Capitolo I
"Tenente Higurashi, mi passi ancora sullo schermo la telemetria dei sensori dei satelliti spia."
"Certo, signore. Immediatamente" replicò l'ufficiale, solerte nelle parole quanto scontroso nel tono. Al limite dell'insubordinazione.
Aleksey scrutò di straforo la plancia: davanti a lui il tenente O'Neill era l'unico a conservare la calma. Un veterano coriaceo e temprato, faceva da timoniere alla sua ammiraglia - la corazzata Sarissa - sin da quando gli era stata affidata, cinque anni il mese precedente. Sfiorava placidamente i comandi della poderosa nave, mantenendola in posizione con apatia professionale senza staccare gli occhi dai suoi comandi.
Alla sinistra del Comandante, l'addetto ai sistemi interni Higurashi lo adocchiava di nascosto ogni tanto, indeciso se procedere con le sue rimostranze o no; alla destra l'ufficiale addetto alle armi Delgado controllava e ricontrollava maniacalmente l'operatività degli armamenti, teso come un fascio di nervi. L'addetto alle comunicazioni Cavan, poco dietro la postazione del sottotenente Higurashi, sudava freddo.
Aleksey sospirò appena, rimpiangendo i suoi vecchi ufficiali, morti a causa di una silurata aliena tre mesi prima.
Tornò a osservare il suo schermo, fissando l'immagine rappresentata: la brillante mezzaluna del pianeta, il quale sorgeva oltre il satellite dietro la cui faccia nascosta la Sarissa e gli altri nove vascelli della flottiglia umana avevano trovato riparo.
Zoomò sul corpo celeste, concentrando il suo sguardo sulle sagome sottili delle cinque stazioni dei Razziatori, le quali fungevano da cardine per la loro griglia difensiva orbitale; quindi osservò la flotta in orbita geostazionaria alta, poche decine di migliaia di chilometri dalla posizione delle forze terrestri: trenta incrociatori bluastri, sinuosi, privi di qualsiasi protuberanza o asperità sgraziata; affusolati come squali, e come quest'ultimi rivestivano il ruolo di predatori acquatici dei mari di casa, quei vascelli erano i predatori degli oceani siderali.
In condizioni normali, anche inserendo nell'equazione le nuove corazze e le nuove armi direttamente derivate da quanto appreso sulla tecnologia dei Razziatori stessi, per battere una forza simile - tenendo conto pure delle difese orbitali - sarebbero occorse almeno sessanta navi federali, di cui molte pesanti. Nulla a che vedere con la corazzata, i tre incrociatori e le sei fregate della forza a sua disposizione.
I Razziatori li surclassavano per numero e tecnologia. Malgrado ciò, aveva un asso nella manica.
Il comandante Cole puntò lo sguardo sui resti delle difese orbitali federali distrutte dagli alieni due anni prima, quando il sistema era caduto.
Erano ancora lì, smembrate e bruciacchiate, lasciate a sgretolarsi per azione della fisica in uno degli infiniti circoli attorno al pianeta. Negli ultimi anni la guerra aveva preso una piega più favorevole per la Federazione terrestre e Sigma Theta II era rimasto un avamposto militare per i Razziatori, i quali avevano evitato di stanziarvi dei coloni, consapevoli di star perdendo la presa sull'intero quadrante; non si erano nemmeno disturbati a bonificarne l'orbita.
Sigma Theta era l'unico sistema solare a essere caduto fra i sei che Aleksey si era trovato a difendere con la sua unità da un attacco nemico durante il Search and Protect. Ora, dopo quasi sessanta ore di frustrante attesa per portarsi in posizione senza essere individuati dai vigili sensori alieni, stava per porre rimedio alla sgradevole macchia fra la rosa dei suoi successi.
Fece voltare la poltrona verso la postazione delle comunicazioni. "Sottotenente Cavan, notizie dal ricognitore?"
L'ufficiale rimase interdetto a osservarlo per un istante con i suoi occhi porcini, mantenendo un'espressione stolida alquanto irritante. Poi un lampo di comprensione si accese nel suo sguardo opaco e si volse precipitosamente verso la sua consolle, affannandosi sui tasti.
