Just Hold On
Dicembre 2017
GRACE'S P.O.V
Quando succedono cose come questa, le domande che affollano la mia mente sono infinite. Se dovessi provare a cercare una risposta non la troverei, mi perderei in immense teorie che, in ogni caso, non cambierebbero la realtà che mi trovo ad affrontare.
L'unica cosa che posso fare è andare avanti, una gamba davanti all'altra e la mano stretta in quella di Harry.
Non mi ha rivolto la parola da quando ho interrotto la chiamata con Eloise, si è limitato a prendere i nostri cappotti, a recuperare le chiavi della macchina, e dirigersi qui.
L'ultima volta che sono entrata in un ospedale, prima della nascita di Mya, mio nonno era ancora con me. Seduto sulla carrozzina che mia madre spingeva, mi guardava silenzioso in cerca di risposte sul mio viso che nessun aveva il coraggio di comunicargli ad alta voce.
Ho cercato di mascherare con un sorriso tutta la verità, ma so di non esserci riuscita e, forse, è meglio così; lui si meritava la verità e la consapevolezza dell'avvenire.
Stringo maggiormente la mano di Harry in cerca di un appiglio, un'ancora sicura in grado di sostenermi ed evitarmi di affondare nel mare dei ricordi e, come sempre, lui mi salva con la sua stretta.
Saliamo le scale l'uno vicino all'altra, so che devo essere pronta per entrambi, devo essere pronta per lui, per Eloise, e soprattutto per Louis.
Forse non abbiamo nemmeno il diritto di essere qui, ma se l'istinto di Harry è qui che ci ha portato, allora è senza dubbio qui, che dovremmo stare.
Il corridoio del reparto è lungo e luminoso, il pavimento lucido contribuisce a riflettere la luce proveniente dalla finestra.
Camminiamo a passo spedito, sincronizzato, calpestando quei riflessi chiari che sembrano prendersi beffa della situazione.
Proseguiamo finché la figura inconfondibile della mia amica, attira l'attenzione di entrambi. È seduta su una sedia, gli occhi rivolti alla porta chiusa della stanza e le braccia incrociate al petto. Sembra una bambina, ma non lo è affatto; è una donna che si è trovata ad affrontare una situazione molto più grande di lei.
Il suo viso si sposta nella nostra direzione e non appena riesce a mettere a fuoco la nostra presenza, si alza per avvicinarsi.
Harry lascia la mia mano pronto ad accoglierla fra le braccia. Hanno bisogno entrambi di questo abbraccio; Eloise ha bisogno di Harry per non crollare, e Harry di Eloise per trovare il coraggio di sostenere il suo migliore amico.
Li guardo silenziosa, in attesa, e metto tutto l'impegno di cui sono capace per non lasciare che le lacrime scorrano. Quelle di Eloise hanno preso il volo e io non posso permettere che le mie facciano lo stesso, non adesso che la roccia fra di noi, devo essere io.
Eloise si allontana per prima, spostando lo sguardo da Harry a me. Non si muove, non si getta fra le mie braccia anche se sarei pronta ad accoglierla. Mi guarda inerme, le lacrime che scendono senza sosta si portano con loro i resti del trucco e i residui della sua forza. Ne ha avuta davvero tanta, è stata eccezionale per mesi, andando contro tutti, anche se stessa in alcune occasioni, ma non ha mai mollato, neppure per un istante, e sono incredibilmente fiera di lei.
"Andiamo a prendere un caffè?" le domando.
Lei annuisce, affrettandosi a recuperare un fazzoletto dalla tasca della felpa che indossa. Non è sua, so esattamente chi è il proprietario e anche che, se non fosse stata una situazione di emergenza, non sarebbe mai uscita di casa vestita così. Non per venire in un luogo pubblico come questo, non con tutti i membri della famiglia di Louis presenti.
"Vi aspetto qui", afferma Harry, prendendo posto su una delle sedie in metallo.
Annuisco sorridendo nella sua direzione. Basta il suo sguardo per rassicurarmi, anche se dovrei essere io a rassicurare lui.
Andrà tutto bene. Me lo sono ripetuta tante volte negli anni, per problemi molto più stupidi di questo e nella maggior parte dei casi ha funzionato, funzionerà anche adesso, deve funzionare anche se ora sembra impossibile.
