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"HARRY LA COLAZIONE!"
Iniziamo bene, si ritrovò a pensare Harry stropicciandosi gli occhi, il sonno ancora addosso.
Andò in bagno e si lavò il viso, contemplando il suo orribile riflesso: le guance leggermente scavate, viso pallido, e un paio di occhiaie che risaltavano quasi quanto la sua cicatrice.
Si chiese se sarebbe potuto essere peggio, insicuro se avrebbe voluto sapere la risposta.
Indossò gli occhiali che lo salvavano dall'essere una talpa e scese le scale per andare in cucina.
"Dico ma sei sordo? Ti ho chiamato già tre volte per la colazione. Ormai cucina Petunia visto l'orario... Ma stasera col cazzo che mangi" disse quel grassone di suo zio Vernon.
Certo sarebbe stato carino se l'avessero chiamato per mangiare, non per preparare...
"Non ho dormito bene stanotte" dissi cercando di mantenere la calma.
Non posso incazzarmi ancora con loro, non avrei dove andare se mi cacciassero, e so che ne sono capaci.
"Perché, che cosa hai fatto per stare scomodo?" si intromise Dudley, alludendo alle voci che girano su di me.
Vedo Vernon cambiare sguardo.
Cazzo, perché tutte a me?
Compagni che mi bullizzano, genitori morti, zii omofobi e retrogradi sotto ogni aspetto, zero amici...
Autolesionismo.
Il mio sguardo cade sul braccio sinistro per un attimo.
"Non sono riuscito a dormire, non capisco cosa ci sia di strano" rispondo ignorando quell'insinuazione.
"Sarà meglio per te, non voglio froci in questa casa" disse Vernon, come se non avesse mi appena insultato.
Harry sentiva le mani formicolare dalla voglia di prendere a pugni quell'essere che ormai da anni aveva smesso di chiamare zio.
Non disse più nulla, apatia e indifferenza sul suo volto (stava diventando sempre più bravo in questo), ma dentro tremava di rabbia, rancore, disperazione.
"Dove stai andando? Non che mi dispiaccia, ma non puoi fare quello che ti pare in questa casa! Dovresti ringraziare il cielo che ti teniamo qua, sennò saresti già morto in mezzo alla strada da un pezzo"
Nonostante la facciata di indifferenza, qualcosa dentro Harry si ruppe definitivamente, poteva sentire un fischio nelle orecchie, e i Dursley lo guardavano come se lo sentissero anche loro.
Se fino a poco prima Harry cercava di fare finta di nulla, adesso sentí di non potercela fare.
Fanculo, pensò.
"Allora preferisco morire là fuori, ma libero, invece che in questa gabbia" disse Harry con un filo di voce, ma tutti capirono le sue parole.
Harry salì le scale, fece la doccia più veloce della sua vita e si vestí in fretta.
Prese il suo zaino di scuola, lo svuotò dai libri. Guardò un po' tutto ciò che poteva servirgli (non che avesse molto, era già tanto per lui avere una stanza sua quasi decente).
Un pacco di sigarette quasi pieno e un accendino, nel cassetto dell'armadio.
Un portafoglio con i suoi documenti e una trentina di dollari, letteralmente i suoi unici risparmi.
Alcuni snack, rubati dalla scorta di Dudley.
Prese la borraccia che usava sempre e la riempì d'acqua corrente.
Caricatore per il telefono e cuffiette.
Infine, tutto ciò che aveva dei suoi genitori: una foto che raffigurava James e Lily che tengono Harry in braccio, guardandolo con amore e un coltellino svizzero di suo padre con l'incisione sulla lama "al mio piccolo uomo".
Harry si era sempre chiesto quando suo padre glielo avrebbe regalato, forse a 16 anni.
Comunque, mise tutto nello zaino e inserì anche quei libri che avrebbe messo nell'armadietto, si infilò il giubbotto e se ne andò via da quelle mura infernali, chiudendo un capitolo della sua vita.
Così, con un nodo in gola, scese le scale e passò davanti a ciò che restava della sua famiglia, ma che non poteva ritenere tale.
Non lo guardarono nemmeno, forse convinti che sarebbe tornato.