Il comandante Cole storse la bocca. Non appena avessero finito quella missione avrebbe richiesto un sostituto per Cavan; per ora, sfortunatamente, doveva tenerselo.
"Affermativo, Comandante. Hanno mandato un messaggio or ora, hanno collocato tutte le testate e ci hanno passato il controllo in remoto della detonazione. Stanno lasciando la zona in questo momento."
"Molto bene," commentò Aleksey, "passamela sulla mia consolle. Tenente O'Neill, le squadriglie di caccia sono in posizione?"
"Affermativo, signore" replicò subito il veterano, senza dover controllare gli schermi dei sensori: in previsione della richiesta lo aveva già fatto da tempo.
"I sensori mostrano ancora assenza di reazioni negli altri pianeti del sistema?" chiese ancora.
"Sissignore, sia i sensori delle navi che dei satelliti spia continuano a confermare l'assenza di vascelli nemici nel resto del sistema: solo stazioni di difesa orbitale e squadriglie di caccia che gravitano attorno al quarto e quinto pianeta."
"Bene" sussurrò, leccandosi le labbra screpolate in previsione della carneficina che avrebbero portato a termine.
"Tenente Delgado, voglio che il controllo degli armamenti dell'intera flotta sia sincronizzato in modo da ottenere una soluzione di fuoco che colpisca simultaneamente secondo la sequenza standard."
"Aye, signore. Eseguo immediatamente" replicò, facendo volteggiare rapidamente le mani sulle tastiere della sua postazione.
"Siamo pronti, dunque" mormorò Aleksey, agganciandosi alle imbracature della poltrona. "Disabilitare moto rotatorio, chiudere porte stagne, abilitare corazze. Avanti tutta per le posizioni assegnate" ordinò placidamente.
Le aride e bianche luci a led virarono improvvisamente verso un rosso cupo e non appena le sezioni della nave smisero di ruotare su se stesse per riconfigurarsi in un ordine che le rendesse più granitiche, la simulazione di gravità scomparve. Aleksey si sentì sollevare dalla poltrona, tenuto in posizione solo dalle cinghie.
"Assetto da battaglia raggiunto da tutte le navi, signore" riferì O'Neill, "tempo stimato per l'arrivo in posizione: due minuti."
Cole percepì la tremenda accelerazione della nave, attenuata quasi completamente dagli smorzatori inerziali, nello stomaco e nella spinta che lo schiacciava contro il sedile.
"Signore!" sbottò improvvisamente il sottotenente Higurashi. "Signore, non è ancora troppo tardi! Possiamo ancora tornare indietro!"
Il resto degli ufficiali nella plancia si scambiò sguardi stupiti e allarmati.
"Le faccio notare, Sottotenente, che abbiamo abbandonato la nostra posizione e disattivato il sistema stealth: considerata l'efficacia dei sensori Razziatori, siamo già stati individuati" lo rimbeccò pacatamente.
"Signore, cosa pensa che potremmo fare noi contro trenta delle loro navi? Per non parlare delle difese orbitali?" insistette, trovando il consenso di Cavan e lasciando titubante Delgado.
"Sottotenente, faremo il nostro dovere. Si attenga alle sue mansioni, un'altra parola e la sollevo dai suoi incarichi con una nota di demerito!" intimò, infondendo una nota minacciosa inconfondibile nella voce.
L'uomo rimase interdetto un istante, valutando l'idea se proseguire o no con la sua protesta; poi decise di tornare a concentrarsi sui propri schermi, lasciando che nella plancia si diffondesse un silenzio greve, scandito solamente dai leggeri trilli dei sistemi e dalle vibrazioni propagate dai motori.
"Posizione raggiunta, signore: siamo sopra il polo nord del satellite," disse d'un tratto il timoniere.
Aleksey si mordicchiò appena le labbra, quindi annuì: "Delgado, fuoco solo con le batterie ordinarie, mirate alle navi più grosse. Non dobbiamo fargli credere di essere un reale pericolo."