Mi incammino lungo il corridoio affiancata dalla mia amica. Cammina a passo deciso, gli occhi lucidi alti di fronte a noi, pronti ad affrontare ogni cosa.
Raggiungiamo la macchinetta del caffè e non ho bisogno di chiederle come lo vuole; macchiato, come me. Nell'attesa della preparazione della bevanda stiamo in silenzio, accompagnate solo dal rumore degli ingranaggi. Fissiamo entrambe il piccolo display che indica l'avanzamento della preparazione. Tutto procede come al solito, meccanicamente, come se niente fosse successo e così sarà da ora in poi, ma qualcosa inesorabilmente se n'è andato, una presenza importante per la vita di molte persone.
Recupero il mio bicchiere e sforzo un sorriso in direzione di Eloise. Si impegna a ricambiare, ma non ci riesce. I suoi occhi tornano ad essere annebbiati dalle lacrime e l'unica cosa che riesco a fare è prenderla per mano e portarla con me. Non so dove sto andando, non so se è la direzione giusta, ma devo portare la mia amica fuori di qui.
Percorro un lungo corridoio azzurro, mi guardo intorno alla ricerca di una porta che conduca all'esterno e la trovo sotto l'indicazione dell'uscita di emergenza.
Faccio forza sul maniglione antipanico e in un secondo siamo finalmente fuori. L'aria di dicembre ci accoglie colpendoci in viso, mi stringo istintivamente nel cappotto, voltandomi verso di lei. Ha alzato il cappuccio della felpa, si è appoggiata al muro alle nostre spalle e guarda dritta davanti a sè. "Non so se ce la farà."
Sono queste le parole con cui spezza il silenzio dopo un tempo che sembra infinito.
"È forte, El." Non ho bisogno di chiederle il soggetto della sua affermazione. Non ho bisogno di sapere nel dettaglio cos'ha fatto in questi ultimi mesi perché se non è stata lei a farlo, so che un motivo c'è. Il bello dell'amicizia è proprio questo; non avere la necessità di chiedere di più perché, quello che traspare, detto o non detto, fra due persone che si vogliono bene, basta.
Eloise annuisce, stringendosi le braccia al petto. "Lo so, ma non doveva andare così. Non doveva affatto andare così Grace, per nessuno di loro!"
Lo so, nessuno si merita una perdita del genere, nemmeno lei, anche se non lo ammetterà mai. "Come stai?", le domando, appoggiandomi al muro al suo fianco.
"Non lo so. C'è un modo di stare in questo momento?"
Se non sapessi che è la tristezza a renderla così scontrosa mi arrabbierei, ma ha il diritto di scegliere come sentirsi.
"No, c'è quello che l'istinto ti dice di fare. Se è piangere allora fallo, se è arrabbiarti allora avvicinati al parapetto e urla. Se è stare in silenzio allora non parlare. Non c'è un modo giusto per affrontare la morte, El."
Le mie parole rimangono sospese nell'aria per qualche secondo prima che lei risponda.
"Scusa, tu non centri, è solo che non so più cosa fare, come comportarmi. Sento di essere di troppo, ho tentato più volte di prendere l'ascensore e andarmene, ma sono sempre tornata indietro."
Lo fa da mesi, lo fa da quando tutto questo è iniziato. Lo fa perché non può farne a meno.
"Lui ti vuole qui."
"Non ha senso."
Eppure non sono bastati i rimproveri di Gregg a fermarla, non i miei avvertimenti, e nemmeno l'allontanamento di Daniel.
"Ce l'ha", ribatto.
La mia amica finalmente mi guarda come non fa da troppo tempo. "Non sono la sua ragazza Grace, e non sono nemmeno la sua migliore amica."
"Sei molto di più, lo sai anche tu."
Scuote la testa, abbassando il cappuccio della felpa. I suoi capelli ricci si muovono con il vento, trasportando fino a me il suo profumo. "Vorrei non averlo mai conosciuto. Adesso non soffrirei così tanto, non sarei costretta a vederlo crollare, a sentirmi inutile nel non riuscire a farlo stare meglio."
"Se c'è una persona che può fare qualcosa per lui, quella sei tu."
Eloise sorride amaramente guardandomi negli occhi. "Ha chiamato Briana prima, ho risposto io al telefono. Lui mi ha chiesto di farlo, e io come sempre non ho saputo dirgli di no. Ho dovuto dire alla mamma di suo figlio quello che era successo, ed è stato davvero uno schifo, Grace."
