69 - Zanna

Il segnale è fermo sul Black Bridge. Frog entra ed esce subito insieme a un altro tizio. Caricano sul sedile posteriore un terzo uomo. Sembra svenuto. Lo trascinano per le spalle e la testa oscilla da un lato all'altro stretta in un cappuccio di plastica. Se non è morto, gli manca poco.

Sbandano a tutta velocità nella neve, diretti verso est e io mi mantengo a distanza; forse sperano di uscire dalla città, ma ogni strada ha pattuglie che bloccano il passaggio. Nessuno esce dai confini questa notte, è la parte più importante dell'operazione lieto fine. I ragazzi a quest'ora dovrebbero essere già a casa. Cerco di concentrarmi solo su Frog, è l'ultima occasione per liberare Sam dalla sua maledizione.

La strada non offre ripari e quando si accorgono di essere seguiti accelerano ancora. Il blocco in fondo alla strada li costringe a deviare per una strada dissestata, piena di neve e fango. Li seguo a ruota per non perderli, non rallento, ma così è difficile mantenere la direzione e l'aderenza delle ruote alla neve fresca. Mi avvicino al massimo, sperono l'auto davanti e quella si gira su se stessa, poi riprende la direzione, ma Frog non ha più il controllo e scivola in discesa, sempre più veloce fino a fermarsi contro un grosso tronco più avanti. La macchina assorbe l'urto e il muso si accartoccia come una lattina schiacciata. Non voglio morire così anche io. Non stanotte. Lascio l'acceleratore e sterzo di colpo, l'auto slitta in derapata per cento metri e si ferma poco prima di finire giù dalla scarpata.

Gli uomini nella macchina di Frog non hanno avuto la stessa fortuna. Lui ha impattato forte contro lo sterzo e poi il cruscotto e sembra ridotto male. L'altro è sicuramente morto.

Dal sedile posteriore, sbuca il braccio del terzo uomo e il terrore mi stringe in una morsa feroce. Intorno al polso è legata una benda che conosco: Lucia l'ha portata al braccio per mesi. Espiro in uno sbuffo gelato e spalanco lo sportello dietro a quel che resta di Frog. Il ragazzo è scivolato tra il sedile posteriore e quello anteriore a causa dell'impatto e questo ha protetto il suo corpo dall'urto. Gli afferro le braccia e lo trascino fuori, sulla neve. Taglio la corda che gli stringe la gola e sfilo il cappuccio. La testa reclinata in quel modo, abbandonata su una spalla alimenta un terrore che stanotte sembra sempre più reale. Perderò un membro della mia famiglia a causa dell'assurda guerra che ho messo in piedi.

Il telefono mi trema tra le mani mentre chiamo i soccorsi.

In ginocchio nella neve, appoggio una mano sul petto del ragazzo e sento un battito troppo lento. Il respiro è quasi assente. «Chris, forza». Non reagisce e la mia mente elenca concitata i danni dell'asfissia. Perdita di coscienza, danni cerebrali, coma, morte... Gli sollevo una palpebra e la pupilla reagisce alla luce. «Ti prego, ragazzo. Non mi lasciare così».

«Mi servono due ambulanze». La voce trema mentre parlo e in quel momento Chris inizia a tossire piano. Lo volto su un fianco e la tosse aumenta insieme a sforzi di vomito che gli squassano il torace. Rotola supino e resta di nuovo senza fiato, immobile, a fissare il vuoto sopra di lui. Non parla.

Passano i secondi e gli tengo il braccio chiuso nella mia stretta forte; poco lontano risuonano le sirene dell'ambulanza.

Ha la voce che gratta il fondo della gola. «Mi hai salvato di nuovo la vita».

«Preferirei non doverlo più fare» sbotto e senza pensare aumento la stretta sul suo braccio.

Chris fa un colpo di tosse che nasconde una breve risata. «Pensavo di morire» ansima.

«Non ci sei andato lontano».

Lo caricano sull'ambulanza e salgo con lui.

«Gli uomini nell'auto?» domanda uno dei paramedici.

«Uno è morto. L'altro, se non lo è, ha ferite molto gravi» dico.

Il viaggio verso l'ospedale sembra eterno. Gli hanno messo una maschera che eroga ossigeno, ma Chris perde conoscenza di nuovo. Continua ad alternare stati di veglia a momenti di assenza, ma il medico a bordo dice che la confusione è normale a causa dell'ipossia a cui è stato sottoposto. Anche così, ha ben chiare le sue priorità.