"Eseguo" ribatté, premendo il tasto che ordinava all'intera flottiglia di sparare con l'aria di qualcuno che stesse firmando la propria condanna a morte.
Le luci sfarfallarono appena mentre i condensatori rilasciavano l'energia accumulata per alimentare i sei piccoli CAM della nave - sino a qualche anno prima si sarebbero trovati pressoché al buio, ma i nuovi nuclei energetici erano dei veri gioielli.
I colpi accelerati magneticamente della flottiglia percorsero con rapidità le migliaia di chilometri che dividevano le due forze e, ignorando gli incrociatori leggeri, colpirono solo le navi più pesanti. Gli scudi alieni avvamparono indignati in un lampo bluastro, lasciando indenni le navi; le quali si voltarono con un'agilità stupefacente verso la flottiglia federale e lanciarono sciami di letali caccia, gettandosi all'inseguimento.
"Virare, raggiungere seconda posizione. Massima spinta" comunicò soddisfatto Cole, tamburellando con le dita il bracciolo della poltrona.
L'accelerazione lo spinse ancora contro il sedile, mentre la nave virava di centottanta gradi e percorreva a ritroso la rotta appena seguita, spingendo al massimo delle proprie possibilità.
Un fastidioso formicolio alla nuca gli rammentò da quale tremenda forza erano tallonati, sfiorando un tasto passò alla propria postazione le riprese catturate dalla telecamere di poppa: i Razziatori avevano superato la posizione da cui gli umani avevano fatto fuoco su di loro. Aleksey diede un'occhiata ai sensori e fece un rapido calcolo mentale. Non mancava poi molto.
Con tutta la flemma che riuscì a radunare, digitò un codice sulla sua tastiera e un pulsante rosso apparve. Ne sollevò la linguetta protettiva di plastica.
Nonostante i nuovi poderosi motori, le navi dei Razziatori rimanevano più veloci di quelle terrestri e infatti stavano rapidamente guadagnando terreno e si trovavano ormai a portata di tiro. Un'altra occhiata ai sensori confermò ad Aleksey che gli alieni erano ormai entrati nell'area prevista. Un velo di sudore gli bagnò la schiena e la fronte.
"Virare di centoottanta gradi, pronti a far fuoco con tutte le armi. Comunicate ai caccia di iniziare la manovra di avvicinamento" disse, mantenendo la voce salda, nonostante avesse la gola secca.
"Cosa?!" sbottò Higurashi spalancando gli occhi a mandorla. "Questo è un suicidio, non rimarrò passivo qui mentre questo sconsiderato ci fa ammazzare tutti..."
"Contieniti, Sottotenente" bofonchiò Cole, riservandogli solo un piccola percentuale della sua attenzione, mentre seguiva sugli schermi la manovra della Sarissa e delle nove sottoposte.
"Eduardo..." supplicò Higurashi, guardando l'addetto alle armi.
"Taci, Akito. Sta' zitto!" lo rimproverò l'altro, concentrato sui suoi schermi.
Le navi aliene si allinearono, squadroni di micidiali caccia le attorniavano, e le loro sinuose batterie si illuminarono di violetto. Stavano per lanciare i loro devastanti siluri, i quali, in così gran numero, avrebbero sfondato le resistenti blindature delle navi terrestri alla prima bordata.
"Per l'amor del cielo..." sussurrò Cavan, stavolta.
Aleksey esercitò una leggera pressione sul pulsante rosso. Diciotto nuovi soli nacquero tutto attorno ai Razziatori, gettando un lampo di luce sulla faccia oscura del satellite di Sigma Theta II.
I globi di accecante luce bianca digradarono in breve tempo, virando prima verso l'amaranto e poi esaurendosi completamente.
Da quell'inferno, solo sedici navi nemiche riemersero, tutte con evidenti danni. E della loro scorta di caccia rimaneva solo la retroguardia, la quale si affrettò a guadagnare la posizione della flotta.
"Fuoco con tutte le armi secondo la soluzione sincronizzata," sussurrò compiaciuto.
I vascelli federali lanciarono salve di missili e, dopo una decina di secondi, spararono nuovamente con i CAM.
