7 - Il Giardino Notturno


La torta è bellissima. Una Sacher ricoperta di glassa lilla e fiori bianchi. Vanessa ci ha messo tutto il suo impegno. L'ultima che aveva fatto era stata per Lucia nel giorno del suo ultimo compleanno. Mi guarda incerta come se aspettasse un giudizio sul suo operato. Non riesco a respirare quindi non posso dirle neanche grazie. Cerco di fermarle, ma le lacrime corrono giù lungo le guance.

Cala un silenzio imbarazzato. Fisso la torta e tutti loro, non ho mai visto niente di così meraviglioso. Mic è appoggiato allo stipite della porta, ha un sorriso stanco sul volto e credo di averlo fatto spaventare troppo oggi, con la mia fuga. Zanna indossa già la divisa per il turno di notte, lui è convinto che la strada della scuola sia quella giusta per inserirmi in un ambiente adatto alla mia età. Vanessa guarda ancora me e la torta, come se dalla mia reazione dipendesse la sua stessa vita.

«Quella è per me?»

La voce mi trema e Mic fa un passo in avanti. Non vorrà mica abbracciarmi? Per fortuna si ferma appena in tempo.

Vanessa sorride. «Buon compleanno, Samantha. Siamo felici di averti con noi».

È lei ad abbracciarmi. I singhiozzi mi scuotono il torace e credo di essere sul punto di rompermi. Rimango rigida, senza ricambiare. Non mi fido di nessuno, non ne sono capace e per esperienza so che quando le cose sembrano andare bene, precipitano anche troppo in fretta.

Aprirmi all'idea di una famiglia che mi voglia bene, che faccia gesti di questo tipo per me, sarebbe così facile. Quanto dolore sarei in grado di sopportare se invece loro si stancassero di me? Se Mic mentisse, quando dice che verrebbe a riprendermi ovunque mi trovassi? Se Frog scoprisse dove sono? Dovrebbe essere già sulle mie tracce e per lui non è difficile avere informazioni. Rabbrividisco e Vanessa mi lascia andare.

«Mic ha detto che oggi compi diciassette anni. So che non è...»

«Mamma...» interviene il ragazzo dalla porta.

Lo interrompo mentre cerca di arginare la situazione prima che mi venga una crisi di nervi. Sembra conoscermi bene, eppure nella settimana che sono stata da loro, io e Mic siamo stati insieme solo oggi. Gli lancio un'occhiata. Hai chiesto a tua madre di farmi una torta di compleanno?

Lui solleva le spalle e fa un sorriso imbarazzato.

«È una torta meravigliosa, Vanessa. Grazie per... tutto...»

Zanna si alza per uscire. «Non devi ringraziarci. Meriti una vita normale e non è quella che hai avuto». Esce senza darmi tempo di rispondere, non saluta nessuno. Ciò che ha visto quella notte gli rimarrà dentro per molto tempo.

L'ho sentito parlare al telefono nel suo studio stamattina. Non volevo origliare, ma era arrabbiato e ha alzato la voce. Stanno cercando Frog dappertutto, a quanto pare è introvabile. Non mi stupisce. Alle case sul fiume si proteggono tra di loro e la polizia non è ben vista. Nessuno li aiuterà. Poi conosco Frog, non sono mai stata capace di sfuggirgli. Lui è scaltro, svelto, e possiede un'intelligenza cattiva. È più facile che presto lui trovi me, piuttosto che il contrario.

Un braccio mi circonda le spalle e Mic si china vicino al mio orecchio strappandomi dal pensiero di mio padre: «Vieni con me, dopo? Voglio farti vedere un posto».

Mi libero dal suo braccio e lui si ritira un po' risentito. «Posso dire di no?»

Mi guarda per qualche secondo con un'espressione interrogativa, poi risponde come se di me sapesse tutto. «Sei libera. Puoi dire quello che vuoi. Nessuno deve costringerti a fare niente». Si allontana un po' da me lasciandomi un senso di freddo e lo spazio che mi serve per riordinare la confusione che mi si agita dentro. Sto mangiando la torta di Vanessa e lei lava i piatti. Lancio un'occhiata al ragazzo accanto a me. Sembra che indovini i miei pensieri. Il viso di Mic è serio e mi fissa, poi si alza e va da sua madre.

