succede è come se improvvisamente rimpicciolissi, se sparissi nell'ombra di una storia d'amore che, nonostante tutto, continua a fare parlare.
Fa parlare il fatto che io non molli la presa, che non segui il mio fidanzato nelle sue mille passioni. Fa scalpore il fatto che io tenga la nostra bambina lontano da lui.
Quando si chiudono quelle porte scorrevoli ho la possibilità di fermarmi, non per prendermi quella pausa tanto odiata, ma per rendermi conto che la realtà è un'altra. Quando entro in quell'edificio capisco che non sono l'unica che potrebbe rinunciare, che potrebbe fare un passo indietro e stabilire le proprie priorità, ma basta un secondo perché capisca che non ho alternative.
Io sono solo Grace, all'interno e all'esterno di quell'edificio, mentre Harry è così tante cose diverse, da aver chiaro il fatto che l'unica a dover sacrificare un pezzo di sé, sono soltanto io.
Attraverso le porte scorrevoli dell'edificio con Mya al seguito. Saluto Mary distrattamente, incamminandomi verso l'ascensore. Non dovrei essere qui, non avrei dovuto chiamare Tim per chiedergli un colloquio visto che sono in ferie, ma ho qualcosa di importante da dirgli, qualcosa che spero lui riesca a capire più di quanto stia facendo io.
Quando il mio capo apre la porta del suo ufficio è Mya a diventare la protagonista. Lei che si è abituata a sedersi sulla sua sedia, che apre i cassetti della sua scrivania senza chiedere il permesso alla ricerca delle caramelle gommose che le piacciono tanto.
L'ho ripresa tante volte, le ho spiegato la fondamentale importanza delle parole: "per favore" e: "grazie", ma il fatto che anche il mio principale la vizi come se fosse un nonno acquisito, rende tutto vano o forse solo più semplice.
"Cosa ti porta qui, Grace?"
Mya ritorna al mio fianco, seduta su una delle grandi poltrone davanti alla scrivania di Tim che mi ha sempre messo soggezione. Come faccio a dirglielo? Come posso fare questa cosa senza che il mio cuore si spezzi definitivamente?
Il mio datore di lavoro mi guarda in attesa, mi studia, e questo non aiuta la mia decisione. "So che penserai che sono un'ingrata, che ti sto voltando le spalle dopo tutte le occasioni che mi hai dato, ma prima che io ti dica la novità, voglio che tu sappia quanto questo lavoro mi abbia dato. Sono stata incredibilmente fortunata con quel colloquio, non solo perché mi ha permesso di realizzare il mio sogno, ma perché ho avuto la possibilità di incontrare te, tua figlia, il tuo team e tutte le fantastiche persone che riempiono questo edificio. Venire al lavoro ogni mattina, non è mai stato un peso, è sempre stato un piacere e questo perché tu sei una persona straordinaria, un professionista con la lettera maiuscola e tutto quello che voglio dirti è: grazie. Grazie di tutto, degli insegnamenti, della comprensione, grazie per ogni singola opportunità che mi hai dato, Tim. Grazie per avermi insegnato un mestiere, per avermi dato la possibilità di esprimermi, per avermi permesso di essere me stessa. Grazie per aver realizzato il mio sogno... Grazie, Tim..."
"Non farlo, Grace."
Interrompo il mio flusso di parole, ma le lacrime continuano a scendere lungo le guance. Mi ero imposta di non farlo, di essere quella persona adulta che voglio essere, ma non c'è l'ho fatta.
"Devo farlo, Tim, ne va della mia famiglia."
Di tutte le cose che mi sarei aspettata, questa non c'era. Non c'era Tim Foster che si alza dalla sua scrivania per raggiungere mia figlia. Non c'era il mio datore di lavoro che la fa sedere sulle sue gambe, accomodandosi sulla poltrona vicino alla mia.
"Stavo solo aspettando che tu me lo chiedessi..."
"Cosa?"