I pesanti proiettili dei cannoni ad accelerazione magnetica impattarono contro gli esausti scudi alieni, esaurendoli. Immediatamente dopo giunsero i missili a provocare squarci vistosi nelle robuste corazze bluastre delle navi più grandi, dando invece il colpo di grazia agli incrociatori leggeri: tre esplosero, spargendo detriti in ogni direzione; altri due presero a roteare senza fine nello spazio, perdendo sbuffi di candida atmosfera interna.
"E ora, bum" sussurrò Aleksey, passandosi la lingua sulle labbra.
"Nuove armi in linea. Fuoco fra tre... due... uno..." annunciò l'addetto alle armi.
Le luci all'interno della plancia si fecero fioche, gli stessi schermi dei computer si affievolirono, il sistema di ventilazione cessò il proprio soffuso brontolio. Tutto per alimentare il vorace, nuovo colpo.
Un candido fascio di pura energia si originò alla prua di ogni vascello federale, variando in dimensioni a seconda della classe di nave, per poi venire proiettato verso le unità dei Razziatori. Colpirono istantaneamente, alla velocità della luce: otto esplosioni consumarono altrettante navi.
Come previsto, i vascelli Razziatori superstiti ruotarono e si allontanarono alla massima velocità consentita dai loro danni, raggiungendo e superando il piccolo satellite.
Stavolta Cole, mezzo accecato dall'improvviso riaccendersi dell'illuminazione, non ebbe bisogno di impartire alcun ordine, le altre navi della squadra si lanciarono all'inseguimento facendo fuoco a volontà con le armi teleguidate.
Quando le navi terrestri ebbero superato anch'esse la luna, si trovarono innanzi un lieto spettacolo: le tre navi nemiche superstiti e i loro caccia stavano subendo un violento assalto dagli squadroni d'intercettori della flottiglia.
In inferiorità numerica e costretti sulla difensiva, presto le formazioni di navicelle aliene furono pesantemente decimate e i tre incrociatori superstiti furono tagliati fuori dal riparo delle difese orbitali.
"Proiettori di energia. Fuoco!" disse Aleksey, firmando la condanna a morte del nemico. Tre gratificanti esplosioni campeggiarono sugli schermi della plancia l'istante successivo.
Higurashi, Cavan e Delgado sospirarono rumorosamente di sollievo. Aleksey li fissò storto. "Non è ancora finita, tenente O'Neill: avanti tutta, rotta di intercettazione per le difese orbitali."
"Oh, per la Dichiarazione! Signore, è un suicidio!" brontolò ancora Higurashi, arrendendosi però subito.
"Armi pronte, signore" annunciò con entusiasmo il tenente Delgado, evidentemente rassicurato dalla prodigiosa vittoria appena ottenuta.
Cole era consapevole di star rischiando molto. In teoria il suo piano era vincente... ma se i sistemi nei rottami avessero subito troppi danni? Se non avessero conservato energia a sufficienza? Se i Razziatori avessero scandagliato le stazioni e avessero trovato i droni che aveva nascosto nei rottami prima della ritirata? Considerato quello che portavano agganciato, non era per nulla improbabile.
Un po' troppi se. La cosa lo disturbava soprattutto perché implicava un'imperfezione di un piano da lui concepito, non gli importava quanto avrebbe dovuto la possibilità di morire. Di questo se ne rendeva conto.
"Caccia, iniziare l'assalto. Ora" disse, caustico.
Le squadriglie federali attraversarono in un lampo la distanza fra la flottiglia e le costruzioni orbitali, attaccando i caccia delle stazioni mentre stavano ancora lasciando quest'ultime; i velivoli terrestri riuscirono anche ad assestare qualche buon colpo con i missili perforanti alle stazioni stesse prima che sollevassero gli scudi.
Di certo i Razziatori non si erano aspettati un rovescio così improvviso, cosa che conferiva agli umani preziosi secondi di vantaggio.