«Finisco io» mormora. Lei si sposta ad asciugare i piatti e lui le si affianca. Le dice qualcosa in un orecchio e Vanessa ride.

Sei libera. Che profumo possono avere due parole, nella bocca di questo ragazzo così strano. Michele è un enigma che non riesco a risolvere. Elena ha ragione, ha passato quasi tutti i giorni chiuso in camera sua, nel silenzio più completo. Esce la mattina, va a correre, si fa la doccia, si veste, va a scuola. Rientra, saluta, regala un sorriso tirato a sua madre e a me, se sono lì. Dopo sparisce in camera sua.

Oggi invece è diverso. Ha chiesto il mio nome e quando mi ha vista in difficoltà ha trascorso tutto il giorno con me. Devo averlo davvero spaventato in camera. Mi dispiace molto, non volevo che si sentisse in dovere di farmi da baby-sitter. Ammetto che vederlo fare la doccia non è stato spiacevole...

«Sam». Mic è di fronte a me. Da quanto tempo mi fissa? «Andiamo?» Prende la mia mano e mi aiuta ad alzarmi.

Vanessa si schiarisce la voce e io mi sento avvampare le guance. «Ragazzi, non fate tardi». Ci sorride tranquilla. La fiducia che manifesta verso Michele è disarmante, poi un'ombra le attraversa lo sguardo mentre si rivolge a suo figlio. «Sveglia alle sette e ricordati di non fare colazione».

Nella luce chiara della cucina, Michele impallidisce e mi stringe la mano con più forza. Senza rispondere a Vanessa, che resta di spalle rivolta al lavello, lui mi trascina fuori di casa.

Quando siamo in giardino punto i talloni e lo costringo a rallentare. «Ti calmi?»

Mic mi lascia la mano e cammina al mio fianco. Ha il respiro accelerato e non ha ancora ripreso colore. «I prelievi del sangue ti fanno quest'effetto?»

Si volta verso di me come se non avesse capito quello che gli ho appena detto. Poi spalanca gli occhi e scoppia in una strana risata, diversa da quella che fa di solito, è caustica e fredda. «Sono un gran fifone». No, non è quello, ma non ha intenzione di parlarne.

«Zanna ha detto che mercoledì andremo a scuola a parlare con il preside. Se vuoi, domani ti faccio compagnia in ospedale».

Lui mi guarda con un sorriso triste e cambia discorso. «Questo è il mio posto preferito».

Ci troviamo sul lato est del giardino e Mic mi conduce verso una serra lunga e stretta, affogata nelle foglie d'edera. Accanto c'è un laghetto artificiale circondato di fiori celesti che brillano alla luce della luna piena. Sono dello stesso colore degli occhi di Mic.

Lui segue il mio sguardo e allunga la mano. «Quello è un giardino notturno».

Un'improvvisa folata di vento porta l'odore dolce e malinconico dei fiori fino a noi. «È meraviglioso» bisbiglio.

«Li ha piantati Vanessa. Fioriscono tutti di notte e brillano quando la luce della luna li colpisce». Indica i fiori bianchi. «Il profumo che senti ora è il gelsomino».

«E quelli azzurri?»

«Campanelle».

Guardo il lago incantata e sento che lui fissa me. I miei occhi corrono sulla superficie lucida fino alla sponda opposta, dove una figura è china a sfiorare l'acqua scura. I capelli lattei alla luce argentata le coprono il viso e la veste si allarga sulla sponda. Un braccio teso sfiora con dita bianche l'acqua immobile. Mi avvicino alla sponda, solo il lago ci separa.

La figura non si muove, imprigionata in un'eternità insensibile alla meraviglia che la circonda. È fatta di marmo e non ne vedo il viso perché è stata scolpita in modo che i lunghi capelli lisci lo coprano. Provo una tristezza infinita per il maleficio che copre questa villa meravigliosa e sento gli occhi pizzicare, ma caccio indietro le lacrime quando la mano di Mic sfiora la mia.

«Lei è Lucia».

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