Non riesco a trattenere uno sguardo di dissenso. Per quanto sia vicina a Louis in questo momento, non doveva permettersi di mettere la mia amica in una situazione così scomoda. "Non avrebbe dovuto farti fare una cosa del genere, El."
Alza le spalle. "Non importa"
"Sì invece..."
"È morta sua madre Grace!" La sua voce riecheggia nel vuoto. Il vento freddo porta con sé le sue parole, a rendere ancora più vera, la realtà che in troppe persone si trovano ad affrontare.
Le lacrime adesso scendono dagli occhi di entrambe, non riusciamo a fermarle, non vogliamo farlo, perché è di questo che entrambe abbiamo bisogno.
La abbraccio di slancio, stringendo a me la mia migliore amica, la forza della natura che odio veder soffrire così tanto.
"È morta Grace, è morta", continua a ripetere al mio orecchio. Lo so, e nessuno è in grado di fare nulla per rimediare, per portare indietro le lancette e evitare che la leucemia attaccasse una bella persona come Johannah.
Sono questi i momenti in cui mi rendo conto che siamo impotenti davanti alle malattie, anche se molte persone stanno studiando e lottando per cercare di combatterle. La soluzione definitiva non è stata ancora trovata e finché non la troveranno, possiamo solo sperare di non avere a che fare con loro.
"Andrà tutto bene." Lo ripeto ancora una volta, cercando di essere abbastanza convincente per entrambe.
Rimaniamo abbracciate per un tempo indeterminato mentre il vento si porta via pian piano tutte le nostre lacrime.
Eloise si allontana da me facendo qualche passo verso il muro dell'ospedale. Si asciuga gli occhi e poi mi guarda, appoggiandosi come prima, vicino alla porta del balcone.
"Mimì sta bene?" Un sorriso nasce spontaneo sentendole nominare Mya.
Istintivamente mi porto una mano sulla pancia, anche se ormai sono quattro mesi che è nata e rende le nostre vite straordinarie. "Sta bene, è con Anne."
Eloise annuisce, sorridendo appena. "Mi dispiace di essere stata assente nell'ultimo mese Grace, mi siete mancate tanto, davvero tanto. Mi mancano così tante persone, sai?"
Non so se è il momento giusto di affrontare una conversazione come questa, ma se lei si sente di farlo, allora lo faremo."Va tutto bene, El. È giusto così."
"Jamie non ti ha raccontato nulla?", domanda.
Ci sono momenti nella vita in cui capisci che è giusto farsi da parte, soprattutto in quelle situazioni che non sei in grado di capire. Jamie è stato in grado di farlo, molto meglio di me ed è giusto che sia stato lui quello più vicino a Eloise. Ho provato a capirla, a starle vicino, ma l'istinto di protezione nei suoi confronti mi avrebbe portato a negarle la felicità, e tutte quelle cose che l'hanno portata così vicino a Louis e lontana da noi.
Non sono arrabbiata, non sono nemmeno delusa da lei, perché ho provato sulla mia pelle la confusione di un sentimento così forte, provo solo del rammarico nei confronti di me stessa per non essere stata all'altezza della situazione, almeno non nel modo giusto. I contatti non sono mancati, il tempo insieme nemmeno, ma la lontananza mentale non è qualcosa che si può semplicemente superare.
Jamie ci è riuscito, ha fatto di tutto per raccontarmi cosa stava succedendo, ma l'ho fermato ogni volta, non era compito suo. "Ci ha provato, ma non era lui a dovermi raccontare, non sarebbe stato giusto."
"Mi avresti fermata prima."
"Lo so, è anche per questo che non ho voluto sapere."
Eloise sorride, chiudendo gli occhi. Sta in silenzio per qualche secondo prima di riaprirli. "Ti va di ascoltare una storia?"