"Quando ti ho assunta ho dovuto prendere una decisione importante. Da una parte avevo un colloquio fatto con una ragazza eccellente, ricca di ambizioni e potenziale, e dall'altra avevo un esercito di giornalisti accampati davanti al mio ufficio. In molti mi hanno consigliato di lasciar perdere, di non addossarmi un peso del genere, per altri invece potevo sfruttare la cosa a mio favore, potevo servirmi di quegli stessi giornalisti per farmi pubblicità, ma l'unica decisione che ho preso io quando ho deciso di assumerti nella mia azienda, è stata quella di crederci. Ho creduto in te, nella tua determinazione e nella tua voglia di fare, perché in quarant'anni di esperienza, questo metro di misura non ha mai sbagliato, e di certo non ho sbagliato con te. Non ho sbagliato a lasciarti campo libero, non ho sbagliato a fidarmi di te e ho tutte le intenzioni di continuare a farlo, perché abbiamo bisogno di te qui, Grace, tanto quanto tu hai bisogno di questo lavoro."
"Non posso... Io..."
"Tu non puoi lavorare a tempo pieno. Lo capisco, mia figlia non sarebbe ancora fra questi corridoi se avesse incontrato l'uomo della sua vita, a maggior ragione se guardasse lui, nello stesso modo in cui tu guardi Harry, ed è per questo che ho una proposta da farti."
Le lacrime si fermano, ma il cuore no. Continua a battere veloce mentre Mya mi guarda, giocando distrattamente con la cravatta di Tim. "Quale proposta?"
"La stessa che mi hai obbligato a farti quando eri incinta di questa bellissima bambina. Non hai usato nemmeno la metà della maternità che ti si aspettava, Grace, dimostrandomi che potevi benissimo fare il tuo lavoro da casa, senza la necessità che tu fossi qui... Quindi questa è la mia proposta: puoi lavorare da casa, part time, con l'obbligo di presenziare qui poche volte al mese e, nel caso non ce la facessi, come direbbe Jane: "Siamo nel 2020 papà, la tecnologia esiste!", esistono le videoconferenze e le mail. Ovviamente sei libera di non accettare, di chiuderti quella porta alle spalle e dare inizio ad una nuova parte della tua vita, ma se vuoi continuare a far parte di questa famiglia, senza rinunciare alla tua, io sono qui."
Non so cosa ho fatto per meritarmi questo. Non so davvero chi io debba ringraziare, ma qualcuno ha deciso che io incontrassi persone speciali come Tim, che io venissi a contatto con un'umanità come questa e soprattutto che avessi la possibilità di vivere il sogno della mia famiglia, senza rinunciare al mio. "Se ti abbracciassi sarebbe poco professionale?"
Tim scoppia a ridere, contagiando anche Mya. La guardo mentre i suoi piccoli occhi si stringono, mentre il suono cristallino della sua risata riempie la stanza e mi rendo conto di quanto lei sia importante per me. Lei è il mio appiglio, l'unica ancora che mi ha permesso di sopravvivere in queste settimane di vuoto. Vuoto per l'assenza di Harry, vuoto per la delusione di non avercela fatta davvero. Vuoto come il mio dito anulare, privo del simbolo del nostro amore. Vuoto come la mia vita in questo momento, ma non come il mio cuore.
Lui è pieno; pieno di speranze, di gioia incontrollabile che provo ogni volta che guardo negli occhi la bellissima bambina seduta di fronte a me. Quando succede è come se anche lui fosse qui, se fosse lui a guardarmi con curiosità, la stessa che mi manca dannatamente tanto.
Mi manca la sua presenza, il suo profumo, il suo senso dell'umorismo, la sua irriverenza e quella dolcezza che sa dimostrare soltanto a noi. In quelle occasioni riesco a leggere indistintamente il suo amore, riesco a eliminare tutti i dubbi che ultimamente mi assillano e quell'insicurezza che senza la Grace dell'HR Hellingford, non sono certa di riuscire a debellare.
E la cosa bella è che Tim mi sta dando l'opportunità di non farlo. Posso continuare a essere Grace, e le parole di Red iniziano ad acquistare un senso speciale.
Il mio datore di lavoro lascia che lo abbracci, che lo ringrazi mentre distrattamente firmo il mio nuovo contratto, l'inizio della mia nuova vita, quella che può continuare a salire, in un modo diverso, in ogni parte del mondo, ma sempre nel posto giusto: quello vicino alla mia famiglia.
Quando apro la porta del nostro appartamento, la prima cosa che faccio è controllare l'orologio a parete, incapace di fermare il mio cuore agitato che non aspetta altro di sentire la sua voce. Lo farà attraverso il sistema stero del nostro salotto, lo farà per la prima volta in tutto il Regno Unito. Lo farà e io sarò come tutte le ragazze che non aspettano altro di sentirlo, di ascoltare quello che ha da dire e che riesce indistintamente a comunicare con un nuovo singolo.