Non appena furono a portata, Aleksey ordinò di sparare, distribuendo il volume di fuoco equamente su ogni stazione; cosa che normalmente avrebbe finito col farli perdere solo più in fretta. E infatti, dopo essersi rapidamente riunite in una squadra compatta, i fianchi sinuosi delle unità aliene si imporporarono: una serie di siluri furono scagliati contro le navi federali, che intrecciarono un groviglio di contromisure attorno a loro.
Aleksey fu quasi sbalzato sul pavimento da un sussulto che scosse la Sarissa. Una serie di allarmi presero a ululare avvertimenti acustici.
"Continuare a far fuoco! Continuare a far fuoco!" sbraitò raucamente, tentando di farsi sentire sulle sirene.
"Ricevuto" rispose a denti stretti Delgado, annaspando freneticamente sui comandi.
"Rapporto danni e perdite" domandò. Un leggero peso si addossò sul suo stomaco.
"Due fregate distrutte signore, ancora non so quali. Noi siamo stati colpiti da due siluri, ma le corazze hanno retto" si affrettò a dire il timoniere, dopo aver consultato i suoi schermi. "La maggior parte dei colpi è stata deviata, però... picco di energia!" avvertì O'Neill, "faranno fuoco ancora fra pochi istanti."
"Signore! Ordini, signore! Non riesco a penetrare i loro scudi e se sparo con i proiettori rimarremo vulnerabili per alcuni secondi senza avere la certezza di distruggerli tutti. Ordini?!" chiese Delgado, i capelli neri appiccicati alla testa dal sudore, senza distogliere lo sguardo dai suoi scanner.
Aleksey osservò le stazioni, intente a tessere un reticolo di fuoco con le armi secondarie tentando di abbattere i caccia federali assorbiti in una serie di duelli mortali con le controparti aliene. I fianchi delle strutture dei Razziatori si illuminarono ancora di viola, segno inequivocabile di un altro devastante attacco.
Il Comandante avvicinò l'indice al comando che teneva in serbo da oltre due giorni. Eppure si bloccò: i lampi viola si fecero scarlatti e le sequenze di un'altra battaglia passata, impresse a fuoco nella sua memoria, divennero reali, presenti e l'orrore di quel giorni si sovrappose a ciò che stava accadendo. Le sinuose strutture dei Razziatori d'un tratto divennero angolose, adamantine e nere, nere come la scia di morte e sangue che gli Oray avevano seminato trent'anni prima.
Per un istante lungo un'eternità, la sua memoria lo catapultò nelle immagini d'archivio e nei rapporti su Genesis che aveva visionato sino allo sfinimento migliaia di volte, ogni sera prima di andare a letto, giurando vendetta. Genesis, lì dove tutto era iniziato: il luogo in cui suo padre era stata assassinato assieme a tre milioni di altre persone.
Con il cuore in gola, vide i fiammeggianti raggi Oray che bruciavano il cielo, l'atmosfera, l'oceano, annientando ogni singola forma di vita.
"Bastardi! Ve la farò pagare!" sibilò, affondando le dita nei braccioli della poltrona.
"Ordini, signore!" gli giunse una voce da molto lontano.
Distogliendo la mente dai suoi ricordi, si trovò davanti i visi dei suoi ufficiali che lo fissavano attoniti, in attesa di istruzioni.
"Continuare a far fuoco con tutto quello che abbiamo, pronti a usare i proiettori" disse, affrettandosi a premere il tasto che sfiorava il polpastrello del suo indice sinistro. Poi osservò lo schermo passandosi la lingua sulle labbra aride.
In un orbita più bassa rispetto alle difese dei Razziatori, da un rottame che stava decadendo sempre più vicino all'atmosfera, una trentina di piccoli oggetti - dimenandosi come se infastiditi per l'essere stati destati - si levarono in volo; piccoli fiori di luce gialla confermarono l'accensione dei loro motori, riverberi dorati sul lucido metallo lampeggiarono brevemente riflettendo le luci di Sigma Theta e della battaglia.
Ignorati dalle difese aliene, sotto pressione per i loro cugini condotti da piloti in carne e ossa, i droni proseguirono imperterriti verso i propri bersagli, avvicinandosi celermente.