Annuisco, senza esitazioni. Questo è il mio momento di esserci, e ci sarò. "È iniziato tutto quella sera a casa vostra, ricordi? Ci avevate invitati tutti, mancava solo Zayn e sarebbe stato tutto perfetto, almeno dal punto di vista di Harry. Daniel non c'era come al solito, ma la presenza di Louis alleggeriva ogni mancanza. Fino a qui non ti sto raccontando nulla che non sai. Il fatto che io sia riuscita a capire che qualcosa non andasse in lui quella sera, doveva avvertirmi del fatto che avrei dovuto rallentare. Ero forse la persona che lo conosceva meno fra i presenti, eppure sono stata così tanto tempo ad osservarlo da lontano come un'adolescente infatuata, che mi sono accorta subito che qualcosa non andava. La cosa più sorprendente è che non ho dovuto chiedergli nulla, sono uscita sul terrazzo e lui stava fumando. Gli ho fatto qualche domanda, ho cercato di ironizzare per smorzare la tensione e lui me l'ha detto: "Mia mamma ha la Leucemia." Mi ricorderò per sempre quel momento Grace, il suo sguardo spento, il fumo della sigaretta intorno a noi. È tutto impresso nella mia testa e avrei voluto andarmene, fare come ogni persona normale sulla faccia della terra, dirgli che mi dispiaceva e girare i tacchi, ma non l'ho fatto. Mi sono avvicinata a lui e sono rimasta lì, ferma, come siamo noi adesso e l'ho ascoltato mentre mi parlava di tutto e di niente. Siamo rimasti su quella terrazza per più di mezz'ora e se Gregg non fosse venuto a cercarci non ci saremmo accorti di nulla. Eravamo avvolti in una bolla, sento che lo siamo ogni volta che stiamo insieme e forse è quella stupida bolla che mi ha fatto fare cose che non sono affatto da me. Non è da me prendere dei permessi extra al lavoro per occuparmi di faccende che nemmeno mi riguardano, non è da me tenerti lontana nella consapevolezza che non mi avresti dato ragione, e non è da me ignorare i continui avvertimenti di Daniel. La cosa più assurda è che l'ho fatto nella consapevolezza che un giorno me ne sarei pentita e, quel giorno, è arrivato. Jhoanna è morta e quella bolla non è sufficiente a tutelare Louis. Ho cercato di fare il possibile in questi mesi per rendere la situazione meno pesante e lui me lo ha permesso a 360 gradi. Ho partecipato a quasi tutte le cene e i pranzi di famiglia con un titolo che non ho, che non mi ha mai dato, e che non so nemmeno se voglio. Ho perso il conto delle volte che mi sono trovata a rassicurare Lottie e Fizzy, per non parlare dei giochi stupidi che mi sono inventata per i gemelli. Lui mi ha permesso tutto questo, mi ha aperto le porte della sua famiglia e della sua vita Grace, e la cosa assurda è che non ho avuto nessun remore nel varcare quella soglia. Eravamo in contatto ogni giorno, in modo spontaneo, senza che nessuno dei due forzasse la cosa e ogni volta che ho fatto un passo indietro, lui ne ha fatti due in più nella mia direzione per raggiungermi. Conosco il suo appartamento alla perfezione, conosco i suoi gusti ancor meglio, e riconoscerei il suo profumo fra mille. Quando Daniel ha proposto una pausa alla nostra relazione, l'ho lasciato fare, non ho provato a fermarlo, non ci ho pensato nemmeno per un secondo, anche se quello forse è stato l'unico giorno in cui ho realizzato davvero cosa stava succedendo. Louis se n'è accorto, mi ha detto che era colpa sua se stava succedendo l'inevitabile e che l'ultima cosa che voleva era vedermi soffrire, ma invece di lasciarmi andare si è seduto al mio fianco e mi ha stretto un abbraccio che non dimenticherò mai. Per quanto voglia essere razionale, per quanto cerchi di tutelare me stessa, so che quell'abbraccio non era per un'amica e ne ho avuto la conferma da lì in poi. Mi sono praticamente trasferita da lui anche se non l'ho mai fatto davvero, abbiamo dormito insieme un migliaio di volte e lui non ha mai varcato la linea che a forza ha tracciato fra noi. Ci siamo andati vicini entrambi tantissime volte, ma qualcosa ci ha sempre fermati prima che tutto si rovinasse. Il fatto che la sua vita non faccia per me è scritto a caratteri cubitali ovunque; ha avuto un figlio con una ragazza con la quale è stato una sera soltanto, e per quanto lui voglia tenerla lontana dalla sua vita, sarà sempre la madre di suo figlio. Mi sono sempre tenuta lontana da situazioni come questa, ho evitato le complicazioni come la peste, ed ora eccomi qui, Grace..."