Quanto canta qualcosa accade; gli equilibri ritornano, i colori si sprigionano dentro di me e lui ritorna ad essere quel ragazzo di cui mi sono innamorata tanto tempo fa. Ritorna ad essere il mio mondo colorato, quello felice che solo lui riesce a regalarmi.
Le lancette segnano il trascorrere del tempo lentamente, ma il momento si avvicina sempre di più e io ho paura. Paura di non essere riuscita ad essere quello di cui lui aveva bisogno, paura che sia troppo tardi e senza pensarci recupero la fede dall'impermeabile, rimettendola al suo posto.
Lo speaker radiofonico annuncia la novità del lunedì e io non sono pronta. Non sono pronta a sentire quelle note lente che si diffondo nel salotto, attirando l'attenzione di Mya. Si guarda intorno incuriosita e quando lui inizia a cantare, i suoi occhioni verdi si allargano, insieme al suo sorriso.
Abbandona la bambola sul pavimento, dirigendosi a grandi passi verso di me. "Papà."
È l'unica cosa che dice mentre allunga le sue manine verso di me, per essere presa in braccio.
La accontento volentieri, stringendo al petto il regalo più bello che la vita potesse farmi. Chiudo gli occhi spontaneamente lasciandomi cullare dalla sua voce, dalle parole che dice, dall'incredibile storia che racconta, servendosi del dono che i suoi genitori gli hanno fatto. Non è l'unico, il suo cuore grande arriva in secondo piano e i valori che gli hanno insegnato dopo di lui, a rendere quello che riesce ad essere, una forma di perfezione disordinata di cui non riuscirò mai a fare meno.
Le note continuano a dissolversi nello spazio, ci circondano e ci cullano, come farebbe lui se fosse qui, come avrebbe fatto se il suo lavoro non l'avesse tenuto lontano da noi per troppo tempo. È stata dura, sarà sempre dura, ma questo è il suo mondo, la sua passione e anche la sua vita e gli riesce così bene, da essere consapevole solo adesso, che davvero per lui, sarebbe come privarsi di una parte di sé, forse quella più grande.
Apro gli occhi e mi rendo conto che sto piangendo, ancora, come ho fatto poco fa, in quell'ufficio dalle pareti chiare. Lo sto facendo perché lui mi dà così tanto, da non riuscire ad incamerarlo tutto. Mi dà la gioia, mi dà l'emozione, mi dà quell'amore complicato di cui mi nutro ogni giorno. Mi dà la vita che ho sempre sognato ed è in questo momento che capisco quella che sarebbe stata la decisione giusta, sin dall'inizio.
Dovevo voltarmi soltanto un secondo e ripercorrere la mia vita, senza fare pause, impostando semplicemente quel rewind che mi ha permesso di arrivare dove sono adesso. Avrei dovuto prendermi solo qualche minuto per salutare quella ragazza forte che sono stata, e che sarei sempre dentro di me, anche senza la mia carriera lavorativa. L'avrei salutata e l'avrei abbracciata, le avrei stretto la mano e mi sarei congratulata con lei per la determinazione che ha avuto negli anni difficili della sua vita, ma fortunatamente posso fare a meno di farlo.
Quella ragazza sono io, sarò sempre io, ma con delle priorità diverse che non hanno bisogno di pause. Hanno solo bisogno amore, e di una famiglia e la mia, nelle sue mille forme, è stupenda.
Recupero il telefono lasciando che Mya giochi con i miei capelli lunghi. Compongo il suo numero e in un attimo risponde.
"Piccola..."
Chiudo gli occhi trattenendo un sorriso. "Sono fiera di te, Harry. Sono davvero orgogliosa dell'uomo che sei."
Riesco a percepire che sta sorridendo, anche se ci sono troppi chilometri a dividerci. "Ti piace? Davvero, Grace? Lo sai che puoi dirmi quello che pensi..."
Annuisco, anche se non può vedermi, annuisco, provocando una risata spontanea in Mya. "Amo questa canzone, Harry, così come amo te." Sono troppi giorni che non glielo dico, sono troppe settimane che non lascio semplicemente che sia, e ho tutte le intenzioni di recuperare.