Alcuni intercettori alieni a forma di goccia oblunga virarono, attaccando la nuova formazione apparsa dal nulla: vaporose scie di missile federali si intrecciarono con fulminee sfere violacee, esplosioni mieterono vittime in entrambe le formazioni; poi alcune torrette delle stazioni nemiche ruotarono rapidamente e aprirono il fuoco sui droni, distruggendone una manciata.
Tuttavia, se i Razziatori avessero prestato più attenzione alla nuova minaccia si sarebbero accorti che alcuni dei caccia terrestri si sacrificavano pur di salvaguardarne altri e forse avrebbero capito che al di sotto dell'improvvisa comparsa del piccolo gruppo di rinforzi si celava un disegno più complesso di un mero attacco nelle retrovie.
Quando sette droni si schiantarono in un attacco suicida contro gli scudi, accendendo altrettanti accecanti globi a ridosso delle stazioni, tutto divenne chiaro.
Gli schermi protettivi del nemico si colorarono di un azzurro abbacinante; la loro sagoma circolare si evidenziò, divenendo poi improvvisamente emaciata e fiacca e la barriera da essa creata si dissolse nel medesimo istante in cui il lampo rosso del fuoco nucleare decadeva completamente, lasciando il posto al nero inerte dello spazio, flebilmente illuminato dalla luce riflessa da Sigma Theta II.
La forza terrestre non si fece trovare impreparata: missili impattarono sugli scafi bluastri, provocando ferite e sfregi neri, da cui sgorgavano plasma bollente e vapori dell'atmosfera interna; nivei fasci al calor bianco raggiunsero i Razziatori, tranciando in più punti le stazioni come se nulla fosse. La corazza esterna aliena si fece prima rossa, poi gialla e infine bianca con venature bluastre, quindi evaporò; poco dopo tutte e cinque le stazioni esplosero diventando nubi di metallo vaporizzato.
"È finita... cazzo, è finita!" proruppe Higurashi, incredulo. Poi si mise a esultare, come se avesse sempre creduto nella vittoria e non avesse protestato sino a pochi minuti prima. Presto l'intera plancia lo imitò.
"Ottimo lavoro, tenente Delgado" disse tranquillamente Aleksey, annuendo soddisfatto alla vista del massacro compiuto.
"Sottotenente Cavan, comunichi ai caccia di inseguire e distruggere gli intercettori nemici superstiti e poi rientrare immediatamente per riparazioni e rifornimento," disse senza voltarsi verso l'uomo, il quale cominciò a eseguire l'ordine con insolita solerzia. "Dica al resto delle navi di mettersi in orbita geostazionaria e di lanciare le squadriglie di riserva per copertura. Infine, invii un messaggio al comando e lo avverta che... emh, abbiamo fatto una piccola deviazione dal nostro giro di pattugliamento e che sarebbe molto gentile da parte loro inviare qualche rinforzo per ultimare la riconquista di Sigma Theta. Si accerti di comunicare l'entità delle perdite nemiche."
"Aye, aye signore."
"Sottotenente Higurashi, mandi fuori i caccia di riserva per fornirci copertura."
L'ufficiale assentì, evitando di incontrare il suo sguardo, chinando la testa con disagio.
"Signore... ma, cos'è successo esattamente? Da dove sono arrivati quei droni?" domandò l'addetto alle armi, volgendosi verso Cole.
"Oh, li ho lasciati qui nel '63, quando i Razziatori hanno preso il sistema. Sapevo che non avrebbero avuto il tempo di sfruttare la zona" replicò placidamente, come se fosse la cosa più naturale e banale dell'universo.
I tre ufficiali di nuova acquisizione lo fissarono increduli e palesemente ammirati.
"Oh, vi abituerete, fidatevi: vi abituerete" disse O'Neill regalando ai colleghi un sorriso sornione.
Angolino dello "scrittore":
Salve a tutti u.u, mi scuso per il ritardo: d'ora in avanti sarò più puntuale. Per farmi perdonare ho postato in una volta un capitolo lungo lungo, spero lo potrete apprezzare :3
E niente, spero che anche la storia sia di vostro gradimento. *sparisce in una nuvoletta nera*
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top