I suoi occhi cercano costantemente qualcosa all'orizzonte, oltre i palazzi di Londra, oltre le lacrime che di tanto in tanto si fanno spazio sul suo viso, oltre questo racconto di cui ignoravo gran parte dei particolari. "Eppure sei qui, hai provato ad andartene dall'ospedale più volte ma non ce l'hai fatta, quindi cosa manca, El?"
"Manca il fatto che mi ha fatta sentire il centro del suo mondo, nonostante tutto intorno a lui stesse andando a rotoli. Non mi ha tutelata davanti all'evidenza, non mi ha mai dato l'illusione di qualcosa che non era, ma in un modo particolare mi ha fatta sentire al primo posto. Penserai che sono pazza, forse lo sono davvero, ma ci sono troppe cose a cui posso aggrapparmi disperatamente e l'ultima, la più grande, è successa meno di quattro ore fa."
Se penso a Louis ed Eloise non riesco in alcun modo a vederli coinvolti in una relazione. Se io e Harry eravamo diversi, loro senza dubbio sono due poli opposti, ma è anche noto a priori che gli opposti si attraggono e forse loro sono l'ennesimo esempio che conferma la teoria. "Hai voglia di raccontarmela?"
Annuisce, infilando entrambe le mani nella grande tasca della felpa. "Stamattina mi sono alzata e ho preparato la colazione per entrambi. Andava tutto come al solito, come ogni giorno, ma quando mi sono voltata Louis era appoggiato allo stipite della porta a guardarmi. Non lo fa spesso, quando si accorge di farlo distoglie subito lo sguardo, ma stamattina mi guardava, senza parlare, senza remore ed è stato un colpo al cuore, Grace. Sono rimasta lì impalata, le nostre tazze di caffè in mano e una delle sue magliette come pigiama. Non so come ho trovato la forza di voltarmi, di allontanarmi da quegli occhi che si ritrova, ma è stato un grande errore da parte mia perché quando mi sono voltata nuovamente, lui era a pochi centimetri da me con quello stesso sguardo. Un attimo prima stavo per avere un infarto, e un attimo dopo lui mi diceva che non ce la faceva più. Prima che potessi chiedere spiegazioni o ribattere mi stava baciando. In cuor mio ho immaginato questo momento in miliardi di modi, ma non così Grace, non in questo modo, non così forte. La linea è andata in frantumi e io l'ho oltrepassata senza il minimo dubbio perché nonostante tutte le controindicazioni del caso, non aspettavo altro."
Lo sguardo sognante di Eloise si spegne improvvisamente, tornando ad essere amareggiato come poco prima. Evidentemente questo lungo racconto non è ancora giunto al termine. "È suonato il telefono, non so quanto tempo dopo, forse un minuto o forse un'ora e ci siamo risvegliati entrambi. La bolla si è rotta e la realtà ci è piombata addosso come una secchiata di acqua gelata. Era Lottie al telefono, diceva a Louis di raggiungerla in ospedale perché a sua madre mancavano poche ore. Nessuno di noi due ha più detto niente, cosa c'era da aggiungere? Un disastro in piena regola sotto mille punti di vista, e il senso di colpa da parte mia che non fa altro che aumentare. L'unica cosa che mi ha detto da quel momento, prima di entrare nella stanza di sua madre, è stata quella che non mi ha permesso di andarmene dall'ospedale, e la cosa più assurda è che lui sapeva benissimo che l'avrei fatto. Gli occhi non mentono, i suoi li conoscono fin troppo bene ormai, e le sue parole, a prescindere da come andranno le cose da ora in poi, rimarranno impresse nella mia testa sempre: "Non andartene anche tu.". Non l'ho fatto, non ho intenzione di farlo, ma sono consapevole del fatto che è sbagliato. Tutto quello che ho fatto in questi mesi è stato un errore, un grosso scivolone da parte mia che non mi permetterà di rimediare come se nulla fosse."