Il silenzio dall'altra parte del ricevitore mi fa vacillare per un istante, ma quando la porta d'ingresso si apre e Mya scalpita per essere lasciata andare, tutto ritorna al posto giusto.
Il mio è qui, ad osservare la scena più bella di sempre: il sorriso di Harry in primo piano, le braccia di mia figlia aggrappate a lui. Lui che è la mia roccia, lui che è il mio appiglio, lui che è la mia vita.
Le sussurra qualcosa nell'orecchio e lei si precipita a grandi passi nella sua stanza. Dovrei dire qualcosa, ma quando lui si avvicina a me con quello sguardo in volto, mi rendo conto di quanto mi sia mancato, nonostante sia stata fra le sue braccia calde soltanto due notti fa.
Ferma la sua avanzata solo quando le sue mani grandi si posano sulle mie guance. "Mi dispiace per tutto, piccola. Per non riuscire ad esserci come meritate, per non riuscire a renderti felice come meriti, ma troveremo una soluzione insieme. Ho bisogno di te, ho bisogno di voi e non sono nemmeno riuscito a rimanere a Los Angeles per il lancio del singolo. Tutto quello che mi interessava era essere qui... Ho bisogno di te, Grace, lo capisci?"
Annuisco, beandomi del suo tocco, del suo sguardo, del suo profumo... Di lui. "Lo capisco, e ci sarò. Ti seguirò, Harry."
Indietreggia per un attimo, colpito dalle mie parole, ma io non gli permetto di allontanarsi. Lo attiro vicino a me, aggrappandomi alle sue spalle.
"Non devi farlo, Grace, ho sbagliato a chiedertelo... Senza quel lavoro non saresti felice e io voglio solo che tu lo sia, ti ho già privata di troppe cose."
È vero, l'ha fatto. Mi ha privato principalmente della libertà, ma quello che mi ha donato in cambio, fa diventare le privazioni soltanto dei particolari in bianco e nero. "Mi hai dato tutto te stesso, Harry, mi hai dato una bambina meravigliosa, ma soprattutto la felicità. Ho parlato con Tim, mi ha dato la possibilità di continuare a lavorare, ma di farlo da casa o da qualsiasi parte del mondo in cui ci troveremo con il tour. Voglio esserci, voglio viverti... Voglio dare a mia figlia la possibilità di farlo. Tu sei la tua musica, tu sei quello che scrivi e sei anche la musica della mia vita e io, in ogni caso, non smetterò di essere quello che sono, perché al tuo fianco mi riesce benissimo."
Chiude gli occhi per un attimo, prima di coprire le mie labbra con le sue. Mi bacia come se non lo facesse da anni, come se mi avesse appena ritrovato dopo avermi perso e in cuor mio so che è successo. Ci siamo persi per un attimo, per un istante. Abbiamo giocato a nascondino dietro alle nostre paure, dimenticandoci di noi, di quello che siamo insieme e che potremo essere sempre. Ma ci siamo ritrovati, ripercorrendo il cerchio che ci ha uniti e che non potrà avere mai una fine.
"Ti amo. Ti amo così tanto, piccola..."
Lascio che mi consoli, che mi comunichi tutto quello che prova per me, colmando tutti quei vuoti che la mia vita ha, e avrebbe senza di lui.
In molti potrebbero pensare che è sbagliato, che non dovrei giostrare la mia vita, in funzione della sua, ma quello che sto facendo va oltre. Oltre le regole, oltre le forme geometriche, oltre le catene. Va oltre il bianco e nero e anche ai colori. Quello che faccio, è seguire il mio sogno nelle sue mille forme, e la cosa bella è che al traguardo c'è sempre lui ad aspettarmi.
And if you don't love me now
You will never love me again
I can still hear you saying
You would never break the chain
SPAZIO AUTRICE
Ho iniziato a scrivere questo capitolo tanto tempo fa, l'ho portato avanti piano piano e sono arrivata a destinazione solo oggi. Il risultato sono più di 14000 parole che credo siano il mio record personale :)
Mi scuso per la lunghezza e mi congratulo con voi per essere arrivati fino a qui :D Mi ero ripromessa di impormi dei limiti con Flash, ma sembra che io non riesca mai a lasciarli andare davvero, quindi, semplicemente... Lascio che sia ;)
Al prossimo flash, un abbraccio,
Greta ❤
02.04.2018 // Forum di Assago, Milano// I was there ❤
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top