«Dove sono gli altri?» chiede, in panico, in uno dei momenti di veglia.

«Sono al sicuro».

«Sam? Mic?»

«A casa nostra».

«Aria?»

«Con Vanessa». Tira un sospiro di sollievo e chiude di nuovo gli occhi. Sono cerchiati e la pelle è di un'inquietante sfumatura blu, che diventa più intensa sulle labbra e ai lati del naso. «Devi pensare solo a riprenderti e a stare bene, ragazzino».

Parla a occhi chiusi, con l'espressione adulta. «Non ho mai avuto il tempo per pensare a quello».

«Uno che si infila in un locale di spacciatori, che non aspettano altro che farlo fuori, non vuole stare bene».

«Dovevo trovarla» mormora. «Lei sta bene?»

Annuisco, ma non può vedermi. Sprofonda di nuovo nell'incoscienza. «È un po' ammaccata, ma è molto forte» dico quando ritorna in sé.

«Siamo così. Storti, difettati, a volte inspportabili, ma abbiamo qualcosa che tiene insieme tutti i nostri pezzi». Chris è un pozzo nero di contraddizioni, di paure, preoccupazioni, è nato in una zona che ti chiama a diventare quello che non vorresti, per puro istinto di sopravvivenza. Lui però, come Sam, non ha assorbito quell'oscurità, ne ha fatto uno strumento che l'ha reso indistruttibile.

Il respiro diventa lento e regolare. Capisco che si è addormentato mentre varchiamo l'ingresso dell'ospedale. È in quel momento che comincia a crescere la convinzione che forse nessuno dei miei morirà questa notte. La faccio diventare una certezza mentre accompagno la barella di Chris verso la terapia intensiva.

Vanessa e Samantha sono in piedi in sala d'attesa e fanno crollare tutto il mio mondo in un solo istante. «Cosa fate qui? Dov'è Michele?»

I barellieri vanno verso il reparto, ma Chris si solleva quando vede Sam e salta giù dalla barella. Gli cedono le gambe e dobbiamo reggerlo in due. Vanessa si avvicina e ci aiuta a farlo sedere.

Aria gli salta in braccio senza curarsi del suo stato quasi comatoso. Lui la stringe al petto e lei ride.

«Ha avuto un altro arresto?» domando.

Vanessa annuisce, la conosco, sta per scoppiare e si trattiene per i ragazzi e soprattutto per Aria. «Non ripartirà questa volta. Lo tengono in vita con la circolazione esterna, ma se non trovano un donatore in poche ore dovranno staccare le macchine».

Guardo Chris e mi stupisco della sua reazione. Sorride. E mi guarda. So che ha in mente qualche pazzia, ma questa volta sarò io a fare qualsiasi cosa gli venga in mente, pur di salvare mio figlio. Sollevo un sopracciglio e lui mi fa segno di seguirlo.

Fa due passi, barcolla, e si appoggia al mio braccio. Sam lo fissa preoccupata. Indossa solo la maglia lunga che porta per dormire e ha la faccia di una che non ha chiuso occhio. «Chris, devi farti vedere dal medico» gli dice.

Lui si volta e la squadra, so che gli partirà una frecciata, ma non è il mio problema in questo momento. «Ti sei vista? Se non ti riprendi ricoverano anche te». La voce è tagliente e lei si trattiene dal mandarlo al diavolo. «Idiota» mormora.

«Vanessa, ti prego, porta Sam a mangiare qualcosa. Fatelo per me» le chiedo.

Si alzano e mentre vanno via vedo Chris studiare i lividi sulle gambe di Sam e storcere la bocca. «Che pezzo di merda» dice.

«Ha pagato per quello che ha fatto» rispondo soprappensiero.

«Non abbastanza». Il sorriso da squalo è diventato una costante di oggi, sul viso di Chris. «Ricordi i moduli che Vanessa aveva sul comodino quando litigavate per Mic?»

«E tu come fai a...»

«Non importa. Ho bisogno di uno di quelli e che tu usi la tua autorità per capire se uno dei due stronzi in quell'auto del cazzo è idoneo a dare un cuore al mio amico».

«Modera i termini, ragazzino».

Il ragazzino però ha detto una cosa che mi piace, e lo sa anche lui.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top