Se qualcuno mi avesse raccontato questa storia non ci avrei creduto, ma gli occhi di Eloise mi dicono troppe cose che non vorrei vedere. "È un disastro. La situazione è la meno indicata per affrontare una cosa del genere, ma se è successo c'è un motivo. L'unica certezza che ho sempre avuto è che Louis ti avrebbe sempre tutelato, in primo luogo da sé stesso. Avrebbe avuto mille occasioni in passato per approfittarsi di te, in mille modi diversi, ma non l'ha fatto. Lo conosco, l'ho visto crescere negli anni e l'ho visto sbagliare tante volte. Sembra una cosa disegnata nel suo DNA, ma in questo caso non l'ha fatto. Poteva evitare tante cose, avrebbe potuto comportarsi in modo diverso, ma credo davvero che tu fossi il suo unico appiglio, El. Ho sempre notato il modo in cui ti guardava, come se vedesse in te qualcosa di troppo bello per essere contaminato da lui e dai suoi problemi. Ha resistito per un sacco di tempo, ti ha tenuta a distanza perché sapeva che non ce l'avrebbe fatta, ma nel momento di debolezza non ha più saputo frenarsi e si è aggrappato all'unica cosa in grado di farlo stare bene. Non so cosa passi per la sua testa, non posso darti nessuna certezza e ammetto senza mezzi termini che avrei preferito immaginarti fra le braccia di Daniel, al sicuro come sempre, ma non voglio impedirti di vivere. È nata nel modo sbagliato, nel modo forse più doloroso viste le circostanze, ma non pensare mai, nemmeno per un secondo che sia stato un errore."
Le lacrime oggi, sembrano essere l'unico compagno di viaggio della mia amica. Vorrei davvero vederla come sempre, i suoi vestiti ordinati, il trucco perfetto per i suoi lineamenti, e quel sorriso incredibile che negli anni non ha mai perso. Pensavo davvero che Daniel fosse l'uomo della sua vita, forse lo è ancora, ma qualcosa in Louis l'ha costretta a fermarsi, mollare la presa e guardarsi intorno.
"Mi sei mancata, Gracy. Mi manca Mya, anche se la vedo quasi tutti i giorni, mi manca mio fratello, mi manca Daniel in un modo strano, e mi mancherà dannatamente Jhoanna da ora in poi. Mi ha sempre sorriso, non ha mai fatto domande sulla mia presenza vicino a loro, mi ha accettata e basta, come se fosse del tutto normale esserci."
É mancata anche a me, ma so che doveva vivere questa piccola parentesi della sua vita, da sola. "È questo l'effetto che fai alle persone roccia, non dovresti più sorprendertene."
Eloise sorride, scuotendo la testa. "Non ho nessuna certezza Grace, è questa la cosa che mi spaventa di più. Potrei tornare lì dentro e uscirne da sola, con un cuore in mille pezzi, più di quanto lo sia già ora. Potrei uscirne consapevole di essere semplicemente inciampata, perché Daniel è la persona giusta per me, oppure potrebbe cambiare tutto, ma sono certa di non essere all'altezza della situazione."
"Se non torni lì dentro non lo scoprirai mai e a prescindere da tutto, hai il diritto di tornare lì con loro perché sono certa che ti possa fare bene, a te, come a tutti gli altri presenti."
Annuisce, passandosi una mano sugli occhi. "Ok, andiamo. Andrà tutto bene, giusto?"
La vita è complicata, situazioni come questa lo sono, ma fermarsi e lasciarsi trascinare dal dolore è la via più facile, quella che inevitabilmente non permette di andare avanti. Armarsi di coraggio e cercare di passare oltre, portandosi con sè le cose belle è complicato, ma è necessario per continuare a vivere.
"Andrà bene, El."
The sun goes down and it comes back up
The world it turns, no matter what
Oh, Oh Oh
if it all goes wrong
Darling just hold on.
SPAZIO AUTRICE
Ho scritto questo capitolo tanto tempo fa, è uno dei primi che ho scritto di flash ed è stato anche quello da cui è partita l'idea di Healthy. (Ottima idea devo dire [mi chiamavano modesta da piccola])
Ci sono cose che davvero non si spiegano, che non hanno una motivazione reale alle spalle e sono anche quelle che ci permettono di, nel bene o nel male, imparare cose che prima molto probabilmente ignoravamo. Non è una consolazione, non lo è mai, ma l'unica cosa che possiamo fare per andare avanti è aggrapparci con le unghie e con i denti alle cose belle.
Andrà tutto bene.
Al prossimo flash!
Greta ♡
P.S: Se non l'avete ancora fatto, correte a leggere il capitolo di Healthy.
N.B: Grazie a JustMeandLouisT per avermi assecondato in questa nuova avventura. Grazie a lei per questo e per tutto. ♡
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