Fece il solito tragitto verso la scuola, non prese l'autobus, voleva camminare.
Doveva "scaricare la tensione".
Una volta entrato si diresse verso il suo armadietto, aprendolo e riponendo i libri.
Quasi sorrise quando sentí il peso dello zaino diminuire.
"Potty"
Harry si vide chiamato da Malfoy.
Lo guardava con il solito atteggiamento strafottente, ma non era cattivo anzi, quasi amichevole.
"Perché il tuo armadietto è diventato una libreria?" continua.
"Ti interessa? Se li tengo qua faccio prima" dico facendo spallucce.
"Ma allora cosa tieni nello zaino?" chiede con curiosità.
"Ripeto, ti interessa?" non capisco perché faccia così, non riesco a non pensare che ci sia qualcosa dietro a questa sua propensione a parlarmi oggi.
Paranoico? Forse, ma sfido io a non esserlo quando vieni costantemente fissato e deriso.
Ogni cazzo di giorno.
"Sinceramente si, mi inuriosisci Potter" mi disse con tono calmo, con mio stupore.
"E perché? Non ho niente di particolare rispetto agli altri" risposi continuando a sistemare e prendere quelle poche cose che tenevo nell'armadietto: un accendino ormai inutile, ma non voglio buttarlo, è un ricordo, un libro che devo restituire ad Hermione e una polaroid che per rabbia avevo buttato in un angolo.
"Non lo so ancora. A parte il fatto che molti ti vedono come diverso solo perché sei l'unico gay... Dichiarato, aggiungerei. Ma non parlo di questo, non mi importa."
"Dichiarato... Mi hanno fatto outing i tuoi amici ti ricordo. E proprio per questo, non capisco perché mi rivolgi la parola. Penso sia meglio evitare" commentai ironicamente, prendendo quella dannata polaroid.
Guardai la foto: io e Jace, sorridenti, guardiamo l'obiettivo. Entrambi con una sigaretta in mano, come sfondo un tramonto mozzafiato.
Per un attimo mi attraversò il viso una punta di malinconia, ma la nascosi dietro una maschera di indifferenza.
Girai la foto e sulla carta nera del retro risaltava la scritta "Frocio di merda ucciditi anche tu".
"Ecco, appunto... Vedi? Draco, cosa vuoi da me?" lo guardai negli occhi per la prima volta durante tutta la conversazione.
Non aveva uno sguardo crudele, come gli altri.
Sembrava inoffensivo, come Hermione.
Non sapeva davvero come prendere quel ragazzo che continuava a fissarlo con quegli occhi grigi, senza fine.
"Dovresti averlo capito che io non sono come loro. I nostri genitori sono amici o colleghi con grossi affari di lavoro che non possono saltare. Capisci? I miei mi ucciderebbero se per colpa mia dovessero avere quel tipo di problemi. Se proprio devo dirlo chiaramente, sono un branco di rincoglioniti che se sommati non fanno un cervello. Non approvo ciò che fanno e mai lo farò. Quello che voglio che tu sappia é che so quello che stavi facendo nel bagno, e posso intuire con certezza ormai che dopo scuola non tornerai a casa tua".
La sua risposta mi desrabilizzò un bel po'.
Davvero è così evidente ciò che ho fatto in quel bagno?
É poi come fa a dire che non voglio tornare a casa?
"Si, lo vedo che non sei propriamente un pezzo di merda" risposi alla prima frase, prendendo un respiro profondo.
"Non so cosa tu insinui riguardo a ieri, stavo male e dovevo staccare un attimo. Fine, non c'è niente da aggiungere" cercai di mantenere un tono sicuro.
"Ah davvero?" con uno scatto mi afferrò il braccio sinistro, stringendo leggermente.
"Cazzo Draco, smettila" bruciava come l'inferno.
Lasciò la presa e con un sussurro mi disse:"Perché cazzo sei venuto a scuola oggi? Vuoi rischiare, solo per passare da questo armadietto?"
"Sì, dovevo farlo... Per Jace" dissi, la mia maschera in frantumi mostrava il mio dolore in quel momento.
Con la coda dell'occhio vidi Denis e il resto.
Cazzo.
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